Se la sentenza di appello dispone la rimessione al primo giudice, il termine per la riassunzione del processo decorre dalla notificazione della sentenza o, in mancanza, dalla scadenza del termine generale previsto dall’art. 327 c.p.c.; qualora la sentenza contenga un mero errore materiale, il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dall’annotazione in calce dell’ordinanza di correzione purchè si tratti di errore non chiaramente percepibile ed idoneo ad ingenerare legittimi dubbi sul contenuto della decisione, non anche nel caso in cui sia irrilevante ai fini della corretta interpretazione del “dictum” e del “decisum” del giudice di appello. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto che il termine per la riassunzione decorresse dall’annotazione della correzione dell’errore materiale della sentenza di appello circa l’indicazione del giudice di primo grado al quale era stato rimesso il giudizio). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 20996 del 6 agosto 2019
In tema di impugnazione, nel caso in cui su una sentenza risulti apposta un’unica data relativa alla sua pubblicazione con attestazione del competente cancelliere, non rileva, ai fini dell’individuazione del termine ordinario ex art. 327 c.p.c. (per il quale deve, perciò, farsi riferimento al dato temporale dell’intervenuta pubblicazione), il mero previo inserimento della sentenza nel registro cronologico, qualora manchino l’attestazione di altra data di deposito da parte del cancelliere e, quindi, la scissione temporale tra il momento del deposito e quello della pubblicazione (che devono, peraltro, essere, di regola, coincidenti), che ricorre nell’eventualità che siano apposte due distinte date di deposito (in tale ultima ipotesi trovando applicazione il principio sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18569 del 2016). Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza n. 7635 del 18 marzo 2019
Ai fini dell’individuazione del termine di impugnazione, annuale o semestrale, in rapporto al discrimine temporale segnato dall’inizio del giudizio prima o dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della l. n. 69 del 2009, che all’art. 46, comma 17, ha ridotto da un anno a sei mesi il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., deve farsi riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito di primo grado e non a quella dell’eventuale procedimento cautelare ad esso antecedente. Cassazione civile, Sez. Lavoro, ordinanza n. 6951 del 11 marzo 2019
In tema di redazione della sentenza in formato digitale, la pubblicazione, ai fini della decorrenza del termine cd. “lungo” di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c., si perfeziona nel momento in cui il sistema informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiché è da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati. Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza n. 2362 del 29 gennaio 2019
In tema di impugnazioni, il contumace può interporre gravame avverso la sentenza che lo abbia visto soccombente dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione, a condizione che egli dia la prova sia della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.) sia della non conoscenza del processo a causa di detta nullità. Il medesimo contumace ha, quindi, l’onere di dimostrare l’esistenza di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa data e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, senza che, però, possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l’inversione dell’onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall’impugnazione. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8 del 3 gennaio 2019
In tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. “lungo” di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati. Cassazione civile, Sez. II, ordinanza n. 24891 del 9 ottobre 2018
Il cd. termine lungo per l’impugnazione della sentenza previsto dall’art. 327 c.p.c. decorre dalla data di pubblicazione, cui la norma espressamente si riferisce, ossia dal giorno del suo deposito ufficiale presso la cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, attestato dal cancelliere, che costituisce l’atto mediante il quale la decisione viene ad esistenza giuridica, mentre alcuna rilevanza assumono, in mancanza di tale adempimento, la data di deposito della sola minuta, perché mero atto interno all’ufficio che avvia il procedimento di pubblicazione, e quella di inserimento del provvedimento nel registro cronologico, con l’attribuzione del relativo numero identificativo. Cassazione civile, Sez. VI-II, ordinanza n. 18586 del 13 luglio 2018
In tema di appello, al fine di valutare l’applicabilità del termine semestrale introdotto dalla l. n. 69 del 2009, occorre avere riguardo, secondo i principi generali in tema di litispendenza, al momento in cui la notifica del ricorso introduttivo del giudizio si è perfezionata con la ricezione dell’atto da parte del destinatario e non a quello in cui la notifica è stata richiesta all’ufficiale giudiziario o il plico è stato spedito a mezzo del servizio postale secondo la procedura di cui alla l. n. 53 del 1994. Cassazione civile, Sez. VI-V, ordinanza n. 19959 del 10 agosto 2017
In materia di controversie soggette al rito del lavoro, l’art. 429, comma 1, c.p.c., come modificato dall’art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 – applicabile “ratione temporis” – prevede che il giudice all’udienza di discussione decide la causa e procede alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, sicché, in analogia con lo schema dell’art. 281-sexies c.p.c., il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza; viceversa, nella residuale ipotesi di particolare complessità della controversia, in cui il giudice fissi un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell’art. 430 c.p.c., il termine decorrerà dalla comunicazione alle parti dell’avvenuto deposito da parte del cancelliere. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 13617 del 30 maggio 2017
La decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della data di trattazione dell’udienza e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa. Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 5946 del 8 marzo 2017
Ai sensi dell’art. 327 c.p.c., la decadenza dall’impugnazione per decorso del termine lungo (oggi semestrale) dalla pubblicazione della sentenza, si verifica “indipendentemente dalla notificazione”, e pertanto anche nel caso in cui – effettuata la notificazione della sentenza – il termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c. venga a scadere in un momento successivo alla scadenza del termine lungo. Cassazione civile, Sez. VI-3, sentenza n. 6187 del 30 marzo 2016
Il computo del termine di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c p.c. è operato, ai sensi degli artt. 155, comma 2, c p.c. e 2963, comma 4 c.c., non “ex numero” bensì “ex nominatione dierum”, sicché, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel periodo, il termine scade allo spirare della mezzanotte del giorno del mese corrispondente a quello in cui il termine ha cominciato a decorrere. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 17313 del 31 agosto 2015
In tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudice abbia ordinato, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la discussione orale della causa ed abbia quindi pronunciato sentenza a conclusione della stessa, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza ex art. 176 c.p.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 17311 del 31 agosto 2015
In caso di doppia data – di deposito e di pubblicazione – apposta dal cancelliere sulla sentenza, si intende rimessa in termini e non decaduta la parte che abbia proposto l’impugnazione nel termine “lungo” decorrente non dalla data di deposito, ma dalla successiva data di pubblicazione, qualora emerga dagli atti, anche per implicito, che dall’attestazione del deposito non sia derivata la conoscenza della sentenza (cfr. Corte cost. sent. n. 3 del 2015). Cassazione civile, Sez. VI-2, sentenza n. 10675 del 22 maggio 2015
In tema di ricorso per cassazione, ai fini della decorrenza del termine lungo, ex art. 327 cod. proc. civ., ove sulla sentenza siano state apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento contiene soltanto la minuta del provvedimento, e l’altra di pubblicazione, occorre avere riguardo – secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata in forza della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2015 – alla seconda annotazione, cui consegue l’effettiva pubblicità della sentenza con il compimento delle operazioni prescritte dall’art. 133 cod. proc. civ., quali misure volte a garantire la conoscibilità della decisione, essenziale per l’esercizio del diritto di difesa. Cassazione civile, Sez. VI-lav., sentenza n. 6050 del 25 marzo 2015
La mancanza della data di pubblicazione della sentenza non è causa di nullità ove la cancelleria del competente ufficio giudiziario ne abbia annotato l’avvenuta pubblicazione nel registro cronologico, l’abbia trasmessa all’ufficio del registro degli atti giudiziari ed abbia comunicato alle parti costituite l’avvenuto deposito della decisione, cosicché la parte interessata abbia potuto tempestivamente impugnare la pronuncia a lei sfavorevole. La data di pubblicazione della sentenza, infatti, indica il “dies a quo” per l’impugnazione nel termine stabilito dall’art. 327 cod. proc. civ. e non assume rilievo tutte le volte in cui l’impugnazione stessa risulti tempestivamente proposta, senza trascurare, altresì, che, alla stregua di quanto disposto dall’art. 156 cod. proc. civ., le formalità di pubblicazione della sentenza, indicate nel primo comma dell’art. 133 dello stesso codice, non sono previste dalla legge a pena di nullità. Cassazione civile, Sez. VI-5, sentenza n. 118 del 9 gennaio 2015
L’art. 327 cod. proc. civ. opera un non irragionevole bilanciamento tra l’indispensabile esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche e il diritto di difesa, poiché l’ampiezza del termine (nella specie annuale, secondo la formulazione della norma vigente “ratione temporis”) consente al soccombente di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda e la decorrenza, fissata avuto riguardo alla pubblicazione, costituisce corollario del principio secondo cui, dopo un certo lasso di tempo, la cosa giudicata si forma indipendentemente dalla notificazione della sentenza ad istanza di parte, sicché lo spostamento del “dies a quo” dalla data di pubblicazione a quella di comunicazione non solo sarebbe contraddittorio con la logica del processo, ma restringerebbe irrazionalmente il campo di applicazione del termine lungo di impugnazione alle parti costituite in giudizio, alle quali soltanto la sentenza è comunicata “ex officio”. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 26402 del 16 dicembre 2014
Il termine annuale di decadenza per l’impugnazione della sentenza non notificata, stabilito dall’art. 327 cod. proc. civ., non resta sospeso nel caso in cui l’originale del provvedimento soggetto ad impugnazione sia andato distrutto o smarrito dopo la sua pubblicazione e dello stesso sia stata disposta la ricostruzione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18333 del 27 agosto 2014
In tema di ricorso per cassazione, il “dies a quo” per il computo del termine lungo, ex art. 327 cod. proc. civ., decorre dalla pubblicazione della sentenza di appello, che si considera eseguita con la certificazione del suo deposito, mediante apposizione, in calce al documento, della data e della firma del cancelliere. Peraltro, ove il cancelliere abbia apposto in calce al documento due date diverse, l’una attestante il deposito e l’altra la pubblicazione della sentenza, ai fini del computo del menzionato termine occorre procedere ad un accertamento di fatto per verificare il momento dell’effettiva completezza della sentenza, con riferimento ai suoi elementi essenziali, primo fra tutti la sottoscrizione del giudice estensore e del presidente del collegio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la tempestività del ricorso per cassazione a far data dalla pubblicazione della sentenza di appello in ragione della prova fornita dal ricorrente in ordine alla mancata sottoscrizione della minuta da parte presidente alla data del deposito della stessa). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 9482 del 30 aprile 2014
Il principio di ultrattività identifica il rito da seguire nell’impugnazione, in base all’apparenza della natura del provvedimento impugnato, ma la relativa inosservanza non determina, di per sé, l’inammissibilità del gravame, che, in quanto sanzione tipica, non può essere applicata fuori dei casi espressamente previsti. Ne consegue che il giudice deve verificare in concreto se, per effetto di tale “error in procedendo”, l’impugnazione è tardiva o priva dei requisiti funzionali di attivazione di una qualunque forma di contraddittorio, ogni altra nullità potendo essere sanata dal raggiungimento dello scopo. Cassazione civile, Sez. VI-2, ordinanza n. 4217 del 21 febbraio 2014
La proposizione dell’impugnazione tardiva ai sensi dell’art. 327, secondo comma, cod. proc. civ. è idonea a fare venire meno il giudicato in precedenza formatosi, qualora il giudice del gravame la riconosca ammissibile, con la conseguenza che ove il giudizio d’impugnazione si estingua senza che sull’ammissibilità dell’appello sia intervenuta alcuna espressa pronuncia in tal senso, il giudicato non può che risalire al momento in cui sono scaduti i termini per l’impugnazione. (Fattispecie relativa alla Convenzione in tema di riconoscimento ed esecuzione delle sentenze civili tra Italia e Argentina, firmata a Roma il 9 dicembre 1987, ratificata con legge 22 novembre 1988, n. 532, che all’art. 22, par. 1, lett. d, subordina il riconoscimento all’assenza di altra sentenza dell’altro Paese fra le stesse parti avente lo stesso oggetto, senza che occorra, per negare il riconoscimento, che quest’ultima sentenza sia passata in giudicato). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3541 del 14 febbraio 2014
La valida notifica della sentenza al contumace involontario nel grado, benché effettuata dopo l’anno dalla sua pubblicazione, è idonea a far decorrere il termine breve per proporre la sola impugnazione ordinaria, (nella specie, il ricorso per cassazione) ed, a tal fine, devono sussistere sia la condizione oggettiva della nullità degli atti, di cui all’art. 327 c.p.c., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di essa, con prova a carico del contumace, salva l’inesistenza della notificazione, nel qual caso, invece, è onere di chi eccepisca che la parte ha avuto di fatto conoscenza del giudizio fornire la relativa prova. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 20975 del 27 novembre 2012
Qualora la sentenza presenti, oltre la sottoscrizione del giudice e del relatore, due date diverse, entrambe apposte con timbro datario della cancelleria ed affiancate dall’indicazione “depositato in cancelleria”, al fine di individuare il giorno di deposito, dal quale decorre il termine di decadenza dell’impugnazione ex art. 327 c.p.c., occorre far riferimento alla data cronologicamente precedente, poiché l’annotazione del deposito della sentenza, dopo le sottoscrizioni del presidente e del relatore, deve intendersi apposta sull’originale della stessa ed è perciò escluso che tale documento possa essere qualificato come semplice minuta e che l’annotazione possa essere riferita alla previsione del primo comma dell’art. 119 disp. att. c.p.c.. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 24178 del 17 novembre 2011
L’art. 327, primo comma, c.p.c., che prevede la decadenza dall’impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza, è espressione di un principio generale, diretto a garantire certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che trova applicazione anche nei casi in cui sia tardivamente dedotto un “error in procedendo” che comporti la nullità della sentenza, senza che possa invocarsi l’applicazione analogica del secondo comma dell’articolo citato, concernente la parte contumace che dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c., dato che non vi è alcuna lacuna da colmare nel sistema processuale. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 15262 del 12 luglio 2011
L’impugnazione tardiva di cui all’art. 327 c.p.c. è consentita non già per il solo fatto che si sia verificata una nullità nella notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma quando tale nullità abbia causato l’incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio in capo al destinatario, con la conseguenza che la parte alla quale l’atto di appello sia stato notificato personalmente, invece che presso il domicilio eletto ex art. 170 c.p.c., non può avvalersi della impugnazione tardiva ex art. 327 c.p.c.. Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 12004 del 31 maggio 2011
In tema di impugnazioni, se è vero che è onere dell’impugnante dare la prova della tempestività dell’impugnazione, tuttavia, a norma dell’art. 2697 cod. civ., la parte che nell’impugnazione di una sentenza intenda avvalersi del termine annuale di cui all’art. 327 cod. proc. civ. ha solo l’onere di dimostrare – attraverso la produzione della sentenza munita della certificazione della sua pubblicazione – che questa è avvenuta entro l’anno precedente l’atto impugnatorio e non anche che la sentenza stessa non le sia stata notificata (prova negativa impossibile, non prevedendo il sistema processuale l’annotazione, sull’originale della sentenza, della sua notificazione, ma solo – all’art. 123 disp. att. cod. proc. civ. – della sua eventuale impugnazione), mentre incombe alla parte cui sia stato notificato un atto di impugnazione entro il predetto termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., qualora eccepisca la necessità dell’osservanza del termine breve e l’avvenuto superamento del medesimo, provarne il momento di decorrenza. A tal fine è necessaria la produzione della copia autentica della sentenza impugnata corredata dalla relata di notificazione, integrata, nel caso di notificazione a mezzo posta, dall’avviso di ricevimento della raccomandata, che non ammette equipollenti, con la conseguenza che la mancata produzione di tali documenti determina l’inesistenza della notifica della sentenza, impedendo il decorso del termine breve di impugnazione. Cassazione civile, Sez. VI-2, sentenza n. 7761 del 5 aprile 2011
Quando sull’originale di una sentenza figuri una doppia attestazione da parte del cancelliere, il quale dà atto che essa è stata depositata in una certa data e pubblicata in una data successiva, ai fini del computo del c.d. termine lungo per l’impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. civ. occorre fare riferimento alla data di deposito e non a quella di pubblicazione, in quanto è solo la prima che integra la fattispecie di cui all’art. 133 cod. proc. civ., mentre la successiva pubblicazione si collega ad attività che il cancelliere è obbligato a compiere per la tenuta dei registri di cancelleria o per gli avvisi alle parti dell’avvenuto deposito. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 7240 del 30 marzo 2011
L’art. 327, primo comma, c.p.c. trova applicazione anche al ricorso per cassazione avverso le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche (TSAP), tenuto conto che l’art. 202, primo comma, del testo unico sulle acque pubbliche, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, rinvia, per la proposizione di tale ricorso, alle norme del codice di procedura civile; ne consegue che il termine annuale previsto dalla citata disposizione del codice di rito decorre dalla pubblicazione della sentenza del TSAP, indipendentemente dalla notificazione, onde è inidonea a segnare un diverso “dies a quo” la successiva notifica della sentenza che sia avvenuta a cura del cancelliere del Tribunale superiore a norma dell’art. 183 del citato testo unico n. 1775 del 1933. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 21197 del 5 ottobre 2009
Ai fini della decorrenza del termine annuale per l’impugnazione, occorre avere riguardo al momento in cui, ai sensi dell’art. 133, comma 2, c.p.c., la sentenza è resa pubblica mediante il deposito risultante dall’annotazione apposta dal cancelliere in calce alla sentenza, la quale costituisce atto pubblico la cui efficacia probatoria, ai sensi dell’art. 2700 c.c., può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso. (Nell’enunciare il suddetto principio, la S.C. ha escluso la rilevanza della diversa attestazione del cancelliere “sentenza pubblicata” con timbro avente data successiva a quella in cui la sentenza risultava depositata in cancelleria). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 17290 del 23 luglio 2009
L’art. 327 c.p.c., estendendo la propria efficacia all’intero ordinamento processuale, si applica anche alle sentenze delle commissioni tributarie di primo e secondo grado, le quali, pertanto, non possono essere impugnate ove sia trascorso un anno dalla loro pubblicazione; il termine in questione decorre dal deposito della sentenza, senza che assuma alcun rilievo la comunicazione del relativo avviso da parte della cancelleria, a meno che la parte rimasta contumace non dimostri di non avere avuto alcuna conoscenza del processo; ai fini dell’accertamento di tale conoscenza, è sufficiente che sia nota la proposizione del ricorso, desunta dalla proposizione di un’istanza di differimento dell’udienza di trattazione. Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 16004 del 8 luglio 2009
La parte che, essendo a conoscenza del processo, volontariamente sia rimasta contumace, ha l’onere di impugnare la sentenza nel termine di decadenza previsto dal primo comma dell’art. 327 c.p.c., che la legge prescrive a tutela della certezza delle relazioni giuridiche, non essendo tutelato dall’ordinamento l’eventuale interesse della medesima parte alla astratta applicazione delle regole del processo, e cioè a far valere l’irregolarità della citazione dopo la scadenza del predetto termine di decadenza. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 26755 del 19 dicembre 2007
L’impugnazione proposta ai sensi dell’art. 327, secondo comma, c.p.c. è inammissibile qualora il contumace, che ne ha l’onere, non provi la sussistenza di una delle nullità indicate dalla norma di rito e della mancata conoscenza fattuale del processo, dovuta alla specifica nullità dedotta, in ragione di un dimostrato nesso di causalità. Ciò posto, l’esecuzione, in violazione della disposizione di cui all’art. 330, primo comma, c.p.c., della notifica dell’atto di appello alla parte personalmente nel suo domicilio reale, e non al procuratore costituito presso il quale essa abbia eletto domicilio, se integra una delle nullità previste dall’art. 327, secondo comma, c.p.c., non ha tuttavia la potenziale attitudine di impedire una conoscenza minima del processo da parte del contumace, non legittimando quindi la proposizione oltre l’ordinario termine annuale dell’impugnazione della sentenza emessa in esito a quel processo. Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 7316 del 29 marzo 2006
L’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini all’uopo stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi di carattere generale e, come tale, è insanabile, oltre che rilevabile d’ufficio. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 6983 del 5 aprile 2005
La decadenza dell’impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza è espressione di un principio generale che trova applicazione anche quando sia (tardivamente) dedotto un errore che investa di nullità la sentenza, senza che possa invocarsi un’applicazione analogica dell’art. 327, comma secondo c.p.c., atteso che il termine di decadenza annuale è preordinato ad assicurare la certezza e stabilità delle situazioni giuridiche, onde una impugnazione oltre il suddetto termine può aversi solo ed esclusivamente nella ipotesi prevista dalla citata norma, dovendo qualsiasi altra ipotesi di nullità essere fatta valere con un’impugnazione tempestiva ex art. 161 c.p.c. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 19576 del 29 settembre 2004
Il primo comma dell’art. 327 c.p.c. (che fissa il termine dell’anno dalla pubblicazione della sentenza per la proposizione dei mezzi di impugnazione ordinari indipendentemente dalla notificazione), analogicamente applicabile anche al di fuori delle situazioni di contumacia e nei giudizi che iniziano con ricorso (nella fattispecie, si trattava di procedimento camerale per la dichiarazione dello stato di insolvenza di ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, su ricorso del commissario liquidatore ai sensi dell’art. 202 legge fall.), non trova applicazione quando il contumace dimostri di non avere avuto conoscenza del processo, per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità degli atti di cui all’art. 292 c.p.c., sicché il contumace è onerato tanto della prova della nullità della citazione o della relativa notificazione, quanto di quella della non conoscenza del processo a causa di dette nullità; tuttavia la prova relativa a quest’ultima circostanza non è necessaria allorché vi sia nullità della notificazione della citazione, essendo detto vizio, salvo prova contraria, tale da impedire alla parte di acquisire la notizia dell’esistenza stessa del giudizio, con la conseguenza che in tal caso, dal momento che è la rituale notificazione dell’atto introduttivo a determinare la conoscenza legale del giudizio, la nullità di tale notificazione dà luogo alla presunzione di non conoscenza del processo, incombendo, quindi, a chi eccepisce la tardività l’onere di provare che la controparte abbia avuto detta conoscenza di fatto nonostante quella nullità. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 17014 del 26 agosto 2004
Il termine annuale di impugnazione della sentenza, previsto dall’art. 327 c.p.c., decorre dalla pubblicazione della sentenza stessa, e cioè nel rito del lavoro non dalla data di lettura del dispositivo in udienza, ma da quella del deposito in cancelleria del testo completo della sentenza, a seguito del quale soltanto può proporsi l’impugnazione, salvo il caso particolare dell’appello con riserva di motivi, di cui all’art. 433, secondo comma, c.p.c. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11630 del 22 giugno 2004
In tema di decadenza del convenuto contumace dal diritto di impugnazione, per decorrenza del termine annuale stabilito dall’art. 327 c.p.c., qualora in esito all’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è suscettibile di esame in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, venga accertato in base alle circostanze del caso concreto (anche d’ufficio, in considerazione della natura pubblicistica della decadenza medesima) che, nonostante la nullità della citazione o della sua notificazione, il convenuto abbia avuto comunque conoscenza del processo, l’inutile decorso del termine annuale comporta l’inammissibilità dell’impugnazione. Tale regola processuale trova applicazione anche nei confronti di uno Stato estero, ancorché l’acquisizione della conoscenza di fatto del processo sia avvenuta – secondo l’accertamento del giudice di merito – al di fuori delle speciali formalità di notificazione degli atti giudiziari ed extragiudiziari previste da convenzioni internazionali, atteso che l’inosservanza di tali formalità può assumere rilevanza esclusivamente ai fini della validità delle notificazioni, determinando eventualmente la consequenziale nullità dei relativi procedimenti, ma non esclude che lo Stato estero, mediante i suoi organi rappresentativi, sia venuto comunque a conoscenza del processo in via di fatto, in base ad oggettive circostanze apprezzate dal giudice o ad atti di comunicazione che, a prescindere dalla formale idoneità ad integrare gli effetti di una notificazione, abbiano la naturale ed intrinseca capacità di informare lo Stato destinatario dell’esistenza del procedimento. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 10038 del 25 maggio 2004
L’impugnazione tardiva di cui al secondo comma dell’art. 327 c.p.c. trova applicazione nel solo caso del convenuto contumace il quale, prima che abbia a maturare il termine generale annuo di decadenza di cui al primo comma dell’art. 327 c.p.c., non abbia avuto, a causa dell’originaria nullità della citazione o della notifica di essa, notizia alcuna del procedimento; tale disciplina derogatoria, pertanto, non trova applicazione allorché, prima del maturare di detto termine, il convenuto, sebbene contumace involontario, abbia comunque avuto notizia del procedimento attraverso la notifica della sentenza, effettuata a lui personalmente, notifica che è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 19037 del 12 dicembre 2003
Il termine annuale di impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c. (insuscettibile di sospensione feriale nelle controversie in materia di lavoro e previdenziali) è stabilito a pena di decadenza e decorre in ogni caso dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, senza che rilevi l’omessa comunicazione da parte del cancelliere (a carico del quale può dar luogo solo ad una sanzione disciplinare), atteso che l’ampiezza del termine annuale consente al soccombente di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda, facendo uso della diligenza dovuta in rebus suis, dovendo pertanto ritenersi manifestamente infondata la denunzia di contrasto tra l’art. 327 cit. e l’art. 24 Cost. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11910 del 7 agosto 2003
Il termine di impugnazione per far valere, ai sensi dell’art. 161, primo comma, c.p.c., la nullità della sentenza pronunciata in un giudizio proseguito nonostante l’automatica interruzione conseguente alla morte del convenuto, verificatasi dopo la notificazione dell’atto di citazione ma prima della costituzione, è, nel caso di mancata notifica della sentenza stessa agli eredi del convenuto, di un anno (art. 327 c.p.c.) decorrente dal momento in cui i predetti ne abbiano avuto in qualsiasi modo conoscenza, dovendosi equiparare la posizione degli eredi a quella del contumace che non abbia avuto cognizione del processo per nullità della citazione o della sua notificazione; né tale disciplina appare in contrasto con i principi di uguaglianza e di garanzia della difesa, di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione, posto che gli interessati, una volta venuti a conoscenza della sentenza da impugnare, devono imputare alla propria negligenza la non tempestiva proposizione del gravame. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 7699 del 16 maggio 2003
L’art. 327, primo comma, c.p.c., il quale prevede la decadenza della impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza, indipendentemente dalla notificazione di questa, è espressione di un principio di ordine generale, diretto a garantire certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che trova applicazione anche nel caso in cui sia (tardivamente) dedotto un error in procedendo (nella specie, la emissione della sentenza nonostante la interruzione del giudizio per il decesso dell’avvocato del convenuto) che investe di nullità la sentenza che si intende impugnare, senza che possa trovare applicazione in via analogica la disposizione del secondo comma dello stesso art. 327 c.p.c., concernente la parte contumace che dimostri di non aver conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c. Detto regime manifestamente non si pone in contrasto con il principio costituzionale del diritto di difesa, non sussistendo alcuna violazione di esso, attesa la disponibilità dei relativi mezzi. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 11264 del 30 luglio 2002
A norma dell’art. 327, secondo comma c.p.c., il soccombente rimasto contumace può impugnare la sentenza anche dopo il decorso dell’anno allorché la notificazione della citazione sia stata effettuata per compiuta giacenza. Infatti, la valutazione della validità della notificazione della citazione va compiuta sulla base della norma risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 326 del 1998 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 secondo e terzo comma della legge n. 890 del 1982 e non alla stregua della norma anteriormente alla dichiarazione d’incostituzionalità. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5962 del 23 aprile 2001
Nel rito del lavoro la tempestività dell’appello, anche in relazione al termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., va riscontrata con riferimento alla data del deposito del ricorso introduttivo presso la cancelleria del giudice di secondo grado e non a quella della successiva notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione dell’udienza, con la conseguenza che, quando quel deposito sia avvenuto entro l’anno della pubblicazione della sentenza impugnata, la successiva notificazione, benché eseguita oltre l’anno dal deposito della sentenza, resta soggetta al disposto dell’art. 330, primo comma, c.p.c., e alla relativa indicazione del procuratore della parte (e non della parte personalmente) come destinatario della notificazione. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 8995 del 5 luglio 2000
In caso di proposizione di una domanda giudiziale personalmente nei confronti di persona dichiarata fallita non ricorrono i motivi di nullità (della citazione o della sua notificazione) previsti dall’art. 327, secondo comma, c.p.c., ed inoltre non è impedita la conoscenza della pendenza del processo da parte del convenuto; conseguentemente non è giustificata la proposizione da parte di quest’ultimo dell’impugnazione contro la sentenza pronunciata nel relativo giudizio oltre il termine annuale decorrente dalla sua pubblicazione. (Nella specie il soggetto, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla S.C., era stato convenuto personalmente sia per il giudizio di primo grado che per quello d’appello ed era ritornato in bonis prima della scadenza del termine lungo per l’impugnazione di quest’ultima sentenza). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 8523 del 22 giugno 2000
Il termine annuale di decadenza per l’impugnazione della sentenza non notificata, stabilito dall’art. 327, c.p.c., non resta sospeso nel caso in cui l’originale del provvedimento soggetto ad impugnazione sia andato distrutto o smarrito e dello stesso sia stata disposta la ricostruzione. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 8315 del 19 giugno 2000
Per il disposto dell’art. 327 c.p.c., la decadenza dall’impugnazione, per il decorso del termine annuale dalla pubblicazione della sentenza, si verifica indipendentemente dalla notificazione di questa e pertanto anche nel caso in cui effettuata nell’anno la notificazione della sentenza, tenuto conto della sospensione feriale, non sia ancora decorso il termine breve di impugnazione decorrente dalla data di tale notifica. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8191 del 16 giugno 2000
La rinuncia all’eccezione di decadenza dalla impugnazione (per violazione del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.), effettuata dalla parte successivamente alla sua proposizione, non esime la Corte di cassazione dal dichiarare l’inammissibilità del gravame, quando ne ricorrano i presupposti, essendo la stessa eccezione rilevabile d’ufficio e non afferendo al potere dispositivo della parte. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11570 del 14 ottobre 1999
Il termine annuale per l’impugnazione della sentenza, decorrente dalla data del suo deposito, trova applicazione anche nei confronti delle parti contumaci, qualora non ricorrano le condizioni ostative di cui all’art. 327, secondo comma, c.p.c., senza che, a fronte della portata inequivoca di questa ultima disposizione, possa darsi all’art. 292, quarto comma, c.p.c., valore diverso da quello di semplice indicazione delle modalità di esecuzione (“alla parte personalmente”) della notificazione della sentenza nei confronti della parte contumace. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 26 del 5 febbraio 1999
In tema di impugnazioni, al contumace è riconosciuta la facoltà di interporre gravame avverso la sentenza (che lo abbia visto soccombente) dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione a condizione che egli fornisca tanto la prova della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.), quanto quella della non conoscenza del processo a causa di detta nullità. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 31 del 7 gennaio 1999
In tema di impugnazioni, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all’art. 327, comma primo, c.p.c., che va calcolato ex nominatione dierum ai sensi dell’art. 155, comma secondo, stesso codice, devono aggiungersi i 46 giorni di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (primo agosto – quindici settembre di ciascun anno) calcolati ex numeratione dierum ai sensi del combinato disposto degli artt. 155 comma primo e 1, comma primo, della legge 742/69. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3112 del 24 marzo 1998
La formalità della pubblicazione della sentenza, non avvenuta autonomamente, può ritenersi attuata con l’atto che necessariamente la presuppone, quale l’apposizione della formula esecutiva in calce alla sentenza, da parte del cancelliere che avrebbe dovuto provvedere alla sua pubblicazione, con la conseguenza che dalla data di tale attività decorre il termine annuale per l’impugnazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2604 del 25 marzo 1997
La decadenza dall’impugnazione per il decorso del termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c. si verifica indipendentemente dalla notificazione della sentenza e, pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto entro i sessanta giorni dalla notificazione della decisione, ma oltre un anno dalla sua pubblicazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8857 del 12 agosto 1995
In tema di decadenza del convenuto contumace dal diritto di impugnazione, per decorrenza del termine annuale stabilito dall’art. 327 c.p.c., qualora in esito all’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è suscettibile di esame in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, venga accertato (anche d’ufficio in considerazione della natura pubblicistica della decadenza medesima) che nonostante la nullità della citazione o della sua notificazione il convenuto abbia avuto comunque conoscenza del processo, l’inutile decorso del termine annuale dal giorno della suddetta conoscenza, se successiva alla data di pubblicazione della sentenza, comporta l’inammissibilità dell’impugnazione, a nulla rilevando in senso contrario né che la conoscenza sia stata acquisita dal convenuto personalmente e direttamente anziché a ministero di un difensore o procuratore, giacché l’assenza di questo si collega necessariamente alla contumacia del convenuto, presupposto di applicazione dell’art. 327 c.p.c., né che essa sia l’effetto della notifica a fini esecutivi della sentenza di primo grado, trattandosi di circostanza idonea ad escludere il decorso del termine breve per impugnare, atteso il carattere personale della notificazione, ma non la naturale ed intrinseca capacità di siffatta notifica di informare il suo destinatario della vicenda processuale che lo riguarda. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 8210 del 27 luglio 1995
Stante lo stretto collegamento tra l’art. 327 c.p.c. e l’art. 330 dello stesso codice, l’impugnazione proposta entro il maggior termine risultante dalla applicazione della sospensione dei termini processuali disposta dalla L. n. 742 del 1969 per tutta la durata del periodo feriale (un anno più 46 giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata) costituisce pur sempre impugnazione nel termine fissato dall’art. 327 c.p.c. e, pertanto, essa deve essere notificata nei luoghi indicati dall’art. 330, comma 1, c.p.c. e non alla parte personalmente, come previsto dal comma 3 della norma di cui sopra per il diverso caso della impugnazione proposta oltre il suddetto termine, se ancora ammessa. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 875 del 25 gennaio 1995
Il principio, sancito dall’art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, secondo cui nelle cause di lavoro, soggette al rito speciale previsto dagli artt. 409 ss. c.p.c., i termini processuali, ivi compreso il termine annuale per l’impugnazione della sentenza non notificata, non sono sottoposti a sospensione durante il periodo feriale, deve intendersi riferito all’intero corso del procedimento giudiziale e quindi riguarda anche i termini per proporre ricorso per cassazione, atteso che il citato art. 3, anche nella parte in cui richiama l’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, si riferisce sempre a controversie che abbiano una determinata natura (la quale giustifica l’esigenza di una loro sollecita trattazione) e non già all’organo giudiziario presso il quale pende la controversia medesima. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5932 del 20 giugno 1994
Il termine di cui all’art. 327, primo comma, c.p.c., essendo ragguagliato ad «un anno», scade nello stesso giorno dell’anno successivo a quello del deposito della sentenza e non il trecentosessantacinquesimo giorno da tale data: ne consegue che la circostanza che l’anno in cui deve scadere il termine in questione sia bisestile non ne fa anticipare la scadenza di un giorno. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9911 del 27 agosto 1992
La proposizione dell’impugnazione nel termine di cui all’art. 327 c.p.c. si perfeziona — stante la sua natura ricettizia — solo nel momento in cui l’atto medesimo è portato a conoscenza dell’altra parte nella forma legale della notificazione effettuata nei modi previsti dal codice di rito, e non invece nel momento in cui l’atto viene consegnato all’ufficiale giudiziario. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 8840 del 22 luglio 1992
La prevenzione operata con l’impugnazione principale fa sì che ogni altra impugnazione debba essere proposta nelle forme del ricorso incidentale, per cui la parte intimata con il ricorso principale non può più avvalersi a tal fine del termine previsto dall’art. 327 c.p.c., ma ha soltanto diritto a proporre impugnazione incidentale, anche se sia decorso il relativo termine, mediante controricorso e nel termine stabilito per la notificazione di tale atto. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7272 del 3 luglio 1991
Il termine di un anno per proporre l’impugnazione ex art. 327, primo comma, c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza, e quindi dal suo deposito in cancelleria, e non già dalla comunicazione che di tale deposito dà il cancelliere alle parti ex art. 133, secondo comma, c.p.c. — e per il rito del lavoro à termini dell’art. 430 c.p.c. — trattandosi di attività informativa che resta estranea al procedimento della pubblicazione, della quale non costituisce elemento sostitutivo, né requisito della sua efficacia.
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Il termine di un anno per proporre l’impugnazione ex art. 327, primo comma, c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza, e quindi dal suo deposito in cancelleria, e non già dalla comunicazione che di tale deposito dà il cancelliere alle parti ex art. 133, secondo comma, c.p.c. – e per il rito del lavoro à termini dell’art. 430 c.p.c. – trattandosi di attività informativa che resta estranea al procedimento della pubblicazione, della quale non costituisce elemento sostitutivo, né requisito della sua efficacia. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 332 del 18 gennaio 1986
Il termine annuale di decadenza dell’impugnazione, che, ove iniziato a decorrere prima della sospensione durante il periodo feriale, deve prolungarsi di quarantasei giorni per effetto della sospensione medesima (non dovendosi tener conto del periodo compreso fra l’1 agosto ed il 15 settembre), è suscettibile di un ulteriore analogo prolungamento quando l’ultimo giorno di detta proroga venga a cadere dopo l’inizio del nuovo periodo feriale dell’anno successivo, non anche, pertanto, quando cada il 31 luglio, il quale sia giorno non festivo. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 2258 del 2 aprile 1985
L’inammissibilità dell’appello perché proposto oltre il termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., se non rilevata dal giudice del gravame non è soggetta a sanatoria per acquiescenza della controparte, ma deve essere dichiarata, anche d’ufficio, dalla Corte di cassazione. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1650 del 12 marzo 1980
Il termine annuale di decadenza dall’impugnazione è soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, con la conseguenza che, ove il dies a quo ricada in detto periodo, deve tenersi conto, al fine dell’ammissibilità dell’impugnazione, sia dello scorrimento di tale giorno fino al primo giorno dopo il periodo feriale, sia della sospensione del termine durante il periodo feriale del successivo anno solare. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 5066 del 7 novembre 1978