Art. 230 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Modo dell'interrogatorio

Articolo 230 - codice di procedura civile

L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell’ordinanza (176) che lo ammette (102 att.).
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date (2734 c.c.).

Articolo 230 - Codice di Procedura Civile

L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell’ordinanza (176) che lo ammette (102 att.).
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date (2734 c.c.).

Massime

L’interrogatorio formale reso in un processo con pluralità di parti, essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo diverso dall’interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, fornite dell’interrogato. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette. Cass. civ. sez. VI-III 12 ottobre 2015, n. 20476

In tema di interrogatorio formale, la parte richiedente può soltanto invocare il potere discrezionale del giudice di merito di ammettere tale mezzo di prova in relazione alla sua indispensabilità ai fini della decisione. (Nella specie la S.C. ha rigettato il motivo prospettato dal ricorrente secondo cui il giudice di merito non si sarebbe potuto esimere, in ogni caso, dall’ammettere il mezzo istruttorio volto a provocare la confessione della controparte). Cass. civ. sez. III 18 settembre 2009, n. 20104

Il giudice del merito, che non è tenuto ad ammettere a valutare tutti i mezzi di prova dedotti dalle parti ove ritenga sufficientemente istruito il processo, ben può, nell’esercizio  dei suoi poteri discrezionali insindacabili in cassazione, non ammettere il dedotto interrogatorio formale, quando, alla stregua di tutte le altre risultanze di causa, valuti il medesimo come meramente dilatorio e defatigatorio. (La Corte ha confermato sul punto la sentenza di merito, correggendone però la motivazione ex art. 384, secondo comma, c.p.c.: laddove il giudice di merito aveva ritenuto superfluo l’interrogatorio formale facendo una valutazione prognostica sull’improbabilità che la parte rendesse, in sede di interrogatorio, dichiarazioni completamente contrastanti con le argomentazioni più volte ribadite negli scritti difensivi, la Corte ha ritenuto che dalla sentenza si potesse desumere la già acquisita sussistenza di elementi di prova sufficienti a fondare la decisione). Cass. civ. sez. III 16 novembre 2006, n. 24370

L’interrogatorio formale essendo diretto a provocare la confessione della parte alla quale è deferito è sempre ammissibile, purché concludente e non in contrasto con gli elementi probatori già acquisiti, sì da apparire dilatorio e defatigatorio. Cass. civ. sez. III 23 giugno 2000, n. 8544 n. 3188

 In tema di prova della simulazione tra le parti la legge, mentre vieta (tranne determinati casi) la prova per testimoni e per presunzioni, non vieta, invece, l’interrogatorio formale che abbia per oggetto negozi per i quali non sia richiesto l’atto scritto “ad substantiam”. Infatti,  le limitazioni poste – nei rapporti anzidetti – dal secondo comma dell’art 1417 cod. civ. riguardano soltanto la prova testimoniale e, correlativamente (ai sensi dell’art. 2729, comma secondo, cod.civ.), quella per presunzioni e non anche il suddetto mezzo istruttorio volto a provocare la confessione giudiziale della controparte, attesi il carattere di piena prova legale della confessione e l’inesistenza, per questa, di una disposizione corrispondente a quella della simulazione diretta non ad accertare un patto aggiunto o contrario al contenuto di un documento, bensì a ricercare la verità reale contro quella formale risultante dall’atto scritto. Peraltro, attraverso le risposte date dall’interessato in sede di interrogatorio formale, può essere utilmente acquisita sia la prova piena che un principio di prova, nel caso in cui le risposte siano tali da rendere verosimile la simulazione, con la conseguenza di rendere ammissibile la prova testimoniale in deroga al normale divieto. Cass. civ. sez. III 15 luglio 2008, n. 19435

L’interrogatorio formale reso in un processo con pluralità di parti, essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo diverso dall’interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, fornite dall’interrogato. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette. Cass. civ. sez. III 24 febbraio 2011, n. 4486

L’interrogatorio libero delle parti, non essendo preordinato a provocare la confessione della parte, non costituisce un mezzo di prova e le dichiarazioni in esso contenute devono considerarsi elementi chiarificatori e sussidiari di convincimento sia nel processo del lavoro, pur dovendosi ammettere la piena validità delle suddette dichiarazioni a formare il convincimento del giudice allorquando riguardino fatti che possono essere conosciuti soltanto dalle parti in causa. Cass. civ. sez. lav. 28 novembre 1987, n. 8879.

Poiché l’interrogatorio non formale è un mezzo diretto esclusivamente a chiarire e precisare i fatti di causa, le risposte date dalla parte nel corso di esso non hanno valore di confessione, bensì costituiscono elementi sussidiari di convincimento, liberamente valutabili dal giudice per trarne argomento di conforto o di indebolimento delle risultanze probatorie già acquisite. Cass. civ. sez. II 16 marzo 1981, n. 1443

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