Art. 96 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Responsabilità aggravata

Articolo 96 - codice di procedura civile

Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni (2043 ss. c.c.), che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare (669 bis ss.), o trascritta domanda giudiziale (2652 ss., 2690 ss. c.c.), o iscritta ipoteca giudiziale (2818 c.c.), oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata (483 ss.; 2930 ss. c.c.), su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata (1).
Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000. (2)

Articolo 96 - Codice di Procedura Civile

Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni (2043 ss. c.c.), che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare (669 bis ss.), o trascritta domanda giudiziale (2652 ss., 2690 ss. c.c.), o iscritta ipoteca giudiziale (2818 c.c.), oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata (483 ss.; 2930 ss. c.c.), su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata (1).
Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000. (2)

Note

(1) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 45, comma 12, della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

Massime

La condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria in sede di appello presuppone la totale soccombenza della parte in relazione all’esito del singolo grado di giudizio, aggiungendosi essa, ai sensi dell’art. 96, primo comma, cod. proc.civ., alla condanna alle spese, la quale è, invece, correlata all’esito finale della lite. Cass. civ., sez. I 27 agosto 2013, n. 19583

Non è configurabile un concorso tra l’azione generale risarcitoria, di cui all’art. 2043 c.c., e quella speciale di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96, secondo comma, c.p.c., il quale disciplina, tra l’altro, la responsabilità del creditore che abbia iniziato o compiuto l’esecuzione forzata in relazione ad un diritto inesistente. In questa ipotesi, diversamente da quanto stabilito dal primo comma della citata norma processuale, è sufficiente il difetto della normale prudenza del creditore; pertanto, il giudice, investito della domanda di risarcimento del danno che si assuma derivante dal mantenimento in vita di un’azione esecutiva immobiliare, deve accertare che il titolo esecutivo sia venuto meno e che il creditore abbia agito nel corso dell’intero processo esecutivo senza rispettare la regola della normale prudenza, la quale si identifica anche con la colpa lieve.  Cass. civ. sez. III 23 agosto 2011, n. 17523

L’accertamento, ai fini della condanna al risarcimento dei danni da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., dei requisiti dell’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (comma primo) ovvero del difetto della normale prudenza (comma secondo) implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità se la sua motivazione in ordine alla sussistenza o meno dell’elemento soggettivo ed all’ “an” ed al “quantum” dei danni di cui è chiesto il risarcimento risponde ad esatti criteri logico- giuridici. (Nella specie, la S.C., rigettando il ricorso avverso una sentenza adottata in sede di rinvio, ha ritenuto adeguata la motivazione con la quale era stata respinta la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. in ragione della perdurante complessità delle questioni che erano state oggetto del giudizio, tali da escludere che l’esercizio dell’azione fosse stato imprudente, tenendo conto, altresì, che il principio precedentemente enunciato dal giudice di legittimità non aveva escluso la prospettazione di ulteriori questioni rilevanti nella sua applicazione). Cass. civ. sez. II 12 gennaio 2010, n. 327

Le condanne alle spese ed al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, ai sensi, rispettivamente, degli artt.91 e 96 c.p.c., integrando pronunce accessorie e conseguenziali alla decisione della causa, presuppongono che nei confronti della parte soccombente siano state proposte ed accolte domande, eccezioni o difese, processuali o di merito. (Nella fattispecie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza del giudice di pace che aveva dichiarato la nullità della citazione in giudizio di un terzo nei cui confronti era stato chiesto il rimborso delle spese di giudizio e il risarcimento per responsabilità aggravata senza che fosse stata avanzata nei suoi confronti alcuna domanda). Cass. civ. sez. II 23 febbraio 2009, n. 4383

Costituisce causa di responsabilità processuale aggravata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 96 c.p.c., la proposizione di regolamento di giurisdizione senza il riscontro preventivo – nell’esercizio di un minimo di elementare diligenza – dell’erroneità della propria tesi alla stregua della disciplina positiva e della giurisprudenza, costituendo tale difetto di diligenza un elemento rivelatore di un uso distorto del regolamento ai fini meramente dilatori, oltre che, secondo nozioni di comune esperienza, fonte di conseguenze pregiudizievoli per le controparti. (Principio affermato con riguardo al ricorso per regolamento erroneamente diretto ad ottenere la declaratoria del difetto della giurisdizione italiana sulla istanza di fallimento contro società avente sede in Italia al momento del deposito di tale atto e successivamente trasferitasi in Stato extracomunitario). Cass. civ. Sezioni Unite 9 febbraio 2009, n. 3057

Una volta accertata la ricorrenza della responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. sussistente allorché sia stato proposto appello avverso un provvedimento meramente ordinatorio, in presenza di consolidata giurisprudenza che escluda l’ammissibilità di tale mezzo d’impugnazione, non è necessario che l’interessato deduca e dimostri uno specifico danno per il ritardo provocato dal gravame inammissibilmente esperito sulla decisione della causa, potendo desumersi detto danno da nozioni di comune esperienza e fare riferimento anche al pregiudizio che la parte resistente abbia subito di per sé per essere stata costretta a contrastare un’ingiustificata iniziativa dell’avversario.  Cass. civ. sez. II 3 agosto 2001, n. 10731

La parte che, a causa dell’esecuzione di una misura cautelare, abbia subito danni, può far valere il relativo diritto al risarcimento nel procedimento di reclamo in cui impugni la misura cautelare soltanto nel caso previsto dal primo comma dell’art. 96 c.p.c., cioè ove lamenti che la parte istante ha agito con dolo o colpa grave nel domandare la cautela (perché ne mancavano le condizioni) o nell’eseguirla (come, ad esempio, nel caso di sequestro conservativo, se il sequestro sia stato eseguito su bene non suscettibile di pignoramento), e non invece nel caso previsto dal secondo comma dello stesso art. 96, posto che il suddetto procedimento non può costituire la sede in cui può avere luogo un accertamento pieno della inesistenza del diritto cautelato. Nel caso in cui sia fatto valere il diritto al risarcimento ai sensi del suddetto primo comma dell’art. 96, avverso il rigetto della relativa istanza, pur in presenza della revoca della misura cautelare ovvero avverso l’accoglimento dell’istanza che si accompagni alla revoca dei detta misura, è proponibile l’opposizione di cui al terzo comma dell’art. 669 septies c.p.c., rispettivamente dalla parte che aveva proposto l’istanza e dalla parte che aveva chiesto ed eseguito i provvedimento cautelare, ma si concluda con la sua conferma o con la sua modifica (anche consistente nella sola imposizione di una cauzione), il consequenziale rigetto dell’istanza ex primo comma dell’art. 96 c.p.c. non ha valore definitivo e non è, dunque, precluso alla parte istante di far valere detto diritto (eventualmente unitamente a quello ex secondo comma dell’art. 96) o nel successivo giudizio di merito, introdotto dalla parte istante la misura cautelare o, per il caso di mancato inizio di tale giudizio, con un’autonoma domanda (da proporsi al giudice competente secondo le regole ordinarie), restando invece in ogni caso esclusa la ricorribilità in cassazione della suddetta statuizione di rigetto. Cass. civ. sez. III 26 giugno 2001, n. 8738

La sentenza con la quale il giudice compensi le spese di lite, indicando le circostanze che integrano i giusti motivi per detta pronuncia, contiene una implicita esclusione dei presupposti richiesti per la condanna della parte soccombente al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata e resta quindi sottratta ad ogni censura non solo l’omessa motivazione ma, addirittura, l’omessa pronuncia sull’istanza di risarcimento di tali danni.  Cass. civ. sez. I 30 marzo 2000, n. 3876
L’art. 96 c.p.c. si pone in rapporto di specialità rispetto all’art. 2043 c.c., sicché la responsabilità processuale aggravata, pur rientrando nella generale responsabilità per fatti illeciti, ricade interamente, in tutte le sue ipotesi, sotto la disciplina del citato art. 96 c.p.c., senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra le due fattispecie, risultando conseguentemente inammissibile la proposizione di un autonomo giudizio di risarcimento per i danni asseritamente derivati da una condotta di carattere processuale, i quali devono essere chiesti esclusivamente nel relativo giudizio di merito. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile un’azione risarcitoria, autonomamente proposta, la cui “causa petendi” si fondava sulla scorretta condotta processuale della controparte in un precedente giudizio di opposizione agli atti esecutivi, consistita nella produzione di prove documentali artefatte e nell’allegazione di un credito contestato, dalla quale era derivata la revoca di un provvedimento di riduzione del pignoramento).  Cass. civ. sez. VI 16 maggio 2017, n. 12029

Il giudice tributario può conoscere anche la domanda risarcitoria proposta dal contribuente ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., potendo, altresì, liquidare in favore di quest’ultimo, se vittorioso, il danno derivante dall’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva “temeraria”, in quanto connotata da mala fede o colpa grave, con conseguente necessità di adire il giudice tributario, atteso che il concetto di responsabilità processuale deve intendersi comprensivo anche della fase amministrativa che, qualora ricorrano i predetti requisiti, ha dato luogo all’esigenza di instaurare un processo ingiusto. Cass. civ. Sezioni Unite 3 giugno 2013, n. 13899

L’accertamento della mala fede del creditore pignorante, per i fini di cui all’art. 96, comma secondo, cod. proc. civ., è devoluto al giudice dell’opposizione all’esecuzione, il quale nel compiere il relativo accertamento dovrà valutare la condotta tenuta dal creditore nel giudizio di esecuzione, e non in quello di opposizione, a meno che non venga invocata dall’opponente anche la responsabilità dell’opposto per avere in mala fede o colpa grave resistito al giudizio di opposizione all’esecuzione, ai sensi del primo comma della norma citata. Cass. civ. sez. III, 16 aprile 2013, n. 9152

La richiesta di condanna per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96, secondo comma, c.p.c., per l’inizio o il compimento dell’esecuzione forzata in mancanza di titolo esecutivo, originaria o sopravvenuta, a seguito dell’accertamento dell’inesistenza del diritto di procedere in via esecutiva, può essere proposta soltanto al giudice del giudizio di merito nel quale il titolo esecutivo si è formato, ovvero dinanzi al giudice dell’opposizione all’esecuzione e non davanti al giudice dell’opposizione agli atti esecutivi.  Cass. civ. sez. III 23 gennaio 2013, n. 1590

Chi intende chiedere il risarcimento del danno per l’eseguita esecuzione forzata illegittima può agire soltanto, ai sensi dell’art. 96, secondo comma, c.p.c. (quale norma speciale rispetto all’art. 2043 c.c.), dinanzi al giudice dell’opposizione all’esecuzione, funzionalmente competente sia sull’”an” che sul “quantum”; pertanto, è inammissibile una domanda di condanna generica, con riserva di agire in un separato giudizio per il “quantum”, che, per espressa previsione normativa, può essere liquidato anche d’ufficio. Cass. civ. sez. III, 6 maggio 2010, n. 10960

L’opposizione alla dichiarazione di fallimento e l’azione di responsabilità aggravata, introdotta ai sensi dell’art. 96 c.p.c., con riguardo all’iniziativa assunta con l’istanza di fallimento, sono legate da un nesso d’interdipendenza da cui consegue la competenza funzionale, esclusiva ed inderogabile del giudice della predetta opposizione su entrambe e l’improponibilità in separato giudizio dell’azione risarcitoria. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di secondo grado che aveva dichiarato inammissibile, in ordine ad entrambe le domande, l’impugnazione proposta oltre i termini, più ristretti, previsti per l’opposizione alla dichiarazione di fallimento).  Cass. civ. sez.  I 28 aprile 2010, n. 10230

L’azione di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. non può, di regola, essere fatta valere in un giudizio separato ed autonomo rispetto a quello dal quale la responsabilità aggravata ha avuto origine; ne consegue che competente a decidere sull’”an” e sul “quantum” della relativa domanda, qualora riguardi l’instaurazione illegittima di un procedimento di esecuzione forzata, è il giudice dell’opposizione alla stessa. Cass. civ. sez. III 20 novembre 2009, n. 24538

Il valore della domanda di risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., non può essere cumulata ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 c.p.c. con il valore della domanda principale, trattandosi di domanda che rientra nella competenza funzionale – sia per l’an che per il quantum – del giudice che è competente a conoscere della domanda principale.  Cass. civ. sez. III 22 maggio 2001, n. 6967

L’azione di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. non può, di regola, essere fatta valere in un giudizio separato ed autonomo rispetto a quello dal quale la responsabilità aggravata ha origine, salvo che ciò sia precluso da ragioni attinenti alla stessa struttura del processo e non dipendenti dalla inerzia della parte. (Alla stregua del principio di cui in massima, la S.C. ha cassato la decisione della corte di merito che, in riforma della sentenza del primo giudice, aveva accolto la richiesta di risarcimento dei danni ex art. 96 del codice di rito, avanzata dal proprietario di un immobile sottoposto a pignoramento per errore di persona, e tuttavia non attivandosi, dopo aver appreso il detto pignoramento dalla lettura del Foglio annunzi legali della provincia, con il rimedio giudiziale della opposizione alla esecuzione (e la contestuale richiesta di risarcimento del danno), ma rimasto inerte a seguito delle assicurazioni fornitegli dai legali della banca esecutante in ordine alla richiesta di cancellazione della trascrizione del pignoramento stesso. La S.C. ha ritenuto improponibile la domanda proposta ad un giudice diverso da quello investito della causa cui si riferiva il comportamento imprudente dell’esecutante, e non corretta la decisione del secondo giudice, in quanto fondata sull’erroneo convincimento che l’esecutato, per effetto dell’errore di persona, non potesse essere considerato parte della procedura esecutiva, ma terzo rispetto ad essa, e, pertanto, non fosse legittimato a proporre opposizione alla esecuzione, ma solo opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. – iniziativa, peraltro, non ipotizzabile una volta che la banca esecutante aveva stragiudizialmente riconosciuto l’errore e si era impegnata a richiedere la cancellazione del pignoramento – sicché non gli sarebbe rimasto altro rimedio che la richiesta autonoma di risarcimento del danno). Cass. civ. sez. III 18 febbraio 2000, n. 1861

Il creditore che iscrive ipoteca giudiziale incorre in responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c., esclusivamente nell’ipotesi in cui sia accertata l’inesistenza del diritto per cui l’iscrizione è avvenuta. Cass. civ. sez. I 15 novembre 2016, n. 23271

La domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. non può trovare accoglimento tutte le volte in cui la parte istante non abbia assolto all’onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato. Cass. civ. sez. III 27 ottobre 2015, n. 21798

In tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, che ha natura extracontrattuale, la domanda di cui all’art. 96, primo comma, cod. proc. civ. richiede pur sempre la prova, incombente sulla parte istante, sia dell’”an” e sia del “quantum debeatur”,o comunque postula che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa. Cass. civ. sez. lav. 15 aprile 2013, n. 9080

La domanda di risarcimento da responsabilità aggravata, di cui all’art. 96, primo comma, cod. proc. civ., si atteggia diversamente a seconda dei gradi del giudizio, atteso che, mentre in primo grado essa è volta a sanzionare il merito di un’iniziativa giudiziaria avventata, nel secondo grado, regolato dal principio devolutivo, essa deve specificamente riferirsi alla pretestuosità dell’impugnazione, valutata con riguardo non tanto alle domande proposte, quanto, piuttosto, alla palese e strumentale infondatezza dei motivi dell’appello e, più in generale, alla condotta processuale tenuta dalla parte soccombente nella fase di gravame.  Cass. civ. sez. II 26 marzo 2013, n. 7620

In tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, l’art. 96 c.p.c. prevede, nel caso di accoglimento della domanda, il risarcimento dei danni, da intendersi, quindi, come ampia formulazione letterale comprensiva sia del danno patrimoniale, che del danno non patrimoniale, quest’ultimo trovando giustificazione anche in ragione della qualificazione del diritto di azione e difesa in giudizio in termini di diritto fondamentale. Ne consegue che, sotto il profilo del danno patrimoniale, in assenza di dimostrazione di specifici e concreti pregiudizi derivati dallo svolgimento della lite, è legittima una liquidazione equitativa che abbia riguardo allo scarto tra le spese determinate dal giudice secondo le tariffe e quanto dovuto dal cliente in base al rapporto di mandato professionale; mentre, sotto il profilo del danno non patrimoniale, la liquidazione equitativa deve avere riguardo alla lesione dell’equilibrio psico-fisico che, secondo nozioni di comune esperienza (anche in forza del principio della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost. ed alla legge 24 marzo 2001, n. 89), si verifichi a causa di ingiustificate condotte processuali. Cass. civ. sez. VI 12 ottobre 2011, n. 20995

La condanna per responsabilità processuale aggravata, per lite temeraria, quale sanzione dell’inosservanza del dovere di lealtà e probità cui ciascuna parte è tenuta (ivi compresa quella controricorrente in sede di giudizio di legittimità), non può derivare dal solo fatto della prospettazione di tesi giuridiche riconosciute errate dal giudice, occorrendo che l’altra parte deduca e dimostri nell’indicato comportamento dell’avversario la ricorrenza del dolo o della colpa grave, nel senso della consapevolezza, o dell’ignoranza, derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell’infondatezza delle suddette tesi.  Cass. civ. sez. III 30 giugno 2010, n. 15629

In tema di risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. conseguente a revoca della dichiarazione di fallimento pronunciata in difetto delle condizioni di legge, la relativa liquidazione può essere compiuta anche con il ricorso alla valutazione equitativa, come previsto dall’art. 1226 cod. civ. (richiamato dall’art. 2056 cod. civ.), purchè sia stata fornita la prova certa e concreta del pregiudizio, identificandone il tipo e gli elementi costitutivi; ne consegue che, pur essendo generalmente insito nella dichiarazione di fallimento – poi revocata – di una società un pregiudizio all’immagine, la sua portata dipende dalla situazione in cui la società si trova, dal campo in cui opera, dalla durata del fallimento e da altre possibili varianti legate alla sua specificità. Cass. civ. sez. I 26 novembre 2008, n. 28226

In tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, che ha natura extracontrattuale, la domanda di cui all’art. 96 c.p.c. – proponibile per la prima volta in sede di legittimità se concerne i danni che si riconnettono esclusivamente al giudizio di cassazione – richiede pur sempre la prova incombente alla parte istante sia dell’an che del quantum debeatur o che, pur essendo la liquidazione effettuabile d’ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa. Cass. civ. sez. II 15 febbraio 2007, n. 3388

Con riguardo alla domanda di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ove non sia precisata l’ipotesi che si invoca, se quella di cui al primo (mala fede o colpa grave) o quella di cui al secondo comma (inesistenza del diritto) dello stesso articolo, spetta al giudice interpretare la domanda, sulla base, tra l’altro, delle circostanze prospettate dalla parte a sostegno della medesima, accertando in quale delle due fattispecie esse siano sussumibili, ovvero se lo siano in entrambe. Cass. civ. sez. III 3 agosto 2000, n. 10196

Presupposto indefettibile della responsabilità processuale aggravata è la totale soccombenza nel giudizio, non potendosi in caso contrario configurare la mala fede o la colpa grave, elementi necessari per la sussistenza di detta responsabilità.  Cass. civ. sez. I 28 luglio 2000, n. 9897

Il creditore che abbia iscritto ipoteca per una somma esorbitante o su beni eccedenti l’importo del credito vantato non può essere chiamato, per ciò solo, a risponderne a titolo di responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., restando possibile, peraltro, configurare a carico del medesimo, una responsabilità processuale a norma dell’art. 96, primo comma, cod. proc. civ., qualora egli abbia resistito alla domanda di riduzione dell’ipoteca, con dolo o colpa grave.  Cass. civ. sez.I 30 luglio 2010, n. 17902

L’iscrizione d’ipoteca giudiziale in base ad un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo può essere fonte di responsabilità processuale aggravata ai sensi del secondo comma dell’art. 96 c.p.c., esclusivamente nell’ipotesi d’inesistenza del credito, ma non quando il valore dei beni assoggettati ad ipoteca sia largamente superiore all’ammontare del credito azionato in via monitoria, atteso che il creditore non incontra alcun limite quantitativo alla sua possibilità d’iscrivere ipoteca su tutti i beni costituenti, ai sensi dell’art. 2740 c.c., il patrimonio con il quale il debitore è tenuto all’adempimento delle sue obbligazioni. Cass. civ. sez. I 28 maggio 2010, n. 13107

La domanda ex art. 96, secondo comma, c.p.c., in relazione a provvedimenti cautelari adottati nel corso del giudizio di primo grado deve essere proposta in detto grado di giudizio, dovendosi al fine della valutazione della tempestività della stessa avere riguardo al momento del fatto generativo del danno (cioè al momento in cui il comportamento asseritamente dannoso è stato posto in essere) e non a quello, successivo, dell’accertamento della inesistenza del diritto a tutela del quale il provvedimento è stato richiesto, adottato e posto in esecuzione. Cass. civ. sez. I 14 maggio 2007, n. 10993

La domanda di risarcimento danni ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. deve essere formulata necessariamente nel giudizio che si assume temerariamente iniziato o contrastato, non potendo essere proposta in via autonoma, riguardando un’attività processuale che come tale va valutata nel giudizio presupposto da parte del medesimo giudice, anche per esigenze di economia processuale e per evitare pronunce contraddittorie nei due giudizi.  Cass. civ. sez. I 9 dicembre 2019, n. 32029

La domanda di risarcimento del danno per responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 c.p.c. può essere proposta per la prima volta anche all’udienza di precisazione delle conclusioni, senza che ciò determini alcun mutamento dell’oggetto e della “causa petendi” delle domande proposte dalle parti, in quanto sovente la parte istante è in grado di valutarne la fondatezza, nonché di determinare l’entità del danno subito, solo al termine dell’istruttoria. Cass. civ. sez. III 8 giugno 2018, n. 14911

L’azione di risarcimento danni ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. è proponibile in un giudizio separato ed autonomo, rispetto a quello in cui si è verificato l’abuso, ove il danneggiato alleghi e provi che tale scelta sia dipesa, non già da una sua mera inerzia, ma da un interesse specifico a non proporre la relativa domanda nello stesso giudizio che ha dato origine all’altrui responsabilità aggravata, interesse che deve essere valutato nel caso concreto per accertarne l’effettiva esistenza ed escludere che sia illegittimo o abusante. Cass. civ. sez. III 31 ottobre 2017, n. 25862

La domanda diretta al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 cod. proc. civ. può essere proposta per la prima volta nella fase di gravame solo con riferimento a comportamenti della controparte posti in atto in tale grado del giudizio e non è soggetta al regime delle preclusioni previste dall’art. 345, primo comma, cod. proc. civ., tutelando un diritto che, siccome conseguenza della situazione giuridica soggettiva principale dedotta nel processo, è strettamente collegato e connesso all’agire od al resistere in giudizio e, come tale, non è esercitabile in via di azione autonoma.  Cass. civ. sez. III 20 ottobre 2014, n. 22226

La domanda ex art. 96, secondo comma, c.p.c., in relazione a provvedimenti cautelari adottati nel corso del giudizio di primo grado deve essere proposta in detto grado di giudizio, dovendosi al fine della valutazione della tempestività della stessa avere riguardo al momento del fatto generativo del danno (cioè al momento in cui il comportamento asseritamente dannoso è stato posto in essere) e non a quello, successivo, dell’accertamento della inesistenza del diritto a tutela del quale il provvedimento è stato richiesto, adottato e posto in esecuzione. Cass. civ. sez. I 14 maggio 2007, n. 10993

Poiché la domanda di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. può essere formulata esclusivamente, sia per l’an che per il quantum, innanzi al giudice investito del procedimento per il quale si pretende dedurre tale responsabilità e poiché la proposizione di detta domanda non importa alcuna alterazione dell’oggetto della lite, in ipotesi di esecuzione della sentenza di primo grado, iniziata e compiuta senza normale prudenza, l’istanza risarcitoria può e deve essere proposta nel corso del giudizio di appello senza che sia opponibile alcuna preclusione. Cass. civ. sez. II 12 marzo 2002, n. 3573

In tema di responsabilità aggravata, la domanda di risarcimento del danno derivato dall’incauta trascrizione di un pignoramento, ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c., può essere proposta in via autonoma solo se non sia stata proposta opposizione all’esecuzione, né poteva esserlo, ovvero quando, proposta opposizione all’esecuzione, il danno patito dall’esecutato sia insorto successivamente alla definizione di tale giudizio, e sempre che si tratti di danno nuovo ed autonomo e non mero aggravamento del pregiudizio già insorto prima della definizione del giudizio di opposizione all’esecuzione. Cass. civ. sez. III 8 novembre 2018, n. 28527

L’istanza di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 1, c.p.c. può essere proposta anche nel giudizio di legittimità, purché essa sia formulata, a pena di inammissibilità, nel controricorso. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tardiva la richiesta di condanna avanzata, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.c., per la prima volta con la memoria di cui all’art. 380 bis, comma 2, c.p.c.). Cass. civ. sez. VI 30 ottobre 2018, n. 27715

In tema di responsabilità aggravata, ex art. 96, c. 3 c.p.c., costituisce abuso del diritto di impugnazione, integrante colpa grave, la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente infondati, in ordine a ragioni già formulate nell’atto di appello, espresse attraverso motivi inammissibili, poiché pone in evidenza il mancato impiego della doverosa diligenza ed accuratezza nel reiterare il gravame. Cass. civ. sez. I 15 novembre 2018, n. 29462

In sede di regolamento di competenza non possono prospettarsi questioni o temi di indagine diversi da quelli relativi alla competenza. Pertanto, per censurare il capo relativo alla condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria è onere della parte proporre l’impugnazione ordinaria. Cass. civ. sez. III 2 agosto 2000 n. 10116

In tema di responsabilità aggravata, la determinazione equitativa della somma dovuta dal soccombente alla controparte in caso di lite temeraria non può essere parametrata all’indennizzo di cui alla legge n. 89 del 2001 – il quale, ha natura risarcitoria ed essendo commisurato al solo ritardo della giustizia, non consente di valutare il comportamento processuale del soccombente alla luce del principio di lealtà e probità ex art. 88 c.p.c., laddove la funzione prevalente della condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. è punitiva e sanzionatoria -, potendo essere calibrata su una frazione o un multiplo delle spese di lite con l’unico limite della ragionevolezza. Cass. civ. sez. III 4 luglio 2019, n. 17902

La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta – con finalità deflattive del contenzioso – alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente.  Cass. civ. sez. II 21 novembre 2017, n. 27623

In tema di spese giudiziali, va condannata ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., aggiunto dalla legge n. 69 del 2009, la parte che non abbia adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione e comunque abbia agito senza aver compiuto alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione con criteri e metodo di scientificità la giurisprudenza consolidata ed avvedersi della totale carenza di fondamento del ricorso. (Nella specie, relativa a giudizio per omesso versamento dell’ICI in riferimento ad un’area destinata dal PRG a verde pubblico, anche attrezzato, in applicazione del suddetto principio, la parte è stata condannata al pagamento, in favore della controparte, delle spese del giudizio di legittimità in misura doppia). Cass. civ. sez. V14 settembre 2016, n. 18057

La proposizione di un ricorso per dichiarazione di fallimento al solo fine di ottenere il più rapidamente possibile il soddisfacimento di un credito giustifica la condanna del ricorrente per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. Cass. civ., sez. I 12 agosto 2016, n. 17078

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