Art. 427 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Passaggio dal rito speciale al rito ordinario

Articolo 427 - codice di procedura civile

Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’art. 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie; altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio (152, 153) non superiore a trenta giorni per la riassunzione (50; 125 att.) con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l’efficacia consentita dalle norme ordinarie.

Articolo 427 - Codice di Procedura Civile

Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’art. 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie; altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio (152, 153) non superiore a trenta giorni per la riassunzione (50; 125 att.) con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l’efficacia consentita dalle norme ordinarie.

Massime

Per il passaggio dal rito del lavoro al rito ordinario non è necessario un provvedimento formale, a meno che gli atti non debbano essere messi in regola con le disposizioni tributarie o che si renda necessario un mutamento di competenza, ai sensi dell’art. 427 c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha ravvisato un implicito e consentito mutamento del rito nel provvedimento con cui il giudice, adito con il rito del lavoro, applicabile ex art. 3 della l. n. 102 del 2006, ha invitato le parti a precisare le conclusioni, assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c.). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18048 del 5 luglio 2019

L’omesso mutamento del rito (da quello speciale del lavoro a quello ordinario e viceversa) non determina “ispso iure” l’inesistenza o la nullità della sentenza ma assume rilevanza invalidante soltanto se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1448 del 27 gennaio 2015

L’omesso cambiamento del rito, anche in appello, dal rito speciale del lavoro a quello ordinario o viceversa non spiega effetti invalidanti sulla sentenza, che non è né inesistente né nulla, e la relativa doglianza, che può essere dedotta come motivo di impugnazione, è inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla mancata adozione del diverso rito sia concretamente derivato, in quanto l’esattezza del rito non deve essere considerata fine a se stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita sul piano pratico processuale. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19942 del 18 luglio 2008

Il pretore, adito in funzione di giudice del lavoro, che rilevi il proprio difetto di giurisdizione, deve dichiararlo con sentenza ai sensi dell’art. 420, comma quarto, c.p.c., non essendogli in tal caso consentita l’emissione di ordinanza ai sensi dell’art. 427 dello stesso codice. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 728 del 24 gennaio 1997

La distinzione fra giudice ordinario e giudice del lavoro non involge una questione di competenza per materia, ma di semplice diversità di rito, talché la trattazione davanti a quest’ultimo col rito speciale di una causa non compresa fra quelle enumerate dall’art. 409 c.p.c. — salva la possibile insorgenza di una questione di competenza per valore, soggetta, tuttavia, ai limiti dell’art. 38 c.p.c., che ne prevede la rilevabilità, anche di ufficio, nel solo ambito del giudizio di primo grado — non costituisce motivo di nullità, talché l’omesso cambiamento di rito, anche in appello, non può costituire motivo di impugnazione, tranne che abbia inciso sul contraddittorio o sui diritti della difesa. Consegue che una nullità siffatta non è configurabile allorché il rito speciale, senza escludere una determinata facoltà, come quella inerente alla proposizione della domanda riconvenzionale, la assoggetti soltanto ad una disciplina diversa da quella propria del rito ordinario. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11418 del 19 novembre 1993

Anche ai fini degli artt. 427 e 439 c.p.c., la competenza si determina con riferimento alla domanda e, in particolare, al petitum ed alla causa petendi con essa esposti, indipendentemente dalla fondatezza della domanda medesima. Pertanto, l’obbligo del giudice di provvedere al mutamento del rito, ove la causa concerna un rapporto diverso da quelli menzionati dall’art. 409 c.p.c., sussiste solo quando il rapporto dedotto in giudizio dall’attore si presenti fin dall’atto introduttivo della causa come estraneo alla previsione di tale norma, e non anche quando l’estraneità emerga a seguito dei risultati dell’istruzione probatoria, poiché questi, al pari delle eventuali eccezioni del convenuto circa l’inesistenza del rapporto controverso o la natura del medesimo, attengono al merito della pretesa, di cui possono, in ipotesi, determinare il rigetto, ferma la possibilità di esercizio, davanti al giudice competente, di altra azione fondata sulla diversa qualificazione del rapporto. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1916 del 16 febbraio 1993

Per il passaggio dal rito del lavoro al rito ordinario non è necessario un provvedimento formale, ove non ricorra una delle ipotesi previste dall’art. 427 c.p.c. (necessità di regolarizzare gli atti secondo le disposizioni tributarie o mutamento di competenza). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 9902 del 9 ottobre 1990

Nel giudizio, promosso per conseguire, in relazione a determinate prestazioni che si assumano effettuate con vincolo di subordinazione, il pagamento della dovuta retribuzione, il passaggio dal rito speciale del lavoro al rito ordinario, per il caso in cui il giudice adito escluda la ricorrenza di un rapporto riconducibile fra quelli contemplati dall’art. 409 c.p.c., non osta a che l’attore possa richiedere, per le medesime prestazioni, di essere compensato a titolo di lavoro autonomo, vertendosi in tema di mero adeguamento della domanda, in relazione alla diversa qualificazione giuridica del rapporto, che non comporta un mutamento dei fatti posti a suo fondamento e non introduce un nuovo tema d’indagine. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 537 del 21 gennaio 1984

Istituti giuridici

Novità giuridiche