Nel rito del lavoro la scelta del foro competente operata dal ricorrente che agisce in sede cautelare “ante causam”, in caso di esplicito accertamento della correttezza della scelta da parte del giudice o di mancata formulazione dell’eccezione o del rilievo d’ufficio, determina il definitivo radicamento della competenza anche per il giudizio di merito, stante il principio di auto responsabilità e affidamento processuale e il sistema di individuazione della competenza cautelare che, in presenza di fori alternativi ex art. 413 c.p.c., è a maggior ragione incentrato sullo stretto collegamento con la competenza in ordine alla causa di merito. Cassazione civile, Sez. VI-lav., ordinanza n. 18264 del 24 luglio 2017
Ai sensi dell’art. 43 bis del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, i giudici onorari chiamati ad integrare i collegi nei tribunali ordinari, mentre possono svolgere anche funzioni di appello, non possono, invece, trattare i procedimenti cautelari “ante causam” e quelli possessori, altrimenti derivandone un vizio di costituzione del giudice e la conseguente nullità, ai sensi degli artt. 158 e 161, primo comma, c.p.c., del provvedimento pronunciato. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 18002 del 2 agosto 2010
L’omessa rilevazione dell’incompetenza (derogabile od inderogabile) da parte del giudice o l’omessa proposizione della relativa eccezione ad opera delle parti nel procedimento cautelare “ante causam” non determina il definitivo consolidamento della competenza in capo all’ufficio adìto anche ai fini del successivo giudizio di merito, non operando nel giudizio cautelare il regime delle preclusioni relativo alle eccezioni e al rilievo d’ufficio dell’incompetenza, stabilito dall’art. 38 c.p.c., in quanto applicabile esclusivamente al giudizio a cognizione piena. Ne consegue che il giudizio proposto ai sensi degli artt. 669 octies e novies c.p.c., all’esito della fase cautelare “ante causam”, può essere validamente instaurato davanti al giudice competente, ancorché diverso da quello della cautela. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2505 del 3 febbraio 2010
In tema di procedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669 ter c.p.c., prima dell’inizio del giudizio di merito la domanda si propone al giudice competente, in base agli ordinari criteri, a conoscere del merito; in mancanza di proposizione, nel corso del procedimento cautelare, di eccezioni in ordine alla competenza del giudice adito, questa si radica in capo allo stesso e vi permane anche con riferimento al giudizio di merito; atteso che quest’ultimo è diretto alla conferma o alla riforma del provvedimento adottato in sede cautelare, in un rapporto di strumentalità tra i due procedimenti che, con riferimento alla materia societaria, non viene meno neppure a seguito della riforma di cui al D.L.vo n. 5 del 2003, che ha previsto la stabilità del provvedimento cautelare in caso di mancata instaurazione del giudizio di merito. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5335 del 8 marzo 2007
La competenza funzionale sulle controversie di attuazione di provvedimenti cautelari che hanno per oggetto obblighi di fare o di non fare — instaurate a far data dal 16 febbraio 1994 — è attribuita, anche per i provvedimenti pronunciati in un procedimento iniziato prima della entrata in vigore della legge 26 novembre 1990, n. 353, che ha modificato le norme del codice di procedura civile introducendo, tra l’altro, la c.d. procedura cautelare uniforme (art. 74), al giudice competente a conoscere il merito della causa ai sensi degli artt. 669 ter comma primo, 669 quater comma primo c.p.c., nelle forme e con le modalità previste dal successivo art. 669 duodecies, perché i decreti legge n. 105 del 1994 (in vigore dal 16 febbraio 1994), n. 235 del 1994 (in vigore dal 18 aprile 1994), n. 380 del 1994 (in vigore dal 18 giugno 1994) ed il decreto legge n. 571 del 1994 (in vigore dall’11 ottobre 1994), finalmente convertito, con modifiche, a differenza degli altri, con legge n. 673 del 1994, espressamente hanno disposto l’anticipata applicazione della nuova disciplina sui procedimenti cautelari in generale ai giudizi pendenti e, anche quando dipendono dai decreti legge non convertiti, gli effetti di questa disposizione sono stati conservati dalla norma transitoria contenuta nell’art. 1 comma secondo della legge 6 dicembre 1994, n. 673 di conversione dell’ultimo decreto legge della serie. (Nella specie l’esecuzione era stata iniziata dinnanzi al pretore ritenuto funzionalmente competente, ai sensi degli art. 26 comma 3 e 28 c.p.c., il 6 giugno 1994 e riguardava un provvedimento di urgenza pronunciato il 25 gennaio 1994, in seguito ad istanza presentata il 27 ottobre 1992 dinnanzi al giudice della causa di merito già pendente dalla data del 27 novembre 1990). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 6603 del 23 luglio 1996
Ai sensi dell’art. 24 della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — resa esecutiva in Italia con L. 21 giugno 1971, n. 804 — i provvedimenti provvisori o cautelari (nella specie, il sequestro conservativo richiesto al giudice italiano) previsti dalle legge di uno Stato contraente possono essere chiesti all’autorità giudiziaria di tale Stato, quand’anche la competenza a conoscere del merito debba riconoscersi, in forza della convenzione medesima, al giudice di altro Stato contraente. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 4482 del 21 aprile 1995
Con riguardo a provvedimenti cautelari a carico degli amministratori o sindaci di società fallita, soggetti ad azione di responsabilità, la questione dell’applicabilità dell’art. 146 ultimo comma del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, ovvero dell’art. 669 ter c.p.c., che contemplano, rispettivamente, l’intervento del giudice delegato, ovvero del pretore o del giudice designato dal presidente del tribunale, integra un problema di competenza, deducibile con istanza di regolamento, nel rapporto fra pretore e giudice designato o delegato del tribunale, oppure fra giudici designati o delegati di tribunali diversi, non anche nel rapporto fra giudici dello stesso tribunale, restandosi in tal caso nell’ambito della ripartizione di compiti all’interno del medesimo ufficio giudiziario, fra componenti di esso con pari funzioni. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3160 del 18 marzo 1995
La domanda di provvedimento di urgenza proposta ante causam, al pretore territorialmente competente, ai sensi dell’art. 701 c.p.c., radica la competenza dello stesso per tutta la fase cautelare, fino all’ordinanza che la conclude, sicché, nell’ipotesi in cui il procedimento cautelare si svolga in due tempi, per avere il pretore provveduto immediatamente con decreto, la successiva fase in contraddittorio compete in ogni caso allo stesso pretore, a nulla rilevando che nel frattempo sia stato iniziato il giudizio di merito. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 20 del 3 gennaio 1991
Nell’ipotesi in cui il lavoratore subordinato — trovatosi in stato di malattia fuori della sede di lavoro e giudicato idoneo, dalla struttura medica di controllo del luogo ove era in malattia, a riprendere servizio in una certa data — abbia chiesto, ex art. 700 c.p.c., l’accertamento della precarietà del suo stato di salute e dell’esistenza di condizioni tali da non consentirgli di presentarsi nel posto di lavoro, competente a provvedere, ai sensi dell’art. 701 dello stesso codice, è il giudice del luogo dell’attività lavorativa, nel quale potrebbe verificarsi l’evento dannoso costituito dalla lesione del bene della salute, in correlazione alla ripresa del servizio, o, in caso di mancata ripresa del lavoro, l’adozione di una misura disciplinare a carico del dipendente. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 37 del 11 gennaio 1990
Il foro di cui all’art. 701 c.p.c. per la pronuncia dei provvedimenti d’urgenza, attendendo ad un procedimento avente funzione cautelare, sia pure atipica e sussidiaria, è inderogabile dalle parti, sicché per esso non operano le preclusioni stabilite dall’art. 38, comma terzo, c.p.c. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 4050 del 13 giugno 1983
Al fine dell’individuazione del giudice competente per l’attuazione di un provvedimento cautelare e d’urgenza occorre distinguere a seconda che il beneficiario del provvedimento stesso abbia preferito ricorrere alla forma coattiva diretta o, invece, si sia avvalso — come gli è alternativamente consentito — della normale procedura di esecuzione forzata notificando alla controparte il titolo e l’intimazione ad adempiere. Nella prima ipotesi, infatti, giudice competente è quello che ha emesso il provvedimento o quello competente per il merito, se risulta già instaurato il relativo giudizio; nella seconda, invece, competente è il giudice dell’esecuzione secondo le regole ordinarie e così quello del luogo ove il provvedimento deve essere eseguito. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5947 del 11 novembre 1982