La clausola contrattuale con la quale le parti indicano la competenza – intesa come frazione o misura della giurisdizione – del giudice, appartenente ad un determinato Stato, ai fini della decisione di eventuali controversie tra le stesse insorte deve essere normalmente intesa, salva specifica ed espressa previsione in senso contrario, come volta a conferire la giurisdizione esclusiva al giudice appartenente al sistema giurisdizionale di quello Stato (e non già a quest’ultimo se ed in quanto dotato di giurisdizione). Invero, secondo un’interpretazione fatta propria anche dalla Corte di giustizia della UE, ai fini dell’attribuzione della giurisdizione è sufficiente che la clausola negoziale individui gli elementi oggettivi su cui le parti si sono accordate per scegliere il giudice al quale esse intendono sottoporre le loro controversie presenti o future. Cass. civ. Sezioni Unite 11 aprile 2017, n. 9283
In tema di foro convenzionale, la clausola riferita a “qualsiasi controversia” deve essere interpretata quale deroga alla competenza ordinaria sia per le pretese fondate sul contratto sia per quelle, aventi ad oggetto la responsabilità aquiliana, in cui il contratto sia solo un fatto costitutivo dell’azione, congiunto ad altri, e, laddove attribuisca al giudice designato competenza esclusiva, non esige, ai fini dell’ammissibilità dell’eccezione, la contestazione di tutti i fori legali alternativamente concorrenti, essendo diretta proprio ad escludere il loro concorso. Cass. civ. sez. VI, 31 marzo 2017, n. 8548
La clausola di deroga della competenza per territorio, stabilita da uno dei contraenti a proprio favore, è valida quando l’altro contraente abbia sottoscritto la dichiarazione con la quale approva specificamente la stessa, senza che sia necessaria anche la sottoscrizione di detta dichiarazione da parte del predisponente. Cass. civ. sez. VI, 21 febbraio 2017 n. 4377
In tema di competenza territoriale derogabile, può ritenersi sussistente un accordo endoprocessuale qualora vi sia una manifestazione espressa delle parti, inequivocamente interpretabile nel senso di una scelta concorde e consapevole di proseguire il giudizio presso un diverso ufficio giudiziario, non essendo sufficiente a tale scopo la circostanza che le parti, nell’eccepire entrambe l’incompetenza del giudice adito e nell’individuare il giudice ritenuto competente sotto i vari profili alternativi di legge, abbiano fornito una o più indicazioni materialmente e fortuitamente coincidenti. Cass. civ. sez. VI, 9 novembre 2016, n. 22869
La clausola contrattuale di deroga della competenza per territorio assolve la funzione di designare l’ufficio giudiziario di maggior prossimità per una delle parti attraverso un rinvio mobile alle norme dell’ordinamento giudiziario che fissano la sede e le articolazioni territoriali del foro prescelto. Ne consegue che la soppressione dell’ufficio giudiziario indicato convenzionalmente non rende inefficace la suddetta clausola, che dovrà intendersi riferita all’ufficio giudiziario che abbia accorpato quello soppresso. Cass. civ. sez. VI- II, 9 luglio 2015, n. 14390,
L’accordo con il quale le parti di un contratto abbiano stabilito una deroga convenzionale alla competenza territoriale non opera nei confronti di chi sia rimasto estraneo all’accordo, a nulla rilevando la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché per il terzo la clausola di deroga è “res inter alios acta”. Pertanto nel contratto a favore di terzo quest’ultimo, non essendo parte né in senso sostanziale né in senso formale, non è tenuto a rispettare il foro convenzionale pattuito tra i contraenti. Cass. civ. sez. VI, ord. 29 ottobre 2013, n. 24415
Nell’ambito delle condizioni generali di contratto, la predisposizione della clausula derogativa della ordinaria competenza territoriale non è inclusa tra i criteri legali di attribuzione del foro convenzionale della qualifica di foro esclusivo; tale qualifica deriva da una dichiarazione espressa o univoca da cui risulti, in modo chiaro e preciso, la concorde volontà delle parti, non solo di derogare all’ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la competenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa. Cass. civ. sez. I 5 luglio 2007, n. 15219
La semplice designazione di un foro territoriale effettuata dalle parti usando l’espressione «deroga al foro territoriale» non è sufficiente per attribuire a detto foro carattere di esclusività, in mancanza di un’enunciazione espressa, la quale non lasci dubbio alcuno sulla comune intenzione delle parti di escludere la competenza dei fori ordinari. Cass. civ. sez. III 30 maggio 2007, n. 12719
Il foro convenzionale può ritenersi esclusivo quando vi sia una dichiarazione univoca ed espressa dalla quale risulti la concorde volontà delle parti non solo di derogare alla ordinaria competenza territoriale, ma anche di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa. Cass. civ. sez. III, 26 febbraio 2002, n. 2874
Non è necessaria la specifica approvazione per iscritto della clausola derogatrice della competenza per territorio qualora risulti che la lettera-contratto sottoscritta dal dipendente non sia la mera riproduzione di uno schema generale precostituito unilateralmente dalla società datrice di lavoro, ma costituisca il risultato di trattative e accordi convenzionali raggiunti in pieno regime di libertà negoziale, con l’attiva partecipazione del dipendente, il quale abbia avuto modo di far valere i suoi particolari interessi, poiché in tal caso il contratto non è assimilabile al tipo dei contratti per adesione o di quelli conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, ma è il risultato di una concreta contrattazione svoltasi in precedenza tra le parti su un piano di parità. Cass. civ. sez. II 28 marzo 2001, n. 4511
L’accordo con il quale le parti di un rapporto contrattuale stabiliscono convenzionalmente il foro territorialmente competente a conoscere delle controversie che dovessero insorgere in relazione al contratto non può che riferirsi a cause aventi ad oggetto il rapporto contrattuale stesso. Ne consegue che, ove il petitum, in relazione alla causa petendi, esuli dall’ambito della competenza territoriale convenzionale, come nel caso in cui una delle parti si dolga di atti di concorrenza sleale attribuiti all’altra, atti che non si configurano come illeciti, non sussiste alcun collegamento con la clausola di deroga alla competenza territoriale, che, pertanto, non trova applicazione, e ciò a prescindere dall’ampiezza della formula usata al riguardo nell’accordo tra le parti. Cass. civ. sez. II 6 ottobre 1999, n. 11122
In tema di competenza per territorio, la clausola contrattuale che renda esclusivo uno dei fori concorrenti di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c., implica, comunque, deroga all’ordinaria competenza dell’autorità giudiziaria a norma del combinato disposto degli artt. 29 e seguenti del codice di rito e 1341 e seguenti del codice civile e, pertanto, ai sensi di tali ultime norme, deve essere specificamente approvata per iscritto. Cass. civ. sez. II, , 29 gennaio 1996, n. 664
La disciplina relativa al foro del consumatore non è applicabile alle controversie relative ai finanziamenti di importo complessivo superiore ad euro settantacinquemila o garantiti da ipoteca su beni immobili. Cass. civ. sez. VI-I, ord. 8 luglio 2016, n. 14090
Ove una domanda sia proposta invocando la sussistenza, dinanzi al giudice adito, del foro del consumatore, l’eccezione sulla competenza territoriale sollevata dal convenuto tesa a negare la qualificabilità e assoggettabilità della controversia – poiché non “di consumo” – a quel foro, implica, ove fondata, l’applicazione delle regole di competenza territoriale derogabile, con la conseguenza che la parte è tenuta a contestare la sussistenza, in capo al giudice adito, di tutti i possibili fori concorrenti per ragione di territorio derogabile, e ad indicare il diverso giudice competente secondo ognuno di essi, dovendo altrimenti ritenersi l’eccezione di incompetenza “tamquam non esset”, perché incompleta, e ciò anche quando il giudice adito ritenga che effettivamente la controversia non sia soggetta al foro del consumatore. Cass. civ. sez. VI-III 14 febbraio 2014, n. 3539
In tema di competenza territoriale nelle cause in materia di proprietà industriale (nella specie, di contraffazione di brevetto), il criterio stabilito dall’art. 120, comma 6, del d.l.vo 10 febbraio 2005, n. 30 (codice della proprietà industriale), che prevede la competenza della “autorità giudiziaria dotata di sezione specializzata nella cui circoscrizione i fatti sono stati commessi”, non è suscettibile di deroga, trattandosi di norma speciale rispetto al “genus” degli artt. 18 e 19 c.p.c., i quali legittimano la deroga per ragioni di connessione, ove siano ricorrenti le condizioni indicate dall’art. 33 c.p.c. in tema di cumulo soggettivo. Cass. civ. sez. VI 13 ottobre 2011, n. 21192
Il contratto di prestazione d’opera professionale concluso tra paziente e medico rientra nell’ambito della disciplina dei contratti del consumatore, anche se il contratto non sia stato concluso per iscritto e il paziente abbia scelto di avvalersi dell’attività di un medico esercente in un luogo diverso dalla sua residenza; ne consegue che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, il paziente poteva proporre la domanda davanti al foro della propria residenza, ai sensi dell’art. 1469-bis, commi 1 e 3, n. 19), cod. civ., prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. codice del consumo) e, successivamente, può formularla dinanzi allo stesso giudice ai sensi dell’art. 33, commi 1 e 2, lett. u) del medesimo d.lgs. (Fattispecie relativa a regolamento di competenza in tema di azione risarcitoria per i danni conseguenti all’inesatta esecuzione da parte del medico di prestazioni odontoiatriche rese in favore di minore). Cass. civ. sez. III, , 20 marzo 2010, n. 6824
Il consumatore convenuto dinanzi a foro diverso da quello suo proprio, il quale eccepisca l’incompetenza territoriale del giudice davanti al quale è stato tratto, ha l’onere di allegare che trattasi di controversia concernente un contratto cui, pur essendo stato oggetto di negoziazione individuale (come nella specie, riguardante un contratto di appalto privato di lavori per ristrutturazione di immobile), trova applicazione la disciplina di tutela di cui agli artt. 33 e ss. del d.l.vo 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo). In presenza di tale allegazione, il professionista, che intenda escludere l’applicazione della anzidetta disciplina di tutela, è onerato della prova che la clausola contrattuale di proroga della competenza, con deroga del foro del consumatore di cui all’art. 33, comma 2, lett. u), del citato d.l.vo n. 206, è stata, ai sensi dell’art. 34 dello stesso d.l.vo, oggetto di specifica trattativa (quale presupposto che rileva, per l’appunto, ai fini della applicazione o meno della disciplina di tutela in questione e non già dell’accertamento della vessatorietà o abusività della clausola), caratterizzata dagli indefettibili requisiti della individualità, serietà ed effettività; ovvero di dare prova idonea a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola medesima, dimostrando che, valutata singolarmente e in connessione con le altre di cui si compendia il contenuto del contratto, nello specifico caso concreto essa non determina un “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, in cui, ai sensi dell’art. 33, comma 1, del d.l.vo citato, viene a sostanziarsi la vessatorietà della clausola. Ne consegue che, in difetto delle prove suddette, la clausola di deroga del foro del consumatore è nulla, anche là dove il foro indicato come competente risulti coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18, 19 e 20 c.p.c. Cass. civ. sez. III, , 20 marzo 2010, n. 6802
Ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente in ordine alle controversie riguardanti la protezione dei dati personali, la previsione dell’inderogabilità del foro del tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento ex art. 152, comma secondo del D.L.vo n. 196 del 2003, riguarda «tutte» le azioni proponibili in applicazione di tale testo normativo, comprese quelle inerenti i provvedimenti del Garante. Pertanto, la domanda riguardante sia la denuncia di violazioni ascrivibili ad una pluralità di convenuti che l’annullamento del provvedimento del Garante, non può essere proposta davanti ad un unico foro ma esclusivamente davanti a ciascuno dei tribunali nel cui territorio hanno sede le singole parti convenute titolari del trattamento, anche per la frazione del provvedimento del Garante relativa a ciascuna violazione, dal momento che lo spostamento della competenza territoriale previsto nell’art. 33 c.p.c. per il cumulo soggettivo di domande si applica solo quando i fori alternativi siano derogabili e facoltativi, e l’inderogabilità della competenza territoriale per tutte le controversie derivanti dall’applicazione del citato D.L.vo n. 196/2003 prevale, limitatamente alla domanda di annullamento dei provvedimenti del Garante, su quella del foro erariale ex art. 25 c.p.c. Cass. civ. sez. III, 8 novembre 2007, n. 23280
L’azione civile contro la discriminazione razziale che, ai sensi dell’art. 44, n. 2 del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, si esercita con ricorso depositato anche personalmente dalla parte nella cancelleria del tribunale del luogo di domicilio dell’istante, configura una ipotesi di competenza territoriale inderogabile ex art. 28 c.p.c. che non può subire modifiche, neppure per ragioni di connessione. Cass. civ. sez. III 19 maggio 2004, n. 9567
La disposizione dettata dall’art. 1469 bis, terzo comma, numero 19, c.c. – che, avendo natura di norma processuale, si applica nelle cause iniziate dopo la sua entrata in vigore, anche se relative a controversie derivanti da contratti stipulati prima – si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti da contratto. (Principio espresso in relazione a controversia – introdotta dopo l’entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che ha aggiunto il citato articolo del codice civile – nascente dal recesso del consumatore da un contratto preliminare di acquisto di una quota di multiproprietà, stipulato nel 1994). Cass. civ. Sezioni Unite 1 ottobre 2003