Art. 34 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Accertamenti incidentali

Articolo 34 - codice di procedura civile

Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato (324 e 2909 c.c.) una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui (50, 103, 274, 307).

Articolo 34 - Codice di Procedura Civile

Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato (324 e 2909 c.c.) una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui (50, 103, 274, 307).

Massime

Ai fini della competenza, affinché una questione pregiudiziale possa trasformarsi in una causa pregiudiziale, non è sufficiente che vi sia esplicita richiesta delle parti ex art. 34 c.p.c., ma è necessario che l’istante abbia un interesse a far valere l’accertamento con efficacia autonoma, anche al di fuori del giudizio in corso. Ed infatti la questione pregiudiziale idonea ad incidere sulla competenza del giudice adito, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., postula non solo che sia investito un punto costituente un antecedente logico necessario, di fatto o di diritto, rispetto alla decisione principale, ma anche che tale punto assuma rilievo autonomo, in quanto destinato a proiettare le sue conseguenze giuridiche, oltre che sul rapporto controverso, su altri rapporti, al di fuori della causa, con la formazione della cosa giudicata, a tutela di un interesse che trascende quello inerente alla soluzione della controversia nel cui ambito la questione è stata sollevata. Più in particolare, in tema di questioni pregiudiziali, occorre distinguere quelle che sono tali soltanto in senso logico in quanto investono circostanze che rientrano nel fatto costitutivo del diritto dedotto in causa e devono essere necessariamente decise incidenter tantum, e questioni pregiudiziali in senso tecnico che concerne circostanze distinte ed indipendenti dal dedotto fatto costitutivo, del quale, tuttavia, rappresentano un presupposto giuridico, e che possono dare luogo ad un giudizio autonomo, con la conseguenza che la formazione della cosa giudicata sulla pregiudiziale in senso tecnico può aversi, unitamente a quella sul diritto dedotto in lite, solo in presenza di espressa domanda di parte indirizzata alla soluzione della questione stessa. (Nella specie, la Suprema Corte ha escluso che costituisse una questione pregiudiziale nel senso sopra indicato, la domanda riconvenzionale formulata, nel corso di un giudizio di divisione ereditaria, da parte di uno dei condividenti, di accertamento della sussistenza della sua qualità di mezzadro in relazione ad uno dei fondi rustici oggetto di divisione). Cass. civ. sez. III, , 6 marzo 2001, n. 3248

Con riguardo alla questione pregiudiziale in senso logico, l’efficacia del giudicato copre, in ogni caso, non soltanto la pronuncia finale ma anche l’accertamento che si presenta come necessaria premessa o come presupposto logico-giuridico della pronuncia medesima. Con riguardo, invece, alla questione pregiudiziale in senso tecnico disciplinata dall’art. 34 c.p.c. ed indicante una situazione che pur rappresentando un presupposto dell’effetto dedotto in giudizio è tuttavia distinta ed indipendente dal fatto costitutivo sul quale tale fatto si fonda, detta situazione è oggetto solo di accertamento incidentale (inidoneo a passare in giudicato), tranne che una decisione con efficacia di giudicato sia richiesta per legge o per apposita domanda di una delle parti.  Cass. civ. sez. III, , 19 gennaio 1999, n. 462

In difetto di un’espressa previsione di legge o della domanda di una delle parti, le questioni pregiudiziali debbono essere decise non con efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., ma incidenter tantum, sicché non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti che siano interessati alla stessa questione.  Cass. civ. sez. III, 19 luglio 1995, n. 7872

Qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, come previsto dall’art. 34 c.p.c., posto che tale norma è intesa a disciplinare il profilo dell’individuazione della competenza per materia o per valore del giudice dell’intera causa in caso di pregiudizialità in senso tecnico e non già soltanto in senso logico giuridico.  Cass. civ. sez. III 15 maggio 2018, n. 11754

La richiesta del convenuto di accertamento con efficacia di giudicato ex art. 34 cod. proc. civ. di un rapporto pregiudicante deve essere ritualmente formulata con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, mentre, ove egli abbia dedotto la questione solo in via di eccezione, riservandosi la formalizzazione della domanda in caso di contestazione attorea, la domanda è tardiva (e inammissibile) in quanto, per sciogliere il nesso di subordinazione, occorre attendere la prima udienza di comparizione, nella quale l’attore potrebbe manifestare la sua contestazione. (Nella specie, il convenuto aveva chiesto il rigetto della domanda principale di retratto agrario, eccependo l’esistenza di un contratto di affitto in suo favore e formulando solo in via subordinata, nell’eventualità in cui l’attore avesse contestato l’esistenza del detto contratto, domanda per l’accertamento del rapporto pregiudicante). Cass. civ. sez. VI-III, ord. 24 febbraio 2015, n. 3725

La «esplicita domanda di una delle parti», occorrente, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., per la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale, non esige un’apposita istanza, tecnicamente precisa, ma è pur sempre necessario che essa risulti in modo inequivoco dalle deduzioni e conclusioni della parte interessata. A questo fine – mentre è idonea la richiesta di integrazione del contraddittorio per la decisione di una questione pregiudiziale, avanzata in primo grado, potendo ritenersi insita in tale richiesta la volontà di far decidere la questione con efficacia di giudicato, poiché quando una questione pregiudiziale deve essere decisa con simile efficacia il contraddittorio va integrato nei confronti degli altri soggetti di cui sia necessaria la presenza nella causa pregiudiziale – nessun valore ha la doglianza mossa in appello per non avere il primo giudice proceduto a detta integrazione, in assenza di una tale richiesta implicando essa solo l’esame dell’integrità del contraddittorio con riferimento alla situazione esistente in primo grado.  Cass. civ. sez. III, 2 agosto 2000, n. 10130

L’esplicita domanda di una delle parti, occorrente, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., per la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale, deve risultare in modo inequivoco dalle deduzioni e conclusioni della parte interessata. Conseguentemente, qualora il conduttore, convenuto per il rilascio dell’immobile locato, neghi l’esistenza del rapporto di locazione ed assuma di avere posseduto il bene uti dominus senza una espressa domanda di riconoscimento della conseguente usucapione, deve escludersi la configurabilità di una causa pregiudiziale, ai termini del citato art. 34, con la previsione di una competenza per materia ex artt. 7 e 15 c.p.c. Cass. I, 5 giugno 2007, n. 13173.

La domanda di accertamento incidentale con efficacia di giudicato in ordine a questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., presuppone, ai fini del suo accoglimento, che l’istante dimostri un interesse effettivo il quale travalichi quello relativo al giudizio in corso, e cioè che detta questione sia idonea ad influire altresì su liti diverse e di prevedibile insorgenza fra le stesse parti, o anche su altri rapporti e altri soggetti, non potendosi altrimenti turbare o ritardare il corso del processo, agli effetti dell’art. 111 Cost. Cass. civ. sez. III, 3 aprile 2013, n. 8093

Ai sensi dell’art. 34 c.p.c., affinché una questione pregiudiziale debba essere decisa con effetto di cosa giudicata, non basta l’esplicita richiesta di una delle parti, ma è necessario che l’istante abbia un interesse a far valere l’accertamento con efficacia autonoma, anche al di fuori del giudizio in corso. Pertanto, ove l’accertamento della natura locatizia di un rapporto e della soggezione di esso al regime vincolistico sia stato chiesto con funzione strumentale al fine dell’accoglimento della domanda diretta alla dichiarazione di efficacia delle clausole di adeguamento del canone, tale accertamento va compiuto incidenter tantum dal pretore, competente sulla domanda principale. Cass. civ. sez. III, 17 gennaio 1981, n. 433

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