Art. 39 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Litispendenza e continenza di cause

Articolo 39 - codice di procedura civile

Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo (1).
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza (2) la continenza e fissa un termine perentorio (153) entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice (44, 50; 125 att.). Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione (137 ss.) della citazione (163) ovvero dal deposito del ricorso (3).

Articolo 39 - Codice di Procedura Civile

Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo (1).
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza (2) la continenza e fissa un termine perentorio (153) entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice (44, 50; 125 att.). Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione (137 ss.) della citazione (163) ovvero dal deposito del ricorso (3).

Note

(1) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 45, comma 3, lett. a), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.
(2) L’originaria parola: «sentenza» è stata così sostituita dall’art. 45, comma 3, lett. b), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.
(3) Le parole: «ovvero dal deposito del ricorso» sono state aggiunte dall’art. 45, comma 3, lett. c), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

Massime

Per effetto della dichiarazione di litispendenza, il processo innanzi al giudice successivamente adito si esaurisce definitivamente, salvo il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., con la conseguenza che non è più possibile la ripresa del suo svolgimento attraverso la proposizione di un’istanza di riassunzione ma la parte può far valere il suo diritto nel diverso processo preventivamente instaurato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte d’appello avesse erroneamente fatto discendere dall’ipotizzata – ma insussistente – inadempienza a un presunto obbligo di impugnare o in alternativa di proporre nuova azione di merito, anche rispetto a quella proposta e definita con dichiarazione di litispendenza, la conseguenza della prescrizione del diritto al risarcimento). Cass. civ. sez. II, 20 maggio 2019, n. 13500

A norma dell’art. 39, comma 1, c.p.c., qualora una stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell’impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. o dell’art. 337, comma 2, c.p.c., a ciò ostando l’identità delle domande formulate nei due diversi giudizi. Cass. civ sez.  VI 31 luglio 2017, n. 19056

Per determinare la litispendenza ai fini della prevenzione tra cause in rapporto di continenza, una iniziata con ricorso monitorio e una iniziata con citazione, per quest’ultima si ha riguardo al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell’atto al destinatario, non operando la scissione soggettiva del momento perfezionativo per il notificante e il destinatario, che vale solo per le decadenze non addebitabili al notificante; né può invocarsi il principio di uguaglianza tra gli attori, in rapporto alla pendenza della lite monitoria già al momento del deposito del ricorso, atteso che la maggiore o minore incidenza dell’impulso di parte nell’individuazione del giudice naturale della controversia è solo l’effetto indiretto della differente disciplina processuale, discrezionalmente prevista dal legislatore.  Cass. civ. Sezioni Unite 6 novembre 2014, n. 23675,

Non si versa in ipotesi di litispendenza nel caso siano proposti avverso lo stesso provvedimento due diversi mezzi di impugnazione, dei quali uno solo previsto dalla legge, perché il giudice dinanzi al quale è stato proposto il gravame ammissibile dovrà decidere sulla impugnazione, mentre l’altro dovrà dichiarare inammissibile il mezzo del quale è stato investito.  Cass. civ. sez. III 27 agosto 2014, n. 18312

Ai fini della dichiarazione di litispendenza, occorre avere riguardo esclusivamente al criterio della prevenzione, mentre è irrilevante ogni indagine sull’effettiva competenza del giudice preventivamente adito a conoscere della controversia pur se il giudice successivamente adito sia titolare della competenza a conoscere della causa, rispondendo tale istituto all’esigenza di evitare la contemporanea pendenza di due giudizi con gli stessi elementi processuali, e, dunque, un’inammissibile duplicità di azioni giudiziarie in relazione al medesimo diritto soggettivo, con conseguente pericolo di contraddittorietà di giudicati.  Cass. civ. Sezioni Unite 31 luglio 2014, n. 17443

La litispendenza si realizza quando vi sia identità, oltre che dei soggetti coinvolti nella lite, anche del “petitum”, inteso quale bene della vita del quale si chiede la tutela, e di “causa petendi”, ossia del fatto costitutivo della domanda, senza che rilevi che un soggetto assuma in una causa la qualità di attore e nell’altra quella di convenuto. (Principio affermato con riguardo a giudizi relativi ad un licenziamento, del quale, in un primo giudizio, il datore di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore, in via riconvenzionale, l’illegittimità, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento dei danni, domande poi riproposte, a ruoli invertiti, in un secondo giudizio innanzi ad altro giudice). Cass. civ. Sezioni Unite 31 luglio 2014, n. 17443

Non sussiste litispendenza tra una causa pendente in primo grado e un’altra definita con sentenza da un giudice di secondo grado, ancorché non siano decorsi i termini per impugnarla, sia perché, per la configurabilità della litispendenza, è necessario che cause identiche pendano dinanzi a giudici diversi, ma nel medesimo grado, sia perché, finché l’impugnazione non è proposta, non c’è un giudice investito della lite, con conseguente inconfigurabilità della contemporanea pendenza di due giudizi sull’identica causa.  Cass. civ. sez. II 18 aprile 2007 n. 9313

La litispendenza, che essendo rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo può essere pronunciata anche nel giudizio di cassazione, presuppone la contemporanea ed effettiva pendenza della stessa causa dinanzi a giudici diversi, e non è ravvisabile nell’ipotesi in cui il giudizio precedente sia stato cancellato dal ruolo ai sensi dell’art. 309 c.p.c., e non sia stata fornita la prova dell’avvenuta riassunzione nel termine annuale previsto dall’art. 307 c.p.c.  Cass. civ. sez. I, , 26 gennaio 2006, n. 1626

Il fenomeno della litispendenza e l’operatività del principio della prevenzione, di cui all’art. 39 c.p.c., sono configurabili con riferimento a procedimenti pendenti dinanzi a giudici parimenti muniti di competenza e non anche, pertanto, in ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all’autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale. Tale vicenda, infatti, investendo sfere di competenza a carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l’affermazione o negazione della competenza del giudice adito, in relazione all’esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria.  Cass. civ. sez. II 30 luglio 2004, n. 14557

La litispendenza è un rapporto tra due o più cause – e non tra più procedimenti – che consente di individuare il giudice competente in base al criterio della prevenzione, qualora tra esse vi sia identità di causa pretendi, di petitum ed esse pendano tra le stesse parti; ne consegue che, se il secondo procedimento è stato iniziato in relazione a due domande, per una sola delle quali sussistano i presupposti della litispendenza, essa può essere dichiarata in relazione a quella domanda, rimanendo irrilevante che in relazione all’altra domanda, proposta congiuntamente, siano stati convenuti in giudizio soggetti che non siano parte dell’altro giudizio.  Cass. civ. sez. III 26 gennaio 2004, n. 1302.

Tenuto conto che la litispendenza, prevista dall’art. 39 c.p.c. per evitare l’eventuale conflitto di giudicati, presuppone che la medesima causa sia pendente dinanzi a giudici diversi, non sussiste la litispendenza, in considerazione della diversità dei soggetti convenuti, fra la causa promossa dal danneggiato nei confronti del danneggiante e quella proposta nei confronti dell’assicuratore ai sensi dell’art. 18 legge n. 990 del 1969, posto che soltanto in quest’ultima ipotesi è previsto dall’art. 23 legge n. 990 del 1969 il litisconsorzio necessario fra l’assicuratore e il responsabile del danno. Cass. civ. sez. III, , 10 gennaio 2003, n. 268

Ai fini dell’accertamento della litispendenza nel giudizio d’appello, deve prescindersi del tutto dalla valutazione circa la eventuale irritualità della riproposizione delle domande, in grado di appello, da parte di uno dei soggetti in lite. Cass. civ. sez. I 16 settembre 2002, n. 13548

La parte che eccepisce la litispendenza ha l’onere di dimostrare non solo l’esistenza, ma anche la persistenza, fino all’udienza di discussione, pur nella fase di giudizio di legittimità, delle condizioni per l’applicabilità dell’art. 39 c.p.c. perché la questione deve esser decisa con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, e dunque avuto riguardo anche agli eventi processuali sopravvenuti. Pertanto l’eccipiente deve produrre la relativa idonea documentazione anche in Cassazione, non essendo soggetti alla preclusione disposta dall’art. 372 c.p.c. gli atti concernenti questioni proponibili in ogni grado di giudizio e rilevabili d’ufficio, quale quella della litispendenza. Cass. civ. sez. III 7 marzo 2001, n. 3340

In caso di stessa domanda proposta dinanzi a giudici diversi, per dichiarare la litispendenza, ai sensi dell’art. 39 primo comma c.p.c., non occorre accertare la competenza del giudice preventivamente adito, ma soltanto la prevenzione, e a questo fine, se in uno dei due giudizi la medesima domanda è introdotta in via riconvenzionale dal convenuto costituitosi ai sensi dell’art. 166 c.p.c., rileva la data del deposito in cancelleria della comparsa di risposta. Cass. civ. sez. III 2 giugno 2000, n. 7360

Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire se sussista la litispendenza, deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia e deve respingere la relativa eccezione ove a tale data il giudizio preventivamente instaurato non sia più pendente per intervenuta estinzione: questa si realizza tra l’altro qualora nel primo giudizio sia intervenuta rinuncia agli atti ritualmente accettata, posto che ai sensi dell’art. 306 c.p.c. l’effetto dell’estinzione non è subordinato ad una espressa declaratoria ma opera di diritto. Cass. civ. Sezioni Unite 15 luglio 1999, n. 398

Il principio del “ne bis in idem”, posto dall’art. 39 c.p.c., che è norma di ordine pubblico processuale, determina l’improcedibilità del processo che nasca dalla indebita reiterazione di controversia già in corso, imponendo la cancellazione dal ruolo della causa che risulti posteriormente iscritta. La omessa cancellazione è emendabile anche in fase di impugnazione, inficiando radicalmente la sentenza, mentre non incide sulla validità della causa prioritariamente iscritta (e della decisione che l’abbia conclusa), in relazione alla quale non sussisteva obbligo di riunione con quella successiva, atteso il carattere solo formale ed apparente della duplicità di procedimenti. Cass. civ. sez. I 10 marzo 1999, n. 2064

Il rapporto processuale si instaura con una valida notifica e pertanto, nel caso sia rinnovata, gli effetti processuali non retroagiscono alla prima notifica, sì che, per stabilire qual è il giudice preventivamente adito ai fini dell’art. 39 c.p.c., occorre aver riguardo alla data della notifica rinnovata, non rilevando l’utilizzabilità dell’iscrizione a ruolo avvenuta con la prima notifica.  Cass. civ. sez. I 9 ottobre 1998, n. 10008

A norma dell’art. 39, comma 1, c.p.c., ricorre la litispendenza quando fra due (o più) giudizi sussista identità oltre che dei soggetti, anche del petitum (inteso come bene della vita del quale si chieda la tutela) e della causa petendi (intesa come fatto costitutivo della domanda), a nulla rilevando, nella ricorrenza (dell’identità) dei due elementi oggettivi, che un soggetto assuma formalmente in un giudizio la qualità di attore e nell’altro (o negli altri giudizi) la qualità di convenuto. (Principio affermato con riguardo a giudizi relativi a licenziamento, del quale la datrice di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore accertarsi, invece, l’illegittimità – con tutte le conseguenze di ordine patrimoniale – sia in via riconvenzionale sia con successivo ricorso nei confronti della stessa datrice di lavoro).  Cass. civ. sez. lav. 15 gennaio 1996, n. 282

La litispendenza tra due cause fra le stesse parti – da valutarsi con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della decisione – non può essere dichiarata quando le due cause pendono in gradi diversi, ricorrendo in tal caso l’ipotesi di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.  Cass. civ. sez. I 16 novembre 1994, n. 9645

In tema di continenza di cause, le norme dettate dall’art. 39 c.p.c. non operano con riguardo alla situazione di pendenza di una causa in primo grado e dell’altra in appello, ma l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell’art. 39, comma 2, dev’essere assicurata comunque ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ossia a mezzo della sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa che avrebbe esercitato l’attrazione.  Cass. civ., sez. VI 14 novembre 2017, n. 26835

La sussistenza di un rapporto di continenza tra cause, in quanto oggetto di eccezione in senso lato, può essere rilevata anche di ufficio dal giudice, e deve, altresì, essere decisa con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia della relativa statuizione.  Cass. civ. sez. VI 3 aprile 2013, n. 8170

Ai sensi dell’art. 39, comma secondo, c.p.c., la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell’oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell’ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, le Sezioni unite hanno ritenuto la sussistenza di un rapporto di continenza tra la domanda proposta nelle forme monitorie da una società nei confronti di un’altra società, avente ad oggetto il pagamento di alcune prestazioni eseguite e per le quali non era stato corrisposto il prezzo, e quella proposta dalla società ingiunta nei riguardi di quella ingiungente, avente ad oggetto la risoluzione dello stesso rapporto contrattuale al quale si riferivano le prestazioni dedotte a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo).  Cass. civ. Sezioni Unite 1 ottobre 2007, n. 20600

In tema di scontro fra veicoli, la relazione fra le controversie che due soggetti, rimasti danneggiati nella qualità di proprietari dei veicoli coinvolti e, quindi, di responsabili ai sensi dell’art. 2054, terzo comma, c.c. (come nella specie: ma la stessa cosa vale in caso di domande contrapposte fra i due conducenti o fra un conducente ed un responsabile o fra conducente e responsabile da un lato e conducente e responsabile dall’altro), introducano avanti a diversi giudici, ognuno nei confronti dell’altro ed eventualmente – come nella specie – dei rispettivi assicuratori per la responsabilità civile di ciascuno dei responsabili, addebitandosi la responsabilità esclusiva della causazione del sinistro stesso, si caratterizza come situazione di connessione nel contempo per parziale o totale coincidenza del fatto storico della dinamica dello scontro e, quindi, di una parte della causa petendi e per l’esistenza di un nesso di incompatibilità delle rispettive causae petendi delle domande e, quindi, anche del petitum di ognuna, posto che dette causae petendi sono basate o su una ricostruzione della dinamica del sinistro e, quindi, del fatto storico diversa, di modo che l’una esclude l’altra, oppure, nel caso di deduzione coincidente di quella dinamica, su un opposto apprezzamento delle condotte dei conducenti sotto l’aspetto soggettivo, di modo che nell’uno e nell’altro caso l’accertamento della invocata responsabilità esclusiva dell’uno è, non solo logicamente, ma anche giuridicamente incompatibile con quello della responsabilità civile dell’altro. Peraltro, in ciascuna delle cause il nesso di incompatibilità al livello di decisione si presenta soltanto eventuale, in quanto il giudice investito di ciascuna delle due domande può ravvisare una situazione di concorrente ed eguale responsabilità, ai sensi della norma particolare del secondo comma dell’art. 2054 c.c., che può rendere le decisioni perfettamente fra loro compatibili sia sul piano logico che su quello giuridico. La descritta situazione, allorquando i due danneggiati non abbiano coinvolto i rispettivi assicuratori, non è riconducibile, sia in ragione della coincidenza soltanto parziale della causa petendi sia per la detta incompatibilità delle causae petendi e dei petita in alcun modo alla litispendenza, in quanto le domande non presentano per l’una e l’altra ragione né identità di causa petendi né identità di petitum e nemmeno alla continenza, atteso che non sussiste tale nesso, che ricorre allorquando una causa (intesa come ragione dedotta in giudizio) comprenda in sé l’altra (mentre in questo caso l’una esclude l’altra). Allorquando, poi, siano stati evocati nei giudizi i rispettivi assicuratori l’esclusione della litispendenza (o continenza) emerge anche per il venir meno della identità dei soggetti. In entrambi i casi ricorre una situazione di connessione ed il coordinamento fra le cause, ove non sia possibile attraverso l’art. 40, primo comma, c.p.c., è possibile solo nella prima ipotesi attraverso la sospensione della causa prevenuta in attesa della definizione di quella preveniente, mentre nella seconda ipotesi, non essendo possibile la sospensione per la diversità soggettiva, l’eventuale accertamento in modo difforme del fatto storico non dà luogo ad un contrasto pratico di giudicati, ma soltanto ad un contrasto logico, atteso che i crediti risarcitori riconosciuti a ciascuno dei danneggiati sulla base di tale diverso accertamento, concernono pretese a beni della vita diversi, che, attesa la fungibilità del danaro, possono entrambe trovare soddisfazione senza che ne venga implicata la negazione dell’altro.  Cass. civ. sez. III 8 giugno 2007, n. 13514

Sussiste la continenza quando due cause sono caratterizzate da identità di soggetti e titolo e da una differenza soltanto quantitativa dell’oggetto, o quando le stesse sono legate da un rapporto di interdipendenza per contrapposizione o alternatività. (Nella specie, la S.C. ha escluso un nesso di continenza tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal creditore nei confronti del fideiussore e il giudizio promosso da debitore principale e fideiussore per l’accertamento negativo del credito, uniti soltanto da un rapporto di connessione per garanzia ex art. 32 c.p.c.)  Cass. civ. sez. I, 21 febbraio 2007, n. 4089

Ai sensi dell’art. 39, secondo comma, c.p.c., il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso deve verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest’ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza.  Cass. civ. Sezioni Unite 13 luglio 2006, n. 15905

La nozione di continenza di causa ai sensi dell’art. 39 c.p.c. comprende anche quelle situazioni caratterizzate dalla pendenza di cause in cui le questioni dedotte con la domanda, ed anche con le eccezioni, anteriormente proposte, e da risolvere con efficacia di giudicato, costituiscano il necessario presupposto per la definizione del giudizio successivo, nel senso che tra le due cause sussiste un nesso di pregiudizialità logico-giuridica, come nel caso in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. Sussiste, pertanto, continenza tra due giudizi, il primo dei quali promosso dalla società committente per ottenere decreto ingiuntivo per il pagamento delle penali da ritardo nella consegna delle opere appaltate – decreto opposto dalla intimata, che abbia eccepito in via riconvenzionale il mancato guadagno per le opere appaltate e non fatte eseguire dalla stessa committente – ed il secondo dei quali promosso dalla curatela del fallimento della società appaltatrice per ottenere decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo residuo delle opere eseguite – decreto opposto dalla committente che abbia eccepito la compensazione in forza dei crediti fatti valere nel giudizio preventivamente proposto.  Cass. civ. sez. I 6 settembre 2002, n. 12995

Le norme dettate in tema di continenza dall’art. 39 c.p.c. non operano con riguardo a procedimenti pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi e che si trovino l’uno in fase di gravame, l’altro in primo grado, in considerazione del carattere funzionale della competenza del giudice di secondo grado, da individuarsi inderogabilmente in base al criterio fissato dall’art. 341 c.p.c., nonché delle peculiarità del processo d’impugnazione, circoscritto alle questioni specificamente riproposte e non compatibili con l’inserimento a posteriori di problematiche ulteriori (ancorché incluse nel dibattito del precedente grado).  Cass. civ. sez. III 24 novembre 2000, n. 15193

La continenza, agli effetti dell’art. 39 c.p.c., ricorre quando due cause pendenti contemporaneamente innanzi a giudici diversi abbiano identità di soggetti e di titoli con una diversità solo quantitativa di “petitum” ovvero quando una di esse investa un rapporto giuridico che non sia meramente pregiudiziale rispetto a quello dell’altra, contenendolo in senso logico e giuridico e, nello stesso tempo, condizionandolo nell’essere e negli effetti, come nel caso di parziale coincidenza delle causae petendi, nel senso che l’una comprenda in sé l’altra, o di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte che si collegano ad un medesimo rapporto negoziale. (Nel caso di specie è stata ritenuta sussistente la continenza con riferimento a due cause, con indennità di soggetti, concernenti entrambe la risoluzione del medesimo rapporto e con diversità della causa petendi, nel senso che ciascuna parte addebitava all’altra contrapposti inadempimenti).  Cass. civ. sez. III 10 marzo 1999, n. 2077

La disciplina dettata in tema di continenza dall’art. 39 c.p.c. non opera con riguardo a procedimenti pendenti in fase di gravame dinanzi a uffici giudiziari diversi, sia per il carattere funzionale della competenza del giudice di secondo grado, da individuarsi inderogabilmente in base al criterio fissato dall’art. 341 c.p.c., sia per le peculiarità del processo di impugnazione, circoscritto alle questioni specificamente riproposte e non compatibile con l’inserimento a posteriori di problematiche ulteriori. La disciplina di cui all’art. 39 citato non opera a maggior ragione nei confronti del giudice di rinvio, posto che tale applicazione comporterebbe una inammissibile riforma della decisione della Corte di cassazione non consentita non solo al giudice di rinvio designato (che non potrebbe spogliarsi del processo neppure in relazione alla sopravvenienza di norme che modificassero i criteri di competenza), ma neppure alla stessa Corte ulteriormente adita (che potrebbe intervenire sulla propria decisione solo con ordinanza di correzione di errore materiale). Cass. civ. sez. I 26 novembre 1997, n. 11867

In materia di litispendenza, ai fini dell’applicazione del principio di prevenzione tra cause in rapporto di continenza, l’una iniziata con ricorso monitorio e l’altra con citazione, occorre avere riguardo, per quest’ultima, al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell’atto al destinatario anche in caso di nullità della notificazione se il vizio sia stato sanato, con effetto “ex tunc”, a seguito di rinnovazione ex art. 291 cod. proc. civ. Cass. civ. sez. VI-III, 21 maggio 2015, n. 10509

Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire se sussista la litispendenza, deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia e deve respingere la relativa eccezione allorquando a tale data il giudizio preventivamente instaurato non sia più pendente per intervenuta estinzione. Tale situazione si verifica nel caso in cui nel primo giudizio sia intervenuta rinuncia agli atti prima ancora che la controparte si sia costituita, così da determinare l’estinzione del giudizio medesimo – che, in quanto operante di diritto ai sensi dell’art. 306 c.p.c., può essere incidentalmente accertata dal giudice – giacché, in siffatta ipotesi, la rinuncia non è condizionata dalla relativa accettazione. (Fattispecie in tema di identico credito azionato in via monitoria in due diverse sedi). Cass. civ. sez. II 1 dicembre 2010, n. 24376

In tema di litispendenza internazionale, già regolata dall’art. 21 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e attualmente dagli artt. 27 e 30 del Regolamento CE n. 44/2001, il giudice successivamente adito deve sospendere d’ufficio il giudizio finché sia stata dichiarata la competenza giurisdizionale del giudice straniero preventivamente adito e deve poi declinare la propria competenza in favore del giudice straniero ove la competenza di quest’ultimo risulti accertata, ovvero proseguire il processo se il primo giudice si dichiara incompetente. Conseguentemente, si versa in ipotesi di sospensione necessaria, soggetta al rimedio del regolamento di competenza, senza che rilevi la clausola di proroga della competenza in base alla quale sussiste la competenza del giudice successivamente adito, che deve comunque sospendere il procedimento.  Cass. civ. Sezioni Unite 15 febbraio 2007, n. 3364

La pendenza della lite è determinata dalla notifica dell’atto di citazione davanti ad un determinato giudice, senza che l’erronea costituzione dell’attore davanti a giudice diverso, sia tale da radicare la causa davanti a quest’ultimo, per cui, indipendentemente dai provvedimenti di competenza del giudice della costituzione, cui spetterebbe dichiarare la litispendenza e cancellare la causa dal ruolo, ben può l’attore riassumere la causa davanti al giudice primieramente adito, nel termine previsto per l’ipotesi di mancata costituzione delle parti. Cass. civ. sez. I 25 giugno 2003, n. 10073

In caso di stessa domanda proposta dinanzi a giudici diversi, per dichiarare la litispendenza, ai sensi dell’art. 39, primo comma c.p.c., non occorre accertare la competenza del giudice preventivamente adito, ma soltanto la prevenzione, e a questo fine, se in uno dei due giudizi la medesima domanda è introdotta in via riconvenzionale dal convenuto costituitosi ai sensi dell’art. 166 c.p.c., rileva la data del deposito in cancelleria della comparsa di risposta. Cass. civ. sez. III 2 giugno 2000, n. 7360

In ipotesi di spostamento di competenza per continenza di causa (come pure per litispendenza) occorre far riferimento al criterio della prevenzione (determinata, nell’ipotesi di domanda proposta con la comparsa di risposta, nel momento in cui questa è portata a conoscenza della controparte, mediante deposito in cancelleria dell’atto che la contiene) mentre è irrilevante la competenza effettiva del giudice successivamente adito. Cass. civ. sez. III 4 aprile 1997, n. 2922

Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire la litispendenza ai sensi dell’art. 39 c.p.c., deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia, e, quindi, deve escludere la litispendenza ove a tale data l’antecedente giudizio non sia più pendente per intervenuta estinzione; la quale può essere accertata incidenter tantum dallo stesso giudice, tenendo conto, ove si configuri ipotesi di estinzione derivante da rinuncia agli atti del giudizio, che l’efficacia della rinuncia non è condizionata all’accettazione della parte non ancora costituita. Cass. civ. sez. lav. 12 dicembre 1995, n. 12694

Qualora il giudice abbia dichiarato la litispendenza tra due giudizi, in relazione alle domande svolte, nel secondo, dalla parte chiamata in causa, in quanto già anteriormente proposte davanti a diverso giudice, e, contestualmente, preso in esame la domanda formulata dalla parte attrice, accogliendola nel merito, al pari di quella di garanzia formulata dal convenuto nei confronti della chiamata, la sentenza, benché unica sotto il profilo formale, contiene diverse decisioni, ciascuna relativa alle varie domande proposte. Ne consegue che il capo relativo alla pronuncia sulla litispendenza – essendo autonomo dagli altri e di tipo esclusivamente processuale – può, giusta l’art. 42 c.p.c., essere impugnato soltanto con l’istanza di regolamento di competenza.  Cass. civ. sez.  VI 16 marzo 2017, n. 6826

In tema di litispendenza internazionale ed in applicazione dell’art. 11, par. 2, del Reg. CE 29 maggio 2000, n. 1347 – il quale stabilisce che, «qualora dinanzi a giudici di Stati membri diversi e tra le stesse parti siano state proposte domande relative al divorzio, alla separazione personale o all’annullamento del matrimonio, non aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito» – avverso il provvedimento di sospensione adottato dal giudice italiano successivamente adito, da annoverarsi tra le ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., è proponibile non il regolamento di giurisdizione, ma il regolamento necessario di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c. Cass. civ. sez. I 7 maggio 2004, n. 8748

Ai sensi dell’art. 39, comma secondo, cod. proc. civ., sussiste il rapporto di continenza quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, hanno ad oggetto una questione comune, quale quella diretta a stabilire chi dei contraenti, nell’ambito dell’unico rapporto controverso, sia creditore dell’altro, essendo una domanda volta ad ottenere l’accertamento dell’inadempimento della controparte e la conseguente condanna al risarcimento dei danni, e l’altra volta all’esecuzione del medesimo contratto.  Cass. civ. sez. VI-II 25 luglio 2012, n. 13161

Sussiste un rapporto di continenza, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., e non di connessione, tra la domanda di adempimento proposta dal creditore cedente nei confronti del debitore, e quella proposta, nei confronti del medesimo debitore, dal cessionario del credito azionato nel primo giudizio. Cass. civ. sez. VI 23 maggio 2012, n. 8188

La domanda di risarcimento di danni per responsabilità extracontrattuale è diversa da quella di risarcimento di danni per responsabilità contrattuale perché dipende da elementi di fatto diversi sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, non solo per quanto attiene all’accertamento della responsabilità, ma anche per quanto riguarda la determinazione dei danni. Ne consegue che non ricorre l’ipotesi di continenza ex art 39 c.p.c. tra la domanda risarcitoria fondata soltanto su titolo contrattuale nei confronti del lavoratore e altra domanda proposta, sempre dal datore di lavoro, in relazione ai medesimi fatti addebitati al dipendente, ma limitatamente ai titoli extracontrattuali in essa implicati. Cass. civ. sez. lav. 29 agosto 2003 n. 12666

Sussiste continenza di cause, ai sensi dell’art. 39 comma secondo c.p.c., tra la domanda del venditore in via monitoria di condanna del compratore al pagamento del prezzo e quella preventivamente proposta in via ordinaria davanti ad un diverso giudice avente ad oggetto la domanda del compratore di risoluzione del contratto di compravendita e di risarcimento dei danni scaturendo le opposte domande dal medesimo rapporto contrattuale. Pertanto la competenza a decidere su entrambe le cause va accertata secondo il criterio della prevenzione rimanendo affidato al giudice della causa d’opposizione a decreto ingiuntivo il compito di valutare gli effetti su tale procedimento del rapporto di continenza. (Nel caso di specie la Corte ha cassato la sentenza con cui il tribunale di Como, preventivamente adito nella causa di risoluzione per inadempimento proposta dal compratore, aveva declinato la propria competenza in favore del giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo chiesto dal venditore, sul presupposto che detta competenza è funzionale e, perciò, inderogabile).  Cass. civ. sez. III 19 aprile 2001, n. 5837 

Sussiste rapporto di continenza tra la domanda di condanna al pagamento di un debito e quella di accertamento negativo del medesimo debito avendo le due liti ad oggetto domande contrapposte scaturenti dal medesimo titolo negoziale. Pertanto, ove le due domande vengano proposte davanti a giudici diversi, entrambi astrattamente competenti per valore e per territorio, il giudice successivamente adito deve, a norma dell’art. 39, comma 2, c.p.c. dichiarare la continenza fissando un termine per la riassunzione davanti al primo giudice, a nulla rilevando la partecipazione alla causa proposta per prima di un soggetto non partecipe della causa successivamente proposta, essendo insuscettibile la declaratoria di continenza di pregiudicare tale rapporto.  Cass. civ. sez. II 21 dicembre 1994, n. 11023

Fra le due controversie inerenti allo stesso contratto, rispettivamente instaurate da una parte per ottenerne l’adempimento e dall’altra parte per ottenerne la risoluzione, non è ravvisabile un rapporto di continenza, ai sensi ed agli effetti dell’art. 39 c.p.c., in considerazione della diversità della causa petendi e del petitum delle relative domande (salva restando, al fine di evitare il pericolo di contraddittorietà dei giudicati, la sospensione della contesa la cui definizione dipenda dalla soluzione dell’altra). Cass. civ. sez. II 16 aprile 1992, n. 4683

Sussiste un rapporto di continenza fra la causa promossa dal preponente nei confronti dell’agente per far accertare la legittimità del proprio recesso e l’assenza dell’obbligo di corresponsione dell’indennità, e quella proposta dal secondo nei confronti del primo per la declaratoria della nullità, o comunque della illegittimità, del recesso e per il risarcimento del danno, sicché per individuare il giudice competente deve farsi riferimento al criterio della prevenzione di cui all’art. 39 secondo comma c.p.c. A tal fine, in ipotesi di domanda proposta dal preponente al pretore – giudice del lavoro, dichiaratosi incompetente per materia con statuizione non impugnata e seguita da riassunzione innanzi al tribunale, deve tenersi conto della data di pendenza del procedimento dinanzi al giudice specializzato, del quale quello riassunto costituisce la continuazione, non assumendo rilievo per contro una precedente domanda cautelare proposta dall’agente al pretore – giudice del lavoro, ex art. 413 terzo comma c.p.c., e mirante ad ottenere la sospensione dell’efficacia del recesso, quando il relativo procedimento si sia concluso, anche in sede di reclamo ex art. 669 terdecies, con una declaratoria di incompetenza o con un diniego nel merito, attesa l’autonomia del giudizio cautelare esauritosi nei modi sopraindicati rispetto al giudice di merito successivamente introdotto dallo stesso agente per la declaratoria di nullità o illegittimità del recesso e per il risarcimento del danno. Ne deriva che il tribunale dinnanzi al quale il giudizio instaurato dal preponente è stato riassunto, in quanto giudice preventivamente adito e incontestabilmente competente per tale giudizio a seguito della suddetta riassunzione, è competente altresì per il secondo giudizio a norma del menzionato art. 39 c.p.c. qualora (come nella specie) la qualità di agente con l’esercizio della relativa attività sia assunta da una società anziché da una persona fisica, (salvo che l’interessato dimostri il carattere artificioso della forma societaria).  Cass. civ. sez. lav. 22 agosto 1997, n. 7883

per finita locazione e un procedimento ordinario avente ad oggetto l’accertamento della data di cessazione della locazione, atteso che i due procedimenti, pur avendo in comune la stessa causa di merito, sono differenziati dalla possibilità, nel procedimento speciale, che l’azione si esaurisca con la convalida o che pur espandendosi, a seguito dell’opposizione dell’intimato, nell’ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto il merito della pretesa, approdi al risultato dell’ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto, così realizzandosi effetti di cui l’azione non è suscettibile nel procedimento ordinario e riservati dalla legge espressamente alla competenza funzionale del giudice adito in sede di convalida.  Cass. civ. sez. III 24 aprile 1996, n. 3851

Tra il giudizio di divisione intrapreso da alcuni dei partecipanti alla comunione e quello cd. endoesecutivo, instaurato in seno al processo di espropriazione forzata della quota di pertinenza di altro condividente, sussiste un rapporto di litispendenza, da disciplinare applicando il criterio della prevenzione di cui all’art. 39 c.p.c., avuto riguardo, da un lato, alla data della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione ordinario e, dall’altro, a quella della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell’ordinanza del G.E. che disponga la divisione nell’ambito del procedimento esecutivo. Cass. civ. sez. VI 18 marzo 2019, n. 7617 

Sussiste litispendenza, e non continenza né connessione, tra una opposizione a precetto, proposta ai sensi dell’art. 615, comma primo, c.p.c., ed un’opposizione all’esecuzione, successivamente proposta ai sensi dell’art. 615, comma secondo, c.p.c., avverso il medesimo titolo esecutivo e fondate su fatti costitutivi dell’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata identici. (Nella specie, la nullità del titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo stipulato per atto pubblico). Cass. civ. sez. III 20 luglio 2010, n. 17037

In caso di contemporanea pendenza di due giudizi, uno di opposizione all’esecuzione minacciata o promossa per la realizzazione di un determinato diritto e l’altro relativo all’accertamento del medesimo diritto fra le stesse parti, deve escludersi una situazione di litispendenza (o eventualmente di continenza) allorché l’opposizione all’esecuzione riguardi il profilo strettamente processuale della promovibilità dell’esecuzione forzata, essendo in tale caso diverse le rispettive causae petendi dei due giudizi, ravvisabili l’una nel rapporto giuridico da cui sorge il diritto di credito per il cui accertamento è stata proposta la domanda introduttiva del giudizio di cognizione e l’altra nella insussistenza delle condizioni che determinano la soggezione del debitore all’azione esecutiva (nella specie, l’opposizione si fondava sull’indeterminatezza dell’ammontare del credito azionato in executivis, ex art. 474 c.p.c., mentre il contemporaneo giudizio di merito concerneva la quantificazione del diritto di credito in contestazione). Cass. civ. sez. lav. 6 novembre 2001, n. 13701

In tema di continenza tra cause, l’obbligazione di garanzia, pur essendo sussidiaria rispetto a quella garantita, in quanto diretta ad assicurare l’adempimento di una prestazione risultante da un rapporto a cui il fideiussore è rimasto estraneo, è tuttavia caratterizzata da una propria individualità giuridica, cioè da un oggetto e un titolo distinti dall’obbligazione principale, potendo la fideiussione semplice farsi valere non appena il debitore si sia reso inadempiente, senza che sia necessario escuterlo inutilmente in tutto o in parte esperendo un separato giudizio per conseguire la prestazione principale; ne consegue che non sussiste pregiudizialità tra la domanda proposta nei confronti del debitore principale e quella proposta nei confronti del fideiussore, legate al più da un rapporto di connessione impropria, in quanto la diversità dei soggetti delle due cause, impedendo alla decisione dell’una di spiegare efficacia di giudicato nei confronti dell’altra, può evidenziare una mera comunanza di questioni, inidonea a giustificare lo spostamento di competenza in favore del giudice del rapporto principale.  Cass. civ., sez. VI 14 giugno 2019, n. 16077

In tema di litispendenza internazionale, ai sensi dell’art. 27 del Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio del 22 dicembre 2000, spetta al giudice preventivamente adito accertare la sussistenza o meno della propria giurisdizione. Se, pertanto, per primo sia adìto il giudice italiano, nel corso del relativo giudizio è possibile proporre il regolamento preventivo di giurisdizione nei confronti del convenuto domiciliato all’estero.  Cass. civ. Sezioni Unite 8 giugno 2011, n. 12411

Né la litispendenza nè la continenza di cause possono configurarsi tra un procedimento per l’adozione di provvedimenti d’urgenza a norma dell’art. 700 c.p.c. ed un giudizio ordinario di merito, in quanto l’insuscettibilità dei richiamati provvedimenti d’urgenza di costituire giudicato – essendo essi idonei ad assicurare «provvisoriamente» gli effetti della decisione sul merito e presentandosi l’introduzione del relativo giudizio solo come successiva ed eventuale – esclude la ragione stessa di una pronuncia di litispendenza o di continenza di cause.  Cass. civ. sez. III 20 dicembre 2007 n. 26977

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