In tema di esecuzione immobiliare, nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tenere conto anche dei creditori intervenuti successivamente alla relativa istanza, fino all’udienza nella quale il giudice provvede (ovvero si riserva di provvedere) sulla medesima con l’ordinanza di cui dell’art. 495, comma 3, c.p.c. Tali interventi, peraltro, non incidono “ex post” sull’ammissibilità della domanda, con specifico riferimento alla quantificazione dell’importo che deve essere versato, a titolo cauzionale, al momento di presentazione della stessa. Cassazione civile, Sez. VI-III, sentenza n. 411 del 13 gennaio 2020
In materia di espropriazione forzata, ai fini della conversione del pignoramento immobiliare, il giudice dell’esecuzione deve determinare la somma da sostituire ai beni pignorati tenendo conto, oltre che delle spese di esecuzione, dell’importo, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti fino al momento dell’udienza in cui è pronunciata (ovvero, in cui il giudice si è riservato di pronunciare) l’ordinanza di conversione ai sensi dell’art. 495, terzo comma, c.p.c.. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 940 del 24 gennaio 2012
Avverso l’ordinanza di determinazione della somma dovuta ai fini della conversione del pignoramento, emessa ai sensi art. 495 c.p.c., può essere proposta l’opposizione agli atti esecutivi e con tale rimedio possono essere sollevate non solo contestazioni relative all’inosservanza formale dei criteri di determinazione stabiliti da tale norma e delle regole procedimentali da essa espresse o sottese, ma anche contestazioni in ordine all’ammontare del credito del creditore procedente e all’ammontare nonché alla stessa esistenza dei crediti dei creditori intervenuti. L’accertamento che così si sollecita é richiesto, nella detta sede, soltanto in funzione dell’ottenimento del bene della vita costituito dall’annullamento o dalla modificazione dell’ordinanza determinativa della somma di conversione, in funzione del doversi provvedere sull’esecuzione a seguito dell’istanza di conversione, ed il giudicato che ne scaturirà avrà ad oggetto esclusivamente questo bene. Ne consegue che l’esecuzione potrà evolversi sulla base della nuova determinazione della somma di conversione accertata nel giudizio di opposizione agli atti, nel senso che dovrà considerare il credito di cui trattasi nel modo accertato oppure non dovrà considerarlo affatto ma tale accertamento resterà ininfluente al di fuori del processo esecutivo. Gli interessati potranno, comunque, far valere le loro ragioni in autonomi giudizi e resterà, inoltre, salva per il debitore la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione; rimarrà, invece, preclusa la possibilità di riproporre, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. civ., le questioni decise dall’opposizione agli atti in sede di distribuzione della somma di conversione, essendo le stesse ormai state definite nel processo esecutivo dall’opposizione agli atti (e cioè dal suo giudicato) e la distribuzione riguarderà la somma acquisita per effetto della conversione per come ormai determinata. (Fattispecie cui “ratione temporis” andava applicata la disciplina del processo esecutivo, e dell’art. 512 c.p.c. in particolare, anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni, nella legge n. 80 del 2005). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 20733 del 28 settembre 2009
Il terzo resosi acquirente – in forza di una pronuncia emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c.e sotto condizione del pagamento del residuo prezzo – di un bene immobile sottoposto ad espropriazione immobiliare, il quale sia stato autorizzato, dalla stessa sentenza costitutiva, ad impiegare detta somma per la cancellazione dei pignoramenti trascritti, è legittimato, a tutela del proprio interesse, a chiedere ed ottenere la conversione del pignoramento a norma dell’art. 495 c.p.c. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8250 del 6 aprile 2009
In materia di esecuzione, la determinazione della somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai sensi dell’art. 495 c.p.c., comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate e da anticipare e non deve tenere conto dell’esistenza o dell’ammontare dei singoli crediti e della sussistenza dei diritti di prelazione, in quanto tali questioni possono porsi solo in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita ai sensi dell’art. 512 c.p.c., fatta salva la possibilità che il debitore contesti, con l’opposizione all’esecuzione, l’esistenza del credito, ovvero che lo stesso è inferiore a quanto dovuto. Né può affermarsi che tale soluzione comporta un ingiustificato aggravio del principio di economia processuale, in quanto imporrebbe al debitore esecutato di contestare l’esistenza del credito od il suo ammontare in sede di distribuzione della somma depositata ovvero con opposizione agli atti esecutivi, considerato il diverso principio in materia, che è quello della sollecita definizione della pretesa dei creditori istanti, questi sì pregiudicati dalle contestazioni dei crediti. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18538 del 3 settembre 2007
L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art 495 c.p.c., in sede di conversione del pignoramento, determina la somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate non esplica alcuna funzione risolutiva delle contestazioni sulla sussistenza e sull’ammontare dei singoli crediti o sulla sussistenza dei diritti di prelazione né ha contenuto decisorio rispetto al diritto di agire in executivis Pertanto l’opposizione proposta contro il provvedimento di conversione è inquadrabile nel modello di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e con la stessa l’opponente non può limitarsi ad affermare in modo generico la non corrispondenza della somma sostitutiva fissata dal giudice al diritto, ma è tenuto ad indicare in modo specifico, gli elementi di fatto e le ragioni di diritto per cui chiede che il provvedimento sia dichiarato illegittimo. Tale opposizione concerne, quindi, la verifica che la determinazione in concreto effettuata dal giudice dell’esecuzione è conforme ai criteri di cui alla norma indicata, mentre non riguarda l’accertamento dell’esistenza o dell’ammontare del credito del creditore pignorante o dei creditori intervenuti, che è questione proponibile o in sede di distribuzione a norma dell’art. 512 c.p.c. ovvero mediante opposizione ex art. 615 c.p.c. (Nella specie, in applicazione del riportato principio, la S.C. — non avendo a tanto provveduto il giudice di merito — ha rilevato che erroneamente con l’opposizione agli atti esecutivi era stato contestato il diritto a pretendere gli interessi, diritto da contestare, invece, mediante opposizione all’esecuzione in quanto attinente all’ammontare del credito esecutato, ed ha dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta, cassando senza rinvio la sentenza impugnata). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 17481 del 9 agosto 2007
L’importo dovuto per la determinazione della somma da sostituire alle cose o ai crediti pignorati, determinato con ordinanza del giudice dell’esecuzione, consiste in una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. In ipotesi di esecuzione nei confronti di più soggetti che, come nel caso di specie presentino unitamente l’istanza di conversione, devono essere conteggiati i crediti dei creditori intervenuti, indipendentemente dalla circostanza che tali crediti riguardino alcuni o tutti i debitori esecutati.
–
L’opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione determina la somma da sostituire al bene pignorato a norma dell’art. 495 c.p.c. concerne la verifica che la determinazione della somma in concreto effettuata dal giudice dell’esecuzione sia conforme ai criteri desumibili dall’art. 495 c.p.c., mentre non riguarda l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare dei crediti dei creditori intervenuti, che è questione proponibile o in sede di distribuzione a norma dell’art. 512, ovvero mediante l’opposizione ex art. 615 c.p.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12197 del 2 ottobre 2001
Nell’esecuzione esattoriale, secondo la disciplina dettata dagli artt. 45 e seguenti del D.P.R. n. 602 del 1973, è ammissibile la conversione del pignoramento e rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e nelle attribuzioni del pretore quale giudice dell’esecuzione l’adozione dei provvedimenti volti ad assicurare il coordinamento tra lo svolgimento del subprocedimento di conversione e quello di esecuzione forzata; i suddetti provvedimenti non possono tuttavia interferire sul corso dell’esecuzione esattoriale e non possono perciò consistere nel differimento della data dell’incanto stabilita dall’esattore. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 494 del 22 luglio 1999
In tema di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), il debitore che si oppone alla determinazione della somma sostitutiva fissata dal giudice dell’esecuzione non può limitarsi ad affermare in modo generico la sua non corrispondenza a diritto, ma è tenuto ad indicare in modo specifico i motivi dell’opposizione e perciò gli elementi di fatto e le ragioni di diritto per cui chiede che l’ordinanza sia dichiarata illegittima, nonché a depositare, nel rispetto dei termini stabiliti dall’ordinanza, la somma che egli indichi come dovuta. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 11178 del 27 ottobre 1995
La norma di cui al primo comma dell’art. 495 c.p.c., secondo cui la conversione del pignoramento può essere chiesta dal debitore in qualsiasi momento anteriore alla vendita del bene pignorato, non esclude la tempestività di istanza in tal senso proposta dopo l’aggiudicazione del bene, ma quando ancora non sia trascorso il termine di dieci giorni di cui all’art. 584, per le offerte in aumento di sesto, ovvero, nel caso di presentazione di offerte siffatte, fino a quando non sia stata espletata la gara appositamente prevista, in quanto la sola aggiudicazione non determina, di per sé, la consolidazione del diritto al trasferimento del bene e, prima dei detti momenti, la conversione può ancora utilmente assolvere la sua funzione di sottrarre la liquidazione del bene stesso all’alea di risultati dell’incanto economicamente inadeguati. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8236 del 23 luglio 1993
Il pagamento da parte del debitore esecutato delle somme determinate in sede di conversione del pignoramento come non comporta il venir meno della procedura esecutiva che continua avendo ad oggetto le stesse, così non produce automaticamente l’estinzione del credito vantato dal creditore pignorante, perché questo si estingue nei soli modi indicati dal codice civile, i quali debbono essere specificamente provati dal debitore esecutato ed in correlazione individuati dal giudice. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4469 del 24 aprile 1991
In tema di esecuzione per espropriazione forzata, qualora la facoltà di chiedere la conversione del pignoramento, prima della vendita del bene (art. 495 c.p.c.), venga esercitata dal debitore nella stessa udienza fissata per tale vendita, o comunque in una data prossima a detta udienza, sì da non consentire per tempo l’ammissione ed il perfezionamento della conversione medesima, non si verifica un’automatica sospensione dell’esecuzione, o dilazione dell’atto già fissato, considerando che difetta una previsione in proposito, e che, inoltre, le esigenze di continuità e speditezza della procedura non possono essere sacrificate per effetto di mere iniziative dell’esecutato, mentre l’eventuale differimento della vendita resta affidato alla valutazione del giudice dell’esecuzione, alla stregua degli elementi del caso concreto (quali le ragioni addotte, l’ammontare del debito, la condotta delle parti). Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 7378 del 19 luglio 1990
Qualora il debitore esecutato chieda ed ottenga la conversione del pignoramento, con sostituzione di una somma di denaro alla cosa pignorata, il vincolo gravante su questa e l’ordinanza che ne abbia in precedenza disposto la vendita restano caducati, e si verifica conseguentemente la cessazione della materia del contendere con riguardo alle opposizioni proposte avverso tale ordinanza. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5491 del 26 ottobre 1984
La conversione del pignoramento ha l’effetto di sostituire, nel vincolo, una somma di denaro – pari all’importo delle spese e dei crediti – al bene oggetto del pignoramento, il quale, pertanto, permane, vincolando, dopo la sostituzione, la somma depositata al soddisfacimento dei crediti per cui si procede, comprensivi degli interessi e delle spese. Conseguentemente l’iter procedurale deve proseguire fino a tale soddisfacimento che – restando soppressa la sola fase della vendita, ormai inutile – avviene con la distribuzione della somma di denaro, depositata in sostituzione del bene pignorato, fra il creditore pignorante e quelli intervenuti, senza che una tale fase possa essere omessa, mentre le controversie di cui all’art. 512 c.p.c., attinenti alla sussistenza o all’ammontare di uno o più crediti ovvero di diritti di prelazione, vanno sollevate soltanto nel corso di essa. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5867 del 8 novembre 1982
Il terzo, il cui bene sia stato assoggettato a pignoramento per il soddisfacimento coattivo di un debito altrui, è legittimato a chiedere e a ottenere la conversione del pignoramento, ai sensi dell’art. 495 c.p.c., e, operata la conversione, può proporre l’opposizione di cui all’art. 619 c.p.c., ovvero proseguire nell’opposizione già proposta, in quanto la conversione del pignoramento sopravvenuta non comporta la cessazione della materia del contendere. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4059 del 12 luglio 1979
Qualora con l’opposizione all’esecuzione si deduca l’assoluta impignorabilità del bene pignorato, la conversione del pignoramento in una somma di danaro, intervenuta nel corso del giudizio, non provoca la cessazione della materia del contendere. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2835 del 8 agosto 1968
Nell’espropriazione immobiliare, la facoltà di chiedere la conversione del pignoramento, prevista dall’art. 495 c.p.c., qualora si proceda col sistema della vendita con incanto, non è più esercitabile dopo l’aggiudicazione del bene, oggetto del pignoramento; e ciò in quanto, se è vero che, ai sensi dell’art. 586 c.p.c., il trasferimento della proprietà dell’immobile all’aggiudicatario si opera solo in conseguenza della emissione del decreto di trasferimento da parte del giudice dell’esecuzione, è anche vero che l’aggiudicatario, per effetto della aggiudicazione, è già titolare di un vero e proprio diritto soggettivo a conseguire la proprietà dell’immobile, sia pure nel concorso di determinate condizioni (esatto adempimento dell’obbligo di depositare il prezzo nel termine stabilito — mancate offerte di un maggior prezzo entro 10 gg. dall’aggiudicazione — v. artt. 587 e 584 c.p.c.). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2220 del 23 ottobre 1965
Nel processo di espropriazione mobiliare, in occasione dell’emanazione del provvedimento di conversione del pignoramento, il debitore che, a norma dell’art. 495 c.p.c., ha chiesto la conversione ha interesse a sentir dichiarare il difetto di legittimazione del creditore intervenuto al fine di escludere il credito dello stesso dal computo della somma che deve essere sostituita alla cosa pignorata. Pertanto, il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di pronunciarsi su tale questione, procedendo al controllo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti, quali costituiscono requisiti essenziali di legittimazione all’intervento dei creditori nel processo esecutivo. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 65 del 10 gennaio 1964