In tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione “ex ante”, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilità che l’indagato si potesse dare alla fuga. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto legittimo il fermo di indiziato del delitto di tentata rapina aggravata, risultato irreperibile dopo le ricerche immediatamente svolte dalla polizia giudiziaria, considerando irrilevante la sua successiva costituzione in carcere, in quanto intervenuta dopo la concretizzazione del pericolo di fuga). Cass. pen. sez. II 6 dicembre 2016, n. 52009
Nella motivazione della convalida del fermo il giudice deve far riferimento a concreti e specifici elementi di fatto risultanti dagli atti con riferimento ai parametri normativi che nella realtà consentono e legittimano la misura precautelare nei confronti di persona gravemente indiziata di reato, non essendo a tal fine sufficiente l’utilizzazione di formule di stile, adattabili a qualsiasi situazione, senza che ciò comporti una verifica sulla ragionevolezza dell’operato della polizia giudiziaria cui è attribuita una sfera di discrezionalità. (Nella specie è stata ritenuta incoerente la motivazione con la quale il G.i.p. aveva escluso la sussistenza del pericolo di fuga, nonostante il fermato – gravemente indiziato di violenza sessuale e del reato di cui all’art. 497 ter c.p. – avesse rivelato, nell’interrogatorio, la sua intenzione di trasferirsi all’estero per trovare lavoro “il più presto possibile”). Cass. pen. sez. III 24 settembre 2013, n. 39452
La polizia giudiziaria può procedere di propria iniziativa al fermo di persona indiziata di reato, anche nel caso in cui il Pubblico Ministero abbia già assunto la direzione delle indagini, solo quando, non essendo possibile attendere il provvedimento di quest’ultimo, sopravvengono specifici elementi che rendono fondato il pericolo che il soggetto sia per darsi alla fuga, vale a dire si stia già, in concreto, sottraendo alle ricerche della competente autorità. Cass. pen. sez. V 21 giugno 2001, n. 25322
Ai fini della legittimità del fermo, gli elementi che possono fare ritenere fondato il pericolo di fuga devono essere, innanzitutto, specifici, e cioè direttamente riferiti alla persona sottoposta al fermo, e soprattutto, concreti, cioè connotanti un pericolo, reale, effettivo, non immaginario e non meramente congetturale in ordine alla rilevante probabilità che l’indagato si dia alla fuga, sicché lo stesso non può essere ipotizzato, né ritenuto sulla sola base del titolo del reato in ordine al quale si indaga (essendo esso elemento costitutivo limite all’esperibilità del fermo), né della relativa pena edittale, allo stesso modo che contraddice la sua configurabilità la costituzione dell’indagato agli inquirenti nell’immediatezza del fatto. Cass. pen. sez. I 8 luglio 1998, n. 3364
Il “pericolo di fuga” atto a giustificare, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.p.il fermo dell’indiziato di un delitto, non può dirsi superato a causa della sopravvenuta effettività della fuga sol perché lo stesso indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” (equiparata dall’art. 274, lett. B, c.p.p.ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare ivi prevista, a quella costituita dal “pericolo di fuga”, mentre una tale equiparazione non si rinviene nell’art. 384, comma 1, stesso codice), deve intendersi solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha riconosciuto la correttezza della convalida del fermo disposto, sulla base della ritenuta permanenza del “pericolo di fuga”, nei confronti di un soggetto il quale, in quello spesso giorno, subito dopo aver commesso un omicidio, si era allontanato ed era risultato irreperibile alle immediate ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria). Cass. pen. sez. I 2 marzo 1998, n. 780
In tema di fermo di indiziato di delitto, non deve confondersi l’atto di chi si allontana dal luogo in cui è stato consumato il reato, con il “pericolo di fuga” che costituisce il presupposto della misura precautelare; se così non fosse, infatti, il fermo sarebbe eseguibile in tutti i casi in cui l’indiziato non è stato arrestato per il semplice fatto di essere riuscito ad allontanarsi, mentre la legge pretende che il pericolo in questione debba trarsi da elementi “specifici”, ossia dotati di capacità di personalizzazione, indirizzata proprio nei confronti dei quel singolo individuo che si sospetta stia per darsi alla fuga (sicché deve escludersene la configurabilità solo perché un coindagato si sia già sottratto alle investigazioni); e “concreti”, sicché non può essere meramente ipotizzato né ritenuto sulla sola base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, perché quest’ultimo elemento costituisce limite della esperibilità del fermo (in relazione alle pene edittali previste ed all’oggetto del reato), non elemento che di per sé configuri la probabilità di fuga. Cass. pen. sez. II 16 gennaio 1998, n. 6924
Il fermo può essere adottato, ove ne ricorrano i presupposti, anche nei confronti di persona sottoposta all’arresto per fini estradizionali, ai sensi dell’art. 716 c.p.p. Tale arresto, infatti, non esclude il pericolo di fuga, data la provvisorietà del titolo custodiale, con la possibilità che il soggetto venga scarcerato ad horas. (Fattispecie relativa a cittadino straniero, senza fissa dimora e privo di documenti di identità). Cass. pen. sez. I 22 maggio 1996, n. 765
In tema di fermo, gli specifici elementi dai quali assumere il pericolo di fuga non devono essere tali da poter fornire la prova diretta del progetto di fuga; infatti, essendo la fuga un avvenimento futuro ed incerto, la probabilità del suo verificarsi può essere desunta da elementi indiziari. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto corretto l’operato del Gip che aveva desunto l’esistenza del pericolo di fuga dalla valutazione congiunta della gravità del reato e della vicinanza e scarsa vigilanza del confine con la Slovenia). Cass. pen. sez. I 26 aprile 1994, n. 1396
Il controllo sulla legittimità del fermo, che il giudice esegue in contraddittorio con le parti nel corso di un’udienza in camera di consiglio, ha per oggetto il riscontro dell’esistenza di un pericolo di fuga dell’indagato e della presenza a suo carico di gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati indicati nell’art. 384 c.p.p. Gli elementi che possono far ritenere fondato il pericolo di fuga, ai fini della legittimità del fermo, devono essere anzitutto «specifici», ossia dotati di capacità di personalizzazione, indirizzata proprio nei confronti di quel singolo individuo che si sospetta stia per darsi alla fuga (sicché deve essere esclusa la possibilità di ritenere fondato il pericolo di fuga di un soggetto solo perché altro, ancorché coindagato, si sia già dato alla fuga; il pericolo di fuga, inoltre, non può essere semplicemente presunto, ma deve trarre origine da elementi «concreti», sicché non può essere meramente ipotizzato né ritenuto sulla sola base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, perché quest’ultimo elemento costituisce limite della esperibilità del fermo (in relazione alle pene edittali previste ed all’oggetto del reato), non elemento che di per sé configuri la probabilità di fuga. Cass. pen. sez. VI 8 luglio 1993, n. 1630
Il «pericolo di fuga» di cui è menzione negli artt. 274 lett. b) e 384 c.p.p. può essere ritenuto sussistente ogni qual volta, sulla base di elementi e fatti obiettivi, desumibili anche dalla natura degli addebiti, sia ravvisabile la ragionevole probabilità (e, quindi, la semplice possibilità, da una parte, e neppure la certezza o la quasi certezza, dall’altra) che l’inquisito, ove non si intervenisse, farebbe perdere le proprie tracce. Il requisito della «fondatezza» e della «concretezza» del pericolo, infatti, non implica che quest’ultimo sia particolarmente intenso, cioè che sussista un grado di probabilità particolarmente elevato del verificarsi della fuga, ma soltanto che si tratti di un pericolo reale, effettivo, e non immaginario; altrimenti non si tratterebbe neppure di un pericolo. Cass. pen. sez. I 29 aprile 1991
La mancata esecuzione del fermo disposto dal pubblico ministero per essersi l’indiziato dato alla fuga comporta la immediata e definitiva caducazione del relativo decreto, essendo venuta a mancare in ordine ad esso la condizione tipica (ossia il pericolo di fuga) richiesta dalla legge per la sua adozione. Ne consegue che il decreto di fermo rimasto ineseguito si sottrae sia alla procedura di convalida che a qualsiasi forma di impugnazione. (La Cassazione ha altresì evidenziato che nell’ipotesi in questione il pubblico ministero potrà sempre richiedere al giudice, a salvaguardia delle più pressanti esigenze del processo, l’adozione di una misura coercitiva ai sensi dell’art. 274 c.p.p.che alla lett. b, del comma primo considera, tra le esigenze cautelari, proprio la circostanza che l’imputato si sia dato alla fuga). Cass. pen. Sezioni Unite 1 luglio 1993, n. 9
È legittimo il fermo emesso dal pubblico ministero a seguito di sentenza di condanna di primo grado in presenza del pericolo di fuga, non ostando a tale provvedimento le previsioni di cui al secondo comma dell’art. 384 c.p.p. e al quarto comma dell’art. 307 c.p.p. che si riferiscono soltanto al fermo della polizia giudiziaria. Cass. pen. sez. I 19 giugno 2013, n. 26693
In presenza dei presupposti previsti dall’art. 384, comma primo, c.p.p.il fermo di persona indiziata di delitto può essere reiterato dal P.M. nei confronti di persona rimessa formalmente in libertà, ancorchè ancora di fatto detenuta, in relazione ad un precedente titolo di custodia cautelare dichiarato inefficace per la nullità dell’interrogatorio di garanzia. (Nell’applicare tale principio, la Corte ha chiarito che l’obbligo del previo interrogatorio dell’indagato, scarcerato per la caducazione del precedente titolo cautelare ai sensi dell’art. 302 c.p.p.si riferisce al provvedimento del giudice richiesto del ripristino della misura e non anche a quello di fermo eventualmente adottato dal pubblico ministero dopo la scarcerazione ). Cass. pen. sez. VI 14 ottobre 2008, n. 38782
Il potere di fermo di indiziato di delitto, può essere esercitato sulla base di indizi che devono rivestire quella stessa connotazione di gravità richiesta dall’art. 273 c.p.p. per l’applicazione di misure di coercizione personale. È, quindi, scomparsa ogni distinzione, sul piano della dimensione qualitativa, tra indizi che legittimano il fermo ad opera della polizia giudiziaria o del P.M. nel corso delle indagini preliminari e quelli che autorizzano l’adozione di un provvedimento limitativo della libertà da parte dell’autorità giudiziaria, stabilendosi un parametro di qualificazione uniforme. Il Gip, deve, pertanto, attenersi al criterio della gravità degli indizi nella decisione, sia pure sommaria, della rilevanza e consistenza oggettiva degli elementi a sua disposizione, i quali non debbano consistere in fatti che, dotati di decisività, univocità e logica concordante, forniscano lo stesso grado di certezza probatoria richiesto per la formulazione di un giudizio di responsabilità, essendo sufficiente che le deduzioni desumibili dal loro coordinamento conducano ad una ragionevole conclusione di probabilità circa l’esistenza del reato oggetto della contestazione e della sua attribuibilità all’indagato. Cass. pen. sez. I 22 giugno 1992, n. 1090
In materia di fermo, la condizione del pericolo di fuga, richiesta in via generale dall’art. 384 c.p.p.deve sussistere anche quando si tratti di minori, nulla rilevando che di essa non si faccia specifica menzione nell’art. 17 del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni. Cass. pen. sez. I 4 febbraio 1994, n. 5596
Il secondo comma dell’art. 384 c.p.p. consente alla polizia giudiziaria di operare di propria iniziativa il fermo di persone gravemente indiziate dei reati e nei casi previsti dal primo comma «prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini». All’uopo non basta, per escludere la legittimità del fermo operato dalla P.G. che il P.M. sia stato semplicemente informato del reato, ciò servendo ad altri fini, come a quello della iscrizione della notitia criminis nel registro di cui all’art. 405, secondo comma, c.p.p.ma è necessario che il P.M. si sia attivato nell’esercizio concreto dei suoi poteri sulla polizia giudiziaria. Cass. pen. sez. I 3 agosto 1992, n. 2998
Il fermo eseguito dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa dopo che il pubblico ministero ha assunto la direzione delle indagini e quindi in contrasto con l’art. 384 comma secondo, c.p.p. e senza che peraltro ricorrano le condizioni previste dal successivo comma della stessa norma, deve considerarsi come avvenuto fuori dei casi previsti dalla legge ed è dunque insuscettibile di convalida. Cass. pen. sez. V 7 maggio 1992
In presenza dei presupposti previsti dall’art. 384, comma primo, c.p.p.è legittimo il fermo di persona indiziata di delitto disposto dal P.M. nei confronti di persona rimessa formalmente in libertà, ancorché ancora di fatto detenuta, in relazione ad un precedente titolo di custodia cautelare dichiarato inefficace per la nullità dell’interrogatorio di garanzia. (Nell’applicare tale principio, la Corte ha chiarito che l’obbligo del previo interrogatorio dell’indagato, scarcerato per la caducazione del precedente titolo cautelare ai sensi dell’art. 302 c.p.p. non si riferisce al provvedimento di fermo eventualmente adottato dal pubblico ministero dopo la scarcerazione). Cass. pen. sez. I 8 maggio 2013, n. 19733
In tema di prova dichiarativa, le situazioni disciplinate, rispettivamente, dall’art. 384, comma primo e comma secondo, c.p.sono diverse e tra loro alternative. Ne discende che, ove sia configurabile la causa di esclusione della punibilità prevista dal secondo comma della su citata disposizione, deve ritenersi irrilevante la circostanza della spontanea presentazione al P.M. da parte del dichiarante, poichè la stessa non esclude l’applicazione delle disposizioni di garanzia previste dagli artt. 197 ss. c.p.p.espressamente richiamate dall’art. 362 c.p.p.. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato con rinvio l’impugnata sentenza, ritenendo necessario chiarire la veste assunta dai dichiaranti al momento della loro spontanea presentazione dinanzi al P.M.). Cass. pen. sez. VI 3 febbraio 2012, n. 4690
Il pubblico ministero può adottare un provvedimento di fermo per gli stessi fatti presi in considerazione in occasione di un precedente fermo che sia venuto meno in conseguenza di vizi puramente formali. (Fattispecie in tema di rinnovazione del fermo a seguito di scarcerazione dell’indagato per la perdita di efficacia, per omesso interrogatorio, della misura cautelare applicata all’esito della convalida del primo provvedimento adottato dal pubblico ministero). Cass. pen. sez. IV 8 ottobre 2007, n. 36897
In tema di fermo di indiziato di delitto il giudice, sia pure ai limitati fini della convalida, può procedere alla riqualificazione giuridica del fatto-reato a lui sottoposto anche in modo diverso da quello prospettato dal pubblico ministero richiedente: rientra infatti tra i poteri di controllo quello di individuare, in concreto, l’ipotesi di reato al fine di stabilire se sia consentita la misura provvisoria e se quindi, correttamente, la polizia giudiziaria l’ha adottata. (Nella fattispecie la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.M. ritenendo legittima la mancata convalida del fermo da parte del Gip il quale aveva rilevato, nell’ipotesi di delitto relativo al traffico di stupefacenti, la sussistenza della attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73). Cass. pen. sez. IV 23 gennaio 2004, n. 2404
In materia di misure precautelari applicate dalla polizia giudiziaria, il giudice dell’udienza di convalida che ravvisi la mancanza dei presupposti per l’arresto in flagranza deve, qualora sussistano i differenti presupposti previsti dall’art. 384 c.p.p.quali.care detta attività come fermo di persona indiziata e provvedere alla relativa convalida. (Fattispecie in cui la Corte, su impugnazione del pubblico ministero, ha ritenuto che erroneamente il giudice, che in esito all’udienza aveva emesso la misura cautelare della custodia in carcere, si fosse limitato a non convalidare l’arresto per carenza del requisito della flagranza, dal momento che la sussistenza del pericolo di fuga – posto a fondamento della misura cautelare – avrebbe imposto di diversamente quali.care, come fermo di persona indiziata, l’attività di polizia giudiziaria, e di procedere alla convalida sotto tale profilo). Cass. pen. sez. I 16 luglio 2001, n. 28937
La polizia giudiziaria può procedere di propria iniziativa al fermo di persona indiziata di reato, anche nel caso in cui il Pubblico Ministero abbia già assunto la direzione delle indagini, solo quando, non essendo possibile attendere il provvedimento di quest’ultimo, sopravvengono specifici elementi che rendono fondato il pericolo che il soggetto sia per darsi alla fuga, vale a dire si stia già, in concreto, sottraendo alle ricerche della competente autorità. Cass. pen. sez. V 21 giugno 2001, n. 25322
La possibilità di disporre nuovamente la custodia cautelare in carcere dopo la perdita di efficacia per omesso interrogatorio dell’indagato è subordinata alla sua effettiva liberazione e al suo previo interrogatorio. Ne consegue che è illegittimo il ripristino della custodia cautelare nei confronti di indagato liberato solo formalmente, in quanto contestualmente sottoposto a misura restrittiva della libertà a seguito di fermo del P.M. a norma dell’art. 384 c.p.p. in relazione allo stesso fatto per il quale la custodia cautelare era divenuta inefficace; e ciò perché l’autonomia dei due titoli custodiali, in simile evenienza, è solo apparente, risultando essi emessi per il medesimo fatto. (Fattispecie, nella quale il P.M. aveva adottato, all’atto della perdita di efficacia della custodia cautelare, provvedimento di fermo di persona indagata per associazione per delinquere di stampo mafioso e omicidio volontario, facendo in esso riferimento alla stessa motivazione sulla cui base era stata dapprima richiesta e poi emessa la prima ordinanza). Cass. pen. sez. I 18 novembre 1998, n. 4942
Una volta che si siano realizzati i presupposti stabiliti dall’art. 384, primo comma, c.p.p.il fermo non può essere precluso dall’istanza di audizione o dalla presentazione dell’indagato. Cass. pen. sez. I 22 febbraio 1994, n. 5651