La domanda di riparazione per ingiusta detenzione può essere proposta soltanto dalla parte personalmente o da soggetto munito della procura speciale prevista dall’art. 122 cod. proc. pen. che deve contenere, ai sensi di legge, anche “la determinazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti a cui si riferisce”. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la validità della procura speciale, rilasciata al difensore che aveva sottoscritto la domanda di riparazione e allegata su foglio separato, che conferiva il potere di “presentare istanza ex art. 315 cod. proc. pen.”, senza alcuna ulteriore specificazione con riguardo all’oggetto per cui era conferita, quale ad esempio l’indicazione del numero del procedimento penale a cui era collegata l’istanza di riparazione). Cass. pen. sez. IV 11 aprile 2018, n. 16115
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto con atto sottoscritto dalla parte senza la rappresentanza di un avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione a norma dell’art. 613 cod. proc. pen. poichè l’unica deroga a tale disposizione generale è quella prevista dall’art.571, comma primo, cod. proc. pen. che riconosce al solo imputato la facoltà di proporre personalmente l’impugnazione. Cass. pen. sez. IV 7 gennaio 2016, n. 121
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la nomina e la rappresentanza del difensore per proporre il ricorso per cassazione sono disciplinate dall’art. 100 c.p.p. e non sono applicabili le disposizioni di cui gli artt. 83 e 84 c.p.c. (procura alle liti e poteri del difensore), in quanto al procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione si applicano le disposizioni del codice di procedura penale previste per la riparazione dell’errore giudiziario. (La Corte ha osservato che il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, pur avendo svolgimento e natura propri, si sviluppa all’interno del processo penale del quale, ove non diversamente disposto, mutua per intero le regole). Cass. pen. Sezioni Unite 24 settembre 2001, n. 34535
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto con atto sottoscritto dalla parte senza la rappresentanza di un avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione a norma dell’art. 613 c.p.p.giacché l’unica deroga a tale disposizione generale è quella prevista dall’art. 571, comma primo, c.p.p. che riconosce al solo imputato la facoltà di proporre personalmente l’impugnazione. Cass. pen. Sezioni Unite 24 settembre 2001, n. 34535
In tema di spese processuali nell’ambito di un procedimento per la riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato. (In applicazione del predetto principio la S.C. in motivazione ha specificato che il giudice non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale). Cass. pen. sez. III 3 maggio 2017, n. 20904
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, nel liquidare l’indennità il giudice è vincolato esclusivamente a non superare il tetto massimo normativamente stabilito, ma non è tenuto a ripartire proporzionalmente tale importo tra le tre voci di danno elencate dall’art. 643 c.p.p. né può fissare per le stesse un ulteriore limite individuato nella terza parte di quello massimo. Cass. pen. sez. IV 31 ottobre 2008, n. 40926
Nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, il Ministero dell’economia e delle finanze deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, qualora il ricorso per cassazione da esso proposto avverso l’ordinanza della corte d’appello sia rigettato o dichiarato inammissibile. Cass. pen. Sezioni Unite 15 ottobre 2002, n. 34559
Il sindacato di legittimità in tema di regolamento delle spese processuali, derivanti da procedimento per la riparazione per l’ingiusta detenzione, è limitato alla violazione del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa sicché, da un lato, esula da tale sindacato, e rientra, invece, nei poteri del giudice del merito, la valutazione della opportunità o meno di disporre la compensazione, e, dall’altro, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si contesti il provvedimento del giudice che abbia posto l’onere delle spese a carico della parte ancorché non totalmente soccombente. Cass. pen. sez. IV 24 agosto 2000, n. 2815
Il procedimento conseguente alla domanda di riparazione per ingiusta detenzione ha natura di procedimento civile inserito in una procedura dinanzi al giudice penale. Pertanto il carico delle spese va regolato, nonostante il silenzio della legge, secondo il principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. Cass. pen. Sezioni Unite 27 maggio 1992
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la domanda presentata oltre i due anni dalla sentenza di proscioglimento o di assoluzione, è inammissibile, perchè tardiva, anche nell’ipotesi in cui la cancelleria abbia per errore indicato, nell’attestazione di passaggio in giudicato, una data diversa rispetto alla quale la domanda presentata appaia tempestiva, avendo la predetta attestazione natura meramente ricognitiva ed essendo onere dell’istante verificare quale sia stato l’effettivo momento di irrevocabilità. Cass. pen. sez. IV 11 maggio 2017, n. 23144
Il termine per la proposizione della domanda di riparazione per ingiusta detenzione decorre, nel caso di provvedimento di archiviazione, esclusivamente dalla notifica del detto provvedimento o dalla consegna di copia al diretto interessato ai sensi dell’art. 148, comma 4, c.p.p.e non sono ammessi equipollenti quali la consegna di copia al difensore che ne abbia fatto richiesta ad altri fini. Cass. pen. sez. IV 15 maggio 2001, n. 19569
In tema di riparazione dell’ingiusta detenzione, la presentazione della domanda nel più lungo termine di due anni introdotto dalla legge n. 479 del 1999 è preclusa dalla mancata deduzione o rilevazione della questione nel precedente giudizio avente identico oggetto, conclusosi con ordinanza dichiarativa della inammissibilità della domanda per tardività, ovvero dalla mancata impugnazione sul punto di tale ordinanza. Cass. pen. sez. IV 15 maggio 2001, n. 19571
In tema di equo indennizzo per l’ingiusta detenzione, la nuova disposizione di cui all’art. 15 comma 1 legge 16 dicembre 1999, n. 479, che ha stabilito per l’ammissibilità della domanda il più lungo termine di due anni, non si applica nelle ipotesi in cui al momento dell’entrata in vigore della legge citata si era già verificata la decadenza, prevista dall’originario art. 315 comma 1 c.p.p. in diciotto mesi dal passaggio in giudicato della sentenza o degli altri eventi nella disposizione contemplati. Cass. pen. sez. IV 17 marzo 2000, n. 1285
In tema di procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, la disposizione di cui al primo comma dell’art. 315 c.p.p.che prevede la sanzione di inammissibilità della domanda soltanto con riferimento alla mancata osservanza del termine per la sua proposizione, deve essere integrata, in virtù del rinvio operato dal terzo comma del medesimo articolo ed in assenza di motivi idonei ad escludere il rapporto di compatibilità con il precetto di cui al primo comma dell’art. 645 c.p.p. in tema di riparazione dell’errore giudiziario, che prevede la sanzione di inammissibilità della domanda, oltre che per l’intempestività, anche per la mancata osservanza delle forme e delle modalità di proposizione e presentazione ivi disciplinate. Cass. pen. Sezioni Unite 13 gennaio 1998, n. 14
In tema di procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, le disposizioni relative alla sospensione dei termini nel periodo feriale di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742 non sono applicabili al termine di decadenza per la presentazione della relativa domanda previsto dall’art. 315 c.p.p.; tale termine, infatti, non inerisce al processo ma ne presuppone la conclusione. Cass. pen. sez. IV 16 marzo 1994, n. 113
In tema di procedimento per la riparazione per l’ingiusta detenzione, l’omessa notificazione della domanda, a cura della cancelleria, al Ministro dell’economia e delle finanze (subentrato al Ministro del tesoro per effetto del D.L. 12 giugno 2001, n. 134, convertito nella legge 3 agosto 2001, n. 317) presso la competente sede distrettuale dell’Avvocatura dello Stato, non determina l’improcedibilità della richiesta, bensì una nullità generale a regime intermedio a norma dell’art. 180 c.p.p.che è rilevabile anche di ufficio e deve essere eccepita prima della conclusione del procedimento in camera di consiglio, se la parte pubblica vi partecipi, ovvero per la prima volta mediante ricorso per cassazione, in caso di mancata partecipazione. Cass. pen. Sezioni Unite 18 settembre 2003, n. 35760
La notifica dell’ordinanza che decide sulla domanda di riparazione per ingiusta detenzione è correttamente effettuata, secondo il disposto dell’art. 646 c.p.p.allorché, per la parte, avvenga presso il suo procuratore speciale, al quale con il conferimento della procura speciale è stata attribuita la rappresentanza di diritto sostanziale della parte stessa. Cass. pen. sez. IV 16 novembre 1999, n. 2934
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, soggetto delegato al deposito della domanda è anche il collaboratore di studio del procuratore speciale, dovendosi attribuire rilievo esclusivamente alla certezza della provenienza dell’atto e non alla quali.ca del soggetto che ne cura il materiale deposito. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato l’ordinanza che aveva dichiarato inammissibile la domanda di riparazione presentata dal collaboratore di studio ed incaricato verbalmente per il deposito, ma non munito di formale delega). Cass. pen. sez. IV 26 gennaio 2018, n. 3891
La domanda di riparazione per ingiusta detenzione, una volta conferita la procura speciale al difensore che ha sottoscritto l’istanza, può essere depositata presso l’ufficio competente anche da un soggetto diverso dal procuratore speciale e da questi delegato, in quanto la presentazione dell’atto costituisce mera attività materiale successiva alla formazione dell’atto da parte del soggetto legittimato. Cass. pen. sez. IV 14 novembre 2017, n. 51748
Nel giudizio di riparazione per l’ingiusta detenzione l’esistenza dei fatti estintivi o modificativi del diritto all’indennizzo deve essere valutata solo quando gli stessi fatti siano stati prospettati dalla parte interessata, con la conseguenza che l’amministrazione dello Stato, pur convenuta nello stesso giudizio, che si sia disinteressata del procedimento non può prospettare per la prima volta con il ricorso per cassazione le ragioni per le quali il giudice di merito avrebbe dovuto pervenire ad una decisione diversa da quella effettivamente assunta. Cass. pen. sez. IV 16 marzo 2015, n. 11162
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, qualora al ricorso proposto dal difensore faccia seguito il ricorso sottoscritto personalmente dalla parte che revochi il mandato difensivo, la declaratoria di inammissibilità del secondo ricorso per tardività comporta l’inefficacia della predetta revoca e la validità del ricorso proposto dal difensore. Cass. pen. sez. IV 11 novembre 2013, n. 45399
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la relativa domanda è legittimamente presentata dal difensore costituito in maniera generica procuratore speciale dall’interessato nel mandato ad litem apposto a margine dell’istanza. Cass. pen. sez. IV 29 ottobre 2008, n. 40293
L’inammissibilità della domanda di riparazione per ingiusta detenzione può essere rilevata dal giudice anche d’ufficio, trattandosi di sanzione processuale espressamente disposta dall’art. 645, comma primo, c.p.p. norma richiamata dall’art. 315, comma terzo, c.p.p. Cass. pen. sez. IV 7 marzo 2008, n. 10485
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai sensi dell’art. 613 c.p.p. il ricorso per cassazione avverso la decisione della corte d’appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della cassazione e non può essere sottoscritto personalmente dall’interessato; a nulla rilevando che dopo la sottoscrizione dell’interessato vi sia in calce l’autentica della firma ad opera del detto difensore. Cass. pen. sez. IV 12 novembre 2002, n. 38003
Solo all’imputato è consentito sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 613 comma 1, c.p.p. e pertanto il ricorso per cassazione contro la decisione in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione non può essere proposto dalla parte personalmente che tale qualità più non riveste. (Fattispecie in cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto personalmente dagli eredi dell’imputato deceduto). Cass. pen. sez. IV 10 maggio 2000, n. 1778
La domanda di riparazione per ingiusta detenzione è atto personale della parte e non atto del difensore con procura, in quanto l’art. 645, comma primo, c.p.p. prevede che essa sia presentata personalmente o per mezzo di procuratore speciale, e tale previsione, secondo quanto stabilito dall’art. 99, comma primo, stesso codice, comporta una deroga – che logicamente riguarda il compimento di atti processuali, non quello di atti materiali – alla regola della rappresentanza da parte del difensore. Ne consegue che al procuratore alle liti non è consentito sottoscrivere la predetta domanda di riparazione, ma non è preclusa la facoltà di provvedere al deposito in cancelleria della domanda, sottoscritta dal suo assistito. (In motivazione, la S.C. ha rilevato che l’art. 645 c.p.p. da un lato adopera l’espressione «è presentata», la quale, se a prima vista può far pensare a una materiale attività di deposito in cancelleria, a un più attento esame rende evidente che in realtà è diretta a regolare non tale attività, bensì le varie modalità della domanda, in quanto indica la forma dell’atto, i documenti che devono accompagnarlo, i soggetti legittimati e l’ufficio presso il quale esso deve essere depositato e, dall’altro, non commina espressamente l’inammissibilità per l’inosservanza della prescrizione in questione, sicché non potrebbe ravvisarsi tale sanzione processuale, se si dovesse concludere che la prescrizione è diretta ad individuare, anziché il soggetto legittimato a formulare la domanda, quello che ne deve curare il deposito in cancelleria). Cass. pen. Sezioni Unite 9 gennaio 1995, n. 27
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, l’ingiustizia formale della detenzione, anche se conseguente a diversa qualificazione del fatto contestato nell’imputazione come reato procedibile a querela, tuttavia mancante, e/o punito con pena edittale non superiore nel massimo a tre anni di reclusione, deve risultare da una decisione irrevocabile in fase (o comunque, come nel giudizio direttissimo, con valenza anche) cautelare: invero, la «derubricazione» che avvenga al di fuori del giudicato (con valenza) cautelare e nel giudizio di merito – per effetto della valutazione di circostanze emerse solo nella istruzione dibattimentale o rilevante dal giudice di ufficio, senza che abbiano costituito oggetto della controversia – è estranea alla categoria dell’errore giudiziario, giacché in tal caso l’applicazione della misura è originariamente legittima e manca il titolo del diritto alla riparazione, che sorge esclusivamente se, in seguito alla detta «derubricazione», la custodia cautelare sia illegittimamente mantenuta, come si ricava dalla seconda previsione contenuta nell’art. 314 cpv. c.p.p. (Nella fattispecie la decisione di merito che riconosceva il diritto all’indennità – annullata senza rinvio in applicazione del principio massimato – era relativa ad una detenzione disposta per il reato originariamente contestato di sequestro di persona, derubricato in ratto a fine di libidine e dichiarato improcedibile per la non equipollenza dell’atto di denuncia a querela, rilevata d’ufficio solo dalla corte d’appello). Cass. pen. sez. IV 13 marzo 1999, n. 36
Il rinvio, contenuto nell’art. 315, comma 3, c.p.p. in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, all’applicazione delle norme sulla riparazione dell’errore giudiziario, non è limitato – ancorché la rubrica dell’articolo si riferisca al procedimento – alle sole norme procedimentali, ma riguarda tutte le disposizioni in tema di errore giudiziario, con l’unico limite della compatibilità. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto la piena compatibilità della norma di cui all’art. 644 c.p.p. – che disciplina la riparazione dell’errore giudiziario in caso di morte del condannato – con la riparazione per l’ingiusta detenzione, sul rilievo che gli effetti pregiudizievoli dell’ingiusta detenzione, così come quelli dell’errore giudiziario, sono naturalmente destinati a propagarsi nell’ambito familiare, legittimando, nel caso di morte della persona che ha subito l’ingiusto provvedimento, la pretesa riparatoria dei congiunti). Cass. pen. Sezioni Unite 20 aprile 1995, n. 28
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. (Nell’occasione, la Corte ha affermato che il giudice deve fondare la deliberazione conclusiva su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima, sia dopo la perdita della libertà personale, indipendentemente dall’eventuale conoscenza, che quest’ultimo abbia avuto, dell’inizio dell’attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto). Cass. pen. Sezioni Unite 15 ottobre 2002, n. 34559
Il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è a contraddittorio necessario – che si instaura con la notifica della domanda, a cura della cancelleria, al Ministero dell’economia e delle finanze – ma non a carattere contenzioso necessario, in quanto l’amministrazione intimata può non costituirsi ovvero costituirsi aderendo alla richiesta del privato o rimettersi al giudice. Ne consegue che in questi ultimi casi, non essendovi contrasto di interessi da dirimere, non v’è soccombenza dell’amministrazione e non può essere pronunciata la sua condanna alla rifusione delle spese, nonché degli eventuali diritti e onorari di rappresentanza e difesa in favore della controparte, mentre, qualora essa si costituisca, svolgendo una qualsiasi eccezione diretta a paralizzare conclusioni, il contraddittorio si connota di carattere contenzioso e il giudice deve porre le spese stesse, nonché gli eventuali diritti e onorari a carico dell’amministrazione soccombente o, se ne sussistono le condizioni, dichiararle totalmente o parzialmente compensate. Cass. pen. Sezioni Unite 15 ottobre 2002, n. 34559
Nel procedimento per l’equa riparazione, che riguarda l’attribuzione di una somma di denaro, e segue, dal punto di vista processuale, per la parte non esplicitamente regolamentata, le norme del rito civile, la tutela dell’interesse economico del convenuto Ministro del tesoro è riservata alla libera valutazione e determinazione dell’organo istituzionale previsto dalla legge (Avvocatura dello Stato). È pertanto, inammissibile l’impugnazione proposta dal P.G. sul punto concernente la quantificazione della somma da riconoscersi agli istanti per mancanza di un interesse concreto e reale riferibile alla funzione istituzionale, non potendosi detto organo di giustizia sostituire alla parte convenuta nella tutela di un interesse pecuniario, privo di rilievo ai fini dell’esatta applicazione della legge, quando non ne venga dedotta una violazione. Cass. pen. sez. IV ord. 24 maggio 1995, n. 1810
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, alla rinuncia alla domanda sono applicabili estensivamente le disposizioni del codice di procedura penale in tema di rinuncia al ricorso e non quelle del codice di procedura civile in tema di rinuncia agli atti del giudizio, con la conseguenza che la rinuncia non deve essere accettata dal pubblico ministero per produrre l’estinzione del giudizio, e la revoca della stessa è priva di effetti. Cass. pen. sez. IV 26 gennaio 2018, n. 3889
Nel riconoscere il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice, atteso il rinvio operato dall’art. 315, comma 3, cod. proc. pen.alle disposizioni dettate per la riparazione dell’errore giudiziario, può liquidare una provvisionale a titolo alimentare, ma esclusivamente qualora il richiedente dimostri di versare in uno stato di bisogno cui non sia in grado di porre rimedio. Cass. pen. sez. IV 11 gennaio 2018, n. 841
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, pur essendo onere dell’interessato, secondo i principi civilistici, dimostrare i fatti posti a base della domanda, e cioè la sofferta custodia cautelare e la sopravvenuta assoluzione, deve tuttavia ritenersi, avuto anche riguardo al fondamento solidaristico dell’istituto in questione, che il giudice sia tenuto ad avvalersi, se necessario, della possibilità, prevista dagli artt. 213 e 738, comma terzo, cod. proc. civ.di chiedere anche d’ufficio alla P.A. (ivi compresa, quindi, quella della giustizia) informazioni scritte su atti e documenti di cui essa sia in possesso. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato con rinvio l’ordinanza con la quale la Corte d’appello aveva dichiarato l’inammissibilità di una richiesta di riparazione a causa della impossibilità di acquisire la sentenza assolutoria, andata perduta, omettendo di richiedere informazioni all’amministrazione giudiziaria in ordine alla data del passaggio in giudicato della pronuncia). Cass. pen. sez. IV 11 aprile 2017, n. 18172
Integra gli estremi dell’atto abnorme, il provvedimento con cui il giudice di appello, investito della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, sospenda il procedimento “sine die”, in attesa della definizione di altro procedimento in corso in fase dibattimentale, al fine dell’eventuale applicazione dell’istituto della “fungibilità”. Cass. pen. sez. IV 12 febbraio 2013, n. 7001
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la domanda proposta oltre il termine di diciotto mesi previsto dal primo comma dell’art. 315 c.p.p.prima che la novella di cui all’art. 15 legge 16 dicembre 1999 n. 479 lo prolungasse a due anni, è ammissibile a condizione che, al momento dell’entrata in vigore della citata norma, la domanda stessa potesse ancora essere ritenuta tempestiva, alla luce del nuovo termine biennale, in quanto rientrante nei nuovi limiti temporali, atteso che, diversamente opinando, si determinerebbe una disparità di trattamento tra chi non aveva proposto nessuna domanda e sarebbe pienamente legittimato a farlo in forza dell’allungamento del termine, e chi, avendo invece proposto la domanda oltre i diciotto mesi, si vedrebbe considerare definitivamente decaduto dal diritto. Cass. pen. sez. IV 28 settembre 2001, n. 35331
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la disposizione dell’art. 15 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, la quale, sostituendo il comma 2 dell’art. 315 c.p.p.ha elevato ad un miliardo di lire l’entità massima della somma liquidabile, è applicabile anche ai giudizi pendenti davanti alla Corte di cassazione al momento di entrata in vigore della legge che riguardino la determinazione del quantum da liquidare a tale titolo, giacché la pretesa dell’istante è soddisfatta solo quando la somma liquidata a titolo di indennizzo sia oggetto di una pronuncia definitiva ed il ricorso proposto per dedurre la violazione dei criteri adottati per quanti.care l’ammontare dell’indennizzo impedisce il passaggio in giudicato di tale situazione. (In applicazione di tale principio la Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza pronunciata prima dell’entrata in vigore della nuova legge ed ha rinviato il processo alla corte di appello per nuovo esame). Cass. pen. sez. IV 13 luglio 2001, n. 28506
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la disposizione di cui all’art. 15 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, la quale, sostituendo il comma 2 dell’art. 315 c.p.c.ha elevato ad un miliardo di lire l’entità massima della somma liquidabile, è applicabile in tutte le ipotesi in cui l’ammontare dell’indennizzo venga determinato in una data posteriore a quella di entrata in vigore della riforma, e cianche quando, per evenienze procedurali, la liquidazione sia disposta in un momento cronologicamente distinto e successivo a quello dell’accertamento dell’an debeatur, atteso che soltanto con la precisazione del quantum il rapporto fra le parti può considerarsi perfezionato per il prodursi dell’effetto giuridico tipico dell’azione proposta. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di rinvio che, investito della sola questione relativa al quantum debeatur, aveva liquidato l’indennizzo tenendo conto del nuovo limite massimo fissato dalla legge n. 479 del 1999, entrata in vigore nelle more del giudizio di rinvio e dunque in un momento successivo all’accertamento del diritto alla riparazione). Cass. pen. Sezioni Unite 14 giugno 2001, n. 24287
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, deve ritenersi immediatamente applicabile, anche in sede di legittimità, lo jus superveniens costituito dall’art. 15 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, con il quale, mediante la riformulazione dell’art. 315, comma 2, c.p.p.è stato elevato da lire 100 milioni a lire un miliardo il limite massimo entro il quale la somma da liquidarsi a titolo di riparazione dev’essere contenuta. Cass. pen. sez. IV 4 ottobre 2000, n. 2721
Attesa la natura sostanziale dell’art. 315, comma 2, c.p.p.che fissa il limite massimo della somma liquidabile a titolo di riparazione per ingiusta detenzione, deve escludersi che operi, con riguardo a detta disposizione normativa, il principio tempus regit actum e deve ritenersi che il nuovo e più elevato limite introdotto dall’art. 15 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 trovi immediata applicazione in tutti i procedimenti non ancora esauriti con statuizione passata in giudicato. Cass. pen. sez. IV 4 agosto 2000, n. 3747
Gli eredi dell’autore della domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione sono legittimati a proseguire il giudizio in caso di decesso dell’interessato nelle more del giudizio, trovando applicazione nel caso, dato il carattere economico del petitum, la disciplina processualcivilistica, che ricollega l’estinzione del processo non alla morte della parte ma alla mancata prosecuzione o riassunzione in termini dello stesso da parte dei successori aventi diritto. Cass. pen. sez. IV 18 aprile 1998, n. 268