Art. 353 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Rimessione al primo giudice per motivi di giurisdizione

Articolo 353 - codice di procedura civile

Il giudice d’appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione (37) negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio (152, 153) di tre mesi dalla notificazione della sentenza (285; 125 att.).
Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione (360 ss), il termine è interrotto.

Articolo 353 - Codice di Procedura Civile

Il giudice d’appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione (37) negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio (152, 153) di tre mesi dalla notificazione della sentenza (285; 125 att.).
Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione (360 ss), il termine è interrotto.

Massime

Ove il giudice adito in primo grado abbia erroneamente dichiarato la propria competenza e deciso la causa nel merito, il giudice dell’appello, nel ravvisare l’incompetenza del primo, deve dichiararla ed indicare il giudice competente in primo grado davanti al quale il processo continuerà, se riassunto ai sensi dell’art. 50 c.p.c., non rilevando, in riferimento alla fattispecie di erroneo radicamento della competenza, il divieto di remissione al primo giudice previsto dagli artt. 353 e 354 c.p.c.; il giudice di appello, infatti, per non incorrere nella violazione del principio del doppio grado di giurisdizione – che, pur non essendo costituzionalizzato, è stabilito dalla disciplina legislativa ordinaria del processo di cognizione – non può trattenere la causa e deciderla nel merito, salvo che non coincida con quello competente per il primo grado e sussista apposita istanza per la decisione, nel merito e in primo grado, della controversia, con instaurazione di regolare contraddittorio sul punto. Cassazione civile, Sez. VI-III, ordinanza n. 13439 del 1 luglio 2020

L’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. che abbia pronunciato solo su alcune domande o capi della domanda, se non è richiesta dalla parte intimata la pronuncia della sentenza, produce gli effetti di una sentenza definitiva sull’intero oggetto del giudizio; ne consegue che le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse a una diversa pronuncia, ed il giudice di secondo grado, se richiesto, deve provvedere anche sulle domande o sui capi della domanda per i quali è mancata una decisione di merito, mentre la sentenza successivamente pronunciata dal tribunale nello stesso giudizio è nulla, ma l’appello su quest’ultima decisione, limitato a contestare soltanto tale vizio processuale e non il merito della sentenza, deve essere dichiarato inammissibile, perché l’errore denunciato non potrebbe comportare una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c. Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 10097 del 28 maggio 2020

Se la sentenza di appello dispone la rimessione al primo giudice, il termine per la riassunzione del processo decorre dalla notificazione della sentenza o, in mancanza, dalla scadenza del termine generale previsto dall’art. 327 c.p.c.; qualora la sentenza contenga un mero errore materiale, il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dall’annotazione in calce dell’ordinanza di correzione purchè si tratti di errore non chiaramente percepibile ed idoneo ad ingenerare legittimi dubbi sul contenuto della decisione, non anche nel caso in cui sia irrilevante ai fini della corretta interpretazione del “dictum” e del “decisum” del giudice di appello. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto che il termine per la riassunzione decorresse dall’annotazione della correzione dell’errore materiale della sentenza di appello circa l’indicazione del giudice di primo grado al quale era stato rimesso il giudizio). Cassazione civile, Sez. Lav., sentenza n. 20996 del 6 agosto 2019

La sentenza del giudice d’appello che dichiari sussistente la giurisdizione negata dal giudice di primo grado e rimetta l’intera causa dinanzi a lui, a norma dell’art. 353, comma 1, c.p.c., deve intendersi riferita a tutte le domande proposte nel giudizio di primo grado, ma la statuizione sulla giurisdizione, ove passata in giudicato, è vincolante nelle successive fasi del processo, senza possibilità di rimetterla in discussione in sede di impugnazione della sentenza emessa sul merito della controversia dal tribunale innanzi al quale la causa sia stata riassunta. Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 10504 del 15 aprile 2019

Il giudice d’appello, qualora rinvii la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c. per integrare il contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario, deve provvedere in ordine alle spese del processo di secondo grado, condannando al loro pagamento la parte riconosciuta soccombente per aver dato causa alla nullità che ha determinato il rinvio. Cassazione civile, Sez. VI-2, ordinanza n. 14495 del 9 giugno 2017

Nel caso di declinatoria parziale di giurisdizione pronunciata dal giudice ordinario a fronte di una domanda risarcitoria, non incorre nel vizio di omessa pronuncia il giudice di appello che, riformando la decisione in ragione della sussistenza della giurisdizione su tutta la controversia, rimetta quest’ultima al giudice di prime cure onde consentirne una cognizione unitaria. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la rimessione al primo giudice, operata dalla corte territoriale in riforma della decisione di primo grado, che aveva declinato la giurisdizione ordinaria per il periodo antecedente al 30 giugno 1998 in merito ad una richiesta di risarcimento dei danni conseguenti al tardivo inquadramento di un dipendente pubblico come dirigente). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 20965 del 17 ottobre 2016

Il giudice di primo grado, cui il giudice d’appello abbia rimesso la causa ai sensi dell’art. 353 cod. proc. civ. per averne riformato la declinatoria di giurisdizione, non può proporre regolamento di giurisdizione d’ufficio, essendo tenuto a statuire sulla domanda. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 3025 del 16 febbraio 2015

Qualora il giudice di primo grado dichiari il difetto di giurisdizione sulla domanda, ritenendo che questa solleciti una pronuncia del giudice amministrativo, il giudice di secondo grado che, pur attraverso una diversa qualificazione della domanda stessa, affermi la giurisdizione negata dalla prima sentenza, deve fare applicazione dell’art. 353 cod. proc. civ., indipendentemente dal fatto che le parti abbiano formulato conclusioni di merito, e rimettere la causa al primo giudice con la conseguenza che, ove a ciò non provveda, statuendo nel merito, la cassazione della relativa pronuncia deve essere disposta direttamente con rinvio al primo giudice. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 11027 del 20 maggio 2014

Il giudice d’appello che affermi la giurisdizione del giudice ordinario, negata dal giudice di primo grado, non può decidere nel merito la causa, ma deve rimetterla al primo giudice, dando luogo in caso contrario ad una sentenza nulla per violazione del principio del doppio grado di giurisdizione; peraltro, quando il procedimento abbia ad oggetto una pluralità di domande, la rimessione al primo giudice è limitata alla causa per la quale sia affermata la giurisdizione, stante il carattere tassativo delle ipotesi in cui essa è consentita, con la conseguenza che, qualora la statuizione sulla domanda per la quale vi è stata rimessione al primo giudice non sia stata fatta oggetto di ricorso per cassazione, non opera l’interruzione del termine per la riassunzione previsto dall’art. 353, terzo comma cod. proc. civ. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5020 del 2 marzo 2009

In caso di rimessione della causa dal giudice di appello a quello di primo grado per l’integrazione del contraddittorio, il termine di sei mesi per la riassunzione del processo decorre, ancorché sia stato diversamente disposto dal giudice, dalla notificazione della sentenza, come disposto dall’art. 353 c.p.c., richiamato dal successivo art. 354, poiché la notificazione è un atto formale che non ammette equipollenti, quali la comunicazione della sentenza stessa, né il giudice può abbreviare i termini perentori fissati dalla legge, in violazione dell’art. 153 c.p.c. In ogni caso la parte onerata della riassunzione deve provvedervi comunque entro il termine generale di un anno dalla pubblicazione della sentenza, a pena di estinzione del processo, in applicazione dell’art. 327 c.p.c., non essendo ipotizzabile che la riassunzione possa avvenire senza prefissati limiti temporali e dovendo coordinarsi l’onere di riassunzione in modo che il termine per provvedervi non scada prima del termine per il ricorso per cassazione, il quale ha un effetto interruttivo sul predetto onere. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 13160 del 5 giugno 2007

L’atto con cui la causa viene riassunta in primo grado dopo che il giudice di appello, in applicazione degli artt. 353 e 354 c.p.c., ne abbia disposto la rimessione, pur spiegando una funzione introduttiva, non è equiparabile all’atto di citazione, in quanto interviene in un procedimento già in precedenza instaurato, con la conseguenza che esso non va notificato alla parte personalmente, ma presso il procuratore della parte costituita in grado di appello, ai sensi degli artt. 125 att. c.p.c. e 170 c.p.c., restando quindi sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2562 del 6 febbraio 2007

Quando, di fronte ad una declinatoria di competenza da parte del giudice di pace in causa esorbitante dai limiti della sua giurisdizione equitativa, venga proposto appello con contestazione della fondatezza della pronuncia, il tribunale, ove la censura sia infondata, è investito dell’esame del merito quale giudice dell’appello in conseguenza del normale effetto devolutivo proprio di tale impugnazione restando escluso sia che la pronuncia sul merito possa considerarsi come resa dal tribunale stesso in primo grado, sia che al rigetto dell’appello sul motivo afferente alla competenza debba seguire la rimessione delle parti avanti allo stesso tribunale quale giudice competente affinché la controversia venga decisa in primo grado. Qualora la censura relativa alla declinatoria di competenza sia, invece, fondata, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice, previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c. e non esistendo una regola omologa a quella, dettata per le sentenze del conciliatore, dall’art. 353, quarto comma, c.p.c., abrogato dall’art. 89, comma primo, della L. n. 353 del 1990, il tribunale, previa declaratoria della nullità della sentenza di primo grado per erronea declinatoria della competenza, deve, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, decidere sul merito quale giudice d’appello e non rimettere le parti avanti al giudice di pace per la rinnovazione del giudizio in primo grado. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 20636 del 22 settembre 2006

Qualora la sentenza d’appello abbia disposto la rimessione delle parti al primo giudice per l’integrazione necessaria del contraddittorio, la regola fissata dall’art. 353, terzo comma, c.p.c., secondo cui se è proposto ricorso per Cassazione il termine per la riassunzione è interrotto, comporta che il giudizio eventualmente riassunto prima della proposizione del ricorso per cassazione deve essere sospeso, in applicazione della norma di cui all’art. 48 c.p.c., che con efficacia di principio generale regola il coordinamento tra il giudizio riassunto e il giudizio di impugnazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5119 del 12 marzo 2004

Il giudice d’appello che, dichiarata la nullità della sentenza impugnata per nullità della notificazione della citazione, ordina la rimessione della causa al giudice di primo grado, non può abbreviare o prorogare il termine di sei mesi per la riassunzione della causa stabilito dall’art. 353, secondo comma, c.p.c., al quale rinvia l’art. 354, terzo comma, c.p.c., neppure se sussista accordo tra le parti, in quanto detto termine ha carattere perentorio. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 6372 del 19 aprile 2003

L’art. 353 c.p.c. — disponendo la regressione della causa al primo giudice, quando questi abbia negato la giurisdizione affermata invece, dal giudice d’appello — è una norma di carattere eccezionale e, quindi di stretta interpretazione, giustificata solo dall’esigenza di assicurare il doppio grado di giurisdizione di merito. Ma questo presupposto viene meno, e con esso la ratio che giustifica l’applicabilità della norma, nell’ipotesi in cui la decisione del primo giudice, sotto l’apparente e impropria formula del difetto di giurisdizione, contenga, in realtà, il rigetto della domanda. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 7339 del 27 luglio 1998

Il giudice di appello che affermi la giurisdizione del giudice ordinario negata dal giudice di primo grado non può decidere nel merito la causa ma deve rimetterla al primo giudice, dando luogo in caso contrario ad una sentenza nulla per violazione del principio del doppio grado di giurisdizione. Peraltro quando il procedimento abbia ad oggetto una pluralità di domande la rimessione al primo giudice, stante il carattere tassativo delle ipotesi in cui essa è consentita, detta rimessione è limitata alla causa per la quale sia affermata la giurisdizione. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 6547 del 3 luglio 1998

Nel caso di rimessione della causa dal giudice di appello a quello di primo grado per l’integrazione del contraddittorio, ove la sentenza non sia stata notificata non può applicarsi per la riassunzione del processo il termine di sei mesi, decorrente dalla data della notifica, previsto nel secondo comma dell’art. 353 c.p.c., ma deve farsi applicazione analogica della norma di cui all’art. 327 c.p.c., con conseguente necessità per la parte di riassumere il giudizio nel termine di un anno dalla data di pubblicazione della sentenza; termine che, in conformità di quanto prevede il terzo comma del citato art. 353 c.p.c., resta interrotto se la sentenza d’appello sia impugnata con ricorso per cassazione. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8437 del 3 settembre 1997

Qualora il giudice di appello, a norma dell’art. 353 c.p.c., emetta sentenza con la quale afferma la giurisdizione del giudice ordinario, negata in primo grado, e rimette le parti davanti al primo giudice, deve anche provvedere sulle spese, non potendosi rinviare la relativa pronuncia ad un momento successivo, in quanto il giudice d’appello, con l’indicata sentenza, chiude il processo davanti a sé. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 9594 del 15 novembre 1994

Il principio, secondo il quale il giudice d’appello, nell’affermare la giurisdizione negata dal giudice di primo grado, deve astenersi dal pronunciare nel merito e rimettere le parti davanti a detto giudice di primo grado, non soffre eccezione quando quest’ultimo abbia anche espresso un giudizio sul fondamento o meno della domanda, trattandosi di valutazione aggiuntiva, non idonea ad integrare situazioni di merito alla stregua della pregiudiziale declinatoria della giurisdizione. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 5469 del 9 novembre 1985

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