Art. 92 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Condanna alle spese per singoli atti

Articolo 92 - codice di procedura civile

Compensazione delle spese. Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato all’altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero (1).
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione (183, 185, 199, 320, 322, 652; 88 att.).

Articolo 92 - Codice di Procedura Civile

Compensazione delle spese. Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato all’altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero (1).
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione (183, 185, 199, 320, 322, 652; 88 att.).

Note

(1) Questo comma è stato da ultimo così sostituito dall’art. 13, comma 1, del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162. A norma dell’art. 13, comma 2, dello stesso provvedimento, tale disposizione si applica ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (Suppl. ord. alla G.U. Serie gen. – n. 261 del 10 novembre 2014).
La Corte costituzionale, con sentenza n. 77 del 19 aprile 2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del D.L. n. 132/2014, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.

Massime

Le spese legali corrisposte dal cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale e non considerate nella nota di cui all’art. 75 att. c.p.c., possono formare oggetto di domanda di risarcimento nei confronti dell’altra parte a titolo di danno emergente purché siano necessarie e giustificate, condizioni, queste, che si desumono dal potere del giudice, ex art. 92, primo comma, c.p.c., di escludere dalla ripetizione le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ove ritenute eccessive o superflue, ed applicabili anche agli effetti della liquidazione del danno di cui si tratta. Cass. civ. sez. III 6 settembre 1999, n. 9400

In caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., ed in applicazione del cosiddetto principio di causalità, escludere la ripetizione di spese sostenute dalla parte vittoriosa ove le ritenga eccessive o superflue, ma non anche condannare la parte stessa vittoriosa ad un rimborso di spese sostenute dalla controparte, indipendentemente dalla soccombenza, poiché tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per la ipotesi eccezionale (e la cui ricorrenza richiede specifica espressa motivazione) che tali spese siano state causate all’altra parte per via di trasgressione al dovere di cui all’art. 88 c.p.c. Ne consegue che qualora la parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamente inferiore rispetto all’entità del bene che attraverso il processo ed in forza della pronuncia giurisdizionale si proponeva di conseguire, e la parte convenuta abbia adottato posizioni difensive concilianti o di parziale contestazione degli avversari assunti, possono ravvisarsi – secondo il discrezionale apprezzamento ad opera del giudice, del loro vario atteggiarsi – i giusti motivi atti a legittimare la compensazione, pro quota o per intero, delle spese tra le parti e non anche un’ipotesi di soccombenza reciproca.  Cass. civ. sez. III 21 marzo 1994, n. 2653

Al sensi del’art. 92, primo comma, c.p.c., la violazione del dovere di lealtà e probità stabilito dall’art. 88 dello stesso codice giustifica, indipendentemente dalla soccombenza, la condanna della parte, che è venuta meno a tale dovere, al rimborso delle spese processuali che l’altra parte ha dovuto sostenere a causa del comportamento illecito. Pertanto non viola il principio della soccombenza il giudice che pone a carico della parte vittoriosa le spese del giudizio, ove accerti – con apprezzamento discrezionale non sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato in relazione alla logica e alla realtà processuale – che questo è stato reso necessario dal comportamento tenuto dalla parte vittoriosa in violazione del predetto dovere. Cass. civ. sez. II 12 settembre 2003, n. 13427

Il dichiarato assorbimento di una questione prospettata dalla parte non consente di configurare, nei suoi confronti, una soccombenza parziale e non costituisce, pertanto, giusto motivo per la compensazione delle spese processuali ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione anteriore alla novella introdotta con la l. n. 263 del 2005, dovendo tale statuizione essere sorretta da giustificazioni adeguate e, ancorché non specificamente riferite alla pronuncia di compensazione, inequivocamente desumibili dalla motivazione della decisione di merito.  Cass. civ. sez. VI 13 maggio 2019, n. 12633

In tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione. Cass. civ. sez. VI 26 aprile 2019, n. 11329

In tema di spese processuali, il potere del giudice di disporre la compensazione delle stesse per soccombenza reciproca ha quale unico limite quello di non poter porne, in tutto o in parte, il carico in capo alla parte interamente vittoriosa, poiché ciò si tradurrebbe in un’indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute fondate nel merito.  Cass. civ. sez. V 17 aprile 2019, n. 10685

Il rigetto, in sede di gravame, della domanda, meramente accessoria, ex art. 96 c.p.c., a fronte dell’integrale accoglimento di quella di merito proposta dalla stessa parte, in riforma della sentenza di primo grado, non configura un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza, né in primo grado né in appello, sicchè non può giustificare la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c..  Cass. civ. sez. VI 12 aprile 2017, n. 9532

Il rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c., malgrado l’accoglimento di quella principale proposta dalla stessa parte, configura un’ipotesi di soccombenza reciproca idonea a giustificare la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c., atteso che, in applicazione del principio di causalità, sono imputabili a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate o per aver avanzato istanze infondate. Cass. civ. sez. VI 14 ottobre 2016, n. 20838

In tema di liquidazione delle spese giudiziali, nessuna norma prevede, per il caso di soccombenza reciproca delle parti, un criterio di valutazione della prevalenza della soccombenza dell’una o dell’altra basato sul numero delle domande accolte o respinte per ciascuna di esse, dovendo essere valutato l’oggetto della lite nel suo complesso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che, in un giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha individuato l’oggetto della lite nell’attribuzione di un assegno in favore di un coniuge, ed ha concluso che l’obbligato era il soccombente principale, in quanto gravato dell’assegno sia pure non con la modalità da lui considerata più svantaggiosa).  Cass. civ. sez. I 24 gennaio 2013, n. 1703

Compensando le spese processuali, il giudice può ripartire le spese della consulenza tecnica d’ufficio in quote uguali tra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa, senza violare, in tal modo, il divieto di condanna di quest’ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica condanna, ma solo esclusione del rimborso, e, altresì, che la consulenza tecnica d’ufficio, quale ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno, anziché mezzo di prova in senso proprio, è un atto compiuto nell’interesse generale della giustizia e, dunque, nell’interesse comune delle parti. Cass. civ. sez. III 17 gennaio 2013, n. 1023

Il giudice di merito, nell’ambito di una pronuncia di compensazione delle spese, adottata in un giudizio di divisione, può legittimamente porre le spese di consulenza tecnica di ufficio a carico di tutti i condividenti “pro quota”, posto che, in ragione della finalità propria della consulenza di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi che comportino specifiche conoscenze, la prestazione dell’ausiliare deve ritenersi resa nell’interesse generale della giustizia e, correlativamente, nell’interesse comune delle parti. (Nella specie la S.C. ha respinto il motivo di censura secondo cui tali spese andavano a carico soltanto dell’assegnatario a vantaggio del quale era andato l’accertamento). Cass. civ. sez. II 19 ottobre 2009, n. 22122

Il giudizio sulla sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, nella vigenza dell’art. 92 c.p.c. nella formulazione anteriore allle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, della legge n. 263 del 2005, è rimesso al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione che lo sorregge non sia illogica, tautologica, inesistente o meramente apparente. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha cassato la sentenza con cui la corte di appello, quale giudice del rinvio, pur avendo accolto totalmente la domanda del ricorrente, aveva integralmente compensato le spese di tutti e quattro i gradi in cui si era svolto il giudizio, adducendo quale giusto motivo “l’estrema particolarità delle questioni affrontate in ordine alla soluzione dei controversi profili interpretativi della normativa regolante la materia” senza fornire alcuna giustificazione dell’affermazione). Cass. civ. sez. VI 3 luglio 2019, n. 17816

Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c.. Cass. civ., sez. VI 18 febbraio 2019, n. 4696

In tema di spese processuali, dovendo trovare un adeguato supporto motivazionale il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per “giusti motivi” ex art. 92 c.p.c., pur nel regime anteriore a quello introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a), della l. n. 263 del 2005, la compensazione delle spese giustificata dall’esiguo valore della causa si traduce, allorquando l’importo delle stesse sia tale da superare quello del pregiudizio economico che la parte ha inteso evitare agendo in giudizio, in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa ed in una lesione del diritto di agire in giudizio, con conseguente violazione di legge per l’illogicità e l’erroneità delle motivazioni addotte. Cass. civ. sez.  VI 4 aprile 2018, n. 8346

In tema di compensazione delle spese processuali, ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. (nella formulazione introdotta dalla L. n. 69 del 2009, “ratione temporis” applicabile), quando la decisione sia stata assunta in base ad atti o argomentazioni esposti solo in sede contenziosa, a fronte della novità o dell’oggettiva incertezza delle questioni di fatto o di diritto rilevanti nel caso specifico, ovvero dell’assenza di un orientamento univoco o consolidato all’epoca della insorgenza della controversia, in presenza di modifiche normative o pronunce della Corte costituzionale o della Corte di giustizia dell’Unione Europea intervenute, dopo l’inizio del giudizio, sulla materia. (Così statuendo, la S.C. ha ritenuto illegittima la compensazione delle spese operata dalla sentenza di merito che, in un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del Codice della strada, aveva ravvisato gravi ed eccezionali ragioni nel provvedimento di revoca della contravvenzione in sede di autotutela in data antecedente alla prima udienza di comparizione). Cass. civ. sez. II 29 novembre 2016, n. 24234

In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente, per derogare il principio della soccombenza, il mero riferimento alla “peculiarità della materia del contendere”. Cass. civ. sez.  VI 31 maggio 2016, n. 11217

In tema di spese giudiziali, in forza dell’art. 92, comma 2, c.p.c. (nella formulazione introdotta dalla l. n. 69 del 2009, applicabile “ratione temporis”) può essere disposta la compensazione in assenza di reciproca soccombenza soltanto ove ricorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, che devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza, senza che possa darsi meramente rilievo alla “natura dell’impugnazione”, o alla “riduzione della domanda in sede decisoria”, ovvero alla “contumacia della controparte”, permanendo in tali casi la sostanziale soccombenza di quest’ultima, che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese. Cass. civ. sez. III 19 ottobre 2015, n. 21083

Ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. nella formulazione vigente “ratione temporis”, introdotta dall’art. 45, comma 11, della legge 18 giugno 2009, n. 69, può essere disposta la compensazione delle spese in assenza di reciproca soccombenza soltanto in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, la cui configurabilità è esclusa, peraltro, dalla mera “peculiare natura” della declaratoria di improcedibilità dell’appello. (Nella specie, il giudice di merito, nel dichiarare improcedibile l’appello avverso una sentenza di opposizione agli atti esecutivi, notoriamente inappellabile, aveva compensato le spese del giudizio di gravame per la “peculiare natura” della pronuncia). Cass. civ. sez. VI 19 novembre 2014, n. 24634 

In tema di spese processuali, l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. ne legittima la compensazione, ove non sussista reciproca soccombenza, solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”, che non possono essere ravvisate nella oggettiva “opinabilità della soluzione accolta”, in quanto la precisa individuazione del significato di un testo normativo in relazione alla fattispecie concreta a cui deve essere applicato costituisce il nucleo della funzione giudiziaria, sicché l’ordinario esercizio nell’esegesi del testo normativo non può essere valutato come evento inusuale, almeno finché non siano specificamente identificate le ragioni per le quali la soluzione assegnata al dubbio interpretativo assurga (per la sua contrarietà alla consolidata prassi applicativa, ovvero per la del tutto insolita connotazione lessicale e sintattica del tessuto letterale della norma) a livello di eccezionale gravità. Cass. civ. sez. VI 9 gennaio 2014, n. 319

L’art. 92, secondo comma, c.p.c., nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la novità delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise. (Nella specie, la S.C. ha cassato, decidendo poi nel merito, la statuizione sulla compensazione delle spese per aver il TSAP dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse processuale del ricorrente, senza affrontare alcuna questione “nuova”).  Cass. civ. Sezioni Unite 22 febbraio 2012, n. 2572

In materia di spese processuali la compensazione è subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni che il giudice è tenuto ad indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza. (Fattispecie in cui è stato ritenuto insufficiente il mero richiamo alla formula generica “in considerazione delle questioni trattate”, non altrimenti specificate e senza che vi fosse soccombenza reciproca tra le parti). Cass. civ. sez. VI 13 luglio 2011, n. 15413

In materia di spese processuali, il provvedimento di compensazione per giusti motivi delle spese del giudizio di primo grado è adeguatamente motivato ove si fondi sull’ingiustificato rifiuto della proposta transattiva, proveniente dalla controparte, per una somma superiore a quella successivamente riconosciuta dal giudice d’appello, assumendo rilievo tale condotta quale comportamento processuale idoneo a fondare la decisione sulle spese, restando inapplicabili le condizioni di validità dell’offerta, di cui all’art. 1208 c.c., che operano esclusivamente nell’ambito dei principi sull’adempimento delle obbligazioni.  Cass. civ. sez. lav. 14 dicembre 2010, n. 25250

In caso d’integrale vittoria di una parte, la compensazione delle spese di lite per «giusti motivi» deve trovare nella motivazione della decisione una giustificazione quanto meno desumibile dall’intero contesto del provvedimento anche se non dall’esplicita mensione di argomentazioni ad hoc. In mancanza, il potere del giudice deve ritenersi esercitato in aperta violazione dell’art. 24 Cost. in particolare quando il valore della causa sia di modesta entità ed in concreto economicamente incomparabile rispetto alle spese processuali. (Nella fattispecie, pur non essendo applicabile ratione temporis la nuova formulazione dell’art. 92 c.p.c., la Corte ha cassato la sentenza del giudice di pace che non conteneva alcuna specificazione delle ragioni della compensazione delle spese di lite in caso di vittoria di una sola parte, per violazione di legge e difetto di motivazione). Cass. civ. sez. II 26 settembre 2007, n. 20017

La modifica dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., da parte della legge 28 dicembre 2005, n. 263, il cui art. 2 ha introdotto l’obbligo del giudice di indicare i motivi della compensazione delle spese di lite, vale soltanto nei procedimenti instaurati dopo la sua entrata in vigore. Per i giudizi instaurati precedentemente è ammissibile la compensazione per giusti motivi senza obbligo di specificazione degli stessi e tale decisione non è censurabile in sede di legittimità, salvo i casi in cui sia accompagnata da ragioni palesemente o macroscopicamente illogiche, tali da inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto dal giudice di merito. Cass. civ. sez. III 17 luglio 2007, n. 15882

In caso di accoglimento parziale della domanda, possono sussistere i giusti motivi atti a legittimare la compensazione, totale o parziale, delle spese legali qualora la parte convenuta abbia adottato posizioni difensive concilianti o di parziale contestazione degli assunti avversari, ma non sussiste un’ipotesi di soccombenza reciproca; ne consegue che la parte parzialmente vittoriosa non può essere condannata a pagare per l’intero le spese legali sostenute dall’altra parte, in quanto questa possibilità è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale – espressamente motivata – di trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c. Cass. civ. sez. III 9 marzo 2004, n. 4755

Disposta la compensazione, per giusti motivi, delle spese giudiziali, ove il giudice, con pregresso provvisorio decreto di liquidazione, abbia posto le spese di consulenza tecnica d’ufficio a carico della parte poi risultata soccombente, la statuizione di compensazione comporta che quest’ultima parte non possa ripetere dalla parte vittoriosa, neppure per la metà, le somme anticipate per il pagamento del compenso al consulente, le quali restano pertanto a totale carico della parte che le ha anticipate. Cass. civ. sez. III 23 aprile 2001, n. 5976

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