Art. 238 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Prestazione

Articolo 238 - codice di procedura civile

Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza religiosa (1) e morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false (371 c.p.), e quindi lo invita a giurare.
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: «consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini, giuro…», e continua ripetendo le parole della formula su cui giura (232; 2738 c.c.) (2).

Articolo 238 - Codice di Procedura Civile

Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza religiosa (1) e morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false (371 c.p.), e quindi lo invita a giurare.
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: «consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini, giuro…», e continua ripetendo le parole della formula su cui giura (232; 2738 c.c.) (2).

Note

(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 334 dell’8 ottobre 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, seconda proposizione, limitatamente alle parole «religiosa e».
(2) La Corte costituzionale, con sentenza n. 334 dell’8 ottobre 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, limitatamente alle parole «davanti a Dio e agli uomini».

Massime

In tema di giuramento decisorio, non comportano nullità la mancata verbalizzazione della formula e l’omessa pronuncia della parola «giuro » atteso che detta nullità, ipotizzabile solo nei casi tipizzati dalla legge a norma dell’art. 156 c.p.c., non è prevista dagli artt. 238 e 239 c.p.c., sempre che l’atto presenti tutti i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo per il quale è stato introdotto, a norma dell’art. 156, terzo comma, c.p.c. (Fattispecie relativa all’attestazione, nel verbale di prestazione negativa del giuramento decisorio deferito sull’intervenuto recesso del lavoratore per dimissioni, dell’affermazione «nego » anziché l’affermazione solenne «giuro e giurando nego » in controversia in cui l’atto aveva raggiunto lo scopo cui era diretto, di obbligare il dichiarante ad affermare/negare le circostanze dedotte nei capitoli dell’avversario e ad assumersi piena responsabilità, a tutti gli effetti di legge, della propria dichiarazione ). Cass. civ. sez. lav. 12 novembre 2008, n. 27026

In tema di giuramento decisorio, il giudice di merito deve accertare soltanto se il giuramento sia stato o meno prestato in conformità alla formula con la quale è stato deferito. Cass. civ. sez. II 11 ottobre 2004, n. 20124

Al fine della validità del giuramento non è necessario che il giurante pronunci direttamente la formula fissata dall’articolo 238, comma 2, del c.p.c., essendo sufficiente che il medesimo, chiamato a giurare, dica «lo giuro», dopo che il giudice gli abbia letto detta formula, concretizzando e riassumendo la parola «giuro» la ratio dell’efficacia di prova legale attribuita dalla legge al mezzo istruttorio in esame. Cass. civ. sez. II 2 giugno 2000, n. 7422

All’ipotesi di mancata prestazione del giuramento decisorio di cui all’art. 239 c.p.c. è legittimamente assimilabile quella dell’aver apportato il deferito modifiche della formula ammessa dal giudice tali da alterarne l’originaria sostanza e dell’aver su tale formula modificata prestato il proprio giuramento, la relativa valutazione rientrando nell’apprezzamento di fatto del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità ove congruamente motivata. Cass. civ. sez. II 24 maggio 2004, n. 9927

Il giuramento decisorio deve considerarsi prestato anche quando il giurante abbia apportato alla formula del giuramento aggiunte e varianti che ne costituiscano semplici chiarimenti senza alterarne la sostanza. Il relativo giudizio di valutazione, se adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità, rientrando nell’apprezzamento di fatto del giudice di merito. Cass. civ. sez. III 17 giugno 1986, n. 4052

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