Art. 103 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Garanzie di libertà del difensore

Articolo 103 - codice di procedura penale

1. Le ispezioni (244) e le perquisizioni (247 ss.) negli uffici dei difensori sono consentite solo:
a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati (60, 61), limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito;
b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici (359) non si può procedere a sequestro (253 ss., 354) (1) di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato (253).
3. Nell’accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, l’autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell’ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari (326 ss.), il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
5. Non è consentita l’intercettazione (266 ss.) relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei (2) consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite (att. 35).
6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato (att. 35).
7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’art. 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati (191). Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta (3).

Articolo 103 - Codice di Procedura Penale

1. Le ispezioni (244) e le perquisizioni (247 ss.) negli uffici dei difensori sono consentite solo:
a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati (60, 61), limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito;
b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici (359) non si può procedere a sequestro (253 ss., 354) (1) di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato (253).
3. Nell’accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, l’autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell’ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari (326 ss.), il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
5. Non è consentita l’intercettazione (266 ss.) relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei (2) consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite (att. 35).
6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato (att. 35).
7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’art. 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati (191). Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta (3).

Note

(1) Le parole: «Presso i difensori e i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro» sono state così sostituite dalle attuali da: «Presso i difensori e gli investigatori …» fino a: «… procedere a sequestro» dall’art. 1, comma 1, lett. a), della L. 7 dicembre 2000, n. 397.
(2) Le parole da: «degli investigatori privati …» fino a: «… al procedimento, dei» sono state inserite dall’art. 1, comma 1, lett. b), della L. 7 dicembre 2000, n. 397.
(3) Questo periodo è stato aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. a), del D.L.vo 29 dicembre 2017, n. 216. A norma dell’art. 9, comma 1, del medesimo
provvedimento, così come da ultimo modificato dall’art. 9, comma 2, lett. a), del D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, nella L. 8 agosto 2019, n. 77, tali disposizioni si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 dicembre 2019.

Massime

Le guarentigie previste dall’art. 103 cod. proc. pen. non sono volte a tutelare chiunque eserciti la professione legale ma solo colui che rivesta la qualità di difensore in forza di specifico mandato conferitogli nelle forme di legge, essendo essenzialmente apprestate in funzione di garanzia del diritto di difesa dell’imputato; pertanto, esse non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all’art. 103 cod. proc. pen. – ispezioni, perquisizioni, sequestri – debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale sottoposto ad indagine. Cass. pen. sez. V 30 marzo 2012, n. 12155

I limiti imposti dall’art. 103 c.p.p. quali “garanzie di libertà del difensore”, con specifico riferimento al sequestro, non possono riguardare documenti nella sfera di pertinenza esclusiva dell’imputato, privi di una finalizzazione attuale all’espletamento delle funzioni del difensore. (Fattispecie di sequestro, ritenuto legittimo, di documenti in bozza rinvenuti in luoghi in uso all’imputato e non già “presso il difensore”). Cass. pen. Sezioni Unite 21 aprile 2010, n. 15208

Le guarentigie previste dall’art. 103 c.p.p.in quanto volte a tutelare non chiunque eserciti la professione legale, ma solo chi sia «difensore» in forza di specifico mandato a lui conferito nelle forme di legge (e ciò essenzialmente in funzione di garanzia del diritto di difesa dell’imputato), non possono trovare applicazione qualora gli atti indicati nel citato art. 103 debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale che sia egli stesso la persona sottoposta a indagine. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che il pubblico ministero abbisognasse dell’autorizzazione del giudice, ai sensi del comma quarto dell’art. 103 c.p.p.per l’effettuazione di perquisizione nello studio di un legale sottoposto a indagine per truffa in danno di suoi clienti). Cass. pen. sez. II 20 settembre 2006, n. 31177

In tema di ispezione, perquisizione o sequestro nell’ufficio di un difensore, l’obbligo per l’autorità giudiziaria di procedervi personalmente e di darne avviso al consiglio dell’ordine forense del luogo non viene meno, sebbene il difensore sia persona indagata, quando lo studio professionale risulti cointestato ad altro avvocato nominato suo difensore di fiducia e non sottoposto in quel momento ad indagini, con la conseguente nullità degli atti compiuti ove le predette prescrizioni non sono rispettate. Cass. pen. sez. V 2 gennaio 2019, n. 71

In tema di garanzie di libertà del difensore, mentre per le perquisizioni e le ispezioni la garanzia di cui all’art. 103, comma primo, cod. proc. pen. è collegata all’esecuzione delle stesse presso gli uffici dei difensori, per i sequestri il divieto di acquisire documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato, è collegato direttamente alle persone dei difensori, ai sensi del secondo comma del citato art. 103, in linea con quanto previsto anche dall’art. 4 della direttiva 2013/48/UE; ne deriva che il divieto opera anche quando l’attività diretta al sequestro si svolge in luogo diverso dagli uffici dei difensori. Cass. pen. sez. II 21 aprile 2017, n. 19255

Quando procede a perquisizione nei casi previsti dall’art. 103 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, la polizia giudiziaria non ha l’obbligo di avvertire la persona sottoposta a controllo del diritto all’assistenza di un difensore perché tale tipologia di perquisizione, a differenza di quella contemplata dal codice di procedura penale, non presuppone necessariamente una preesistente notizia di reato e non è quindi funzionale alla ricerca e all’acquisizione della prova di un reato di cui consti già l’esistenza, ma può rientrare anche in un’attività di carattere preventivo. Cass. pen. sez. VI 28 febbraio 2014, n. 9884

È legittimo il sequestro di un server informatico (completamente sigillato) presso lo studio di un avvocato indagato di concorso in bancarotta fraudolenta, al fine di verificare, con le garanzie del contraddittorio anticipato, la natura effettivamente pertinenziale rispetto al reato ipotizzato di atti e documenti sequestrati, così escludendo indebite conseguenze sulle garanzie del difensore in violazione dell’art. 103 c.p.p.. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che il sequestro era funzionale alla selezione dei dati informatici pertinenti attraverso l’incombente processuale della perizia da espletarsi con incidente probatorio). Cass. pen. sez. V 21 gennaio 2003, n. 2816

L’art. 103, comma quinto, cod. proc. pen nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, riguarda l’attività captativa in danno del difensore in quanto tale ed ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni ­individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma – inerenti all’esercizio delle funzioni del suo ufficio e non si estende ad ogni altra conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto imune da censure un’ordinanza cautelare contenente riferimenti non al contenuto di specifiche intercettazioni tra imputato e difensore, ma al mero fatto storico del contatto tra di essi intervenuto, al fine di individuare l’utilizzatore della utenza che aveva chiamato quella in uso al legale). Cass. pen. sez. IV 29 dicembre 2016, n. 55253

Il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale quali.ca, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata, in quanto la “ratio” della regola posta dall’art. 103 c.p.p. va rinvenuta nella tutela del diritto di difesa. (Fattispecie relativa alla intercettazione di un colloquio tra l’indagato ed un avvocato, legati da uno stretto rapporto di amicizia, per la cui utilizzabilità la Corte ha ritenuto necessario che il giudice del merito dovesse valutare: a) se quanto detto dall’indagato fosse finalizzato ad ottenere consigli difensivi professionali o non costituisse piuttosto una mera confidenza fatta all’amico; b) se quanto detto dall’avvocato avesse natura professionale oppure consolatoria ed amicale a fronte delle confidenze ricevute). Cass. pen. sez. II 18 giugno 2014, n. 26323

L’art. 103, comma quinto, c.p.p. nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, riguarda l’attività captativa in danno del difensore in quanto tale ed ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma inerenti all’esercizio delle funzioni del suo ufficio e non si estende ad ogni altra conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto utilizzabile, ai fini dell’identificazione della voce dell’indagato captata nel corso di una intercettazione telefonica, una conversazione intervenuta sulla medesima utenza tra la di lui moglie e quello che era il suo difensore ). Cass. pen. sez. VI 10 ottobre 2008, n. 38578

Il divieto di intercettazione di conversazioni o comunicazioni di difensori, previsto dall’art. 103, comma quinto, c.p.p.ha per oggetto soltanto conversazioni o comunicazioni inerenti alla funzione difensiva, individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, anche a seguito di una verifica successiva all’eventuale captazione che non sia stata disposta nei confronti del difensore in quanto tale. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto utilizzabili, ai fini dell’identificazione del presunto responsabile di un reato, la cui utenza telefonica cellulare era stata sottoposta ad intercettazione, elementi tratti da una conversazione del medesimo soggetto con quello che era il suo difensore in un procedimento civile, trattandosi di elementi non attinenti alla funzione difensiva di cui il legale era stato investito). Cass. pen. sez. VI 11 ottobre 2006, n. 34065

L’art. 103, comma 5, c.p.p. nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, mirando a garantire l’esercizio del diritto di difesa, ha ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni relative agli affari nei quali i legali esercitano la loro attività difensiva, e non si estende, quindi, alle conversazioni che integrino esse stesse reato (nella specie, l’avvocato aveva preavvertito il suo cliente delle iniziative assunte dalle forze di polizia, fornendo consigli su come evitare la cattura e commettendo così il reato di favoreggiamento). Cass. pen. sez. VI 17 settembre 2003, n. 35656

Il divieto di intercettazione di conversazioni o comunicazioni nei confronti dei difensori, sancito dall’art. 103, quinto comma, c.p.p.riguarda l’attività captativa in danno del difensore in quanto tale, e dunque nell’esercizio delle funzioni inerenti al suo ufficio, quale che sia il procedimento cui si riferisca, e non si estende ad ogni altra conversazione, non inerente (tanto piove costituisce essa stessa reato), che si svolga nel suo studio o domicilio. La prescrizione anzidetta non si traduce, in definitiva, in un divieto assoluto di conoscenza ex ante, come se il legale godesse di un ambito di immunità assoluta o di un privilegio di categoria, ma implica una verifica postuma del rispetto dei relativi limiti, la cui violazione comporta l’inutilizzabilità delle risultanze dell’ascolto non consentito, ai sensi dell’art. 103, settimo comma, e la distruzione della relativa documentazione, a norma dell’art. 271 richiamato dallo stesso art. 103, settimo comma, del codice di rito. Cass. pen. sez. V 5 maggio 2003, n. 20072

Per l’operatività del divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, lo svolgimento dell’attività difensiva non deve risultare necessariamente da uno specifico e formale mandato, conferito secondo le modalità previste dall’art. 96 c.p.p.potendo desumersi l’esistenza di un mandato fiduciario anche dalla natura stessa dell’incarico, circostanza questa che può essere confermata dallo stesso contenuto delle captazioni, oltre che dalla documentazione prodotta dall’interessato. Cass. pen. sez. VI 7 marzo 2003, n. 10664

In tema di garanzie di libertà dei difensori previste dall’art. 103 c.p.p.il divieto di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni opera anche nel caso in cui l’attività difensiva concerna un procedimento diverso da quello cui le intercettazioni atterrebbero. Peraltro il divieto in questione non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi rivesta la qualità di difensore e per il solo fatto di tale quali.ca, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata. Cass. pen. Sezioni Unite 14 gennaio 1994, n. 25

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