I provvedimenti con i quali venga dichiarata l’estinzione del processo esecutivo in ipotesi diverse da quelle tipizzate dal codice sono impugnabili esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi e non già col reclamo ex art. 630 c.p.c., il quale, ove proposto, deve essere dichiarato inammissibile anche d’ufficio. Cass. Civ. Sez. III, sentenza del 29 aprile 2020, n. 8404
In tema di opposizione all’esecuzione, la rinuncia agli atti del giudizio da parte dell’opponente, ai fini dell’estinzione del processo, richiede ai sensi dell’art. 306 c.p.c. l’accettazione da parte del creditore opposto, il quale tuttavia, per potere opporsi, deve avere un interesse alla ulteriore prosecuzione qualificabile come possibilità di conseguire un’utilità giuridicamente apprezzabile. Tale interesse è ravvisabile ove il creditore opposto abbia formulato domanda di condanna della controparte al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. che, di regola, non può essere fatta valere in separato giudizio. (Fattispecie in cui la convenuta opposta si era costituita nel giudizio prima del deposito dell’atto di rinuncia, formalizzato dall’opponente in sede di precisazione delle conclusioni, avanzando domanda risarcitoria per responsabilità processuale). Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 20839 del 21 agosto 2018
L’impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice (anche se tale qualificazione sia erronea), e non come le parti ritengano che debba essere qualificata. Ne consegue che ove il tribunale qualifichi come “reclamo” ai sensi dell’art. 630 c.p.c. l’impugnazione proposta avverso un provvedimento del giudice dell’esecuzione, e lo dichiari inammissibile ritenendo che nella specie si sarebbe dovuta proporre l’opposizione agli atti esecutivi, la relativa decisione è impugnabile con l’appello e non col ricorso per cassazione, non potendo applicarsi il principio dell’inappellabilità, previsto per le decisioni sull’opposizione agli atti esecutivi, ad un caso in cui quest’ultima è stata ritenuta dal giudice mai proposta. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 9362 del 12 aprile 2017
In materia di esecuzione forzata, l’appello avverso la sentenza che abbia provveduto sul reclamo proposto ai sensi dell’art. 630 c.p.c. è destinato a svolgersi secondo le forme del rito camerale previsto dall’art. 130 disp. att. c.p.c. fin dal momento della proposizione del gravame, che va quindi introdotto con ricorso da depositarsi in cancelleria entro i termini perentori prescritti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 14646 del 18 luglio 2016
Tutti i provvedimenti del giudice dell’esecuzione in tema di estinzione sono assoggettati esclusivamente al reclamo nelle forme previste dall’art. 630, commi 2 e 3, c.p.c., a prescindere dal fatto che essi abbiano accolto o respinto la relativa istanza proposta dal debitore, ovvero che il giudice abbia omesso di pronunziarsi su di essa, restando pertanto escluso che il debitore possa proporre opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c., per far valere l’improseguibilità della stessa dopo la verificazione della causa di estinzione, ovvero agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., per contestare tanto il provvedimento del giudice dell’esecuzione che abbia dichiarato l’estinzione (ovvero abbia omesso di farlo), quanto gli atti del processo esecutivo adottati successivamente alla verificazione di una causa di estinzione non dichiarata. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 14449 del 15 luglio 2016
In tema di estinzione del processo di esecuzione, non sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione, mancando il carattere della definitività: a) l’ordinanza di estinzione, nella parte recante regolamento delle spese del processo estinto, avverso la quale è esperibile il reclamo al collegio ex art. 630, ultimo comma, c.p.c.; b) i provvedimenti consequenziali all’estinzione, adottati dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 632, secondo comma, c.p.c., in quanto suscettibili di opposizione agli atti esecutivi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti con cui, successivamente alla dichiarazione di estinzione del processo, il giudice dell’esecuzione aveva liquidato in favore del creditore procedente le spese del processo e disposto il riparto tra i creditori delle somme acquisite alla procedura prima dell’estinzione). Cassazione civile, Sez. VI, sentenza n. 27031 del 19 dicembre 2014
Nella espropriazione forzata è inammissibile la richiesta al giudice della opposizione all’esecuzione di declaratoria di inefficacia del pignoramento ex art. 497 cod. proc. civ., per mancata o intempestiva proposizione della istanza di vendita, richiedendosi, ai sensi dell’art. 630, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo vigente “ratione temporis”, anteriore alle riforme di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69) che la parte interessata sollevi dinanzi al giudice della esecuzione, prima di ogni altra sua difesa, eccezione di estinzione del processo esecutivo. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19283 del 12 settembre 2014
Quando si verifica una fattispecie estintiva del giudizio di opposizione all’esecuzione per inattività delle parti, non decorre alcun termine per la riassunzione del processo di esecuzione in stato di sospensione, essendo necessario, ai fini della sua decorrenza, che l’estinzione sia dichiarata o con l’ordinanza di cui all’art. 308, primo comma cod. proc. civ., divenuta inoppugnabile per mancanza di reclamo, o con la sentenza passata in giudicato che provveda sul reclamo, ovvero con la sentenza d’appello che confermi la dichiarazione di estinzione o la dichiari in riforma della sentenza di primo grado. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18320 del 27 agosto 2014
Ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, e dell’art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, la sospensione feriale dei termini processuali non si applica alle opposizioni esecutive e all’eventuale giudizio di cassazione ad esse relativo anche quando l’impugnazione venga proposta, contestandosene il fondamento, avverso la sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere (implicante, comunque, una pronuncia sulla pretesa esecutiva in contesa tra le parti) e sulla correlata statuizione riguardante le spese. Cassazione civile, Sez. VI-III, ordinanza n. 23410 del 15 ottobre 2013
L’ordinanza che dichiari l’estinzione parziale, anziché totale, del processo esecutivo malgrado le rinunce, pur intervenute in tempi diversi, di tutti i creditori, è suscettibile di reclamo ex art. 630, terzo comma, c.p.c. Ne consegue che, ove il debitore, a fronte della prosecuzione dell’esecuzione, proponga opposizione – qualificata dal giudice ex art. 615 c.p.c. con statuizione passata in cosa giudicata interna – la Suprema Corte, successivamente investita del ricorso che contesti il merito dell’opposizione così qualificata, può e deve ravvisare che quest’ultima non poteva essere esercitata, dovendo invece esperirsi il menzionato reclamo, e, quindi, cassare senza rinvio la sentenza impugnata, non riguardando quel giudicato le condizioni di fondatezza “in iure” dell’opposizione così intesa. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19960 del 30 agosto 2013
Ove di un provvedimento di estinzione del processo esecutivo si intenda impugnare il solo capo di condanna del debitore alle spese, il mezzo di impugnazione è il reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c., non essendo ammissibile, in presenza di un mezzo di impugnazione tipico, il ricorso straordinario per cassazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19540 del 26 agosto 2013
Tutti i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, dichiarativi dell’estinzione del processo, sono soggetti al controllo previsto dall’art. 630 c.p.c. (e cioè il reclamo al collegio, il quale provvede con decreto che ha natura di sentenza appellabile, e non ricorribile per cassazione), a nulla rilevando la causa dell’estinzione. La suddetta procedura è pertanto applicabile anche nell’ipotesi di dichiarazione di estinzione del processo per omesso deposito nei termini della documentazione da allegare all’istanza di vendita, ai sensi dell’art. 567, comma secondo, c.p.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 14812 del 4 settembre 2012
Le questioni concernenti l’ammissibilità dell’intervento nel processo esecutivo vanno delibate dal giudice dell’esecuzione, d’ufficio od a seguito di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., mentre, con riferimento alla doglianza concernente l’illegittimità del provvedimento di estinzione della procedura esecutiva, i rimedi astrattamente invocabili sono il reclamo, ai sensi dell’art. 630 c.p.c., ovvero l’opposizione agli atti esecutivi, a seconda che si ritenga il provvedimento del giudice dell’esecuzione adottato sul presupposto di una delle ipotesi tipiche di estinzione del processo esecutivo, ovvero al fine di pervenire alla cosiddetta estinzione atipica del processo esecutivo. Pertanto, essendo previsti avverso l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’inammissibilità dell’intervento del creditore in una precedura esecutiva immobiliare, nonché l’estinzione della stessa procedura esecutiva, i rimedi sopra detti, è da escludere che essa abbia il carattere di definitività, che è condizione necessaria per l’esperibilità del ricorso straordinario ex art. 111, settimo comma, Cost.. Cassazione civile, Sez. VI, sentenza n. 19858 del 28 settembre 2011
In tema di espropriazione forzata, l’estinzione del processo esecutivo consegue esclusivamente alle situazioni tipizzate dal legislatore agli artt. 629, 630 e 631 cod. proc. civ., quali rispettivamente la rinuncia, l’inattività delle parti e la mancata comparizione, non potendo l’estinzione connettersi ad altre situazioni equipollenti alle predette e non riconducibili ai paradigmi della rinuncia agli atti e dell’inattività delle parti. Ne deriva che al provvedimento di revoca dell’aggiudicazione del bene può attribuirsi soltanto il valore di atto procedimentale esecutivo, meramente interlocutorio, inidoneo a comportare l’estinzione dell’esecuzione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 7346 del 26 marzo 2009
L’eccezione di estinzione del processo esecutivo, avendo ad oggetto una vicenda processuale non rilevabile d’ufficio, ma rimessa al potere dispositivo della parte, non richiede per la sua esposizione l’adozione di formule sacramentali, ma esige in ogni caso l’esplicita manifestazione di volontà della parte di avvalersi dell’estinzione stessa, e, in ipotesi di contestuale proposizione di più eccezioni, la necessità che dall’esame di esse non sia desumibile una rinuncia a quella di estinzione. (Nell’affermare detto principio, la S.C. ha ritenuto congruamente e logicamente motivata la sentenza impugnata che, nel confermare il rigetto del reclamo avverso l’ordinanza di estinzione pronunciata dal giudice dell’esecuzione per il ritardo nell’annotazione della sentenza di condanna, che aveva impedito la conversione in pignoramento del sequestro conservativo di immobile, aveva attribuito alle altre difese del debitore il valore di conferma che l’esecuzione, proprio per tale causa, non era mai sorta).
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Nel giudizio di reclamo avverso l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo, il carattere pregiudiziale della relativa eccezione, sancito dall’art. 630 cod. proc. civ., va coordinato con la regola di cui all’art. 276 cod. proc. civ., il quale, nel disporre che il collegio decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio, e quindi il merito, costituisce espressione di un principio logico, oltre che giuridico, in quanto la decisione in senso positivo o negativo di una questione pregiudiziale può portare all’assorbimento delle questioni pregiudiziali successive o di tutte o di alcune questioni di merito, sia sotto il profilo dell’assorbimento inteso come preclusione, sia dell’assorbimento inteso come rigetto. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1696 del 23 gennaio 2009
Il sistema di controllo predisposto dall’art. 630 c.p.c. sulle decisioni positive o negative in ordine all’avvenuta configurazione dell’estinzione del processo esecutivo, ha natura autonoma e speciale, per cui il mezzo di tutela esperibile contro un provvedimento di revoca di una pregressa dichiarazione di estinzione del processo esecutivo adottato dal giudice dell’esecuzione è rappresentato dal reclamo al collegio, ai sensi dello stesso art. 630 c.p.c., da decidersi con sentenza in camera di consiglio, appellabile ai sensi dell’art. 130 disp. att. c.p.c. In caso di erronea proposizione dell’opposizione all’esecuzione e/o agli atti esecutivi, la relativa sentenza che si pronunci sul merito implicitamente esclude che il rimedio da praticare sia quello del reclamo e quindi, a seguito di ricorso per cassazione che non coinvolga anche l’implicita statuizione, la stessa va cassata senza rinvio, poiché, altrimenti, si verificherebbe l’elusione del giudicato interno implicito formatosi sull’inesistenza di una qualificazione in senso diverso da quella ritenuta dal giudice investito dell’opposizione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15463 del 11 giugno 2008
Nell’attuale disciplina normativa dell’esecuzione forzata vige il principio della tassatività delle ipotesi di estinzione del processo esecutivo e, conseguentemente, non è legittimo un provvedimento di c.d. estinzione atipica fondato sulla improseguibilità per «stallo» della procedura di vendita forzata e, quindi, sulla inutilità o non economicità sopravvenuta del processo esecutivo. (Sulla base di tale principio la S.C. ha accolto il ricorso avverso la sentenza, con la quale un giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’opposizione agli atti esecutivi, proposta contro l’ordinanza di estinzione parziale di un processo esecutivo, adottata dal giudice dell’esecuzione — dopo un avviso alle parti e nel presupposto dell’impossibilità di dar corso all’amministrazione giudiziaria per mancanza di domanda espressa delle parti — «per riconosciuta impossibilità del medesimo di conseguire alcun risultato in ordine ad un lotto assoggettato ad esecuzione»). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 27148 del 19 dicembre 2006
In tema di opposizione agli atti esecutivi, la disposizione di cui all’art. 630, ultimo comma, c.p.c. si riferisce non solamente alle ordinanze di estinzione per inattività delle parti e, all’esito della sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 195 del 1981, alle ordinanze di estinzione per rinunzia agli atti, bensì a tutte le ordinanze per cause di estinzione previste da particolari disposizioni di legge non diversamente disciplinate da normative speciali ; ne consegue che avverso il provvedimento di estinzione, ai sensi dell’art. 567 c.p.c. (nel testo introdotto dall’art. 1 legge n. 302 del 1998 ), per omesso deposito della documentazione prescritta (nel caso, estratto del catasto e delle mappe censuarie ; certificato di destinazione urbanistica ex art. 18 legge n. 47 del 1985 ; certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative a bene immobile pignorato ) o del certificato notarile sostitutivo, è ammesso reclamo al collegio, che provvede in camera di consiglio con sentenza. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5789 del 17 marzo 2005
Avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione contenente la dichiarazione di estinzione dell’esecuzione per rinuncia del creditore e i provvedimenti consequenziali ad essa, è esperibile il rimedio del reclamo al collegio qualora esso abbia ad oggetto la sussistenza o meno dei presupposti per l’estinzione e la legittimità del provvedimento che conceda o neghi l’estinzione stessa, mentre esso va impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi qualora — come nel caso di specie — si contesti la legittimità dei provvedimenti consequenziali adottati e quindi degli effetti dell’estinzione stessa. (Nella specie, in particolare, l’aggiudicatario del bene sottoposto ad esecuzione contestava la legittimità della revoca della aggiudicazione e la disposta restituzione delle somme da lui versate in relazione all’aggiudicazione stessa, chiedendo invece il trasferimento del bene espropriato, ex art. 586 c.p.c.). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 9377 del 11 giugno 2003
In tema di esecuzione forzata ed in ipotesi di estinzione del processo esecutivo, contro l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 630 c.p.c. è ammesso reclamo, con l’osservanza delle forma di cui all’art. 178 c.p.c., dinanzi al collegio che provvede in camera di consiglio con sentenza soggetta ad appello, secondo le regole ordinarie e, pertanto, non ricorribile per cassazione ex art. 111 Costituzione. Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 2500 del 19 febbraio 2003
La sospensione feriale dei termini processuali, prevista dall’art. 1, legge 7 ottobre 1969, n. 742, non si applica al giudizio conseguente alla proposizione del reclamo ex art. 630, terzo comma, c.p.c., avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo di esecuzione per inattività delle parti, in quanto, sussistendo l’esigenza di favorire la sollecita decisione delle questioni che rendono incerto, per i creditori o per il debitore, l’esito dell’azione esecutiva, ricorre la stessa ratio in forza della quale siffatta sospensione, ex art. 3 di detta legge, non si applica ai giudizi di opposizione all’esecuzione. Pertanto, il termine annuale di decadenza dal ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello emessa in detto giudizio (art. 327, c.p.c.), da calcolare ex numeratione dierum, deve essere computato senza aggiungere ad esso i 46 giorni di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1531 del 3 febbraio 2003
Con riguardo al processo di esecuzione, la legittimazione a proporre l’eccezione di estinzione del processo esecutivo, che normalmente appartiene al debitore, può essere riconosciuta anche al terzo che vi abbia interesse, e, quindi, all’acquirente di bene già sottoposto a pignoramento, il quale è titolare dell’interesse sostanziale a sottrarre il bene acquistato all’azione esecutiva. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12762 del 26 settembre 2000
Se il giudice dell’esecuzione, adito ai sensi degli artt. 630 e 617 c.p.c., qualifica, pur se erroneamente, la controversia come insorta in sede di distribuzione del ricavato (art. 512 c.p.c.), poiché questa introduce un ordinario giudizio di cognizione, e la qualificazione è vincolante al fine di individuare i mezzi di impugnazione, la sentenza che la definisce non è ricorribile in cassazione, ma impugnabile secondo i criteri generali. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 9201 del 15 settembre 1997
Nel processo di espropriazione forzata di crediti presso terzi, accertata con sentenza l’esistenza del credito del debitore verso il terzo, il debitore, qualora intenda sostenere che il creditore ha lasciato inutilmente decorrere il termine per la prosecuzione del processo (art. 630 c.p.c.), può proporre la relativa eccezione sino a quando, con la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione del credito (artt. 552 e 553 c.p.c.), non si sia conclusa la fase processuale successiva a quella di accertamento del credito medesimo (sempreché l’indicato debitore abbia ricevuto comunicazione della ripresa del processo esecutivo e della fissazione di un’udienza, dato che questa avrebbe potuto sfociare nell’assegnazione del credito e nella conseguente preclusione ad opporre l’eccezione d’estinzione del processo medesimo). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4478 del 20 aprile 1995
L’eccezione di estinzione del processo esecutivo, anche se, al pari dell’opposizione all’esecuzione, tende ad ottenere l’accertamento del sopravvenuto difetto del diritto del creditore di procedere in executivis, non postula necessariamente, per essere fatta valere, che il debitore si avvalga delle forme proprie della detta opposizione (e non di quella agli atti esecutivi) — il ricorso alle quali deve, nondimeno, ritenersi consentito ove si intenda contestare una richiesta del creditore di assegnazione o di vendita —, ma può essere proposta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 630 c.p.c., sollecitando il potere-dovere del giudice di decidere con l’ivi prevista ordinanza reclamabile ed instaurando, eventualmente, dopo la decisione del reclamo, il procedimento di cognizione ordinaria che si apre con l’impugnazione — secondo le norme generali — della sentenza che decide sul reclamo medesimo. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6273 del 4 giugno 1993
L’ordinanza del giudice dell’esecuzione dichiarativa dell’estinzione del processo di esecuzione può essere denunciata non con l’opposizione agli atti esecutivi, ma, ai sensi dell’art. 630, terzo comma, c.p.c. (nel testo risultante dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 195 del 1971), con il reclamo, il quale va proposto al collegio, ovvero, se detto giudice sia il pretore, allo stesso pretore, e deve essere deciso con sentenza (appellabile, perché attinente al diritto del creditore a proseguire l’esecuzione, e, quindi, equiparabile alla decisione sull’opposizione all’esecuzione). Ne deriva che, in difetto di quel reclamo, resta preclusa ogni possibilità di contestare la validità ed efficacia della predetta ordinanza. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 12139 del 21 dicembre 1990
Nel processo esecutivo, mancando il contraddittorio, non vi è la presenza di «parti» in contrapposizione dialettica tra loro, bensì di soggetti partecipanti al processo che sono non soltanto il creditore pignorante, i creditori intervenuti ed il debitore esecutato, bensì anche — tra gli eventuali «altri interessati» indicati nel primo comma dell’art. 485 c.p.c. — l’aggiudicatario provvisorio e l’offerente in aumento di sesto, la cui posizione giuridica si concreta nel diritto di partecipare alla gara indicenda dal giudice dell’esecuzione e che sono legittimati a proporre, avverso l’ordinanza dichiarativa dell’estinzione del processo esecutivo, il reclamo di cui all’ultimo comma dell’art. 630 c.p.c. onde far valere — a tutela della loro posizione nel processo esecutivo — l’eventuale illegittimità di tale ordinanza. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4030 del 11 giugno 1983
Il provvedimento, con il quale il giudice dell’esecuzione dichiari la «estinzione» del procedimento esecutivo, a seguito dell’accertamento del sopravvenuto soddisfacimento del creditore istante e dei creditori intervenuti, con il conseguente venir meno del loro diritto di agire esecutivamente, ha natura sostanziale di declaratoria di improseguibilità del processo stesso, esulando dalle ipotesi di estinzione in senso stretto previste dall’art. 630 primo comma c.p.c., e, pertanto, è impugnabile con opposizione a norma dell’art. 617 c.p.c., non con reclamo a norma del terzo comma del citato art. 630 c.p.c. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 413 del 18 gennaio 1983