L’articolo 317 del codice di procedura civile, nel prevedere che avanti al giudice di pace la parte possa farsi rappresentare da persona munita di mandato, consente al giudice la verifica formale dell’atto, ma non anche di accertare la presenza dell’eventuale impedimento in vista del quale il mandato è stato eventualmente rilasciato, essendo l’accertamento di un tale limite attinente esclusivamente al rapporto interno fra mandante e mandatario. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10384 del 5 maggio 2006
In tema di procedimento dinanzi al giudice di pace, l’art. 317 c.p.c., nel prevedere che le parti possono farsi rappresentare in giudizio da persona munita di mandato in calce alla citazione o in atto separato, non richiede che la scrittura privata di conferimento sia munita di autenticazione, requisito che è invece stabilito dall’art. 183 c.p.c. per il procedimento dinanzi al tribunale. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8339 del 21 aprile 2005
Nel giudizio dinanzi al giudice di pace le parti possono, a norma dell’art. 317 c.p.c., farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto, ossia stare in giudizio tramite un mandatario con rappresentanza, anche se non munito di potere rappresentativo nel rapporto sostanziale, ma tale facoltà non si estende anche al giudizio di legittimità instaurato avverso la sentenza pronunciata dal giudice di pace, atteso che il citato art. 317 è incluso tra le “disposizioni speciali per il procedimento davanti al giudice di pace” e che esso, avendo carattere derogatorio della disciplina ordinaria in materia di capacità processuale e perciò indubbia natura eccezionale, non può, a norma dell’art. 14 disp. prel. c.c., essere applicato oltre i casi espressamente considerati; ne consegue che va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza del giudice di pace da soggetto munito di un mandato conferente anche il potere rappresentativo sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 48 del 8 febbraio 2001
In tema di procedimenti dinanzi al giudice di pace, l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dalla parte tramite avvocato esercente extra districtum e sottoscritto da quest’ultimo è pienamente legittimo tutte le volte in cui il valore della controversia risulti inferiore a lire un milione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 82, primo comma, c.p.c. — come modificato dall’art. 20 della legge 374/91 — a mente del quale la parte può, in tal caso, stare in giudizio personalmente, e dell’art. 317 stesso codice — come modificato dall’art. 26 della legge 374/91 — secondo il quale la parte stessa può farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce all’atto di citazione o in atto separato. In tal caso, difatti, non rileva la qualifica del sottoscrivente di difensore non abilitato, bensì soltanto quella di «rappresentante munito di mandato scritto in calce all’atto o in atto separato», sì che l’unico presupposto richiesto ex lege per la validità dell’atto de quo è quello che il valore della causa non superi il milione di lire. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 5235 del 21 aprile 2000
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