Art. 441 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Consulente tecnico in appello

Articolo 441 - codice di procedura civile

Il collegio, nell’udienza di cui al primo comma dell’art. 437, può nominare un consulente tecnico (61, 191, 424; 145, 146 att.) rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all’art. 423.
Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza.

Articolo 441 - Codice di Procedura Civile

Il collegio, nell’udienza di cui al primo comma dell’art. 437, può nominare un consulente tecnico (61, 191, 424; 145, 146 att.) rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all’art. 423.
Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza.

Massime

Nel nuovo rito del lavoro, l’inosservanza, da parte del consulente tecnico d’ufficio nominato nel giudizio d’appello ai sensi dell’art. 441 cod. proc. civ., del termine giudizialmente assegnatogli per il deposito della consulenza, non comporta alcuna nullità, sempreché detto deposito avvenga almeno dieci giorni prima della nuova udienza di discussione, conformemente al disposto del terzo comma dell’articolo citato e senza pregiudizio, quindi, del diritto di difesa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di seconde cure che aveva escluso la configurabilità di una lesione del diritto di difesa in quanto il pretore aveva differito l’udienza di discussione proprio allo scopo di consentire alle parti di esaminare la relazione peritale depositata in ritardo e dedurre in merito). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 10517 del 26 maggio 2004

Il giudice d’appello non ha l’obbligo di rinnovare la consulenza tecnica, tuttavia, ove siano dedotte nuove malattie o aggravamenti di quelle già denunciate, oppure se il giudice ritenga di dover dissentire dalle conclusioni espresse dal Consulente nominato in primo grado, ha il dovere di motivare in ordine alla decisione di non disporre una nuova consulenza; quando, invece, non siano in discussione nuove malattie o aggravamenti nelle infermità denunciate e il giudice d’appello ritenga di condividere le conclusioni del c.t.u. nominato in primo grado, non è neppure necessaria una esplicita motivazione in ordine alle ragioni del mancato rinnovo della consulenza, potendo quest’ultima essere ritenuta superflua anche per implicito. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 7013 del 13 aprile 2004

Qualora il giudice d’appello dissenta dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio di secondo grado ed accolga quelle del consulente tecnico di primo grado, che siano state contestate dalla parte interessata, egli deve non soltanto enunciare le ragioni che lo inducono ad accettare la prima consulenza, ma deve specificamente contestare le contrastanti valutazioni della seconda consulenza, anche in relazione alle critiche delle parti. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 4652 del 29 marzo 2001

Nel rito del lavoro, il giudice del gravame, qualora ritenga convincenti e condivisibili le conclusioni del consulente tecnico nominato dal giudice di primo grado, non è tenuto a disporre una nuova consulenza, rientrando tale facoltà, consentitagli dall’art. 441, comma primo c.p.c., nell’ambito dei poteri discrezionali a lui spettanti e non sindacabili in sede di legittimità se non attraverso la motivazione con la quale egli abbia giustificato il proprio convincimento in risposta alle doglianze all’uopo mosse dalla parte interessata. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3371 del 8 marzo 2001

Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile la nomina del consulente tecnico d’ufficio è obbligatoria per il giudice di primo grado, mentre è, in linea di principio, meramente facoltativa per il giudice d’appello, salvo il caso di documentati aggravanti del quadro patologico. Peraltro, è pur sempre da considerare giuridicamente corretto che il giudice d’appello, qualora non condivida o nutra dubbi sulla bontà di una prima consulenza, ne disponga il rinnovo. Infatti, il contributo alle cognizioni di ordine tecnico del giudice, derivante da tale rinnovo, è difficilmente sostituibile, stante il grado altamente specialistico raggiunto dalle discipline tecniche e, specificamente, dalla medicina legale. (Nel caso di specie — relativo all’accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento — il Ministero dell’Interno aveva sostenuto l’inutilità della consulenza tecnica disposta dal giudice di appello sul principale rilievo che l’interessata era deceduta nel corso del giudizio, sicché si trattava esclusivamente di effettuare un riscontro documentale). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5578 del 7 giugno 1999

Dall’art. 441 c.p.c. si desume che nel rito del lavoro il potere del giudice di merito di disporre il rinnovo in grado di appello della consulenza tecnica di ufficio è discrezionale. Ne consegue che nelle controversie in tema di invalidità pensionabile il suddetto rinnovo può essere disposto non soltanto limitatamente all’ipotesi in cui sia necessario verificare denunciati aggravamenti di malattia ovvero qualsiasi altra sopravvenuta modificazione del quadro patologico, ma anche tutte le volte che siano ritenute, anche per implicito, insufficienti le conclusioni del consulente di primo grado. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5139 del 26 maggio 1999

Nei giudizi in materia di invalidità pensionabile, qualora il giudice di appello abbia disposto una nuova consulenza tecnica e ne condivida i risultati non è necessario che egli esponga in modo specifico le ragioni del suo convincimento potendo limitarsi a riportare il parere del c.t.u. sempreché tale parere – per la sua formulazione – sia idoneo a supportare una concisa motivazione adesiva e sempreché tale motivazione non si risolva in una acritica ricezione del suddetto parere allorquando lo stesso sia stato posto in discussione con specifiche censure potenzialmente idonee ad incidere sulla soluzione della controversia. In tale ultimo caso, infatti, la motivazione della sentenza dovrà tenere conto dei rilievi della parte che siano pertinenti rispetto alla fattispecie esaminata dal c.t.u. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 4787 del 17 maggio 1999

Nelle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria che richiedono accertamenti tecnici, la nomina di un consulente tecnico è obbligatoria per il giudice di primo grado ai sensi dell’art. 445 c.p.c., mentre è facoltativa per il giudice d’appello, il quale, tuttavia, è tenuto, a pena di nullità del procedimento di secondo grado, a disporre la suddetta consulenza ove essa risulti omessa nel giudizio di primo grado; Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12354 del 5 dicembre 1998

La consulenza tecnica d’ufficio si traduce in un esame dei dati specialistici in atti in modo da servire a lumeggiare la questione dibattuta affinché il giudice possa trarne elementi chiarificatori ai fini della sua decisione. Essa pertanto quale ausilio per il giudice nella soluzione di questioni prettamente tecniche e non mezzo di prova sfugge, nel rito del lavoro, alla regola contenuta nell’art. 437 c.p.c. sulla possibilità di disporre nuovi mezzi di prova, in grado di appello, solo quando essi siano indispensabili. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 9175 del 15 settembre 1997

Se nel corso del giudizio di primo grado siano stati nominati, in tempi successivi, due consulenti d’ufficio le cui conclusioni siano difformi ed inconciliabili fra loro, il giudice di appello (come quello di primo grado) può seguire il parere dell’uno o dell’altro o anche discostarsi da entrambi, purché dia adeguata giustificazione del suo convincimento, mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti, e salva, pertanto, l’esperibilità di un’ulteriore indagine tecnica, la quale è opportuna, se non addirittura indispensabile, in ipotesi di notevole divergenza delle consulenze già espletate. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5345 del 8 giugno 1996

La consulenza tecnica anche quando diventa strumento di accertamento di meri fatti non costituisce un mezzo di prova vero e proprio in quanto ogni accertamento implica, al di là della percezione della realtà, una valutazione fondata sull’applicazione di regole di esperienza tecnica cioè un giudizio e non una semplice testimonianza. Ne consegue che tale mezzo istruttorio, del resto sottratto alla disponibilità delle parti non incorre nel divieto di rinnovazione in grado di appello neanche quando, come nel rito del lavoro, in tale grado operi il divieto di nuove prove. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 4720 del 22 maggio 1996

Nel nuovo rito del lavoro, l’inosservanza, da parte del consulente tecnico d’ufficio nominato nel giudizio d’appello ai sensi dell’art. 441 c.p.c., del termine giudizialmente assegnatogli per il deposito della consulenza, non comporta alcuna nullità, sempreché detto deposito avvenga almeno dieci giorni prima della nuova udienza di discussione, conformemente al disposto del terzo comma dell’articolo citato e senza pregiudizio, quindi, del diritto di difesa. Ove, invece, il consulente depositi la relazione peritale oltre il suddetto termine di dieci giorni, sussiste un vizio di nullità relativa, che è sanato qualora non venga fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al suo verificarsi. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3747 del 29 marzo 1995

La consulenza tecnica, quale mezzo di acquisizione di elementi di cognizione utili ai fini del decidere, può essere disposta dal giudice anche di ufficio, senza incontrare limite alcuno al regime delle preclusioni previsto dal rito del lavoro per l’assunzione di mezzi istruttori; conseguentemente, anche se l’espletamento della consulenza tecnica venga richiesto dalla parte — al fine di accertare determinati fatti essenziali per la decisione — per la prima volta nell’atto introduttivo del giudizio di appello, il giudice di merito non può disattendere tale istanza senza confutare con valide argomentazioni le ragioni addotte a fondamento della stessa. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11169 del 12 novembre 1993

La scelta dell’ausiliare è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale, non esistendo alcun espresso divieto al riguardo, può, nel giudizio di appello, nominare lo stesso consulente che abbia già prestato assistenza in primo grado, salvo il potere delle parti di far valere mediante istanza di ricusazione ai sensi degli artt. 63 e 51 c.p.c. gli eventuali dubbi circa la obiettività e l’imparzialità del consulente stesso, i quali, ove l’istanza di ricusazione — alla quale non è equiparabile la richiesta di revoca dell’ordinanza di nomina del detto consulente — non sia stata proposta, non sono più deducibili mediante il ricorso per cassazione. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1000 del 12 febbraio 1990

Nelle controversie in tema di pensione d’invalidità, la facoltà di nominare un consulente tecnico da parte del giudice d’appello a norma dell’art. 441 c.p.c., non trova limite per il caso che le censure mosse dall’appellante alla consulenza d’ufficio esperita in primo grado non sono state prospettate, previa nomina del consulente di parte, in contraddittorio con il consulente d’ufficio nominato in primo grado. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3946 del 13 giugno 1986

In una controversia concernente il riconoscimento della pensione di invalidità, il giudice di rinvio, cui la Suprema Corte, cassando per vizi di motivazione la sentenza d’appello, abbia demandato di motivare adeguatamente le ragioni dell’accoglimento delle conclusioni della consulenza tecnica di primo o di secondo grado, fra loro contrastanti, ben può utilizzare, ai fini del compimento della valutazione commessagli, lo strumento di una nuova consulenza, non essendo l’adozione di tale mezzo preclusa dalla sentenza di cassazione. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3875 del 11 giugno 1986

Il termine per il deposito della relazione della consulenza d’ufficio non ha carattere perentorio; ne consegue che, in sede d’appello, la sua inosservanza può incidere sulla validità della consulenza solo quando, non essendo il deposito avvenuto almeno dieci giorni prima della nuova udienza di discussione, vi sia stata violazione del diritto di difesa. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 2746 del 17 aprile 1986

Qualora la parte abbia mosso all’operato del consulente tecnico di ufficio specifici rilievi critici, che possono essere formulati anche con la produzione di una certificazione sanitaria di data posteriore a quella delle indagini peritali, ovvero relativa a infermità nuove o più gravi rispetto a quelle già accertate e tenute presenti dal giudice di primo grado, il giudice di appello ha l’obbligo di prenderli espressamente in considerazione e di esporre le ragioni per le quali li disattenda, se tale documentazione si rilevi influente ai fini di un differente giudizio clinico, imponendosi, di regola, il riscontro, mediante nuova consulenza tecnica, della stessa documentazione esibita dall’interessato a fondamento della sua pretesa. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1774 del 15 marzo 1986

Nelle cause in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, il giudice del merito, come non è tenuto a disporre in secondo grado la rinnovazione delle indagini tecniche, così è ugualmente libero di seguire le conclusioni del consulente di primo grado ovvero di dissentire dalle stesse, sempreché egli dia, in ogni caso, una motivazione adeguata del suo convincimento, rispondente ad un’attenta valutazione di tutti gli elementi concreti sottoposti al suo esame, con l’indicazione dei criteri logici e giuridici che lo hanno indotto al suo giudizio. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 704 del 4 febbraio 1986

Nelle controversie in tema d’invalidità pensionabile, il rinnovo della consulenza tecnica in grado di appello — che, in linea di principio, è meramente facoltativo, a norma del combinato disposto degli artt. 441, 442 e 445 c.p.c. — s’impone, di regola, qualora l’assicurato alleghi e documenti aggravamenti di malattia o insorgenza di nuove infermità, che il giudice di secondo grado debba valutare ed il cui riscontro richieda indagini tecniche. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 588 del 29 gennaio 1986

Nel caso di contrasto tra due consulenti, ove il giudice del merito accolga le conclusioni del secondo di essi, non ha l’obbligo di esaminare in modo espresso le risultanze del precedente accertamento, essendo la nuova confutazione implicita nell’accettazione della nuova consulenza, ferma restando, peraltro, che nel caso di semplice accettazione da parte del giudice del parere di un consulente tecnico, gli eventuali vizi del processo logico seguito dal medesimo consulente si ripercuotono sulla decisione e gli omessi esami necessariamente la viziano. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 6562 del 20 dicembre 1985

Nelle controversie in tema di pensione d’invalidità, il giudice di secondo grado non è obbligato a disporre la consulenza tecnica di ufficio; e ciò ancorché tale indagine non sia stata disposta dal giudice di primo grado, ove questa omissione non abbia formato oggetto di uno specifico motivo di appello. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 4093 del 9 luglio 1985

Il giudice d’appello, il quale si trovi in presenza di un rilevante contrasto tra le consulenze tecniche di primo e di secondo grado, o, comunque, tra più successive consulenze vertenti sullo stesso oggetto, qualora accolga le conclusioni dell’ultima di esse deve, bensì, esporre adeguatamente i motivi che l’hanno indotto a ritenerle esatte e persuasive, senza necessità, tuttavia, di confutare in modo espresso e particolareggiato le diverse risultanze e valutazioni delle consulenze precedenti, in quanto tale confutazione sia già contenuta nella relazione dell’ultima consulenza e quindi sia implicita nell’accettazione di questa. Cassazione civile, sentenza n. 2359 del 8 giugno 1977

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