Art. 738 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Procedimento

Articolo 738 - codice di procedura civile

Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che riferisce in camera di consiglio.
Se deve essere sentito il pubblico ministero (70, 158), gli atti sono a lui previamente comunicati (71) ed egli stende le sue conclusioni (722) in calce al provvedimento del presidente.
Il giudice può assumere informazioni.

Articolo 738 - Codice di Procedura Civile

Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che riferisce in camera di consiglio.
Se deve essere sentito il pubblico ministero (70, 158), gli atti sono a lui previamente comunicati (71) ed egli stende le sue conclusioni (722) in calce al provvedimento del presidente.
Il giudice può assumere informazioni.

Massime

Nei procedimenti di impugnazione che si svolgono con rito camerale il gravame è ritualmente proposto con il tempestivo deposito del ricorso in cancelleria mentre la notifica dello stesso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza risponde esclusivamente alla finalità di assicurare l’instaurazione del contraddittorio sicché la scadenza del termine all’uopo fissato non preceduta dalla valida effettuazione della notifica o dalla presentazione di un’istanza di proroga non comporta alcun effetto preclusivo ma implica soltanto la necessità di procedere alla fissazione di un nuovo termine a meno che la controparte non si sia costituita in giudizio in tal modo sanando il predetto vizio con efficacia ex “tunc” Cass. civ. sez. VI-I ord. 19 luglio 2016 n. 14731

Nel procedimento camerale il giudice al fine di garantire il contraddittorio l’esercizio del diritto di difesa e l’effettività della tutela giurisdizionale deve esercitare poteri ufficiosi anche mediante l’applicazione estensiva ed analogica delle disposizioni del processo di cognizione sicché è tenuto a indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio richiedendo i necessari chiarimenti (ex art. 183 quarto comma cod. proc. civ.) e se del caso assumendo sommarie informazioni da soggetti terzi (ex art. 738 terzo comma cod. proc. civ.) sempre ché tale modalità di acquisizione di elementi di giudizio non sia impiegata per supplire all’onere probatorio o con finalità meramente esplorative. (In applicazione di tale principio la S.C. ha accolto il ricorso avverso il decreto della corte di appello che aveva dichiarato inammissibile un ricorso per equa riparazione in ragione della divergenza tra il nome e il codice fiscale della ricorrente e le generalità risultanti nel processo presupposto omettendo di indicare la questione e di acquisire chiarimenti dalle parti o informazioni dall’Agenzia delle entrate) Cass. civ. sez. VI-II 4 marzo 2015 n. 4412

Nei giudizi camerali che anche in grado di appello si introducono con ricorso (nella specie un procedimento per la declaratoria dello stato di adottabilità) l’omessa notifica di quest’ultimo e del decreto di fissazione dell’udienza entro il termine ordinatorio assegnato dal giudice non comporta l’improcedibilità della domanda o dell’impugnazione poiché in assenza di una espressa previsione in tal senso vanno evitate interpretazioni formalistiche delle norme processuali che limitino l’accesso delle parti alla tutela giurisdizionale ma solo la necessità dell’assegnazione di un nuovo termine perentorio in applicazione analogica dell’art. 291 cod. proc. civ. sempre che la parte resistente o appellata non si sia costituita così sanando – con effetto “ex tunc” – il vizio della notificazione Cass. civ. sez. I 11 settembre 2014 n. 19203

In tema di procedimento camerale viola il principio del contraddittorio il provvedimento che statuendo su posizioni di diritto soggettivo sia stato emesso all’esito di un procedimento del quale il destinatario degli effetti non è stato informato e nel quale questi non ha potuto pertanto interloquire (nella specie la S.C. ha cassato con rinvio il decreto di liquidazione del compenso al curatore fallimentare – che abbia rinunciato all’incarico – emanato su istanza del curatore subentrante e senza instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’interessato a seguito di cassazione con rinvio di precedente liquidazione) Cass. civ. sez. I 22 maggio 2007 n. 11859

Lo speciale procedimento di opposizione regolato dall’art. 145 del d.lgs 1 settembre 1993 n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) ha natura contenziosa non incompatibile con il rito camerale essendo rivolto ad una decisione atta ad assumere autorità di giudicato sulla legittimità formale e sostanziale del provvedimento applicativo della sanzione e sulle posizioni di credito e debito con esso costituite. Ne consegue che in tale procedimento non trova applicazione l’art. 738 secondo comma cod. proc. civ. sulla partecipazione obbligatoria del P.M. e in secondo luogo che il provvedimento decisorio emesso nella forma del decreto è legittimamente sottoscritto dal solo presidente non essendo necessaria la firma del relatore ai sensi dell’art. 135 quarto comma cod. proc. civ. Cass. civ. sez. II 16 ottobre 2014 n. 21952

In tema di procedimento camerale il potere riconosciuto al giudice dall’art. 738 secondo comma c.p.c. costituisce oggetto di una mera facoltà e non di un obbligo sicché il suo mancato esercizio non determina l’inosservanza delle norme che disciplinano il procedimento camerale e risulta incensurabile in cassazione. (Nella specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso il decreto della corte di appello che aveva dichiarato improponibile un ricorso per equa riparazione giudicando infondata la doglianza secondo cui il giudice non aveva assunto d’ufficio informazioni in ordine all’effettiva pendenza del procedimento presupposto ai fini del decorso del termine decadenziale) Cass. civ. sez. I 25 novembre 2011 n. 24965

Nel procedimento in materia di ricongiungimento familiare che si svolge secondo il rito camerale l’acquisizione dei mezzi di prova e segnatamente dei documenti è ammissibile anche in sede di reclamo sino all’udienza di discussione in camera di consiglio sempre che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio che costituisce esigenza irrinunziabile anche nei procedimenti camerali Cass. civ. sez. I 25 gennaio 2007 n. 1656

Il giudizio per la dichiarazione di paternità (e di maternità) naturale di minori davanti al tribunale per i minorenni è soggetto a norma dell’art. 38 disp. att. c.c. al rito camerale (e non al rito contenzioso ordinario) nel rispetto tuttavia del principio del contraddittorio stante la natura contenziosa del procedimento e nella sostanziale equiparazione dell’attività istruttoria a quella propria dell’ordinario giudizio di cognizione restando fermo anche in tale ambito il normale esercizio della facoltà di prova e l’onere di allegazioni e deduzioni secondo il principio dispositivo. E sebbene l’art. 738 ultimo comma c.p.c. consenta di assumere informazioni d’ufficio e quindi di decidere senza necessità di ricorre ad altre fonti di prova ove il giudice ritenga nel suo prudente apprezzamento insufficienti ai fini probatori le informazioni assunte e necessario ricorrere alle fonti di prova disciplinate dal codice di rito egli non può sostituirsi alla parte nell’esercizio dei poteri di allegazione di deduzione ed eccezione ad essa spettanti Cass. civ. sez. I 28 luglio 2004 n. 14200

Nel procedimento camerale ex art. 737 c.p.c. – con cui si svolge l’opposizione al decreto prefettizio di espulsione dello straniero – affinché il principio del contraddittorio possa dirsi rispettato è necessario ma nel contempo sufficiente che gli scritti e i documenti prodotti da una delle parti ed acquisiti al fascicolo d’ufficio siano posti a disposizione della controparte e che in relazione al contenuto di essi a quest’ultima venga offerta la possibilità di approntare le sue difese. Ne deriva che perché sia configurabile una violazione del principio del contraddittorio in conseguenza della produzione documentale effettuata all’udienza nella quale il giudice si è riservato di provvedere sull’espulsione è necessario che la parte formuli una richiesta esplicita di rinvio dell’udienza al fine di esaminare la documentazione prodotta dalla controparte Cass. civ. sez. I 25 ottobre 2005 n. 20670

Nel giudizio promosso con ricorso contro il decreto prefettizio di espulsione dello straniero ai sensi dell’art. 13 comma 9 del D.L.vo 25 luglio 1998 n. 286 (nel testo precedente all’abrogazione di cui alla legge 30 luglio 2002 n. 189) l’onere posto a carico del giudice di procedere all’audizione dell’interessato in tanto può ritenersi violato in quanto della fissazione dell’udienza di trattazione del ricorso non venga dato avviso allo straniero e al difensore da questo nominato. La mancata audizione dell’interessato del resto non è causa di nullità del provvedimento in quanto il giudice è tenuto a decidere in ogni caso entro dieci giorni dalla data del deposito del ricorso sicché la decisione può essere validamente presa anche in assenza del ricorrente. (Enunciando il principio di cui in massima la S.C. ha dedotto che la comunicazione dell’avviso dell’udienza in camera di consiglio fosse stata tempestivamente effettuata dalla circostanza che nel caso di specie il difensore dello straniero aveva partecipato al procedimento dinanzi al tribunale svolgendo istanze e contestando le difese dell’amministrazione convenuta) Cass. civ. sez. I 19 agosto 2004 n. 16206

In materia di opposizione all’espulsione dello straniero poichè l’art. 244 comma 2 del D.L.vo n. 51 del 1998 dispone che le funzioni del pretore non espressamente attribuite ad altra autorità sono devolute al tribunale in composizione monocratica «anche se relative a procedimenti disciplinati dagli articoli 737 e seguenti del c.p.c.» ossia a procedimenti in camera di consiglio pur se incidenti su diritti soggettivi così esprimendo una chiara eccezione alla riserva di collegialità prevista dall’art. 50 bis secondo comma c.p.c. (introdotto dall’art. 56 del medesimo D.L.vo n. 51 del 1988 e che prevede debba il tribunale in composizione collegiale giudicare nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 ss. «salvo che sia altrimenti disposto») l’opposizione al decreto di espulsione già attribuito alla competenza pretoria dagli artt. 13 comma 9 e 13 bis della legge n. 286 del 1998 dopo la soppressione delle preture ed il passaggio – in assenza di diversa determinazione – della competenza al tribunale dev’essere trattato con le forme camerali e deciso dal tribunale in composizione monocratica Cass. civ. sez. I 19 febbraio 2004 n. 3266

Nel processo di opposizione al decreto prefettizio di espulsione amministrativa dello straniero non è consentita la deduzione a verbale di ragioni di nullità del decreto espulsivo con riguardo a vizi del provvedimento (nella specie la mancanza di sottoscrizione del prefetto) già fatti palesi dal testo comunicato all’espellendo non sussistendo ragioni per le quali nel procedimento camerale di cui agli artt. 737 e ss. c.p. c. 13 e 13 bis del D.L.vo 25 luglio 1998 n. 286 (come modificato dal D.L.vo 13 aprile 1999 n. 113) avente ad oggetto motivi di illegittimità di un atto amministrativo debba essere mutata la regola secondo cui con l’atto introduttivo deve procedersi alla integrale editio actionis salva l’ipotesi in cui il vizio prospettabile abbia carattere processuale derivando dal processo di opposizione e pertanto da un momento successivo a quello del deposito del ricorso Cass. civ. sez. I 3 aprile 2003 n. 5117

In tema di espulsione degli stranieri è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale di convalida della misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea disposta dal questore ai sensi dell’art. 14 D.L.vo n. 286/1998 proposto nei confronti del questore stesso atteso che a quest’ultimo – a differenza che al prefetto quanto al provvedimento di espulsione di sua competenza – non è dalla legge attribuita alcuna legittimazione processuale (attiva o passiva) che di conseguenza spetta secondo le regole ordinarie esclusivamente al Ministro cui il ricorso va notificato presso l’avvocatura generale dello Stato Cass. civ. sez. I 6 marzo 2003 n. 3354

Nel procedimento conseguente al ricorso avverso il decreto prefettizio di espulsione dello straniero il giudice deve in ogni caso sentire l’interessato giusta disposto dell’art. 13 comma nono del D.L.vo n. 286/2000 (Nel testo precedente alle modifiche di cui alla legge n. 189/2002) attesi il carattere indiscutibilmente contenzioso del procedimento stesso e la conseguente applicabilità del principio del contraddittorio che impone (art. 4 D.L.vo n. 113/1999 introduttivo dell’art. 13 bis nel D.L.vo n. 286/1998) la notifica a cura della cancelleria del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio all’autorità emittente (decreto che va peraltro comunicato allo straniero per ragioni di coerenza con il modello procedimentale di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. richiamati dal citato art. 13 comma nono) senza che la necessità della predetta audizione nei termini e nei modi di legge possa ritenersi soddisfatta da alcun altro atto equivalente e tanto meno da quella eventualmente tenutasi dinanzi all’autorità amministrativa presso il centro di accoglienza Cass. civ. sez. I 4 marzo 2003 n. 3154

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