Art. 338 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione

Articolo 338 - codice di procedura civile

L’estinzione del procedimento di appello (307 ss, 359) o di revocazione nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 fa passare in giudicato (324) la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto (186 bis, 186 ter, 393; 129 att.).

Articolo 338 - Codice di Procedura Civile

L’estinzione del procedimento di appello (307 ss, 359) o di revocazione nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 fa passare in giudicato (324) la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto (186 bis, 186 ter, 393; 129 att.).

Massime

Nel giudizio di appello, la rinuncia all’impugnazione da parte dell’appellante equivale a rinuncia all’azione e pertanto non necessita, a differenza della rinuncia agli atti, di accettazione da parte dell’appellato; anche ad essa si applica tuttavia la regola dell’art. 306, comma 4, c.p.c., secondo cui il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, con esclusione di qualunque potere del giudice di totale o parziale compensazione. Cassazione civile, Sez. VI-II, ordinanza n. 5250 del 6 marzo 2018

In tema di estinzione del processo di appello, dalla quale deriva, ai sensi dell’art. 338 c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, il termine di prescrizione dell’”actio iudicati” decorre non già dal momento in cui è intervenuto l’evento estintivo, ma dalla declaratoria di estinzione del processo, ossia da quando si dà luogo all’effetto estintivo, in quanto il combinato disposto degli artt. 2945 c.c. e 338 c.p.c., letto alla luce del principio di ragionevolezza nonché del principio del contraddittorio, impone che il “dies a quo” debba coincidere con la pronuncia che ha reso le parti partecipi dello stesso evento. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 23156 del 11 ottobre 2013

La disposizione di cui all’art. 338 c.p.c., che disciplina la sorte del giudizio in cui venne emessa la sentenza impugnata nei casi previsti dai numeri 4 e 5 dell’art. 395 c.p.c., laddove il procedimento di revocazione si estingua, esplica i propri effetti soltanto se non sia stato proposto avverso la stessa sentenza ricorso per cassazione, atteso che, in presenza di una duplicità di impugnazioni, come prevista dall’art. 398, quarto comma, c.p.c., il giudizio di legittimità sarà suscettibile di essere condizionato solo da una decisione di merito, passata in giudicato, presa nel contemporaneo procedimento di revocazione. Ne consegue che la mera dichiarazione di estinzione del processo di revocazione, essendo priva di effetti decisori del merito ed esaurendosi in una consumazione della “facultas impugnandi”, non può produrre lo stabilizzarsi della sentenza d’appello ancora soggetta al sindacato di legittimità. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 12495 del 19 luglio 2012

Il provvedimento con cui il giudice del gravame dispone una consulenza tecnica d’ufficio è, per sua natura, revocabile e funzionale allo svolgimento di un’attività istruttoria, e non ha un contenuto decisorio bensì meramente ordinatorio. Ne consegue che, nel caso in cui il giudizio d’appello venga successivamente dichiarato estinto per mancata riassunzione nel termine all’uopo fissato, l’ordinanza ammissiva del predetto accertamento peritale non può farsi rientrare tra i provvedimenti pronunciati nel corso del procedimento estinto, menzionati nell’art. 338 c.p.c., che modificano la sentenza impugnata, e pertanto non preclude il passaggio in giudicato di quest’ultima in conseguenza dell’estinzione del giudizio di impugnazione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 19639 del 7 ottobre 2005

La rinuncia al ricorso per cassazione comporta l’estinzione del procedimento e questa, ai sensi dell’art. 338 c.p.c. – il quale esprime un principio di carattere generale valido anche per il giudizio di cassazione, – comporta l’effetto automatico del passaggio in giudicato della sentenza impugnata; nè impedisce (in tutto o in parte) detto effetto la conciliazione della controversia intervenuta tra le parti al di fuori del procedimento e non fatta valere al suo interno, atteso che tale efficacia parzialmente o totalmente impeditiva è attribuita dal citato art. 338 c.p.c. soltanto ai «provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto». Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 2534 del 20 febbraio 2003

L’art. 338 c.p.c., nello stabilire che la estinzione del procedimento di appello fa passare in giudicato la sentenza impugnata, fa salvi i soli casi in cui, di quest’ultima, risultino «modificati gli effetti» con provvedimenti pronunciati nel corso del procedimento estinto, operando, così, un riferimento esclusivo ad atti (le sentenze non definitive, processuali o di merito, pronunciate in appello) di carattere non meramente ordinatorio che abbiano inciso sulle statuizioni della sentenza di primo grado, operandone una sostituzione ovvero una parziale modificazione. Non integra gli estremi di tali ipotesi la sentenza di appello che, limitandosi a dichiarare l’incompetenza del tribunale, non pone alcuna premessa per la prosecuzione del processo fino alla decisione nel merito, ma rende soltanto incontestabile l’incompetenza dichiarata — salva l’impugnazione della relativa pronuncia — e la competenza del giudice da essa indicata in caso di tempestiva riassunzione del procedimento. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento ad una pronuncia del giudice di appello dichiarativa della incompetenza del tribunale che aveva, nella specie, rigettato un’opposizione a decreto ingiuntivo dichiarandolo esecutivo. La Corte ha, ancora, stabilito che, alla sentenza di appello, non poteva riconoscersi l’effetto di un implicito riconoscimento dell’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, potendo tale effetto essere determinato solo dal giudice del rinvio a seguito della trasmigratio iudicii, non verificatasi la quale, per mancata riassunzione del giudizio dinanzi a quest’ultimo, l’unica conseguenza processuale risultava l’estinzione del procedimento di appello ed il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5799 del 11 giugno 1998

Qualora una sentenza contenente la condanna del soccombente al pagamento delle spese giudiziali sia stata appellata ed il giudizio di appello, riassunto da una delle parti a seguito della mancata costituzione di entrambe, sia stato successivamente cancellato dal ruolo per inattività delle medesime, la sentenza stessa costituisce un valido titolo esecutivo ai fini del procedimento di esecuzione forzata per il pagamento delle spese giudiziarie in essa liquidate. All’ordinanza di cancellazione, infatti, consegue l’automatica estinzione del giudizio di appello ed il conseguente passaggio in giudicato della sentenza appellata, e tale estinzione può essere rilevata incidenter tantum dal giudice investito dell’opposizione a precetto con il quale il soccombente lamenti la mancanza di titolo esecutivo. Né tale dichiarazione è impedita dal fatto che, nel giudizio di appello, il collegio abbia, con apposita ordinanza, pronunziata la nullità del provvedimento di estinzione emesso dall’istruttore dopo la cancellazione della causa, in quanto detta ordinanza, limitando i suoi effetti al solo provvedimento di estinzione, non ha inciso su quello anteriore di cancellazione, ma al contrario, ha ripristinato la situazione processuale conseguente a quest’ultimo, alla quale va appunto collegata l’automatica estinzione del giudizio di appello. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1605 del 22 giugno 1966

Istituti giuridici

Novità giuridiche