Il giudice che ha pronunciato la sentenza poi impugnata con l’opposizione di terzo ben può partecipare alla decisione sull’opposizione medesima, non essendo configurabile la situazione di cui all’art. 51 n. 4 cod. proc. civ., in quanto competente a conoscere della opposizione, a norma dell’art. 405 dello stesso codice, è lo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza opposta. Nè rileva, al fine di proporre rituale istanza di ricusazione, la tardiva conoscenza della composizione del collegio giudicante, tenuto conto che le parti sono in grado di avere tempestiva contezza di tale composizione dal ruolo di udienza e dall’intestazione del verbale di causa ad opera del cancelliere. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 6358 del 22 marzo 2006
Il creditore che agisce con il rimedio della opposizione di terzo revocatoria avverso un decreto ingiuntivo (che si assuma) ottenuto, nei confronti del proprio debitore, da un terzo per effetto di collusione tra questi ultimi, ha l’onere di indicare specificamente, nell’atto di citazione in opposizione, la data della conoscenza di tale collusione e della relativa prova, così come prescritto dall’art. 405, comma secondo, c.p.c., con la conseguenza che la omissione di tale indicazione è causa di nullità dell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 156, comma secondo, stesso codice (integrando, in sostanza, una ipotesi di «mancata esposizione dei fatti» richiesta dall’art. 163, n. 4, c.p.c., cui il successivo art. 164, comma quarto, ricollega detto effetto di nullità, peraltro non sanabile con la mera costituzione del convenuto, ma solo con la integrazione successiva della domanda e con effetto soltanto ex nunc, trattandosi di vizio inerente non alla vocatio in ius, ma alla vera e propria editio actionis), atteso il difetto, nell’atto, di uno dei requisiti formali indispensabili al raggiungimento del suo scopo, costituito, nel caso di specie, dall’esigenza di porre immediatamente il giudice e la controparte in condizione di rilevare la tempestività dell’opposizione, in relazione al termine perentorio di trenta giorni dalla scoperta (del dolo o della collusione) stabilito dagli artt. 325 e 326, comma secondo, del codice di rito. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10116 del 15 ottobre 1997
L’opposizione di terzo deve essere proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Siffatta competenza, per il suo carattere funzionale inderogabile, non può subire eccezioni per ragioni di connessione, ivi compresa quella derivante dall’esperimento della domanda riconvenzionale. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4798 del 2 maggio 1991
Il rimedio dell’opposizione di terzo ordinaria, che si inquadra tra i mezzi di impugnazione previsti dal vigente sistema processuale (art. 323 c.p.c.) ha carattere di azione rescissoria autonoma, distinta dall’azione che ha formato oggetto e materia del contendere nel processo precedente. Di conseguenza essa, anziché proporsi davanti al giudice ordinario di primo grado, va proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 405 c.p.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 514 del 5 febbraio 1977