Le disposizioni degli artt. 82 e 83 c.p.c., sul patrocinio delle parti e la procura alla lite, trovano applicazione anche nei procedimenti di esecuzione. Pertanto, nel processo esecutivo per espropriazione forzata immobiliare, devoluto al tribunale, l’intervento del creditore, per partecipare alla distribuzione della somma ricavata, ovvero anche, se munito di titolo esecutivo, per compiere o promuovere il compimento di singoli atti del processo, richiede il ministero di un procuratore legale abilitato nel distretto in cui ha sede detto tribunale e ciò anche nel caso di intervento di un’esattoria delle imposte ove rappresentata dal collettore, non trovando deroga il citato art. 82 c.p.c. nel disposto dell’art. 130 del D.P.R. 15 maggio 1963, n. 858. Ne deriva che l’intervento effettuato in detto processo dal creditore personalmente, in quanto proveniente da soggetto privo dello ius postulandi, si traduce in un atto giuridicamente inesistente, per inidoneità assoluta a raggiungere lo scopo cui è destinato, e come tale non è suscettibile di sanatoria per effetto di successiva comparizione di procuratore munito di regolare mandato (la quale, nel concorso dei prescritti requisiti, può eventualmente integrare un intervento tardivo con valore ex nunc), con l’ulteriore conseguenza che l’opposizione agli atti esecutivi, esperibile dagli interessati per far valere detta inesistenza, non è soggetta al termine perentorio di cinque giorni, ma può essere proposta in qualunque momento durante il corso del processo esecutivo. Cass. civ. sez. III 17 dicembre 1984, n. 8603.
Il provvedimento col quale il giudice di pace autorizza la parte a stare in giudizio di persona ex art. 82, secondo comma, c.p.c., sebbene intervenuto durante il processo e in forma implicita, non può essere revocato, con l’effetto di rendere invalida la costituzione del rapporto processuale, potendo il giudice di pace, con la sentenza che definisce il giudizio, unicamente dichiarare l’eventuale nullità della concessa autorizzazione. Cass. civ. sez. VI 12 marzo 2012, n. 3874
Il provvedimento col quale il giudice di pace autorizza la parte a stare in giudizio di persona ex art. 82, secondo comma, c.p.c. non deve necessariamente precedere l’instaurazione del giudizio, né manifestarsi in forma espressa, in quanto anche l’autorizzazione sopravvenuta durante il processo e resa implicitamente “per facta concludentia” garantisce l’effettività della difesa e la regolarità del contraddittorio. Cass. civ. sez. VI 12 marzo 2012, n. 3874
Nei giudizi dinanzi al giudice di pace, nei casi in cui è ammessa la difesa personale della parte, deve ritenersi consentito alla stessa la facoltà di delegare la partecipazione all’udienza ad altro soggetto. Cass. civ. sez. I 6 aprile 2006, n. 8026
Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, l’autorizzazione a stare in giudizio di persona, «in considerazione della natura e entità della causa» ex art. 82 c.p.c., attiene all’accertamento che nulla osti a che il soggetto possa agire senza il patrocinio di un difensore, ed è volta a rimuovere un limite al potere della parte di agire personalmente, essendo pertanto volta a tutelare, oltre a quello delle parti, anche l’interesse generale e costituzionalmente garantito dell’effettività del diritto di difesa. Tale mancanza di autorizzazione dà luogo all’invalida costituzione del rapporto processuale, deducibile dalla controparte e rilevabile anche d’ufficio dal giudice, ma sanabile con effetto ex tunc qualora essa autorizzazione venga concessa successivamente alla costituzione del soggetto, rimanendo anche in tal caso assicurate le esigenze di tutela perseguite dalla norma. Cass. civ. sez. I 26 agosto 2004, n. 17008