La c.t.u. costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico- scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all’inerzia delle parti; essa, tuttavia può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di un perito. Ne consegue che, qualora la c.t.u. sia richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, l’ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo, presidiato dall’art. 111 Cost., sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata. Cass. civ., sez. I 15 settembre 2017, n. 21487
Il provvedimento che dispone una consulenza tecnica di ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente sostenuto dalla necessità di risolvere questioni implicanti specifiche cognizioni tecniche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insindacabile la valutazione di disporre consulenza tecnica contabile per l’accertamento di crediti retribuitivi, in relazione ad un rapporto di lavoro contestato nella sua esistenza, con formulazione di un quesito articolato su un doppio conteggio – avuto riguardo al c.c.n.l. applicabile ed ai principi normativi di riferimento – poiché giustificato dalle deduzioni delle parti). Cass. civ. sez. lav. 2 marzo 2015, n. 4185
La mancanza o l’invalidità della iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici non è motivo di nullità della relativa nomina da parte del giudice, la cui scelta è insindacabile in sede di legittimità, così come quella di attenersi, in tutto o in parte, al relativo parere, ove la stessa sia sorretta da adeguata motivazione. Cass. civ. sez. II, 6 luglio 2011, n. 14906
Le norme che disciplinano la scelta del consulente tecnico hanno natura e finalità semplicemente direttive; pertanto, la scelta di tale ausiliario, anche con riferimento alla categoria professionale di appartenenza e alla sua competenza qualificata, è riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice del merito e la inosservanza di tali norme non produce alcuna nullità, non avendo esse carattere cogente. Né tale carattere può evincersi, nei processi relativi a domande di prestazioni previdenziali ed assistenziali, dall’art. 146 disp. att. c.p.c. (il quale prescrive che nell’albo dei consulenti tecnici istituito presso ogni tribunale debbono essere inclusi, per i processi suindicati, i medici legali e delle assicurazioni e i medici di lavoro), in quanto l’obbligo dell’iscrizione di tali professionisti – nel quale si sostanzia la portata innovativa della norma – è rivolto all’organo che presiede alla formazione dell’albo, non al giudice, e non introduce, perciò, un limite al potere di scelta di quest’ultimo. Cass. civ. sez. lav. 21 gennaio 1982, n. 412
b) Compenso e rimborso spese.
Il rimborso delle attività svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente tecnico d’ufficio sia stato autorizzato ad avvalersi va effettuato applicando le medesime tabelle con cui si determina la misura degli onorari del consulente medesimo, attesa la natura di “munus publicum” che caratterizza l’incarico assegnato a quest’ultimo, del quale il professionista ausiliario non può ignorare l’esistenza e che, inevitabilmente, si riflette anche sul suo rapporto con il consulente. Cass. civ. sez. II 21 settembre 2017, n. 21963
La patologia processuale dell’attività del consulente tecnico d’ufficio, idonea a determinare la nullità della relazione ed il conseguente venir meno del suo diritto alla liquidazione del compenso, deve essere necessariamente oggetto di declaratoria da parte del giudice del merito cui compete, in via esclusiva, detta valutazione. Cass. civ. sez. II, 28 febbraio 2017, n. 5200
In tema di liquidazione del compenso in favore del consulente tecnico d’ufficio, i chiarimenti non costituiscono un’attività ulteriore ed estranea rispetto a quella, già espletata e remunerata, oggetto di consulenza, ma un’attività complementare, integrativa e necessaria, al cui compimento il c.t.u. può essere tenuto qualora gli venga richiesto (ciò che normalmente accade quando la relazione depositata non possa dirsi esaustiva), sicchè, in relazione ad essi, non gli compete alcun compenso ulteriore. Cass. civ. sez. II 25 ottobre 2016, n. 21549
Le spese della consulenza tecnica d’ufficio rientrano tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c., sicché possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, costituendo tale statuizione una variante verbale della tecnica di compensazione espressa per frazioni dell’intero. Cass. civ. sez. VI-II 7 settembre 2016, n. 17739
Il consulente tecnico d’ufficio che abbia inutilmente chiesto il dovuto in base al decreto di liquidazione provvisoria del compenso può esigerne il pagamento solidale dalle parti a prescindere dalla diversa ripartizione della spesa contenuta nella sentenza che ha definito il giudizio, in quanto – salvi i rapporti interni tra le parti – l’ausiliare opera nell’interesse della giustizia in virtù di un mandato neutrale. Cass. civ. sez. II 12 novembre 2015, n. 23133
La liquidazione del compenso in favore del consulente d’ufficio, disposta genericamente da parte del giudice di merito a carico di “parte convenuta”, implica l’obbligo del relativo pagamento a carico di tutti i convenuti, se più di uno, senza che al giudice dell’opposizione al precetto sia consentito, con un’inammissibile riapplicazione della normativa già apprezzata dal giudice cui risale la formazione del titolo esecutivo, procedere ad integrazione e sostanziale correzione di quest’ultimo, sul presupposto che la relativa condanna non sia stata pronunciata in modo conforme alla disciplina sulla liquidazione delle spese. (Nella specie, il giudice dell’opposizione a precetto aveva posto le spese di liquidazione della ctu solo a carico di alcuni dei convenuti). Cass. civ. sez. III 27 gennaio 2012, n. 1183
Ai fini della determinazione del compenso spettante al consulente tecnico d’ufficio (nella specie, incaricato di espletare un accertamento di natura contabile in una procedura fallimentare circa gli interessi relativi ad un mutuo bancario) deve aversi riferimento non all’intero ammontare del mutuo, ma – in applicazione del principio generale, valevole anche al di fuori delle questioni di competenza, secondo cui il valore della controversia si determina in base alla domanda – in relazione agli importi oggetto di contestazione e per i quali è stata disposta la consulenza tecnica. Cass. civ. sez. II 4 novembre 2011, n. 22959
Il consulente di parte svolge, nell’ambito del processo, attività di natura squisitamente difensiva, ancorchè di carattere tecnico, mirando a sottoporre al giudicante rilievi a sostegno della tesi difensiva della parte assistita; pertanto, il suo espletamento è riconducibile al contratto d’opera professionale; ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato sulla base delle relative tariffe professionali, mentre non è possibile ricorrere ai criteri seguiti per la determinazione delle spettanze del consulente tecnico d’ufficio, la cui attività non si ricollega ad un rapporto contrattuale. (Applicando detto principio, la S.C. ha cassato il decreto del tribunale, che aveva confermato quello del giudice delegato al fallimento, con il quale, al consulente di parte nominato dalla procedura nell’ambito di un giudizio di revocatoria da essa promosso, era stato liquidato il compenso in base alla tariffa di cui al D.M. 30 maggio 2002, applicabile agli ausiliari del curatore). Cass. civ. sez. VI 22 settembre 2011, n. 19399
In tema di compenso al consulente d’ufficio, l’obbligo di pagare la prestazione eseguita ha natura solidale e, di conseguenza, l’ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, anche in via monitoria, non solo quando sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto, in quanto non trova applicazione, per essere l’attività svolta dal consulente finalizzata all’interesse comune di tutte le parti, il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti con le parti e non nei confronti dell’ausiliare. Cass. civ. sez. II, 15 settembre 2008, n. 23586
Il principio secondo cui l’indeterminabilità del valore della causa si deve intendere in senso obiettivo, ovvero quale conseguenza di un’intrinseca inidoneità della pretesa ad essere tradotta in termini pecuniari, al momento di proposizione della domanda, vale, anche ai fini dell’applicazione delle tariffe per la liquidazione dei compensi del consulente tecnico d’ufficio, sicché, al fine di stabilire il valore della causa a tale scopo, gli elementi di valutazione sono solo quelli che risultino precostituiti e disponibili fin dall’introduzione del giudizio, essendo invece irrilevanti quelli acquisiti nel corso dell’istruttoria, anche attraverso la stessa consulenza tecnica. Cass. civ. sez. II, 19 marzo 2007, n. 6414
Qualora il giudice civile, nel liquidare il compenso ad un consulente tecnico d’ufficio, abbia disposto che la somma dovuta sia «anticipata provvisoriamente da tutte le parti in causa, con quote di egual misura» il giudice dell’opposizione all’esecuzione – proposta da una di tali parti contro il titolo esecutivo recante la liquidazione, nel presupposto di non dover rispondere solidalmente con le altre per l’intero compenso –, poiché l’obbligazione delle parti per il corrispettivo del consulente ha natura solidale, deve interpretare il titolo esecutivo – di per sé suscettibile, in ragione dell’indicata formulazione, di essere inteso come impositivo sia di un’obbligazione parziaria, sia di un’obbligazione solidale – in questo secondo senso, restando esclusa l’interpretazione del provvedimento di liquidazione nel senso che imponga la solidarietà solo se esso individui come obbligata soltanto una parte o escluda espressamente la solidarietà. In difetto di tali ipotesi, qualora l’opposizione all’esecuzione venga introdotta avanti al giudice di pace, l’interpretazione nel senso della solidarietà costituisce principio informatore, al cui rispetto quel giudice è tenuto ove debba decidere secondo equità. Cass. civ. sez. III 19 settembre 2006, n. 20314
In tema di compenso agli ausiliari del giudice, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 319 del 1980, costituiscono prestazioni eccezionali per le quali è consentito l’aumento fino al doppio degli onorari previsti nelle tabelle, quelle prestazioni che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità, risultino comunque avere impiegato l’ausiliare in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico-scientifica, complessità e difficoltà. Pertanto, mentre l’ampiezza dell’incarico affidato all’ausiliare costituisce un elemento di giudizio nella determinazione degli onorari variabili tra il minimo e il massimo ai sensi dell’art. 2 legge n. 319 del 1980 (secondo cui il giudice deve al riguardo tenere conto della difficoltà dell’indagine, della completezza e del pregio della prestazione), ai fini dell’applicabilità della disposizione di cui all’art. 5 citato, occorre che il tasso di importanza e di difficoltà della prestazione, che le legge prescrive debba essere «eccezionale», sia necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l’attribuzione degli onorari nella misura massima. Cass. civ. sez. II 31 marzo 2006, n. 7632
Il ricorso previsto dall’art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319 avverso il provvedimento di liquidazione dei compensi spettanti al consulente tecnico d’ufficio può essere proposto dal difensore che assiste la parte nel giudizio nel cui ambito la consulenza è stata disposta, senza necessità di una specifica procura: il mandato ad litem infatti, attribuisce al difensore la facoltà di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili all’originario oggetto della causa, ivi compresa quella di verifica della correttezza della liquidazione, la quale è innegabilmente collegata alla domanda per la cui valutazione è stata disposta la consulenza. Cass. civ. Sezioni Unite 3 novembre 2005, n. 21288
Nel procedimento civile nel quale il P.M. è litisconsorte (nella specie adozione di minore), il P.M. stesso, in assenza di qualsiasi potere di iniziativa in materia di compensi al consulente tecnico d’ufficio, non può proporre ricorso per cassazione contro la relativa liquidazione, né può impugnare l’ordinanza che ne conclude e definisce il procedimento. Cass. civ. sez. I 8 agosto 2002, n. 11975
Ai sensi dell’art. 11, quarto comma, legge 8 luglio 1980 n. 319, il decreto di liquidazione del compenso al Ctu, emesso dal giudice, costituisce titolo provvisoriamente esecutivo e pertanto, per il principio ne bis in idem, il Ctu non può ottenere un decreto ingiuntivo per la medesima causa petendi. Cass. civ. sez. II, 2 marzo 2000, n. 2315
La disciplina dettata dal combinato disposto degli artt. 11 della legge n. 319 del 1980 e 29 della legge n. 794 del 1942 – in tema di liquidazione del compenso spettante a periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori nominati dall’autorità giudiziaria – ha carattere di specialità; essa, pertanto, può essere applicata soltanto agli ausiliari del giudice elencati nelle menzionate norme. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha escluso che la citata disciplina sia applicabile al commissionario giudiziale per la vendita del prodotto agrario sequestrato, affermando che a lui ed alla parte obbligata a corrispondergli il compenso sono offerti i rimedi che derivano, secondo la legge processuale, dalla natura monitoria del decreto e che valgono ad attuare la tutela dei loro diritti). Cass. civ. Sezioni Unite 11 marzo 1996, n. 1952