La modifica, ad opera del giudice, della formula del giuramento decisorio, che ne consente la revoca, ai sensi dell’art. 236 c.p.c., è quella che incide sulla sostanza della formula stessa, e non si limita, pertanto, a renderla più chiara ed agevole. Cass. civ. sez. I 8 aprile 1981, n. 2006
Qualora il giudice, al solo fine di rendere più chiara la formula del giuramento, si limiti ad apportare ad essa delle variazioni meramente formali, la parte non è abilitata a revocare il giuramento, in quanto non si verte nell’ipotesi di cui all’art. 236 c.p.c., la quale presuppone che la modifica della formula incida sul contenuto della prova. Cass. civ. sez. II 3 luglio 1979, n. 3751
Il giudice non può modificare un giuramento de scientia in giuramento de veritate, sia perché le modifiche sostanziali possono essere apportate solo dalla parte o da un procuratore munito di mandato speciale, sia perché l’attendibilità del giuramento deriva anche dalla previsione di sanzioni penali per il caso di mendacio, la cui prova è più difficile quando trattisi di conoscenze indirette anzi che di esperienza personale. Cass. civ. sez. III 17 gennaio 1979, n. 344
Poiché il giudice nella modificazione della formula del giuramento decisorio, non può interferire nell’esercizio del potere dispositivo della parte, che si esplica nel deferimento e nella formulazione del giuramento, l’omesso intervento del giudice nella formulazione medesima non è censurabile in sede di legittimità, così come la statuizione concernente l’idoneità della formula a decidere totalmente o parzialmente la causa se non per vizio logico e giuridico. Cass. civ. sez. lav. 8 gennaio 1979, n. 90
Il potere discrezionale del giudice del merito di modificare la formula del giuramento decisorio può essere diretto solo a chiarire la portata del giuramento stesso, eliminando incertezze ed ambiguità, e non anche, pertanto, a modificarne la sostanza, in quanto ciò implicherebbe giuramento senza deferimento della parte cui spetta. (Nella specie, in tema di determinazione dei redditi di un coniuge, al fine del riconoscimento e della quantificazione dell’assegno di divorzio, la Suprema Corte ha escluso che l’indicato potere consentisse al giudice del merito di supplire alla mancata indicazione, nei capitoli del giuramento, della precisa entità di detti redditi. Cass. civ. sez. I 15 settembre 1978, n. 4145
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