Art. 429 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Decreto che dispone il giudizio

Articolo 429 - codice di procedura penale

1. Il decreto che dispone il giudizio contiene (att. 132):
a) le generalità dell’imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private (74, 83, 89), con l’indicazione dei difensori (96 ss.);
b) l’indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata (90, 91);
c) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge;
d) l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;
d-bis) l’avviso all’imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa; (4)
e) il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio;
f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento; (5)
e) il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio;
f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia (487);
g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che l’assiste (126).
2. Il decreto è nullo (178 ss.) se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lett. c) e f).
[2 bis. Se si procede per delitto punito con la pena dell’ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 458 (1).] (6)
3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni.
3 bis. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589 bis del codice penale (2), il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni (3).
[4. Il decreto è notificato all’imputato contumace nonché all’imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.](6)

Articolo 429 - Codice di Procedura Penale

1. Il decreto che dispone il giudizio contiene (att. 132):
a) le generalità dell’imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private (74, 83, 89), con l’indicazione dei difensori (96 ss.);
b) l’indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata (90, 91);
c) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge;
d) l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;
d-bis) l’avviso all’imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa; (4)
e) il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio;
f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento; (5)
e) il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio;
f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia (487);
g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che l’assiste (126).
2. Il decreto è nullo (178 ss.) se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lett. c) e f).
[2 bis. Se si procede per delitto punito con la pena dell’ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 458 (1).] (6)
3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni.
3 bis. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589 bis del codice penale (2), il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni (3).
[4. Il decreto è notificato all’imputato contumace nonché all’imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.](6)

Note

(1) Questo comma è stato inserito dall’art. 4 della L. 12 aprile 2019, n. 33. Tali disposizioni si applicano ai fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge (G.U. Serie gen. – n. 93 del 19 aprile 2019), fissata il giorno successivo a quello della sua pubblicazione (20 aprile 2019).
(2) Le parole: «per il reato di cui all’articolo 589, secondo comma, del codice penale» sono state così sostituite dalle seguenti: «per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589 bis del codice penale», dall’art. 1, comma 5, lett. e), della L. 23 marzo 2016, n. 41.
(3) Questo comma è stato inserito dall’art. 4, comma 3, della L. 21 febbraio 2006, n. 102.
(4) La presente lettera è stata aggiunta dall’art. 23, comma 1, lett. n), D.Lgs. 10.10.2022, n. 150 con decorrenza dal 30.12.2022 ed applicazione di cui al comma 2 bis, dell’art. 92, del suddetto decreto modificante, così come modificato dall’art. 5 novies, D.L. 31.10.2022, n. 162, così come inserito dall’allegato alla legge di conversione, L. 30.12.2022, n. 199 con decorrenza dal 31.12.2022.
(5) La presente lettera è stata così sostituita dall’art. 23, comma 1, lett. n), D.Lgs. 10.10.2022, n. 150 con decorrenza dal 30.12.2022.
(6) Il presente comma è stato abrogato dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 10.10.2022, n. 150 con decorrenza dal 30.12.2022.

Massime

In tema di requisiti del decreto che dispone il giudizio, la mancata enunciazione dell’ambito spaziale e temporale delle condotte e degli elementi specificatori dell’oggetto materiale del reato non costituisce vizio di “insufficiente motivazione” quando sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l’episodio criminoso contestato, anche attraverso il ricorso ad ulteriori elementi e richiami contenuti nel decreto o, eventualmente, anche in altri atti del processo, così da consentire all’imputato di conoscere i profili fondamentali del “fatto” che gli viene addebitato. (Fattispecie relativa a plurime condotte di spaccio di stupefacenti, in cui si lamentava l’omessa indicazione dei giorni esatti e dei luoghi specifici delle singole cessioni, elementi comunque desumibili dalle dichiarazioni eteroaccusatorie in atti). Cass. pen. sez. III 13 ottobre 2014, n. 42537

Non è abnorme, anzi è legittimo e doveroso, il provvedimento del giudice del dibattimento di correzione di un errore materiale, non produttivo di alcuna nullità, riscontrato nel decreto che disponeva il rinvio a giudizio. (Fattispecie in cui il Gup all’esito dell’udienza preliminare aveva disposto il rinvio a giudizio di alcuni imputati per una pluralità di reati, mentre nel decreto da notificare alle parti, non presenti in udienza, veniva erroneamente omessa una imputazione). Cass. pen. sez. VI 16 settembre 2003, n. 35547

In ipotesi di contestazione, in unico capo di accusa, di imputazione di associazione per delinquere o di singoli episodi di fatti di reato, alla cui realizzazione il sodalizio criminoso sia ritenuto finalizzato, il giudice del merito, qualora ritenga non provato il reato associativo, ben può affermare la responsabilità per uno o più tra i reati fine, purché il «fatto» sia compiutamente descritto, nelle sue componenti oggettive e soggettive, anche se sia stata omessa la specifica indicazione della disposizione che prevede e punisce il reato fine. Cass. pen. Sezioni Unite 21 settembre 2000, n. 17

Nell’ipotesi in cui il capo di imputazione contenuto nel decreto di rinvio a giudizio indichi esclusivamente la data di accertamento di un reato permanente senza nessun riferimento a quella di cessazione della permanenza, il giudice del dibattimento deve appurare, attraverso l’interpretazione di detto capo, considerato nel suo complesso, se esso riguardi una fattispecie concreta la quale, così come descritta, sia già esaurita prima o contestualmente all’accertamento medesimo, ovvero una condotta ancora in atto; in tal caso, poiché il capo di imputazione ascrive all’imputato una condotta che, lungi dall’essersi già esaurita, è ancora perdurante alla data in esso indicata, deve ritenersi che la contestazione comprenda anche l’eventuale protrazione della permanenza, di cui pertanto può tenere conto il giudice del dibattimento ad ogni effetto penale, senza che sia richiesta a tal fine un’ulteriore contestazione da parte del pubblico ministero. Cass. pen. sez. V 16 marzo 2000, n. 3348

Con il decreto che dispone il giudizio è consentito formulare anche contestazioni alternative, in quanto, tale metodo, in presenza di una condotta dell’imputato tale da richiedere un approfondimento dell’attività dibattimentale per la definitiva qualificazione dei fatti contestati, risponde a un’esigenza della difesa, posto che l’imputato, da un lato, è messo in condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito e, dall’altro, non si vede costretto a rispondere dell’ipotesi criminosa più grave, rinviandosi poi all’esito del dibattimento la risoluzione della questione attraverso la successiva riduzione dell’imputazione originaria, secondo lo schema dell’art. 521 c.p.p. Cass. pen. sez. I 22 settembre 1999, n. 10795

In tema di requisiti del decreto di citazione a giudizio, la mancanza della data e del luogo del commesso reato può costituire vizio di «insufficiente motivazione», soltanto quando non sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l’episodio criminoso contestato, mentre è evidente che l’omissione è improduttiva di conseguenze giuridiche e non comporta, quindi, un obbligo di contestazione da parte del P.M. quando dagli altri elementi enunciati e dai richiami contenuti nel decreto eventualmente anche ad altri provvedimenti, risulti chiaramente in tutti i suoi termini il «fatto» per il quale il giudizio è stato disposto. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha escluso la nullità del decreto di citazione a giudizio – in cui non risultavano espressamente indicati la data ed il luogo del commesso reato – osservando che nel decreto stesso si faceva espresso richiamo al precedente decreto penale di condanna e che il fatto veniva contestato all’imputato quale esercente di un pubblico esercizio di cui risultava precisata la relativa denominazione: cosicché, tenuto conto del complesso delle informazioni portate a conoscenza dell’imputato, doveva escludersi la insufficienza della contestazione, non potendo sorgere dubbio almeno sull’episodio oggetto della imputazione). Cass. pen. sez. I 22 giugno 1996, n. 6276

La nullità del decreto di citazione a giudizio per la mancata enunciazione del fatto oggetto dell’imputazione, prevista dall’art. 429, comma 2, c.p.p.deve ritenersi sanata qualora non sia stata dedotta entro il termine posto, a pena di decadenza, dall’art. 491, comma 1, dello stesso codice; poiché infatti la predetta omissione non attiene né all’intervento dell’imputato né alla sua assistenza o rappresentanza, la nullità che ne deriva non può ricomprendersi fra quelle di ordine generale di cui all’art. 178, lett. c), bensì tra quelle relative previste dall’art. 181 c.p.p.con la conseguenza che deve essere eccepita – a pena di preclusione – subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti. Cass. pen. sez. II 16 aprile 1996, n. 3757

Qualora, con riferimento ad un reato permanente, nel capo di imputazione risulti indicata soltanto la data della denuncia e non ancora quella di cessazione della condotta illecita, deve ritenersi che la consumazione del reato si sia protratta sino alla data della pronuncia di primo grado. (Principio affermato in tema di prescrizione ai fini dell’accertamento della decorrenza del termine utile per il maturarsi della stessa). Cass. pen. sez. I 31 marzo 1995, n. 327

Non è atto irripetibile, e come tale non può essere acquisita al fascicolo per il dibattimento senza il consenso delle parti, la relazione di servizio che contenga soltanto la descrizione delle attività di indagine, esauritesi con la loro esecuzione e suscettibili di essere descritte in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, senza la perdita di alcuna informazione probatoria, per non essere modificabili con il decorso del tempo luoghi, persone o cose rappresentati. Cass. pen. Sezioni Unite 18 dicembre 2006, n. 41281

Non può dare luogo a nullità del decreto che dispone il giudizio l’inosservanza della disposizione di cui all’art. 429, comma 1, lett. d), c.p.p.secondo cui il detto decreto deve contenere anche l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono. Detta violazione, infatti, non rientra fra quelle espressamente sanzionate da nullità, ai sensi del comma 2 del citato art. 429, ed è anche da escludere una sua riconducibilità alle disposizioni in materia di nullità di ordine generale, ex art. 178 lett. c) c.p.p.dal momento che fonti di prova e i fatti a cui essi si riferiscono sono comunque agevolmente ricavabili dagli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero e già messi a disposizione delle altre parti, dopo la richiesta di rinvio a giudizio, per cui non può configurarsi alcuna concreta violazione dei diritti di intervento, assistenza e rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private, alla cui salvaguardia il citato art. 178, lett. c) è finalizzato. Cass. pen. sez. I 1 luglio 1994, n. 7491

È nullo il decreto di citazione a giudizio, quando il pubblico ministero non rispetti l’obbligo di formulare la contestazione in modo chiaro, preciso e completo sotto il profilo materiale e soggettivo. Nel nuovo rito è più difficile integrare l’imputazione con le «risultanze» degli atti processuali proprio per il ridotto numero dei verbali contenuti nel fascicolo per il dibattimento. Ne deriva che non è più sufficiente la mera ripetizione della formulazione legislativa, senza alcun riferimento alla condotta concretamente ascrivibile all’imputato. La genericità o la semplice indeterminatezza dell’imputazione incidono infatti sul diritto di difesa, poiché non pongono l’interessato in grado di effettuare una scelta meditata sulla linea da assumere. (Nella specie l’imputato – ricorrente per saltum – era chiamato a rispondere di violazione della legge sullo smaltimento dei rifiuti per la mancata adozione delle misure necessarie, atte ad evitare il deterioramento della situazione ambientale preesistente. La Corte ha annullato la sentenza impugnata ed il decreto di citazione, rilevando che mancava qualsiasi richiamo alla individuazione delle misure predette ed ogni descrizione, sia pur minima, dello stato pregresso, essendosi il pubblico ministero limitato ad una mera trasposizione del dettato normativo nel capo di imputazione). Cass. pen. sez. III 7 febbraio 1992, n. 1077

È legittima la contestazione nel decreto che dispone il giudizio di imputazioni alternative. (Fattispecie in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale in cui nell’imputazione si faceva riferimento al possesso da parte degli imputati di qualifiche formali rivestite nel tempo, con la precisazione, tuttavia, che la responsabilità prescindeva da dette qualifiche, avendo gli interessati operato di fatto, in nome e per conto della società). Cass. pen. sez. V 10 dicembre 2014, n. 51252

L’erronea indicazione della sezione dinanzi alla quale le parti devono comparire determina la nullità assoluta del procedimento, in quanto il riferimento alla sezione concorre ad individuare il luogo in cui si celebra il processo, che figura tra i requisiti del decreto di citazione indicati dall’art. 429, comma secondo, cod. proc. pen. a pena di nullità e la sua erronea indicazione, comportando la celebrazione del processo in un luogo diverso da quello stabilito per la comparizione, equivale a omessa citazione perché impedisce l’intervento dell’imputato e l’esercizio del diritto di difesa. (Nella specie il decreto di citazione per il giudizio di appello stabiliva che le parti dovevano comparire innanzi alla seconda sezione della Corte d’appello mentre il processo veniva celebrato in contumacia dell’imputato e in assenza del difensore dalla prima sezione della medesima Corte). Cass. pen. sez. V 27 gennaio 2015, n. 3868

Non integra nullità del decreto di citazione a giudizio l’erronea indicazione della sezione innanzi alla quale le parti devono comparire, tale indicazione, invero, è prevista dall’art. 132 att. c.p.p.la cui violazione non rientra tra quelle colpite da sanzione di nullità, ai sensi del comma 2 dell’art. 429 stesso codice. Cass. pen. sez. V 29 dicembre 1999, n. 14730

La mancata indicazione, nel decreto di citazione a giudizio, dell’ora di convocazione integra nullità relativa che, se non tempestivamente dedotta, deve ritenersi sanata. Cass. pen. sez. I 28 dicembre 1999, n. 6686

L’indicazione dell’ora stabilita per la comparizione delle parti dinanzi al giudice del dibattimento è elemento integrativo del decreto che dispone il giudizio. La relativa omissione dà luogo ad una nullità di ordine generale di carattere intermedio, che, in quanto tale, è rilevabile se sollevata dalla parte interessata nella sua prima difesa. Cass. pen. sez. IV 21 dicembre 1998, n. 13465

In caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell’art. 429, comma secondo, cod. proc. pen. (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’art. 552, comma secondo, dello stesso codice), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, non essendo estensibile, alla fase dibattimentale, il meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare di sollecitare il P.M. alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell’imputazione. (Nella specie, la Corte ha rigettato il ricorso del pubblico ministero che lamentava l’abnormità dell’ordinanza del giudice conforme al principio enunciato). Cass. pen. sez. V 12 gennaio 2017, n. 1382

La nullità del decreto che dispone il giudizio non comporta la nullità della costituzione di parte civile, posto che tra tali atti non sussiste quel rapporto di consecutività e dipendenza previsto dall’art. 185 c.p.p.. Cass. pen. sez. V 24 marzo 2011, n. 11783

È abnorme il provvedimento con il quale il tribunale dichiari la nullità del decreto che dispone il giudizio, sul presupposto dell’omesso deposito di alcuni atti delle indagini preliminari, da parte del pubblico ministero, in occasione dell’avviso di conclusione delle indagini stesse, posto che detta omissione comporta solo l’inutilizzabilità degli atti interessati, mentre il provvedimento dichiarativo della nullità comporta l’indebita regressione del procedimento. Cass. pen. sez. I 26 febbraio 2004, n. 8779

La dichiarazione di nullità, pronunciata dal tribunale per indeterminatezza dell’accusa, del decreto di rinvio a giudizio emesso dal giudice di appello ai sensi dell’art. 428 c.p.p.comporta la regressione del procedimento alla fase dell’udienza preliminare. (Fattispecie relativa a conflitto, ritenuto ammissibile dalla Corte, sollevato dal giudice di appello al quale il tribunale, dichiarata la nullità del decreto che dispone il giudizio, aveva trasmesso gli atti per la rinnovazione). Cass. pen. sez. I 9 gennaio 2004, n. 508

L’inesatta indicazione della data di udienza nel decreto che dispone il giudizio, in relazione ad esempio all’anno, integra una nullità assoluta pari all’omessa citazione, determinando un’incertezza sulla data in cui l’imputato avrebbe dovuto presentarsi. Cass. pen. sez. VI 10 dicembre 2003, n. 47321

Non è abnorme, anzi è legittimo e corretto, il provvedimento del giudice del dibattimento il quale abbia dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio in quanto l’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. era stato notificato solo all’imputato e non anche al difensore, previa nomina di uno d’ufficio in mancanza di quello di fiducia. Cass. pen. sez. VI 25 settembre 2003, n. 36771

La nullità del giudizio (nella specie d’appello) dovuta alla nullità della notificazione del decreto di citazione all’imputato non può essere sanata dalla successiva presenza di quest’ultimo al dibattimento determinata dall’esecuzione di accompagnamento coattivo disposto nei suoi confronti. Cass. pen. sez. VI 27 luglio 2002, n. 29821

La nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell’imputato, qualora incida direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del contraddittorio, deve essere equiparata all’omessa citazione dell’imputato medesimo, in quanto impedisce a quest’ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa, ed è, pertanto, assoluta e insanabile. Cass. pen. Sezioni Unite 8 maggio 2002, n. 17179

È abnorme l’ordinanza con la quale il tribunale, ritenuta la nullità del decreto dispositivo del giudizio per generica associazione del fatto, non si limiti a rilevare l’indeterminatezza del capo di imputazione, ma richieda al Gup di precisare adeguatamente l’accusa in sede di udienza preliminare, sulla base di indicazioni dettagliate e analitiche, da un lato ponendo in essere un’anomala censura dell’accusa e, dall’altro, lasciando trasparire una sorta di anticipazione della struttura del giudizio di merito e delle sue conclusioni, potenzialmente pregiudizievole dell’accusato. (Nella specie, relativa a denuncia di conflitto, ritenuto peraltro insussistente dalla S.C.si è censurato il provvedimento del tribunale che, chiamato a giudicare di falsi in bilancio, aveva disposto che il Gup precisasse i bilanci civilistici in contestazione, gli anni di riferimento, i fatti direttamente incidenti sulle condizioni economiche della società, le disponibilità sospette e la loro quantità, così dando al capo di imputazione una conformazione palesemente incidente sull’agere del P.M. e sui poteri di controllo del Gup, ledendo il potere esclusivo e autonomo dell’organo di accusa di modificare il fatto contestato e di procedere a nuova contestazione ed esorbitando dall’ambito delle sue attribuzioni, consistenti solo nel potere-dovere di valutare, alla conclusione del dibattimento, la consistenza dell’accusa e, in caso di negativa conclusione, assolvere l’imputato. Cass. pen. sez. I 15 giugno 2000, n. 4075

In virtù del coordinato disposto dell’art. 429, commi 1, lett. a) e 2), c.p.p.l’insufficiente indicazione nel decreto che dispone il giudizio, degli elementi atti ad identificare l’imputato, integra una nullità a regime intermedio che, in quanto tale, comporta un potere di intervento del giudice, suscettibile di essere esercitato indipendentemente dall’iniziativa delle parti. Cass. pen. sez. VI 30 luglio 1999, n. 1700

La omessa notifica del decreto che dispone il giudizio all’imputato non presente all’udienza preliminare determina un’ipotesi di nullità assoluta ed insanabile ex art. 179 c.p.p. attinendo alla mancata costituzione del contraddittorio. In proposito non può ritenersi, quando l’imputato sia domiciliato presso il difensore e questi sia presente, che la lettura del provvedimento equivalga alla notifica per le parti presenti ex art. 424, secondo comma, c.p.p. considerata la presenza del difensore domiciliatario equivalente alla notifica all’imputato assente. Infatti, proprio il nesso tra tale disposizione e quella di cui all’ultimo comma dell’art. 429 stesso codice, che stabilisce che il decreto è notificato all’imputato che non era presente all’udienza preliminare, esclude la estensibilità dell’art. 424 all’imputato assente, e ciò in quanto la notifica del decreto che dispone il giudizio attiene alla contestazione dell’accusa che richiede, a tutela del diritto di difesa, la diretta e personale conoscenza dell’imputazione contenuta nell’atto che costituisce il passaggio alla fase del giudizio. Cass. pen. sez. V 18 marzo 1999, n. 3559

Il provvedimento che dispone la trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari, in conseguenza della dichiarazione di nullità del decreto che ha disposto il giudizio, è inoppugnabile, poiché non assume natura decisoria e si concretizza in un atto di mero impulso processuale strumentale, non lesivo dei diritti delle parti, che bene potranno esplicarsi nelle sedi previste. (Nella specie la S.C.in applicazione di tale principio e dato atto che il provvedimento in questione non poteva qualificarsi come abnorme, ha dichiarato inammissibile il ricorso). Cass. pen. Sezioni Unite 12 febbraio 1998, n. 17

Nell’ipotesi in cui durante gli atti introduttivi venga accertato un difetto di notifica o il mancato rispetto dei termini di comparizione, non va ordinata la restituzione degli atti al Gip per un nuovo decreto di citazione, ma è sufficiente che venga notificato il precedente decreto con la specificazione della diversa data di udienza, o mediante annotazione a margine, o mediante allegazione dell’ordinanza dibattimentale. Ciò in quanto l’omessa notifica all’imputato del decreto che dispone il giudizio non costituisce nullità del provvedimento, dato che i vizi riguardanti la notifica di tale atto non influiscono affatto sulla sua validità. Consegue l’obbligo della rinnovazione della citazione, anche d’ufficio, da parte del giudice procedente. (Fattispecie in tema di conflitto negativo di competenza tra il tribunale e il giudice per l’udienza preliminare). Cass. pen. sez. I 3 giugno 1997, n. 2758

Non sono autonomamente impugnabili né il decreto con cui il giudice dell’udienza preliminare dispone il giudizio a chiusura delle indagini preliminari né atti o provvedimenti propedeutici allo svolgimento dell’udienza preliminare. E ciò vale anche se si deduce una nullità assoluta ed insanabile in quanto la deducibilità in ogni stato e grado del procedimento concerne il momento della sua rilevabilità e non il mezzo attraverso il quale la nullità stessa va denunciata. Cass. pen. sez. VI 13 maggio 1999, n. 1230

Deve considerarsi abnorme, e quindi immediatamente ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il tribunale, nella fase degli atti introduttivi al dibattimento, erroneamente valutando indeterminata ed insufficiente l’enunciazione del fatto contestato, dichiara la nullità del decreto che dispone il giudizio e restituisce gli atti per quanto di competenza al giudice che lo ha emesso; tale decisione, infatti, determina un’inammissibile regressione del processo ad una fase anteriore, creando una situazione di paralisi in quanto il giudice per le indagini preliminari cui gli atti sono rimessi non dispone dei poteri necessari per sanare la nullità predetta, dovendosi escludere che gli spetti un autonomo potere integrativo o correttivo, né tantomeno può ordinare a sua volta la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda all’eventuale integrazione dell’imputazione, in quanto anche tale provvedimento, determinando un’inammissibile regressione processuale, sarebbe abnorme. Cass. pen. sez. II 6 dicembre 1996, n. 4450

Avverso il decreto che dispone il giudizio non è previsto alcun mezzo di impugnazione, di guisa che, per il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, esso non è suscettibile di autonomo gravame ed ogni censura deve esser fatta valere nella successiva fase dibattimentale. Per contro, intanto il decreto che dispone il giudizio può dirsi immediamente impugnabile, in quanto esso presenti le caratteristiche dell’atto abnorme, per la cui sussistenza, tuttavia, non è sufficiente che il provvedimento sia inficiato da una qualsivoglia violazione di legge, ma è necessario che lo stesso, per la stranezza, la singolarità, la atipicità del contenuto si ponga fuori del sistema processuale, sicché, non essendo esso contemplato dall’ordinamento, l’unico rimedio esperibile per la sua rimozione è il ricorso in cassazione. Cass. pen. sez. I 12 novembre 1996, n. 5388

Il decreto di rinvio a giudizio è provvedimento inoppugnabile né sussiste la possibilità di una sua censurabilità come atto abnorme neppure se emesso in presenza di eventuale precedente giudicato. Atto abnorme è invero non solo quello rispondente ad alcuno schema processuale, ma altresì quello che non può essere rimosso dalla realtà giuridica senza la denuncia della sua abnormità; l’ipotesi del bis in idem invece, pur nella sua patologia processuale, non può dunque considerarsi tale in quanto più volte considerata dal legislatore che ne ha previsto i rimedi nelle varie fasi processuali e, se del caso, addirittura in sede di esecuzione dettando una serie di norme che disciplinano la riproponibilità di un secondo giudizio, i casi di proscioglimento o di non luogo a procedere e quelli di revoca delle sentenze. Cass. pen. sez. VI 13 ottobre 1995, n. 3124

Non è causa di nullità del decreto di citazione al giudizio di appello l’omesso avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia, ancora oggi previsto dall’art. 429, comma 1, lett. f), cod. proc. pen.atteso che l’istituto della contumacia è stato eliminato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 e la differenza tra lo stesso e l’istituto dell’assenza, quanto al procedimento di dichiarazione ed agli effetti, non consente la “riformulazione” dell’avviso che, comunque, avrebbe semplicemente la funzione di informare l’imputato che la sua assenza non incolpevole non preclude l’ordinario svolgimento del processo. Cass. pen. sez. IV 1 febbraio 2019, n. 5017

In virtù del principio di tassatività della nullità, la consegna all’interessato da parte dell’ufficiale giudiziario di fotocopia del decreto che dispone il giudizio priva dell’attestazione di conformità all’originale ma completa di tutti i requisiti di cui all’art. 429, comma 1, c.p.p. non determina la nullità del decreto. Cass. pen. sez. IV 18 novembre 2002, n. 38501

È abnorme, perché determina una indebita regressione del procedimento, il provvedimento del giudice del dibattimento il quale, nel dichiarare la nullità del decreto di citazione a giudizio, abbia rimesso gli atti al P.M. per la riformulazione di alcuni capi di imputazione in seguito alla modifica delle disposizioni penali che avevano previsto per quel reato sanzioni più severe. Ed invero la sopravvenienza di nuove disposizioni di legge, modificativi del trattamento penale del fatto contestato, è irrilevante ai fini della validità della contestazione contenuta nel decreto di citazione a giudizio, in quanto spetta al giudice, nei limiti della propria competenza, la corretta qualificazione giuridica del fatto contestato, applicando, se del caso, i principi di diritto penale intertemporale dettati dall’art. 2 c.p. Cass. pen. sez. III 25 ottobre 2002, n. 35862

La nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell’imputato, qualora incida direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del contraddittorio, deve essere equiparata all’omessa citazione dell’imputato medesimo, in quanto impedisce a quest’ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa, ed è, pertanto, assoluta e insanabile. Cass. pen. Sezioni Unite 8 maggio 2002, n. 17179

La notifica all’imputato ai sensi dell’art. 157, comma 8, c.p.p. si effettua mediante il deposito dell’atto nella casa comunale, l’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione o del luogo ove quegli svolge la sua attività lavorativa e la comunicazione dell’avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. L’art. 7 della L. 20 novembre 1982, n. 890 (recante disposizioni circa le notificazioni a mezzo posta), poi, prevede che in mancanza del destinatario o di persona di famiglia convivente ovvero addetta al suo servizio, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario, persona di cui dev’essere specificata la qualità. La consegna del plico a persona qualificatasi come «delegato» del destinatario e la cui firma sia per giunta illegibile, pertanto, comporta la nullità della notifica. (Fattispecie relativa alla notifica del decreto di citazione). Cass. pen. sez. V 31 maggio 1996, n. 2122

È abnorme, e pertanto ricorribile in cassazione in quanto contrastante con l’intero sistema processuale vigente, l’ordinanza con la quale il pretore dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio, per effetto della mancata notifica dello stesso alla persona offesa dal reato ed ordini la trasmissione degli atti al pubblico ministero, determinando così la regressione del processo ad una fase ormai ritualmente superata. Ed infatti la nullità derivante dalla mancata citazione a giudizio della persona offesa dal reato, prevista dall’art. 178, lett. c) c.p.p. non riguarda il decreto di citazione a giudizio, che è nullo soltanto nei casi diversi, previsti dagli artt. 555, secondo comma e 429, secondo comma c.p.p. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto che il pretore avrebbe dovuto provvedere ai sensi dell’art. 143, att. c.p.p.che stabilisce che negli atti preliminari, in tutti i casi in cui occorre rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notifica, vi provvede il presidente). Cass. pen. sez. V 15 marzo 1993, n. 2140

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