Art. 340 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Riserva facoltativa d'appello contro sentenze non definitive

Articolo 340 - codice di procedura civile

Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e dal n. 4 del secondo comma dell’articolo 279, l’appello può essere differito (123 bis att.), qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare (325 ss) e, in ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione (133) della sentenza stessa (129 att.).
Quando sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, l’appello deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non può più farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle altre parti sia proposto immediatamente appello.

Articolo 340 - Codice di Procedura Civile

Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e dal n. 4 del secondo comma dell’articolo 279, l’appello può essere differito (123 bis att.), qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare (325 ss) e, in ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione (133) della sentenza stessa (129 att.).
Quando sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, l’appello deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non può più farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle altre parti sia proposto immediatamente appello.

Massime

Qualora la parte processuale abbia formulato riserva di impugnazione differita della sentenza non definitiva, il termine per la proposizione del gravame dipende da quello utile per l’impugnazione della sentenza definitiva, ed il termine c.d. breve, decorre dalla notificazione della sentenza definitiva, ancorché la sentenza non definitiva non fosse stata notificata. Cassazione civile, Sez. VI-II, ordinanza n. 11857 del 18 giugno 2020

In presenza di cumulo nello stesso processo di domande nei confronti di soggetti diversi, qualora il giudice si pronunci sul merito di una domanda avanzata verso una parte e, adottando un espresso e formale provvedimento di separazione ai sensi dell’art. 279, comma 2, n. 5, c.p.c., dichiari la necessità di ulteriore istruzione in relazione alla pretesa rivolta verso l’altra, la sentenza assume il carattere di pronuncia definitiva nei confronti del primo soggetto e, come tale, è impugnabile da quest’ultimo solo in via immediata e sottratta alla riserva di impugnazione differita ex artt. 340 e 361 c.p.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello che, oltre a pronunciarsi sul merito della domanda proposta nei confronti di una parte appellata respingendo l’appello, aveva altresì regolato le spese di lite del grado e, contestualmente, provveduto a separare la causa nei confronti dell’altra appellata, rispetto alla quale aveva emesso decisione non definitiva su alcune questioni preliminari, rinviando la disamina del merito all’esito di ulteriore istruttoria). Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 22854 del 13 settembre 2019

Affinché la riserva di impugnazione differita di sentenza non definitiva inserita in una memoria autorizzata produca effetti, non è sufficiente il mero deposito, ma è necessaria la notifica ai procuratori delle parti costituite, o personalmente a quelle che non si siano costituite, poiché l’art. 129 disp. att. cod. proc. civ., prevedendo la dichiarazione a verbale o la dichiarazione scritta su foglio separato allegato al verbale medesimo, quando essa sia esplicitata in udienza, esige la conoscibilità della riserva di gravame. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 26777 del 18 dicembre 2014

Il carattere parziale o non definitivo della sentenza di primo grado comporta che il gravame debba riguardare soltanto la questione dalla stessa affrontata, con la conseguenza, da un lato, che l’appellante non è obbligato a riproporre le altre domande od eccezioni non esaminate in primo grado e, dall’altro, che il giudice di secondo grado, investito dell’appello avverso detta sentenza, ha potere di cognizione limitatamente alla questione con essa decisa, né può, riformando tale pronuncia, procedere all’esame di altre questioni, atteso che la sentenza di riforma resa dallo stesso giudice si inserisce immediatamente, con il suo contenuto decisorio parziale, nel processo eventualmente sospeso od ancora pendente davanti al giudice “a quo”. (Nella specie, sulla base dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato senza rinvio, in applicazione estensiva dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., la sentenza della corte d’appello che, investita dell’impugnazione di una sentenza non definitiva, dopo aver accertato l’ “error in procedendo” in punto di separazione della decisione sull’ “an” da quella sul “quantum debetaur”, aveva esteso la propria cognizione al merito della domanda risarcitoria, rigettandola per carenza di prova, ancorché la stessa fosse ancora oggetto della cognizione del giudice di primo grado). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 6517 del 26 aprile 2012

Allorquando l’appellante, dopo aver fatto riserva di impugnazione contro una sentenza non definitiva, proponga appello avverso la sentenza definitiva, e, pur specificando di indirizzare il proprio gravame contro quest’ultima, investa effettivamente, con i motivi di censura, anche la precedente, deve ritenersi che l’impugnazione sia diretta contro entrambe le pronunce, a nulla rilevando la suddetta limitazione formale che, essendo in contrasto con la concreta intenzione espressa mediante il contenuto sostanziale delle argomentazioni svolte, va ritenuta frutto di un errore materiale. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 3257 del 2 marzo 2012

In tema di impugnazioni, nella ipotesi di cumulo di domande tra gli stessi soggetti, è da considerare non definitiva, agli effetti della riserva di impugnazione differita, la sentenza con la quale il giudice si pronunci su una (o più) di dette domande con prosecuzione del procedimento per le altre, senza disporre la separazione ai sensi dell’art. 279, secondo comma, n. 5), cod. proc. civ., e senza provvedere sulle spese in ordine alla domanda (o alle domande) così decise, rinviandone la relativa liquidazione all’ulteriore corso del giudizio. Tale criterio formale di identificazione è applicabile anche per le pronunce declinatorie della giurisdizione, poichè vale a fondare l’affidamento della parte nella possibilità che, ricorrendo tali condizioni, la sentenza sia suscettibile di riserva di impugnazione differita. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 9441 del 28 aprile 2011

In tema d’impugnazione delle sentenze emesse nelle controversie di lavoro il principio secondo il quale, in caso di riserva di gravame della pronuncia non definitiva, la parte ha l’onere di proporne l’impugnazione unitamente a quella definitiva ai sensi dell’art. 340 c.p.c. trova applicazione anche nel rito del lavoro, con la conseguenza che l’impugnazione immediata della sentenza non definitiva in tale ipotesi è inammissibile, pur non essendo precluso alla parte dopo la sentenza definitiva, l’esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 17233 del 22 luglio 2010

Qualora, in sede di appello, sopravvenga la sentenza definitiva e la parte che aveva fatto riserva di impugnazione avverso la precedente sentenza non definitiva la notifichi alla controparte ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, a carico della parte notificante decorre il termine breve per l’impugnazione della sentenza non definitiva, con la conseguenza che, ove venga impugnata dall’altra parte la sentenza definitiva e la parte che aveva fatto riserva di impugnazione proponga ricorso incidentale contro la non definitiva, tale ricorso va considerato soggetto al regime giuridico di cui al secondo comma dell’art. 334 c.p.c., ove al momento della sua notificazione risulti già decorso il suddetto termine breve (con conseguente perdita di ogni efficacia). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10432 del 6 maggio 2009

In tema di riserva facoltativa di appello contro sentenze non definitive, la riserva manifestata da una parte, in caso di soccombenza parziale di più parti, non giova anche alle altre nel caso in cui a loro volta non abbiano formulato riserva, in quanto il sistema complessivo previsto dalla legge processuale rimette ad ogni singola parte un’autonomo potere di scelta fra riserva d’impugnazione e impugnazione immediata, non vincolando le altre parti alla riserva compiuta da una di esse, ma consentendo a ciascuna, anche dopo la formulazione della riserva ad opera delle altre, di proporre impugnazione immediata, rendendo priva di effetto la riserva già formulata. Ne deriva che, se alle parti che abbiano formulato la riserva è precluso il potere di proporre impugnazione immediata, mentre tale potere non è precluso alle parti che non abbiano formulato la riserva, ciò implica il carattere soggettivo della riserva d’impugnazione, in analogia con il carattere soggettivo, in via generale, dell’acquiescenza. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 20892 del 31 luglio 2008

La parte, la quale abbia formulato la riserva di impugnazione differita di una sentenza non definitiva, non ha l’onere, quando sia sopravvenuta la sentenza definitiva, di impugnare ambedue le sentenze, e ciò sia in ragione della finalità dell’istituto della riserva e dell’impugnazione differita, che è quella di impedire la vanificazione del principio dell’unicità del processo di impugnazione, sia perché gli artt. 340, comma 1, e 361, comma 1, c.p.c. non prevedono alcun criterio di collegamento formale o sostanziale tra le diverse impugnazioni, sia, infine, perché risulta dall’art. 129 disp. att. c.p.c. che la caducazione degli effetti procrastinatori della riserva ed il determinarsi del dies a quo per l’impugnazione della sentenza non definitiva, non sono ontologicamente connessi alla pronuncia della sentenza definitiva e a fortiori alla sua impugnazione, ma rimangono esclusivamente ancorati al prodursi di un evento cui l’ordinamento giuridico riconduce quegli effetti. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 9339 del 10 aprile 2008

In tema di impugnazione, il termine per la riserva di gravame, a pena di decadenza stabilito dall’art. 340 c.p.c. (e per il ricorso per cassazione dall’art. 361 c.p.c.) non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza non definitiva, non può essere prorogato o differito, essendo perciò del tutto irrilevante che la prima udienza sia stata di mero rinvio o di trattazione.

Nel sistema di riserva facoltativa d’impugnazione contro sentenza non definitiva, la mancata dichiarazione di riserva o la sua irritualità o tardività producono la decadenza del diritto oggetto della riserva, ma non precludono l’esercizio del potere di impugnazione della sentenza non definitiva, secondo le regole generali. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 212 del 9 gennaio 2007

In tema d’impugnazioni, la tempestiva formulazione della riserva di cui all’art. 340 c.p.c., che consente alla parte di differire la proposizione del gravame avverso la sentenza non definitiva senza incorrere nella decadenza per l’inosservanza del termine perentorio previsto per l’impugnazione, non costituisce manifestazione della volontà della parte d’impugnare, che pertanto dovrà essere formulata in modo espresso e specifico con il gravame proposto contro la sentenza non definitiva, non essendo al riguardo sufficiente la sola impugnazione avverso quella definitiva. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9397 del 6 maggio 2005

La riserva di appello relativa alle sentenze non definitive si può formulare in forma libera purché espressa, entro il termine per appellare o, sempre che questo non sia ancora scaduto, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza stessa, e deve essere sciolta quando viene emanata la sentenza definitiva. L’inammissibilità dell’appello proposto, ove tardivo, può essere dichiarata anche d’ufficio dal giudice d’appello, o in mancanza, può essere rilevata in Cassazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 13085 del 14 luglio 2004

La sospensione del giudizio di primo grado a seguito di appello immediato avverso sentenza non definitiva può essere disposta dal giudice istruttore esclusivamente su concorde istanza delle parti, a norma dell’art. 279, quarto comma, c.p.c., e non in applicazione analogica dell’art. 295 c.p.c., attese sia la natura eccezionale di tale ultima norma, sia la mancanza di una lacuna normativa (essendo la fattispecie regolata dal richiamato art. 279, quarto comma), nè in forza di un potere discrezionale di sospensione, non più configurabile a seguito della modifica degli artt. 42 e 295 c.p.c. ad opera degli artt. 6 e 35 della legge 26 novembre 1990, n. 353. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 419 del 14 gennaio 2004

La riserva di impugnazione, generalmente inammissibile riguardo a sentenza non definitiva contenente solo statuizioni sulla competenza (impugnabile soltanto con regolamento di competenza), è eccezionalmente ammessa nei confronti della sentenza pronunziata dal giudice di pace, non soggetta — ai sensi dell’art. 46 c.p.c. — a regolamento di competenza, ma ricorribile per cassazione se pronunziata entro il limite di valore di lire due milioni, in virtù del combinato disposto degli artt. 113, secondo comma, 339, terzo comma, e 360, primo comma, c.p.c., purché sussistano tutti i requisiti formali e sostanziali di tale mezzo di gravame. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto, dopo la scadenza del termine annuale dalla pubblicazione, avverso sentenza non definitiva del giudice di pace, affermativa della competenza, per difetto del requisito formale della tempestiva formulazione della riserva di impugnazione ai sensi dell’art. 361 c.p.c.). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 12425 del 23 agosto 2002

L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile, ma non preclude, dopo la sentenza definitiva, l’esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5282 del 12 aprile 2002

In caso di pronuncia di sentenza non definitiva, il passaggio in giudicato della medesima (non impugnata e non fatta oggetto di riserva di appello ai sensi dell’articolo 340 c.p.c.) preclude che con l’appello avverso la successiva sentenza definitiva sia fatto valere il vizio di forma della procura, trattandosi di questione pregiudiziale che, costituendo necessario presupposto della pronuncia di merito, è coperta dal giudicato. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10606 del 10 agosto 2000

In un giudizio che si svolge nei confronti di una pluralità di parti, la sentenza con la quale una di essa venga estromessa dal processo che continua con le altre assume carattere definitivo in relazione al contenuto obiettivo di tale statuizione e perciò l’eventuale riserva di gravame contro la stessa formulata è senza effetto e non dispensa il soccombente dall’onere di proporre l’impugnazione immediata per impedire il passaggio in giudicato della pronuncia. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6870 del 25 maggio 2000

In caso di mancato esercizio della facoltà di riserva dell’impugnazione differita, la sentenza non definitiva può essere impugnata entro i termini per appellare previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c., e perciò, in caso di mancata comunicazione o notificazione di essa, entro un anno dalla sua pubblicazione, a nulla rilevando che l’art. 340 c.p.c. preveda la possibilità di esercitare la facoltà di impugnazione differita fino alla prima udienza successiva alla comunicazione, giacché tale articolo prevede che detta facoltà vada esercitata a pena di decadenza entro il termine per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione, col chiaro intento non di dilatare i termini di impugnazione previsti dai citati artt. 325 e 327 c.p.c., bensì di restringerli, nel caso in cui la prima udienza successiva alla comunicazione intervenga prima dello scadere di essi, senza che tale interpretazione della citata norma possa ritenersi pregiudizievole per i diritti di difesa della parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva impugnata dopo il decorso di un anno dal deposito, ancorché detta sentenza non risultasse comunicata). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 4285 del 6 aprile 2000

La sentenza definitiva con la quale il giudice si sia limitato ad affermare la propria competenza è impugnabile unicamente con il regolamento di competenza nei modi e nei termini di cui all’art. 47 c.p.c., non essendo contro detta decisione ammessa riserva di impugnazione differita. Consegue che la sentenza d’appello, in mancanza di una tempestiva impugnativa avverso la sentenza non definitiva sulla competenza, illegittimamente dichiara l’incompetenza del giudice di primo grado. (La S.C. ha affermato il principio indicato in sede di regolamento avverso la sentenza d’appello pronunziata all’esito dell’impugnazione della sentenza definitiva del tribunale. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10025 del 9 ottobre 1998

La riserva di impugnazione, per spiegare il proprio duplice effetto — di consentire contemporaneamente l’impugnazione della sentenza non definitiva e di quella definitiva e di precludere alla parte, dopo la riserva, di proporre l’impugnazione immediata — deve essere formulata in maniera chiara ed univoca, costituendo manifestazione della volontà di rinunciare all’impugnazione immediata. (Nella specie, il difensore aveva dichiarato di fare riserva di proporre ricorso per cassazione differito «salva la facoltà di proporre il ricorso anche prima una volta in possesso di copia della sentenza». La Suprema Corte ha ritenuto che la dichiarazione fosse espressa in modo ambivalente e perplesso, riferendosi tanto all’impugnazione differita che a quella immediata e contrastando tra loro le due parti della dichiarazione medesima). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 6194 del 8 luglio 1996

L’ammissibilità dell’appello differito avverso la sentenza non definitiva, nei cui confronti sia stata formulata riserva d’impugnazione, non è subordinata all’ammissibilità dell’appello proposto nei confronti della sentenza definitiva, in quanto il differimento delle impugnazioni proponibili nei confronti della sentenza non definitiva e l’onere di proporle «unitamente» a quelle contro le successive sentenze definitive (o non definitive immediatamente impugnate), sono gli unici elementi, formali e sostanziali, di collegamento tra le impugnazioni in questione. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 331 del 17 gennaio 1996

La riserva di impugnazione differita formulata avverso una sentenza non definitiva, che, ai sensi del primo comma degli artt. 340 e 361 c.p.c., preclude alla parte che l’ha fatta la facoltà di proporre l’impugnazione immediata (che, pertanto, se proposta, deve essere dichiarata inammissibile), rimane priva di effetti — a norma dell’ultimo comma dell’art. 361 c.p.c. (oltre che dell’art. 340 dello stesso codice, che ha lo stesso contenuto), il cui fine è quello di evitare che il giudice superiore, in difformità con quanto previsto dall’art. 335 c.p.c., emetta, sulle impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza, più decisioni in tempi diversi ed a conclusione di distinti processi — quando una delle altre parti del giudizio abbia proposto immediata impugnazione contro la sentenza non definitiva. Tale disposizione deve essere peraltro interpretata nel senso che essa presuppone che l’altra parte, immediatamente impugnante, non abbia formulato, a sua volta, la riserva di impugnazione, con la conseguenza che, ove invece si verifichi quest’ultima ipotesi, tutte le impugnazioni, in quanto precedute dalla riserva, devono essere dichiarate inammissibili.La riserva di impugnazione differita formulata avverso una sentenza non definitiva, che, ai sensi del primo comma degli artt. 340 e 361 c.p.c., preclude alla parte che l’ha fatta la facoltà di proporre l’impugnazione immediata (che, pertanto, se proposta, deve essere dichiarata inammissibile), rimane priva di effetti — a norma dell’ultimo comma dell’art. 361 c.p.c. (oltre che dell’art. 340 dello stesso codice, che ha lo stesso contenuto), il cui fine è quello di evitare che il giudice superiore, in difformità con quanto previsto dall’art. 335 c.p.c., emetta, sulle impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza, più decisioni in tempi diversi ed a conclusione di distinti processi — quando una delle altre parti del giudizio abbia proposto immediata impugnazione contro la sentenza non definitiva. Tale disposizione deve essere peraltro interpretata nel senso che essa presuppone che l’altra parte, immediatamente impugnante, non abbia formulato, a sua volta, la riserva di impugnazione, con la conseguenza che, ove invece si verifichi quest’ultima ipotesi, tutte le impugnazioni, in quanto precedute dalla riserva, devono essere dichiarate inammissibili. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12034 del 21 novembre 1995

Nel caso di impugnazione immediata di sentenza non definitiva, il successivo passaggio in giudicato della decisione resa in sede di giudizio di rinvio, dopo la cassazione della relativa decisione di appello, determina una separazione del giudizio rispetto a quello per la cui decisione sia proseguito il processo originario, con la conseguenza che la cognizione sull’appello avverso la sentenza conclusiva di quest’ultimo spetta, dopo quel giudicato, al giudice competente secondo i criteri ordinari, senza che sussistano le condizioni per la configurazione di una vis attractiva della competenza del giudice officiato dalla Corte di cassazione del suddetto giudizio di rinvio. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4933 del 27 aprile 1993

Nel sistema di riserva facoltativa di impugnazione contro sentenza non definitiva, la mancata dichiarazione di riserva nella prima udienza istruttoria successiva alla comunicazione della sentenza o l’irritualità della riserva stessa producono soltanto la decadenza dal diritto che è oggetto della riserva e, perciò, della facoltà di impugnazione differita, ma non precludono l’esercizio del potere d’impugnazione immediata, da esperirsi entro il termine per l’impugnazione a norma degli artt. 325 e 327 c.p.c. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12753 del 28 novembre 1992

La riserva di impugnazione formulata nella prima udienza successiva a sentenza non definitiva, va intesa, ancorché formulata in termini generici, come riserva di impugnazione differita, ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 340 e 361 c.p.c., in considerazione della non configurabilità e, comunque, della superfluità di una riserva in ordine all’esercizio dell’impugnazione immediata. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 652 del 20 gennaio 1992

Il carattere parziale o non definitivo della sentenza di primo grado che (senza definire giudizio) abbia deciso una questione preliminare comporta che il giudice di secondo grado investito dell’appello avverso tale decisione, ha potere di cognizione limitatamente alla questione decisa dalla sentenza appellata, né può, riformando tale pronuncia, procedere all’esame di altre questioni, e che la sentenza di riforma resa dallo stesso giudice si inserisce immediatamente, con il suo contenuto decisorio parziale, nel processo rimasto pendente in primo grado ed eventualmente sospeso ai sensi dell’ultima parte del penultimo comma dell’art. 279 c.p.c. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 595 del 18 gennaio 1992

La parte che abbia fatto riserva di appello differito contro una sentenza non definitiva è obbligata a proporre l’appello in dipendenza dell’appello di altro soccombente, senza alcuna possibilità di potersi giovare della riserva di gravame in precedenza formulata, atteso il chiaro disposto dell’art. 340 c.p.c., che conserva efficacia a tale riserva a condizione che nessuna delle altre parti si avvalga della facoltà di impugnazione immediata. Pertanto, (in caso di appello di altro soccombente) la mancata impugnazione di chi abbia formulato la riserva – da effettuarsi anche nelle forme dell’impugnazione incidentale tardiva – determina il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva nella parte non impugnata. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 12160 del 22 dicembre 1990

Nel sistema di riserva facoltativa di impugnazione contro sentenza non definitiva, come la mancata dichiarazione tempestiva di riserva comporta soltanto decadenza dalla facoltà di impugnazione differita e non preclude l’esercizio del potere di impugnazione immediato (entro il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., ovvero, in difetto di notificazione della sentenza, entro quello annuale decorrente, ex art. 327 stesso codice, dalla pubblicazione della sentenza medesima), così la tempestiva formulazione della riserva non costituisce manifestazione della volontà di impugnare, ma semplice strumento di conservazione del relativo potere, sostituendo al dovere di osservare il termine di decadenza l’onere di proporre il gravame insieme con quello contro la sentenza che definisce il giudizio. Consegue che, anche qualora sia stata formulata riserva di gravame contro la sentenza parziale, l’onere suddetto deve essere assolto con l’inequivoca manifestazione della volontà di impugnare tale sentenza, non essendo a ciò sufficiente la sola impugnazione proposta avverso quella definitiva, atteso la reciproca autonomia, sia formale che sostanziale, delle sue decisioni. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5737 del 13 giugno 1990

La riserva d’impugnazione differita, avverso sentenza non definitiva (nella specie, sull’an debeatur), rientra fra gli atti processuali per il cui compimento il procuratore costituito della parte può farsi sostituire da altro procuratore, iscritto nell’albo del distretto in cui ha sede il giudice adito, purché munito di apposito mandato scritto. Peraltro, qualora il mandato non risulti da atto scritto, l’atto processuale compiuto dal sostituto non è inesistente, ma affetto da nullità, la quale resta sanata, a norma dell’art. 157 c.p.c., se non venga eccepita nella prima difesa od istanza successiva, in sede di prosecuzione del processo davanti al giudice che ha reso la pronuncia non definitiva. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 724 del 6 febbraio 1986

La dichiarazione di riserva di impugnazione avverso la sentenza non definitiva — non avente effetto dispositivo dell’azione ma solo finalità cautelari — può essere effettuata tanto dal procuratore costituito che da altro professionista da quello delegato, in quanto la delegazione professionale, di cui all’art. 9 del R.D.L. n. 1578 del 1933, conferisce al sostituito delegato i poteri del procuratore costituito. Tale delega deve essere redatta in forma scritta, comportando in caso contrario la nullità peraltro sanabile ove venga eccepita nella prima difesa o istanza successiva davanti al giudice che ha reso la pronuncia non definitiva.

Non è consentito alla parte che abbia proposto riserva di appello avverso una sentenza non definitiva proporre, revocando la riserva medesima, immediato gravame, il quale va dichiarato inammissibile, come prematuro esercizio del diritto d’impugnazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 3325 del 4 giugno 1985

La riserva d’appello differito contro la sentenza non definitiva, ai sensi ed agli effetti dell’art. 340 c.p.c., è ravvisabile anche nella dichiarazione colla quale il soccombente esprima genericamente la volontà di impugnare detta sentenza, senza fare esplicita menzione del differimento del gravame, dovendosi questo considerare implicito nella dichiarazione stessa, la quale non avrebbe alcun senso o giustificazione logica se riferita ad un appello immediato (non abbisognante di riserva). Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 744 del 4 febbraio 1985

La riserva di gravame espressa nei riguardi di una sentenza non definitiva non rappresenta la manifestazione di volontà diretta a proporre impugnazione contro la sentenza stessa, ma è unicamente diretta a conservare il potere d’impugnazione, differendone l’esercizio, ed ha l’effetto di sostituire al dovere di osservanza del termine di decadenza l’onere di proporre il gravame insieme con quello contro la sentenza che definisce il giudizio (ovvero con quello che venga proposto dalla stessa o da altra parte contro una successiva sentenza non definitiva). Pertanto, la parte che intenda impugnare anche la sentenza nei riguardi della quale ha avanzato a suo tempo riserva di gravame deve esprimere l’inequivoca volontà di impugnazione avverso tale sentenza, stante l’autonomia della stessa, sia sul piano formale, sia sul piano sostanziale, rispetto a quella definitiva. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 20 del 5 gennaio 1985

Qualora la parte che abbia fatto riserva di appello differito contro una sentenza non definitiva, sia obbligata a proporre appello incidentale in dipendenza dell’appello immediato di altro soccombente, può proporre la sua impugnazione come incidentale tardiva ai sensi dell’art. 334 c.p.c., anche per quell’interesse autonomo che l’aveva legittimata alla riserva d’impugnazione, senza incorrere in decadenza diversa da quella risultante dalla mancata osservanza delle modalità e dei termini previsti dall’art. 343 c.p.c. per l’appello incidentale, rimanendo in particolare irrilevante in ragione del carattere incidentale dell’impugnazione e della pregressa formulazione della riserva, la decorrenza dei termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. per le impugnazioni principali. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5313 del 9 agosto 1983

Nella prima udienza davanti al giudice istruttore successiva a sentenza non definitiva, il procuratore, che dichiari il decesso del proprio rappresentato, può legittimamente formulare riserva di impugnazione differita con dichiarazioni rese in unico contesto, ancorché quella relativa alla riserva di appello segua l’altra, dovendo tale circostanza intendersi alla stregua di un mero fatto di verbalizzazione e come non espressiva del succedersi nel tempo di due distinte attività processuali. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 2247 del 29 marzo 1983

La riserva di gravame contro la sentenza non definitiva sull’an debeatur non comporta che il soccombente, per coerenza con la sua riserva, resti privo della capacità difensiva nella successiva fase del giudizio sul quantum, e cioè non abbia la possibilità di contrapporre le proprie deduzioni e conclusioni a quelle della controparte, nell’ambito dell’indagine che viene intanto condotta per l’ipotesi, sia pur eventuale, di reiezione del gravame preannunciato contro la sentenza non definitiva sull’an debeatur. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 6054 del 20 novembre 1979

La caducazione della riserva facoltativa d’appello contro una sentenza non definitiva per essere stato proposto da taluna delle altre parti appello immediato, non può comportare l’inammissibilità dell’appello successivamente proposto dalla parte che aveva formulato la riserva, quando detta impugnazione intervenga tempestivamente, cioè entro il termine breve ex art. 325 c.p.c. dalla notifica della sentenza ovvero prima del decorso dell’anno dal deposito della sentenza che non sia stata notificata. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1815 del 29 marzo 1979

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