La sentenza che abbia pronunciato soltanto sulla competenza e che rechi anche una statuizione di condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., deve essere impugnata con il regolamento (necessario) di competenza, quale mezzo necessario per discutere anche su detta statuizione, che, invece, è suscettibile di autonoma impugnazione, proposta nei modi ordinari, quando la parte soccombente sulla competenza, ed a carico della quale sia stata pronunciata condanna ai sensi della detta norma, intenda censurare soltanto quest’ultimo capo. Cass. civ., sez. VI 20 giugno 2017, n. 15347
Individuare definitivamente il giudice competente, onde evitare che la designazione di quest’ultimo sia ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessa controversia, e le consente, pertanto, di estendere i propri poteri di indagine e di valutazione, anche in fatto, ad ogni elemento utile acquisito sino a quel momento al processo, senza incontrare limiti nel contenuto della sentenza impugnata e nelle difese delle parti, nonché di esaminare le questioni di fatto non contestate nel giudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamento di competenza. Cass. civ. sez. VI 24 ottobre 2016, n. 21422
I vizi di motivazione della sentenza non sono denunciabili in sede di regolamento di competenza, in cui sono contestabili soltanto l’affermazione e l’applicazione di principi giuridici. (Nel caso di specie, su tali basi, la S.C. ha rigettato il ricorso per regolamento di competenza proposto ai sensi dell’art. 819 ter, avverso una sentenza con cui il giudice adito aveva negato la propria competenza in relazione a una convenzione di arbitrato). Cass. civ., sez. VI ord. 10 luglio 2013, n. 17084
Il regolamento necessario di competenza comporta la devoluzione alla S.C. anche della decisione sul capo di sentenza concernente le spese di lite, non avendo il ricorrente l’onere di impugnare la relativa pronuncia, né la possibilità di proporre a tal fine un giudizio ordinario – ammissibile soltanto qualora la censura riguardi esclusivamente il predetto capo, ovvero nel caso in cui sia la parte vittoriosa sulla questione di competenza a censurare tale statuizione -, in quanto, da un lato, il suddetto regolamento costituisce un mezzo di impugnazione al quale sono applicabili le norme generali in materia di impugnazioni, non derogate dalla specifica disciplina per esso stabilita; dall’altro, la pronuncia sulle spese processuali non costituisce una statuizione autonoma e separata rispetto alla dichiarazione di incompetenza. Cass. civ., sez. , VI 12 agosto 2011, n. 17228
Nel caso di pendenza di cause connesse davanti a giudici diversi del medesimo Tribunale non può trovare applicazione l’art. 40 c.p.c. ma è necessario dare attenzione al procedimento previsto nell’art. 274 c.p.c.. Ne consegue che qualora uno dei due giudici si spogli della cognizione della propria causa disponendone la massimazione ai sensi dell’art. 40 c.p.c., davanti all’altro giudice, il regolamento di competenza proposto dalla parte per censurare il provvedimento di massimazione è inammissibile, trattandosi di uno strumento applicabile esclusivamente quando si discuta dell’attribuzione della causa ad uno o ad un altro ufficio giudiziario, non invece dell’assegnazione della causa all’uno o all’altro giudice all’interno del medesimo ufficio. Cass. civ. sez. I 25 novembre 2010, n. 23978
È inammissibile il regolamento di competenza avverso i provvedimenti del giudice che, anche solo disponendo la prosecuzione della trattazione del giudizio, affermino o presuppongano la ritualità dell’assegnazione dell’affare al medesimo in base alle tabelle di ripartizione degli affari previste dall’art. 7 bis del r.d. n. 12 del 1941, sia perché per i criteri di ripartizione della competenza va fatto riferimento nel suo complesso all’ufficio al quale il giudice appartiene o che esso riveste, sia perché comunque non involge giammai una questione di competenza l’assegnazione di un affare ad uno piuttosto che ad altro magistrato in imprecisa applicazione dei relativi criteri tabellari; né un’eventuale irritualità nell’applicazione delle tabelle di composizione dell’ufficio o di ripartizione degli affari all’interno del medesimo può mai dare luogo ad un vizio del provvedimento giurisdizionale conseguente. Cass. civ., sez. , VI 26 aprile 2019, n. 11332
Le pronunce sulla sola competenza, anche se emesse in grado di appello e pur quando abbiano riformato per incompetenza la decisione di primo grado riguardante anche il merito, sono impugnabili soltanto con il regolamento necessario di competenza, giusta l’art. 42 c.p.c., il quale non distingue tra sentenza di primo e secondo grado e configura, quindi, il regolamento suddetto come mezzo d’impugnazione tipico per ottenere la statuizione definitiva sulla competenza. Ne consegue che, in tale ipotesi, è inammissibile l’impugnazione proposta nelle forme del ricorso ordinario per cassazione, salva la possibilità di conversione in istanza di regolamento di competenza qualora risulti osservato il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza impugnata sancito dall’art. 47, comma 2, c.p.c.. Cass. civ., sez. VI 10 luglio 2017, n. 17025
La sentenza con cui il giudice di primo grado, dopo avere riconosciuto, nella motivazione, di essere privo del potere di pronunciarsi per incompetenza territoriale, abbia poi erroneamente, anziché spogliarsi della causa, deciso il merito della stessa, respingendo in dispositivo la domanda, è, nondimeno, impugnabile esclusivamente con il regolamento necessario di competenza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., posto che – essendo la motivazione sul fondo della controversia resa “ad abundantiam” da un giudice che ha esaurito la propria “potestas iudicandi” con l’emissione di una pronuncia in rito completamente definitiva della causa dinanzi a sé – anche la statuizione di rigetto, contenuta nel dispositivo, è meramente apparente e, come tale, non solo insuscettibile di passare in cosa giudicata, ma anche in concreto inidonea a incidere sulla individuazione del rimedio impugnatorio esperibile. Cass. civ., sez. II, 27 settembre 2011, n. 19754
Ai fini dell’esperibilità del regolamento di competenza, potendo l’impugnazione riguardare unicamente la questione relativa alla violazione delle norme sulla competenza in cui sia incorso il giudice del merito, per decisione di “merito” deve intendersi non soltanto una pronuncia sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio, ma anche la risoluzione di questioni – di carattere sostanziale o processuale, pregiudiziali di rito o preliminari di merito – diverse da quella sulla competenza, la quale risoluzione, dovendo essere censurata con il ricorso ordinario, preclude la necessità e, ove la censura venga proposta, anche la facoltatività dello stesso regolamento di competenza. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio anzidetto, ha rigettato l’eccezione del controricorrente sulla necessità che il ricorso per cassazione, anziché nelle forme ordinarie, dovesse proporsi come regolamento necessario di competenza, ex art. 42 c.p.c., rilevando che la sentenza impugnata si era pronunciata non solo sulla questione concernente la competenza, ma anche su quella pregiudiziale relativa all’ammissibilità dell’eccezione di incompetenza e sull’appello incidentale investente le spese di lite). Cass. civ. sez. , II 23 aprile 2010, n. 9754
Ove la sezione specializzata agraria rimetta la causa al Presidente del tribunale, affinché sia assegnata alla sezione ordinaria tabellarmente competente del medesimo tribunale sul presupposto che il giudizio non abbia ad oggetto una controversia agraria, il ricorso avverso tale provvedimento, nel quale si chiede la declaratoria di competenza della sezione specializzata agraria di diverso tribunale attinendo alla ripartizione del potere giurisdizionale all’interno dello stesso ordine pone una questione di competenza e non di giurisdizione, ed è perciò qualificabile come regolamento di competenza ; lo stesso è peraltro inammissibile, atteso che avendo il provvedimento impugnato carattere ordinatorio interno, a valenza meramente amministrativa, manca una pronuncia di natura decisoria sulla competenza. Cass. civ. Sezioni Unite ord. 16 luglio 2008, n. 19512
La necessità di qualificazione giuridica della domanda preclude il regolamento di competenza, ove sfoci in una pronuncia che, con la questione di competenza, investa anche il merito dell’azione, comportandone in sostanza il rigetto (nella specie si è dichiarata l’inammissibilità del regolamento di competenza proposto avverso sentenza del tribunale affermativa della competenza in tema di risarcimento da occupazione illegittima, facendosi questione – da parte ricorrente – della tempestività della domanda, ove qualificata in termini di opposizione alla stima). Cass. civ. sez. I 1 dicembre 2005, n. 26208
La sentenza non definitiva con la quale il giudice si sia limitato ad affermare la propria competenza (o, come nella specie, abbia escluso la sussistenza di litispendenza o continenza) è impugnabile unicamente con il regolamento di competenza nei modi e nei termini di cui all’art. 47 c.p.c., non essendo contro detta decisione ammessa riserva d’impugnazione differita, che è prevista soltanto per l’appello e per il ricorso ordinario in cassazione. Cass. civ. sez. I, , 3 aprile 2007, n. 8354
Quando sia stata decisa una questione di distribuzione degli affari civili all’interno dello stesso ufficio giudiziario (come, nella specie, il medesimo tribunale in funzione di giudice fallimentare e quale giudice del lavoro), qualificandola erroneamente come questione di competenza, il mezzo di impugnazione esperibile contro il provvedimento che abbia riguardato solo questo punto è, in applicazione del principio dell’apparenza, il regolamento necessario di competenza. Cass. civ. sez. VI, 1 marzo 2019, n. 6179
Non è impugnabile con il regolamento di competenza il provvedimento con cui il giudice, investito secondo il rito locativo di un cumulo di cause, principali e riconvenzionali, rigetti od accolga l’istanza della parte diretta ad ottenere il cambiamento del rito ed il passaggio alla trattazione con il rito ordinario ai sensi dell’art. 40, terzo comma, cod. proc. civ., trattandosi non già di una decisione sulla competenza, bensì solo sul rito con cui il giudice adito deve trattare la causa Cass. civ. sez. VI-III 9 luglio 2015, n. 14367
La decisione del giudice di merito sulla competenza non può mai ritenersi implicita, ma affinché possa acquistare efficacia di giudicato è necessario che sia adottata con le forme di rito e, dunque, nel rito ordinario, previo invito delle parti alla precisazione delle conclusioni. È, di conseguenza, inammissibile il regolamento di competenza avverso l’ordinanza con la quale il giudice di merito, nonostante l’eccezione di incompetenza sollevata dal convenuto, abbia adottato provvedimenti istruttori (nella specie disponendo un accertamento tecnico preventivo in corso di causa). Cass. civ. sez. VI, 30 dicembre 2011, n. 30254
Nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in composizione monocratica, il giudice unico, che assomma in sé le funzioni di istruzione e di decisione, quando ritenga di emettere una decisione definitiva sulla competenza, è tenuto ai sensi degli artt. 187 e 281 bis c.p.c. ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella di decisione, non potendosi ritenere che una qualunque decisione assunta in tema di competenza implichi per il giudice l’esaurimento della potestas iudicandi sul punto. (Nella specie, le S.U. hanno dichiarato inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso un’ordinanza con la quale il giudice monocratico, senza fare precisare le conclusioni, aveva rigettato l’eccezione di incompetenza sollevata dal convenuto e contestualmente provveduto all’ammissione della prova testimoniale ). Cass. civ. Sezioni Unite, ord. 12 maggio 2008, n. 11657
La sentenza pronunciata in grado di appello che abbia deciso in via esclusiva su una questione di competenza è impugnabile solo con il regolamento necessario di competenza previsto dall’art. 42 c.p.c., con la conseguente inammissibilità del ricorso ordinario per cassazione, il quale, tuttavia, può convertirsi nel suddetto regolamento, a condizione che risulti proposto nel rispetto del termine prescritto dall’art. 47, comma 2, c.p.c. Cass. civ.sez. VI-III, 17 dicembre 2019
In tema di adozione di minore ottenuta all’estero, la sentenza della corte di appello, che si sia pronunciata in via esclusiva sulla propria incompetenza a decidere in ordine all’istanza di riconoscimento della sentenza di adozione emessa dal tribunale straniero, va impugnata con istanza di regolamento di competenza, ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ. Cass. civ., sez. I, 24 dicembre 2013, n. 28652
I provvedimenti di carattere ordinatorio, in quanto retrattabili o comunque inidonei a pregiudicare la decisione della causa, non hanno natura di sentenze implicite sulla competenza, per la cui configurabilità si richiede che il provvedimento (a prescindere dalla forma adottata) presupponga necessariamente l’affermazione o la negazione della propria competenza da parte del giudice che lo ha pronunziato. Pertanto, non è suscettibile di impugnazione con regolamento di competenza l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, investito della decisione circa le modalità di esecuzione dell’ordinanza presidenziale emessa ai sensi dell’art. 708 c.p.c., in sede di separazione giudiziale attributiva della casa coniugale, abbia disposto la nomina di un Ctu, reputando, allo stato, sussistente la propria competenza, poiché detta pronuncia rappresenta mera delibazione sommaria ed incidentale della questione di competenza. Cass. civ., , sez. I 21 settembre 2006, n. 20419
È inammissibile il regolamento facoltativo di competenza proposto dal P.M. avverso il provvedimento adottato dal tribunale, su conforme parere – quanto al merito – del P.M. stesso, in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice tutelare sull’approvazione del rendiconto del tutore: ciò sia per difetto dei requisiti della decisorietà e definitinità del provvedimento impugnato con il regolamento, sia per difetto del presupposto indefettibile, per l’esercizio del potere di impugnazione, costituito dalla difformità della decisione rispetto alle conclusioni di merito prese dalla stessa parte nel precedente grado, risolvendosi altrimenti l’interesse ad impugnare nella mera esigenza teorica di correttezza processuale, del tutto priva di pratica utilità in quanto non finalizzata ad una diversa pronuncia sul bene della vita alla cui tutela il procedimento in ogni caso mira. Cass. civ. sez. I 21 luglio 2006, n. 16799
È inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale, adito in funzione di giudice del lavoro, abbia dichiarato la propria incompetenza per materia in favore di una sezione ordinaria del medesimo ufficio giudiziario, atteso che, a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione di funzioni fra la suddette sezioni non implica l’insorgenza di una questione di competenza ma, esclusivamente, di rito, riguardando la distribuzione degli affari all’interno dello stesso ufficio; né, in contrario, può invocarsi il principio dell’apparenza, idoneo a regolare la scelta del mezzo di impugnazione, atteso che il regime da applicarsi ad un atto processuale, anche ai fini della relativa impugnabilità, è definito dalla sua sostanza, non dalla sua forma. Cass. civ. sez. VI-III ord. 5 maggio 2015, n. 8905
E ammissibile il regolamento di giurisdizione proposto nella prima fase del procedimento di impugnativa di licenziamento, di cui all’art. 1, commi 47 e segg., della legge 28 giugno 2012, n. 92, la quale, pur caratterizzata da sommarietà dell’istruttoria, ha natura semplificata e non cautelare in senso stretto, non riferendosi la sommarietà anche alla cognizione del giudice, né sussistendo un’instabilità dell’ordinanza conclusiva di tale fase, che è idonea al passaggio in giudicato in caso di omessa opposizione. Cass. civ. Sezioni Unite 18 settembre 2014, n. 19674
Avverso il provvedimento col quale il giudice dell’esecuzione neghi la propria competenza per territorio non è proponibile il regolamento di competenza, ma solo l’opposizione agli atti esecutivi, salva la facoltà della parte di chiedere la revoca al giudice che l’ha pronunciato. Ove, tuttavia, il regolamento di competenza sia stato (inammissibilmente) comunque proposto si determina la sospensione del decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, fino alla data di comunicazione del deposito dell’ordinanza di decisione del regolamento di competenza. Cass. civ. sez. III 23 luglio 2010, n. 17462
La sentenza di primo grado che abbia dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo opposto in quanto emesso da giudice territorialmente incompetente ha natura di decisione esclusivamente sulla competenza, essendo la dichiarazione di nullità un mero effetto di diritto di tale declaratoria; essa, pertanto, è impugnabile solo con regolamento necessario di competenza, ex art. 42 c.p.c., e non mediante appello, la cui inammissibilità, se non dichiarata dal giudice di secondo grado, è rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità. Cass. civ., sez. VI-III, 18 giugno 2018, n. 16089
In tema di procedimenti cautelari è inammissibile la proposizione del regolamento di competenza, sia in ragione della natura giuridica dei provvedimenti declinatori della competenza – inidonei, in quella sede, ad instaurare la procedura di regolamento, in quanto caratterizzati dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata – sia perché l’eventuale decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall’art. 47 c.p.c., sarebbe priva del requisito della definitività, atteso il peculiare regime giuridico del procedimento cautelare nel quale andrebbe ad inserirsi. (Così statuendo, la S.C. ha dichiarato inammissibile, ove qualificato come regolamento di competenza, il ricorso proposto avverso alcune ordinanze cautelari, con cui l’adito giudice civile aveva ritenuto inammissibili le domande, con le quali l’istante aveva invocato l’adozione di provvedimenti necessari a consentirgli di difendersi personalmente in un giudizio penale pendente a suo carico, dopo che analoga pretesa era stata disattesa dal giudice di quest’ultimo). Cass. civ. Sezioni Unite 29 luglio 2013, n. 18189
La norma novellata di cui all’art. 669 septies c.c., nel prevedere che l’ordinanza di incompetenza emessa nei procedimenti cautelari non preclude la riproposizione della medesima domanda, va interpretata nel senso che essa esclude, sì, la formazione di un giudicato, rendendo, di conseguenza, inammissibile l’istanza per regolamento di competenza, ma ciò limitatamente alla ipotesi in cui, dichiaratosi incompetente il primo giudice, quello indicato come competente, e successivamente adito, non declini, a sua volta, la propria competenza, trattenendo il processo innanzi a sé. Qualora, invece, dichiaratosi incompetente il primo giudice, anche il secondo, successivamente adito, abbia pronunciato un analogo provvedimento negativo della propria competenza, dovrà ritenersi applicabile, rispetto a tale decisione, la norma generale di cui all’art. 42 c.p.c. e, conseguentemente, ammettersi l’istanza di regolamento di competenza, non essendo ipotizzabile che l’ordinamento non preveda alcuno strumento processuale attraverso il quale dirimere una situazione in cui non vi sia, di fatto, un giudice obbligato, al fine, a conoscere della domanda cautelare, a meno di non ipotizzare, nel sistema delineato dall’art. 669 septies, un potenziale vulnus ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost. (nella specie, adito per effetto di una domanda nunciatoria, il pretore si era dichiarato incompetente in favore del locale tribunale che, a sua volta, aveva declinato la propria competenza, attesa la mancata pendenza di domanda per il merito. Investita della questione con istanza di regolamento di competenza la Corte Suprema, enunciando il principio di diritto di cui in massima, ha ritenuto ammissibile il regolamento, affermando, di conseguenza, la competenza del pretore). Cass. civ. sez. II 12 giugno 1997, n. 5264
E inammissibile l’istanza di regolamento di competenza d’ufficio in relazione ad un procedimento cautelare di sequestro giudiziario introdotto dinanzi d un giudice (nella specie, la sezione specializzata agraria in composizione collegiale) dopo che un altro giudice (nella specie, il tribunale in composizione monocratica) abbia declinato la propria competenza cautelare “ante causam”, attesa la natura non decisoria né irretrattabile dei provvedimenti assunti sulle richieste inerenti all’emissione di provvedimenti cautelari, ed attesa la conseguente ammissibilità del regolamento di competenza d’ufficio, ex art. 45 c.p.c., nel solo caso in cui il primo giudice si sia pronunciato sulla competenza con sentenza, o, comunque, con pronuncia a carattere decisorio ed irretrattabile, suscettibile di acquistare efficacia definitiva. Cass. civ.sez. III, 3 luglio 2009, n. 15639
L’istanza di revoca del sequestro conservativo dietro cauzione, di cui all’art. 684 c.p.c., pur ricollegandosi alla misura cautelare in precedenza concessa, apre un autonomo procedimento, di modo che resta soggetta, ove presentata nel vigore della riforma introdotta dagli artt. 669 bis e seguenti c.p.c., alla relativa disciplina. Ne discende che l’ordinanza di accoglimento o reiezione di detta istanza, avendo la stessa natura e consistenza dell’originario provvedimento cautelare, con caratteristiche di provvisorietà e modificabilità necessariamente estese alla soluzione delle questioni pregiudiziali, quale quella sulla competenza, non può assumere natura sostanziale di sentenza sulla competenza medesima, e non è impugnabile con il ricorso per regolamento. Cass. civ. sez. I 21 maggio 1997, n. 4536
È inammissibile il regolamento di competenza avverso la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte dell’eccezione di improponibilità della domanda per avere le parti del giudizio stipulato una clausola di arbitrato irrituale, abbia provveduto sulla propria “potestas iudicandi”, affermandola o negandola. Cass. civ., sez. VI 5 dicembre 2012, n. 21869
Qualora una pretesa creditoria venga fatta valere davanti al tribunale in sede ordinaria nei confronti del curatore del fallimento dell’obbligato e il tribunale dichiari la propria incompetenza, dovendo essere la domanda decisa dal tribunale fallimentare, la relativa pronuncia, ancorché formalmente espressa in termini di declinatoria di competenza del giudice adìto in favore del giudice fallimentare, non integra nella sua sostanza una statuizione sulla competenza, ma soltanto una statuizione sul rito che la parte deve seguire, e non è pertanto impugnabile con il regolamento di competenza. Cass. civ., , sez. lav. 29 marzo 2011, n. 7129
Affinché il regolamento necessario di competenza sia proponibile avverso un provvedimento che declina la competenza territoriale a dichiarare il fallimento, occorre che la pronuncia declinatoria si fondi sull’effettivo accertamento della sede dell’impresa e non si limiti a prendere atto della decisione di altro tribunale già dichiaratosi competente in ordine a procedure concorsuali riguardanti la medesima impresa, nonché, che il tribunale dichiaratosi incompetente non abbia trasmesso d’ufficio gli atti al giudice indicato come competente. (Nel caso di specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il regolamento avendo il giudice dichiaratosi incompetente trasmesso gli atti al tribunale indicato come competente). Cass. civ. sez. I, 25 maggio 2004, n. 10097
Il regolamento necessario di competenza non è ammesso contro il provvedimento che neghi la sospensione del processo, poiché la formulazione letterale dell’art. 42 c.p.c., di carattere eccezionale, prevede un controllo immediato solo sulla legittimità del provvedimento che tale sospensione concede, che incide significativamente sui tempi di definizione del processo stesso. Tale diversità di disciplina manifestamente non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. – in quanto la proponibilità del regolamento avverso il provvedimento che dichiara la sospensione si fonda sull’esigenza di assicurare un controllo immediato avverso un provvedimento idoneo ad arrecare un irrimediabile pregiudizio alla parte che ne contesta la fondatezza, mentre l’illegittimità del provvedimento di rigetto della chiesta sospensione può utilmente dedursi con l’impugnazione della sentenza resa all’esito del processo, determinando, ove ritenuta sussistente, la riforma o la cassazione della sentenza pronunziata in violazione delle norme sulla sospensione necessaria – né con l’art. 111 Cost., atteso che il differente trattamento si fonda sulla diversità di effetti che le due ordinanze determinano e sull’esigenza di privilegiare il principio della durata ragionevole del processo, che rischierebbe di essere esposto ad un non lieve pregiudizio ove l’ordinamento non apprestasse un sollecito rimedio per assicurare l’immediata verifica della legittimità dell’ordinanza che abbia disposto la sospensione per pregiudizialità. Cass. civ. sez. , VI-II 4 dicembre 2019, n. 31694
L’art. 42 c.p.c., là dove estende l’impugnazione con il regolamento di competenza ai provvedimenti, aventi natura ordinatoria, che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., è norma di stretta interpretazione, la cui portata non può essere estesa fino a ritenere detto rimedio esperibile avverso il diverso provvedimento, che sia meramente confermativo di una precedente sospensione non tempestivamente impugnata, non potendo esso produrre l’effetto di riaprire il termine perentorio di trenta giorni per proporre il regolamento. Cass. civ., sez. VI 19 luglio 2013, n. 17747
Non è impugnabile con regolamento di competenza l’ordinanza con cui, nel corso di un procedimento di scioglimento di comunione, il giudice neghi la sospensione delle operazioni di divisione e dia mandato ad un notaio di procedere all’estrazione dei lotti sulla base del progetto predisposto da un c.t.u. e recepito in sentenza non definitiva, essendo l’esperibilità dell’impugnazione impedita dalla formulazione letterale dell’art. 42 c.p.c., dal carattere eccezionale della norma e dalla “ratio” della stessa, in quanto volta ad assicurare un controllo immediato sulla legittimità di un provvedimento idoneo ad incidere significativamente sui tempi di definizione del processo, ed essendo, peraltro, assente, nella specie, una pluralità di cause, tra le quali possa configurarsi la relazione di pregiudizialità- dipendenza di cui all’art. 295 c.p.c.. Cass. civ., sez. VI 9 aprile 2013, n. 8660
L’art. 42 c.p.c. – come novellato dalla l. n. 353 del 1990 – non attribuisce al giudice il potere di sospendere il processo al di fuori dei casi tassativi previsti dal legislatore; infatti, ove ammesso, tale potere – oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato art. 42 del codice di rito – si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) sia con il canone della durata ragionevole (art. 111 Cost.). Dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa “ope iudicis” del giudizio discendono la impugnabilità, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., di ogni sospensione del processo, quale ne sia la motivazione, e l’accoglimento del relativo ricorso qualora non si sia in presenza di una ipotesi di sospensione “ex lege”. Cass. civ., sez. VI-II 27 novembre 2018, n. 30738
Il provvedimento con il quale il giudice adito nega la sospensione del procedimento, richiesta per eccepita pendenza dinanzi ad un giudice straniero della medesima causa (cosiddetta litispendenza internazionale), ai sensi dell’art. 7, L. 31 maggio 1995, n. 218, non è impugnabile con istanza di regolamento di competenza, per le medesime ragioni per le quali non è ammissibile l’impugnazione avverso il diniego di sospensione della causa ai sensi dell’art. 295 c.p.c., e cioè perché l’art. 42 c.p.c. non consente un’interpretazione estensiva, né analogica, essendo norma eccezionale, e perché soltanto il provvedimento che sospende il processo, incidendo sul diritto delle parti alla decisione, giustifica la deroga al principio della non impugnabilità dei provvedimenti ordinatori, separatamente ed anticipatamente dalla sentenza, con l’ulteriore conseguenza che invece il provvedimento che nega la sospensione del processo non viola gli artt. 3 e 24 Cost. Cass. civ. sez. I 15 dicembre 2000, n. 15843
Il provvedimento del giudice adito che, nel disattendere l’eccezione di incompetenza territoriale, affermi la propria competenza e disponga la prosecuzione del giudizio innanzi a sé, previo invito alle parti ad esperire la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, è insuscettibile di impugnazione con il regolamento ex art. 42 c.p.c., ove non preceduto dalla rimessione della causa in decisione e dal previo invito alle parti a precisare le rispettive integrali conclusioni anche di merito, non ricorrendo, in mancanza della rimessione in decisione della causa, un provvedimento a carattere decisorio sulla competenza. Cass. civ., sez. VI 10 febbraio 2017, n. 3665
La declaratoria di cessazione della materia del contendere è una pronuncia processuale di sopravvenuta carenza di interesse, idonea ad acquisire efficacia di giudicato limitatamente a tale aspetto, ma non a formare il giudicato sostanziale, sicché avverso la stessa è inammissibile l’istanza di regolamento di competenza, essendo priva di rilevanza ogni questione inerente alla determinazione del giudice competente a provvedere sulla domanda. Cass. civ. sez. VI 21 settembre 2016, n. 18530