La terzietà-imparzialità del consulente tecnico d’ufficio significa che il consulente non deve essere legato a nessuna delle parti del processo, analogamente a quanto è prescritto per il giudice. Tale imparzialità è garantita dalla legge sotto un duplice profilo: innanzi tutto, con il demandarne la nomina al giudice, organo per il quale l’imparzialità è autonomamente e preliminarmente prescritta; e, in secondo luogo, con la previsione, anche per il consulente tecnico, degli istituti dell’astensione e della ricusazione. (Nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza per l’avvenuta nomina, da parte della Corte d’appello nel giudizio di determinazione dell’indennità di espropriazione, di un consulente singolo in luogo di tre periti, richiesti dalla parte). Cass. civ. sez. I 22 luglio 2004, n. 13667
Nel caso in cui il consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice di secondo grado non abbia osservato l’obbligo di astensione a lui derivante, ai sensi del combinato disposto degli artt. 63 e 51 n. 4 c.p.c., dall’avvenuto svolgimento del medesimo ufficio nel giudizio di primo grado, la parte interessata deve proporre istanza di ricusazione nei modi e nei termini previsti dall’art. 192 c.p.c., restandole, in difetto, preclusa la possibilità di far valere successivamente la detta situazione di incompatibilità. Cass. civ. sez. lav. 8 marzo 2001, n. 3364
Per il combinato disposto degli artt. 51, n. 4 e 63, secondo comma, c.p.c., l’obbligo di astensione del consulente tecnico e la possibilità della sua ricusazione sussistono per il solo fatto che egli abbia già prestato assistenza in tale veste in altro grado del processo, indipendentemente dall’identità o meno dell’oggetto dell’indagine commessagli, mirando la norma a creare le condizioni migliori perché il nuovo accertamento venga effettuato senza preconcetti e condizionamenti di sorta, anche soltanto indiretti, in una situazione di oggettività ed imparzialità. La cennata ipotesi di astensione obbligatoria ricorre anche nel caso in cui il giudizio successivo sia quello di rinvio, poiché avuto riguardo all’interesse sostanziale tutelato, nessuna differenza sussiste tra il caso in cui il consulente abbia prestato assistenza in gradi diversi dello stesso giudizio, ovvero in successivi distinti giudizi di grado pari, tenuto conto altresì che nell’ipotesi di rinvio conseguente ad un annullamento per i motivi di cui all’art. 360 nn. 3 e 5, il giudizio di rinvio diversamente da quanto accade nell’ipotesi di error in procedendo con rinvio, cosiddetto restitutorio od improprio al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, si configura come un grado diverso ed autonomo da quello concluso con detta sentenza. Cass. civ. sez. II 22 aprile 1994, n. 3835