In tema di impugnazione della sentenza di separazione personale tra coniugi l’art. 23 l. n. 74 del 1987 in forza del quale “l’appello è deciso in camera di consiglio” postula l’applicazione del rito camerale con riferimento all’intero giudizio di impugnazione con la conseguenza che la proposizione dell’appello si perfeziona con il deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine perentorio di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. costituendo per converso la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza un momento meramente esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva del giudizio di impugnazione funzionale soltanto all’instaurazione del contraddittorio. Nondimeno ove l’appello sia stato introdotto con atto di citazione e non con ricorso la nullità dell’impugnazione non risulta predicabile in applicazione del generale principio di conservazione degli atti processuali sempre che l’atto viziato abbia i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo ed il relativo deposito nella cancelleria del giudice adito sia avvenuto entro i termini perentori fissati dalla legge Cass. civ. sez. VI 10 gennaio 2019 n. 403
Ai sensi dell’art. 23 della legge 6 marzo 1987 n. 74 l’appello avverso le sentenze di separazione deve essere trattato con il rito camerale il quale si applica all’intero procedimento dall’atto introduttivo – ricorso anzichè citazione – alla decisione in camera di consiglio Cass. civ. sez. I 10 settembre 2014 n. 19002
In tema di separazione personale tra coniugi la domanda rivolta a richiedere un assegno di natura alimentare costituisce un “minus” ricompreso nella più ampia domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il coniuge. Ne consegue che la relativa istanza – ancorché formulata per la prima volta in appello in conseguenza della dichiarazione di addebito – è ammissibile non essendo qualificabile come nuova ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ. attesa anche la natura degli interessi ad essa sottostanti Cass. civ. sez. I 8 maggio 2013 n. 10718
La disposizione di cui all’art. 709 bis c.p.c. come definitivamente modificata dall’art. 1 comma 4 della legge 25 dicembre 2005 n. 263 sancisce in maniera esplicita in materia di pronuncia immediata sullo “status” la già ritenuta equiparazione fra il procedimento di separazione tra i coniugi e quello di divorzio volendo evitare condotte processuali dilatorie tali da incidere negativamente sul diritto di una delle parti ad ottenere una pronuncia sollecita in ordine al proprio “status” Cass. civ. sez. VI 22 giugno 2012 n. 10484
In tema di separazione personale dei coniugi il convenuto che intenda richiedere l’assegno di mantenimento ha l’onere di formulare la relativa domanda nella memoria di costituzione con la conseguenza che essa è tardiva ove proposta – come nella specie – per la prima volta nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c. Cass. civ. sez. I 4 aprile 2011 n. 7599
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi la proposizione della domanda di annullamento di un accordo transattivo intervenuto tra i coniugi per lo scioglimento della comunione dei beni non consente la trattazione congiunta di entrambe le cause con il rito ordinario ammessa dall’art. 40 terzo comma c.p.c. solo nelle ipotesi di connessione qualificata di cui agli artt. 31 32 34 35 e 36 e non anche nelle ipotesi di cui agli artt. 33 e 104 in cui il cumulo delle domande dipende solo dalla volontà delle parti. Peraltro nel caso in cui il tribunale non abbia dichiarato l’inammissibilità della domanda di annullamento decidendola nel merito con il rito speciale previsto per la causa di separazione la sentenza contiene una statuizione (quanto meno implicita) sulla connessione comunque idonea a determinare in sede d’impugnazione l’applicabilità dell’art. 40 terzo comma cit. trovando applicazione il principio dell’apparenza in virtù del quale il mezzo d’impugnazione va individuato in base alla qualificazione della domanda compiuta dal giudice “a quo” con la conseguenza che l’appello cumulativo avverso le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado è validamente proposto nelle forme del rito ordinario anziché in quelle del rito camerale previsto per il giudizio di separazione Cass. civ. sez. I 29 gennaio 2010 n. 2155
In tema di separazione tra i coniugi l’atto di costituzione davanti al giudice istruttore segna il momento in cui si verificano le preclusioni e le decadenze previste a carico del convenuto dagli artt. 166 e 167 c.p.c.; ne consegue la legittimità della valutazione complessiva degli atti acquisiti al procedimento fino a quel momento al fine di interpretare e qualificare la domanda. (Nella specie la S.C. ha ritenuto tempestiva la richiesta di un coniuge volta ad ottenere un contributo al proprio mantenimento pur non formulata espressamente nella memoria di costituzione in fase presidenziale ma comunque desumibile dal contenuto sostanziale della pretesa e dalle precisazioni formulate in corso di giudizio fino al limite indicato) Cass. civ. sez. I 5 novembre 2007 n. 23051