Art. 627 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Riassunzione

Articolo 627 - codice di procedura civile

Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio (152, 153, 630) fissato dal giudice dell’esecuzione (484) e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato (324) della sentenza di primo grado o dalla comunicazione (133) della sentenza di appello che rigetta l’opposizione (481; 648, 1059 c.n.).

Articolo 627 - Codice di Procedura Civile

Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio (152, 153, 630) fissato dal giudice dell’esecuzione (484) e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato (324) della sentenza di primo grado o dalla comunicazione (133) della sentenza di appello che rigetta l’opposizione (481; 648, 1059 c.n.).

Massime

A seguito dell’introduzione, per effetto della novellazione dell’art. 282 c.p.c. da parte della l. n. 353 del 1990, del principio di immediata efficacia della sentenza di primo grado, l’art. 627 c.p.c., nella parte in cui allude alla riassunzione del processo esecutivo nel termine di sei mesi dal passaggio in cosa giudicata della sentenza di primo grado che rigetta l’opposizione all’esecuzione, deve essere inteso nel senso che la riassunzione deve compiersi non oltre tale momento (ovvero, se la sentenza viene impugnata, non oltre sei mesi dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetti l’opposizione), non identificando, invece, il momento di insorgenza del potere di riassumere, il quale, in conseguenza dell’immediata efficacia della sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione ai sensi dell’art. 282 c.p.c, nasce con la sua stessa pubblicazione. Cass. Civ. Sez. III, sentenza del 4 aprile 2017, n. 8683

In materia di esecuzione, la sospensione disposta dal giudice dell’esecuzione a seguito della sospensione della esecutorietà del titolo esecutivo da parte del giudice avanti al quale lo stesso è impugnato costituisce una presa d’atto dell’interferenza tra processo di cognizione e diritto di procedere ad esecuzione forzata ed il termine per la riassunzione del processo esecutivo comincia a decorrere da quando sono cessati gli effetti della sospensione disposta dal giudice della cognizione; al contrario la sospensione del processo esecutivo in senso proprio, cui si riferisce l’art. 627 cod. proc. civ., viene meno dopo il rigetto – totale o parziale – dell’opposizione (all’esecuzione, agli atti esecutivi ovvero di terzo) e da questo momento inizia a decorrere il termine per la riassunzione. Cass. Civ. Sez. III, sentenza del 3 settembre 2007, n. 18539 

Il termine per la riassunzione del processo esecutivo decorre dalla pronunzia del provvedimento che comporti il venir meno della causa di sospensione, sempre che lo stesso non sia stato impugnato, mentre è irrilevante che sia stata presentata istanza di revoca, che – al pari delle vicende impugnatorie ad essa relative – non preclude il decorso del termine ex art. 627 c.p.c. (In forza di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che, con riferimento all’ipotesi di sospensione di una procedura esecutiva ordinaria, in ragione della sua conversione in procedura esattoriale, aveva individuato il “dies a quo”, per la decorrenza del termine di riassunzione della prima, in quello della definitività dell’ordinanza che aveva dichiarato l’estinzione della seconda, negando, invece, rilievo sia all’istanza di revoca del provvedimento estintivo della procedura esattoriale, sia allo stesso “iter” delle impugnazioni proposte in relazione alla decisione intervenuta in merito a tale istanza). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 7109 del 9 aprile 2015

A seguito dell’introduzione, per effetto della novellazione dell’art. 282 c.p.c. da parte dell’art. 33 della legge 26 novembre 1990, n. 353, del principio di immediata efficacia della sentenza di primo grado, l’art. 627 c.p.c., nella parte in cui allude alla riassunzione del processo esecutivo nel termine di sei mesi dal passaggio in cosa giudicata della sentenza di primo grado che rigetta l’opposizione all’esecuzione, deve essere inteso nel senso che tale momento segna soltanto il “dies a quo” del termine per la riassunzione (che, se la sentenza viene impugnata, non decorre, venendo sostituito dal momento della comunicazione della sentenza di appello che rigetti l’opposizione) e non il momento di insorgenza del potere di riassumere, il quale, in conseguenza dell’immediata efficacia della sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione ai sensi dell’art. 282 c.p.c., nasce con la sua stessa pubblicazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 24447 del 21 novembre 2011

Quando si verifica una fattispecie estintiva del giudizio di opposizione all’esecuzione per inattività delle parti, non decorre alcun termine per la riassunzione del processo di esecuzione in stato di sospensione, essendo necessario, ai fini della sua decorrenza, che l’estinzione sia dichiarata o con l’ordinanza di cui al primo comma dell’art. 308 c.p.c., divenuta inoppugnabile per mancanza di reclamo o con la sentenza passata in giudicato che provveda sul reclamo, o con la sentenza d’appello che confermi la dichiarazione di estinzione o la dichiari in riforma della sentenza di primo grado. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 22283 del 21 ottobre 2009

L’art. 627 cod. proc. civ. stabilisce che in mancanza del termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine di sei mesi “dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l’opposizione”. Pertanto, ove non sia stata pronunciata sentenza di appello di rigetto dell’opposizione, risulta inapplicabile la norma predetta e, mancando nell’art. 549 cod. proc. civ. una alternativa alla ipotesi di fissazione, da parte del giudice, del termine per la riassunzione, devesi far applicazione della norma dell’art. 297 cod. proc. civ., stante la sostanziale assimilabilità di questa ipotesi alla fattispecie della sospensione ex art. 295 cod. proc. civ., cosicché il termine decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza resa nella controversia che abbia determinato la sospensione del processo esecutivo. Cass. Civ. Sez. III, sentenza del 29 marzo 2007, n. 7760

In caso di opposizione di terzo avverso l’esecuzione esattoriale, qualora sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione, spetta al giudice dell’esecuzione fissare il termine di riassunzione, mentre il concessionario procedente deve provvedere alla riassunzione del processo esecutivo nel termine fissato (e, in ogni caso, non oltre sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione) ed eseguire il primo incanto entro il termine perentorio di novanta giorni dalla riassunzione, ex art. 62, primo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973, a pena di inefficacia del pignoramento. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 21882 del 19 novembre 2004

L’art. 627 c.p.c., nello stabilire che «il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l’opposizione» individua nella data di detta comunicazione il termine ultimo di decorrenza da cui calcolare il periodo di sei mesi entro il quale (pena l’estinzione) il processo esecutivo deve comunque essere riassunto (nonostante la possibilità di impugnazione); ed il giudice dell’esecuzione può provvedere alla predetta fissazione solo rispettando tale data ultima e tale termine di sei mesi, che comunque prevalgono sulla data eventualmente più lontana e sul termine eventualmente più lungo fissati dal giudice medesimo. (Nella specie il giudice dell’esecuzione aveva ordinato che il processo rimanesse sospeso sino all’esito del giudizio civile relativo all’opposizione; la S.C ha confermato la sentenza d’appello, che aveva interpretato l’ordinanza nel senso che comunque il termine non poteva superare il disposto di cui all’art. 627 c.p.c., dovendosi altrimenti ritenere radicalmente nullo il provvedimento che avesse accordato un maggior termine finale di sospensione, in violazione dell’art. 153 c.p.c.). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 13571 del 21 luglio 2004 

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