Art. 36 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Cause riconvenzionali

Articolo 36 - codice di procedura civile

Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali (167) che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore (7 ss); altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti.

Articolo 36 - Codice di Procedura Civile

Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali (167) che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore (7 ss); altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti.

Massime

In caso di più convenuti, la domanda formulata da uno di questi nei confronti di un altro ed avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità esclusiva del secondo rispetto alla domanda risarcitoria formulata dall’attore, va qualificata come domanda riconvenzionale, e può essere proposta negli stessi limiti di quest’ultima. Cass. civ. sez. II, 16 marzo 2017, n. 6846

L’attore contro il quale il convenuto abbia proposto domanda riconvenzionale ben può opporre, a sua volta, altra riconvenzionale, avendo egli qualità di convenuto rispetto alla prima, e tale principio, valido per il processo di cognizione ordinario come per quello di ingiunzione, costituisce una deroga rispetto a quello secondo cui l’attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell’atto di citazione: tuttavia la sua posizione non è assimilabile a quella del convenuto, nè trovano, quindi, applicazione gli artt. 36 e 167, comma 2, c.p.c., atteso che la cd. “reconventio reconventionis” non è un’azione autonoma, ma può essere introdotta esclusivamente per assicurare all’attore un’adeguata difesa di fronte alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni del convenuto e deve essere consequenziale rispetto ad esse. Cass. civ. sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26782

Nell’ipotesi in cui il convenuto chieda, in via riconvenzionale, accertarsi l’esistenza di un rapporto contrattuale diverso da quello prospettato dall’attore, sull’assunto che da ciò ne deriverebbe la nullità o l’inefficacia, totale o parziale, o comunque un effetto estintivo, impeditivo o modificativo dei diritti fatti valere dall’attore medesimo, domandando anche l’eventuale condanna di quest’ultimo al pagamento di quanto dovuto in base a tale differente prospettazione, qualora una siffatta domanda riconvenzionale risulti inammissibile per motivi processuali, la stessa può e deve comunque essere presa in considerazione come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito del rigetto delle richieste di parte attrice. Cass. civ. sez. III 25 ottobre 2016 n. 21472,

La domanda riconvenzionale proposta dal consumatore, in un giudizio incardinato dal professionista innanzi ad un giudice diverso da quello competente ai sensi dell’art. 63 del d.l.vo 6 settembre 2005, n. 206, non può assumere il significato di una deroga implicita al foro del consumatore, né precludere il rilievo officioso del proprio difetto di competenza da parte del giudice adito. Cass. civ. sez. VI, 10 luglio 2013, n. 17083

Ricorre l’ipotesi della eccezione riconvenzionale (come tale ammissibile anche in appello, secondo la disciplina originaria di cui all’art. 345 c.p.c.) allorquando il fatto dedotto dal convenuto sia diretto provocare il mero rigetto della domanda avversaria; integra invece vera e propria domanda riconvenzionale, preclusa in sede di gravame, l’istanza con la quale venga chiesto, oltre al rigetto dell’altrui pretesa, l’ulteriore declaratoria di tutte le conseguenze giuridiche connesse all’invocato mutamento della situazione precedente (principio affermato ai sensi dell’art. 360, n. 1, c.p.c.) . Cass. civ. sez. III, 13 giugno 2013, n. 14852

Mentre con la domanda riconvenzionale il convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, oppone una controdomanda e chiede un provvedimento positivo, sfavorevole all’attore, che va oltre il mero rigetto della domanda attrice, mediante l’eccezione riconvenzionale egli, pur deducendo fatti modificativi, estintivi o impeditivi, che potrebbero costituire oggetto di un’autonoma domanda in un giudizio separato, si limita a chiedere la reiezione della pretesa avversaria, totalmente o anche solo parzialmente, al fine di beneficiare di una condanna più ridotta. Ne consegue che la mancata impugnazione della decisione di rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni per i vizi dell’opera appaltata, resa dal giudice di primo grado in considerazione della mancata prova dei fatti posti a fondamento di essa, comporta la sola preclusione di riproporre nel giudizio di appello l’esame di detta domanda, ma non determina l’abbandono dell’eccezione riconvenzionale, riproposta in sede di gravame, parimenti fondata su tali vizi e volta a confutare la pretesa attorea sotto il profilo del “quantum”.  Cass. civ. sez. III, 16 marzo 2012, n. 4233

Il giudice del foro del consumatore quando è competente per la causa principale, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 36 e 40 c.p.c., conosce anche della domanda riconvenzionale che dipende dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, se non ecceda la sua competenza per materia e valore. Cass. civ. sez. III, , 20 agosto 2010, n. 18785

La relazione di dipendenza della domanda riconvenzionale «dal titolo dedotto in giudizio dall’attore», che comporta la trattazione simultanea delle cause, si configura non già come identità della causa petendi (richiedendo, appunto, l’art. 36 c.p.c. un rapporto di mera dipendenza), ma come comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti, ovvero come comunanza della situazione, o del rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale, con quello posto a base di un’eccezione, sì da delinearsi una connessione oggettiva qualificata della domanda riconvenzionale con l’azione o l’eccezione proposta. (Nella specie, la Suprema Corte ha affermato la competenza del tribunale a conoscere, ai sensi dell’art. 36 c.p.c., della domanda di adempimento di un contratto di locazione di due piazzole di campeggio, originariamente proposta innanzi al giudice di pace, e della domanda riconvenzionale di pagamento del canone di locazione delle piazzole sulla base del medesimo contratto e di pagamento di alcuni servizi connessi).  Cass. civ. sez. I, 19 marzo 2007, n. 6520

Qualora la domanda riconvenzionale non ecceda la competenza del giudice della causa principale, a fondamento di essa può dedursi anche un titolo non dipendente da quello fatto valere dall’attore a fondamento della sua domanda, purché sussista con questo un collegamento oggettivo che giustifichi l’esercizio, da parte del giudice, della discrezionalità che può consigliare il simultaneus processus. Pur trattandosi di una valutazione discrezionale del giudice di merito, questi è tenuto a motivare il rifiuto di autorizzazione, opposto alla introduzione di una riconvenzionale non connessa, senza limitarsi a dichiararla inammissibile esclusivamente per la mancata dipendenza dal titolo dedotto in giudizio. Cass. civ. sez. III, 4 luglio 2006, n. 15271

La norma dell’art. 36 c.p.c., laddove consente lo svolgimento del processo simultaneo sulla domanda principale e sulla domanda riconvenzionale, avanti al giudice adito con la prima, con riferimento al caso in cui la competenza su entrambe le domande si debba attribuire per ragioni di valore, concerne esclusivamente l’ipotesi in cui il giudice adito sia competente per valore sulla domanda principale e la competenza per valore sulla riconvenzionale spetti parimenti ad esso o ad un giudice inferiore, mentre, non può trovare applicazione nel caso in cui sulla domanda proposta in via principale quel giudice sia incompetente, per essere la competenza per valore attribuita ad un giudice di competenza inferiore, non potendosi reputare che l’incompetenza originaria sulla domanda principale del giudice adito possa divenire irrilevante in dipendenza della proposizione della riconvenzionale, riconducibile, viceversa, alla competenza di detto giudice, il quale, pertanto, ove sia sorta discussione sulla competenza ovvero rilevi egli stesso l’incompetenza sulla domanda originaria, deve separare le due cause e rimettere al giudice di competenza inferiore la causa sulla domanda principale, trattenendo, invece, soltanto la riconvenzionale (a meno che anch’essa non sia di competenza del giudice inferiore). Cass. civ. sez. II, 25 marzo 1999, n. 2827

La declaratoria di inammissibilità di una domanda riconvenzionale non dipendente dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello già appartenente alla causa come mezzo di eccezione costituisce l’esito di una valutazione riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove sia stata adeguatamente argomentata l’inopportunità del “simultaneus processus”. Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2013, n. 24684

La domanda riconvenzionale che il convenuto dinanzi al giudice ordinario proponga contestualmente alla formulazione – in via principale – dell’eccezione di compromesso in arbitri della causa – per clausola convenzionale di deroga alla giurisdizione, con conseguente rinunzia all’azione giudiziaria, e decisione della controversia secondo il dictum di soggetti privati – è da ritenere proposta necessariamente in via subordinata al mancato accoglimento dell’eccezione che, se accolta, preclude la cognizione sia della domanda attorea che di quella riconvenzionale.  Cass. civ. sez. II  7 luglio 2004, n. 12475

La domanda riconvenzionale volta al riconoscimento di un credito nei confronti del fallito e proposta nell’ambito di un giudizio promosso dal Fallimento per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare, non solo non comporta il trasferimento dell’intera causa avanti al giudice della verifica dello stato passivo, ma è improponibile, attesa l’esclusività del rito per essa previsto a fini pubblicistici.  Cass. civ. sez. I, 9 settembre 2002, n. 13057

La domanda formulata da un convenuto nei confronti di un altro, ed avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità esclusiva del secondo rispetto alla domanda risarcitoria formulata dall’attore, va qualificata come domanda riconvenzionale, e può essere proposta negli stessi limiti di quest’ultima. Cass. civ. sez. III, 12 novembre 1999, n. 12558

La disposizione di cui all’art. 36 c.p.c. in tema di domande riconvenzionali (dipendenti, cioè, dallo stesso titolo invocato dall’attore, ovvero da titolo già appartenente alla causa come mezzo di eccezione) contempla, per l’ipotesi in cui la detta riconvenzionale ecceda la competenza per materia o per valore del giudice adito, la possibilità di rimessione dell’intera causa al giudice superiore ove non si ravvisi la possibilità alternativa di decidere autonomamente sulla domanda principale attesa l’agevole definibilità delle relative questioni, con la conseguenza che, qualora la domanda introdotta dal convenuto non sia qualificabile come riconvenzionale alla stregua dei criteri di cui alla norma predetta, si rende inevitabile il provvedimento di separazione delle cause, in assenza di disposizioni che deroghino alle comuni regole di competenza. Cass. civ. sez. I 7 marzo 1998, n. 2533

La proposizione di un’azione di mero accertamento non comporta esclusione dell’esercizio, in via riconvenzionale, di azioni che non siano della medesima natura, atteso che condizione unica di ammissibilità della domanda riconvenzionale, proposta davanti al giudice competente per materia e valore è, a norma dell’art. 36 c.p.c. la dipendenza di essa dal titolo dedotto in giudizio dall’attore, o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, restando del tutto ininfluente la valenza e l’ambito della tutela giudiziaria invocata, sia cioè essa dichiarativa, costitutiva o di condanna.  Cass. civ. sez. lav., 15 aprile 1994, n. 3548

Il giudice della causa principale è competente a conoscere della causa riconvenzionale che non ecceda per valore o per materia la sua competenza, anche quando la causa riconvenzionale, separatamente considerata, rientrerebbe nella sfera della competenza territoriale inderogabile di altro giudice, non consentendo la norma eccezionale di cui all’art. 36 c.p.c. interpretazione analogica. Cass. civ. sez. I 17 luglio 1990, n. 7331

Il mero silenzio serbato dalla parte in ordine alla domanda riconvenzionale irritualmente proposta non implica accettazione del contraddittorio, con la conseguenza che esso non preclude la successiva deduzione dell’inammissibilità della domanda stessa. (Nella specie la Corte Suprema ha confermato la decisione del merito che aveva ritenuto che nell’intervallo intercorso tra la domanda riconvenzionale – da ritenersi intempestiva perché non formulata con la comparsa di risposta – e la eccezione di tardività della stessa, non era stata svolta alcuna attività che potesse far ritenere implicitamente accettato il contraddittorio sulla detta domanda).  Cass. civ. sez. III, 14 aprile 1994, n. 3475

L’inammissibilità della domanda riconvenzionale, in quanto non contenuta nella comparsa di risposta o comunque non formulata nella prima udienza di trattazione, è stabilita a tutela dell’interesse della controparte, con la conseguenza che essa non è più opponibile se la parte, nel cui interesse la preclusione stessa è sancita, anziché eccepire la tardività e inammissibilità della domanda, abbia invece accettato il contraddittorio su di essa o esplicitamente ovvero anche tacitamente, mediante un comportamento processuale incompatibile con la volontà di opporsi all’ingresso della domanda riconvenzionale. Cass. civ. sez. III, 27 marzo 1990, n. 2478

Nel procedimento davanti al giudice di pace, qualora siano state proposte una domanda principale di valore non eccedente euro 1.100,00 e una riconvenzionale, connessa ex art. 36 c.p.c., eccedente la competenza del giudice di pace, non può il giudice medesimo separare la riconvenzionale e rimettere essa sola al giudice superiore, dovendo, viceversa, rimettere al tribunale l’intera causa, ai sensi dell’art. 40, sesto e settimo comma, c.p.c., in modo che la domanda principale e la riconvenzionale siano trattate in “simultaneus processus” e decise entrambe con pronuncia secondo diritto, impugnabile, in tutti i capi, con l’appello. Cass. civ. sez. II, 28 gennaio 2013, n. 1848

In caso di opposizione all’esecuzione, la domanda diretta all’accertamento dell’importo del credito ulteriore rispetto a quello contenuto nella sentenza fatta valere come titolo esecutivo è idonea a determinare lo spostamento della competenza ratione valoris del giudice dell’opposizione solo se sia configurabile come domanda riconvenzionale in senso tecnico, cioè come domanda dell’interessato a conseguire una pronuncia di condanna sulla pretesa, che, cumulandosi al valore della domanda oggetto dell’opposizione all’esecuzione, determina l’esorbitanza dalla competenza per valore del giudice adito; mentre non rientra in nessuna delle ipotesi di modificazione della competenza per ragioni di connessione, indicate negli artt. 31-36 c.p.c., la pretesa che si configuri come mera eccezione difensiva del convenuto nel giudizio di opposizione all’esecuzione. Cass. civ. sez. III 7 agosto 2000, n. 10356

In base al combinato disposto dell’art. 34 con gli artt. 35 e 36 c.p.c., quando la domanda riconvenzionale ecceda la competenza per materia e per valore del giudice adito con la domanda principale, la remissione dell’intera causa al giudice competente per la riconvenzionale si impone solo ove quest’ultima implichi la soluzione di una questione pregiudiziale da risolvere con efficacia di giudicato, mentre in tutti gli altri casi il giudice adito ha il potere di scegliere tra la separazione delle due cause, rimettendo al giudice superiore solo quella relativa alla riconvenzionale, e la rimessione di entrambe al giudice competente per la riconvenzionale, secondo un apprezzamento discrezionale, il cui esercizio si estrinseca in una pronuncia di contenuto ordinatorio, che non costituisce decisione sulla competenza, e non è, pertanto, suscettibile di impugnazione attraverso il regolamento di competenza. Cass. civ. sez. II, 13 aprile 1999, n. 3619

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