Art. 214 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Disconoscimento della scrittura privata

Articolo 214 - codice di procedura civile

Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata (2702 ss c.c.), se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione (215, 293).
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.

Articolo 214 - Codice di Procedura Civile

Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata (2702 ss c.c.), se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione (215, 293).
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.

Massime

La parte che produce in giudizio una scrittura privata (nella specie, un bonifico bancario) da lei apparentemente sottoscritta e della quale contesta l’autenticità deve fornire  la prova, con gli ordinari mezzi, della falsità della sottoscrizione, non sussistendo un onere della controparte di chiederne la verificazione. Invero, non trovano applicazione al riguardo gli artt. 214 e 215 c.p.c., che presuppongono che il documento del quale si deduca la falsità della firma sia stato prodotto in giudizio dall’altra parte, e non dall’apparente sottoscrittore. Cass. civ. sez. I 1 dicembre 2016, n. 24539

Le disposizioni di cui agli artt. 214 e segg. cod. proc. civ., sul riconoscimento e la verificazione della scrittura privata, non sono applicabili nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, tenuto conto del carattere sommario e camerale che tale procedimento ha conservato anche dopo la riforma della legge fallimentare e degli ampi poteri istruttori officiosi che spettano al giudice. Ne consegue che il tribunale può accertare  la genuinità della scrittura privata anche d’ufficio e con ogni mezzo. Cass. civ. sez. I 23 maggio 2014, n. 11494

Le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle stesse né la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all’art. 214 c.p.c., atteso che esse costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo. Nell’ambito delle scritture private deve, peraltro, riservarsi diverso trattamento a quelle la cui natura conferisce loro una incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso onde contestarne l’autenticità. Cass. civ. Sezioni Unite 23 giugno 2010, n. 15169

Nel caso in cui il fideiussore abbia sottoscritto il documento contrattuale in bianco senza l’indicazione del beneficiario e si dolga della successiva apposizione del nominativo del beneficiario in modo difforme da quello pattuito, colui che intende avvalersi della scrittura non è tenuto a proporre istanza di verificazione della stessa, non ribadendosi in un caso di disconoscimento della sottoscrizione, ed incombendo, invece, sul fideiussore sottoscrittore che abbia proposto l’eccezione dell’abusivo riempimento “contra pacta” l’onere di provare la relativa circostanza, senza che il medesimo sia tenuto a proporre querela di falso, necessaria, invece, nel caso in cui si assuma che il riempimento sia avvenuto “absque pactis”. Cass. civ. sez. III 13 marzo 2009, n. 6167

Le disposizioni degli artt. 2702 cod. civ. 214 e 215 c.p.c., in tema di efficacia probatoria della scrittura privata che sia stata riconosciuta o che debba considerarsi come riconosciuta, si riferiscono al caso in cui il documento sia prodotto nei confronti del sottoscrittore, ovvero di un suo erede od avente causa, e non riguardano, pertanto, la diversa ipotesi di produzione nei confronti del curatore dell’eredità giacente del sottoscrittore. (Nel caso di specie la parte convenuta in un’azione di rilascio immobiliare aveva prodotto un contratto preliminare di compravendita stipulato, in qualità di promissario acquirente, dal proprio coniuge, deceduto, e dal proprietario dell’asse ereditario assoggettato a curatela, in qualità di promissario alienante). Cass. civ. sez. II 27 gennaio 2009, n. 1929

Con riguardo ad una scrittura privata, che non sia stata riconosciuta e che non debba ritenersi legalmente riconosciuta, e per la quale, pertanto, non sia necessario esperire la querela di falso, al fine di contestarne la piena efficacia probatoria (art. 2702 c.c.), la parte, che sostenga la non autenticità della propria apparente sottoscrizione, non è tenuta ad attendere di essere evocata in giudizio da chi affermi una pretesa sulla base del documento, per poi operare il disconoscimento ai sensi ed agli effetti degli artt. 214 e segg. c.p.c., ma  può assumere l’iniziativa del processo, per sentire accertare, secondo le ordinarie regole probatorie, la non autenticità di detta sottoscrizione, nonché per sentir accogliere quelle domande che postulino tale accertamento (nella specie si trattava della domanda volta a ricostituire la provvista di certificati di deposito a custodia, che erano stati oggetto di costituzione a garanzia con la firma avente carattere apocrifo). Cass. civ. sez. I 18 gennaio 2008, n. 974

In tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli  stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Cass. civ. sez. V8 giugno 2018, n. 14950

In tema di disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione di una scrittura privata prodotta in copia fotostatica, ove gli eredi dell’apparente sottoscrittore affermino di non conoscere la scrittura del “de cuius”, la parte che l’abbia esibita in giudizio e intenda avvalersene deve produrre l’originale al fine di ottenerne la verificazione ex art. 216 c.p.c., avendo, comunque, la possibilità di dare prova del contenuto del documento – inutilizzabile  a fini istruttori in ragione dell’intervenuta contestazione e della mancata sottoposizione a verificazione – con i mezzi ordinari, nei limiti della loro ammissibilità. Cass. civ. sez. III19 dicembre 2019, n. 33769

In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha escluso che il contribuente avesse disconosciuto in modo efficace la conformità delle copie agli originali,  in quanto, con la memoria illustrativa, si era limitato a dedurre la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformità “a quanto espressamente richiesto” con  il ricorso). Cass. civ. sez. V 20 giugno 2019, n. 16557

Prodotto in giudizio un documento in copia fotografica o fotostatica, qualora la parte contro cui è avvenuta la produzione disconosca espressamente ed in modo formale sia la conformità della copia all’originale, sia il contenuto e la autenticità della sottoscrizione, il giudice, mentre non resta vincolato alla contestazione della conformità all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all’originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ex art. 2709 c.c., nel caso di disconoscimento del contenuto o della sottoscrizione è vincolato, anche solo a tale fine, all’esito della procedura prevista dagli artt. 216 e ss., c.p.c., della cui instaurazione è onerato colui che intenda far valere in giudizio il documento. Cass. civ. sez. III 20 agosto 2015, n. 16998

La parte che ha disconosciuto la sottoscrizione di una scrittura privata prodotta in copia fotostatica, ha l’onere di reiterare il disconoscimento con riferimento all’originale della scrittura medesima, successivamente acquisito in giudizio, per impedire che la predetta scrittura si abbia per riconosciuta in causa. Cass. civ. sez. I 6 agosto 2015, n. 16551

A seguito del disconoscimento della fotocopia della scrittura privata, la parte che intende avvalersene è tenuta a produrre l’originale (e, in caso di ulteriore disconoscimento, a chiederne la verificazione), atteso che solo con l’originale si realizzano la diretta correlazione e l’immanenza della personalità dell’autore della sottoscrizione, che giustificano la fede privilegiata che la legge assegna al documento medesimo, così da fondare una presunzione legale superabile dall’apparente sottoscrittore solo con l’esito favorevole della querela di falso. Cass. civ. sez. I 6 agosto 2015, n. 16551

L’art. 2719 cod. civ., che esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche, è applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, e, nel silenzio normativo  sui modi e termini in cui deve procedersi, entrambe le ipotesi sono disciplinate dagli artt.  214 e 215 cod. proc. civ., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se non venga disconosciuta in modo formale e inequivoco alla prima udienza, o nella prima risposta successiva alla sua produzione. Cass. civ. sez. VI-III  4 febbraio 2014, n. 2374

In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova – e che va distinto dal “mancato riconoscimento”, diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che  il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite -, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta. (Nella specie, la S.C.  ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso che potesse avere valore di disconoscimento di una cassetta video registrata la condotta della parte, la quale aveva contestato del tutto genericamente il filmato, senza allegare alcuna circostanza attestante la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta). Cass. civ. sez. lav. 28 gennaio 2011, n. 2117

In tema di prova documentale, l’onere, stabilito dall’art. 2719 c.c., di disconoscere «espressamente» la copia fotografica (o fotostatica) di una scrittura, con riguardo sia alla conformità della copia al suo originale, che alla sottoscrizione o al contenuto della scrittura stessa, implica che il disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con una dichiarazione che contenga una non equivoca negazione della genuinità della copia. Pertanto, la relativa eccezione non può essere formulata in maniera solo generica, ma deve contenere specifico riferimento al documento ed al profilo di esso che venga contestato, sicché, ove venga dedotta preventivamente, a fini solo esplorativi e senza riferimento circoscritto al determinato documento, ma con riguardo ad ogni eventuale produzione in copia che sia stata o possa essere effettuata da controparte, la contestazione non preclude l’utilizzazione della copia come mezzo di prova, a meno che non venga ribadita successivamente alla produzione del documento e con espresso riferimento ad esso. Cass. civ. sez. V, 19 agosto 2004, n. 16232

Il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, di cui all’art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215, primo comma, numero 2), c.p.c., giacché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzazione della scrittura, la contestazione ai sensi dell’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Cass. civ. sez. I 15 giugno 2004, n. 11269

Per effetto dell’art. 1, primo comma, della legge 7 giugno 1993, n. 183 – che disciplina l’utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati della stessa parte per la trasmissione degli atti relativi a provvedimenti giurisdizionali – nella presunzione, iuris et  de iure stabilita dall’art. 2719 c.c., prima parte, di conformità all’originale della fotocopia di un atto, se attestata da pubblico ufficiale, rientrano gli atti del processo trasmessi a distanza da un avvocato all’altro, se: a) l’avvocato trasmittente attesti la conformità della copia all’originale; b) sia l’avvocato trasmittente sia quello ricevente siano, congiuntamente o disgiuntamente, difensori della parte; c) l’avvocato trasmittente abbia sottoscritto in modo leggibile l’atto trasmesso e l’avvocato la fotocopia ricevuta e, se con lo stesso è conferita la procura alle liti, anche la sottoscrizione della parte sia leggibile. In mancanza di tali requisiti la fotocopia dell’atto del processo può tuttavia presumersi conforme all’originale per effetto dell’ultima parte dell’art. 2719 c.c. se nel termine indicato dall’art. 215, n. 2 c.p.c. non è stata disconosciuta. Cass. civ. sez. II 17 maggio 2004, n. 9323

L’onere di disconoscimento della scrittura privata previsto dagli artt. 214 e 215 cod.  proc. civ. presuppone che il documento prodotto contro una parte del processo provenga dalla parte stessa, mentre non opera nel diverso caso della scrittura proveniente da un terzo, non producendosi in tal caso l’effetto di inutilizzabilità della scrittura che – disconosciuta – non sia stata fatta oggetto di verificazione ex art. 216 cod. proc. civ. Ne consegue che, se la scrittura proveniente da un terzo sia stata disconosciuta dalla parte contro cui è prodotta in giudizio, la stessa va valutata, con valore indiziario, nel contesto degli altri elementi circostanziali, ai fini della decisione. (Nella specie, relativa al disconoscimento della sottoscrizione apposta da un terzo sull’avviso di ricevimento della raccomandata recante disdetta di un contratto di locazione, la corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che, in difetto di istanza di verificazione da parte del locatore, il documento non fosse utilizzabile, sicché la disdetta non poteva ritenersi pervenuta alla società conduttrice, con conseguente rinnovazione tacita del contratto). Cass. civ. sez. III 31 ottobre 2014, n. 23155

Pur potendo le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite essere liberamente contestate dalle parti, un diverso trattamento deve riservarsi a quelle, come il testamento olografo, la cui natura conferisce loro un’incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso onde contestarne l’autenticità. Cass. civ. sez. II 24 maggio 2012, n. 8272

La copia fotostatica della procura alle liti rilasciata al difensore di una delle parti si ha  per riconosciuta se la controparte non la disconosca, in modo formale, ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c. (applicabili in difetto di previsione di un distinto regime del disconoscimento della copia fotografica ai sensi dell’art. 2719 c.c.), nella prima udienza o risposta successive alla sua produzione. Né può assumere rilievo – in caso di mancanza di prova di tale tempestivo disconoscimento – il fatto che la parte abbia proposto querela di  falso nei confronti dell’originale della procura alle liti, attesa l’intrinseca diversità dei due strumenti normativi e delle rispettive finalità. Cass. civ. sez. VI 14 ottobre 2011, n. 21339

La fattura quietanzata, ovvero contenente la non equivoca attestazione dell’adempimento dell’obbligazione proveniente dal creditore, a mezzo della annotazione «pagato» o altra equivalente apposta sulla fattura, che riveli sia l’ammontare della somma pagata, sia il titolo per il quale il pagamento è avvenuto, sottoscritta dal soggetto da cui essa proviene, ha valore di scrittura privata; ne consegue che, qualora venga disconosciuta la  firma per quietanza e la controparte non formuli istanza di verificazione di scrittura privata, ciò equivale ad una dichiarazione di non volersi avvalere della quietanza stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto. Cass. civ. sez. III 31 luglio 2006, n. 17454

La fotografia costituisce prova precostituita della sua conformità alle cose e ai luoghi rappresentati, sicché chi voglia inficiarne l’efficacia probatoria non può limitarsi a contestare i fatti che la parte che l’ha prodotta intende con essa provare, ma ha l’onere di disconoscere tale conformità. Cass. civ. sez. III 9 aprile 2009, n. 8682

La norma di cui all’art. 2719 c.c. (che esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche) è applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione. Nel silenzio della norma citata in merito ai modi e ai termini in cui i due suddetti disconoscimenti debbano avvenire,  è da ritenere applicabile ad entrambi la disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si avrà per riconosciuta (tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione) se la parte comparsa non la disconosca, in modo formale, e quindi specifico e non equivoco, alla prima udienza, ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato gli effetti del disconoscimento alla dichiarazione del difensore della ricorrente che si limitava ad escludere la conoscenza dell’atto, precisando  che detta facoltà è consentita dall’art. 214 soltanto agli eredi ed agli aventi causa delle parti, ai quali non può essere equiparato l’amministratore di una società, neppure quando l’incarico sia ricoperto da soggetto diverso da quello in carica all’epoca alla quale risale il documento prodotto). Cass. civ. sez. I 27 ottobre 2006, n. 23174

Ai sensi dell’art. 2719 c.c., le riproduzioni fotografiche formano piena prova delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono state prodotte non ne disconosce la conformità alle cose; tuttavia, poiché il disconoscimento della riproduzione non pone nel nulla l’esibizione della fotocopia, ma determina l’onere per chi l’ha prodotta di dimostrarne la conformità all’originale una volta che tale conformità sia verificata, la fotocopia riacquista  ex tunc il valore di piena prova riconosciutogli dall’art. 2719 c.c. (Nella specie la procura ai difensori in primo grado era stata prodotta (N.d.R.: in) fotocopia e, messa in dubbio la conformità della copia esibita, il giudice non provvide alla verificazione; rinnovato il disconoscimento in appello, il giudice provvide alla verifica ordinando l’esibizione dell’originale. Sulla base del principio sopra esposto, la S.C. ha ritenuto che l’esito positivo della verifica conferisse efficacia probatoria ex tunc alla copia della procura esibita in primo grado, con esclusione di ogni decadenza). Cass. civ. sez. lav., 21 agosto 2003, n. 12299

Il disconoscimento di una scrittura privata ai sensi dell’art. 214 c.p.c., pur non richiedendo formule sacramentali o vincolate, deve comunque rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile; pertanto, la parte  che intenda negare l’autenticità della propria sottoscrizione è tenuta a specificare, ove più siano i documenti prodotti e a quali di questi si riferisca. La relativa valutazione costituisce giudizio di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità. Cass. civ. sez. II 22 gennaio 2018, n. 1537

Il disconoscimento di una scrittura privata (nella specie, la sottoscrizione apposta sulla cartolina di ritorno della raccomandata, contenente un atto di diffida interruttivo della prescrizione), pur non richiedendo, ai sensi dell’art. 214 cod. proc. civ., una forma vincolata, deve avere i caratteri della specificità e della determinatezza, e non può costituire una mera espressione di stile, risolvendosi la relativa valutazione in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato. Cass. civ. sez. L 20 agosto 2014, n. 18042

Il disconoscimento della propria sottoscrizione, ai sensi dell’art. 214 cod. proc. civ., deve avvenire in modo formale ed inequivoco: è, pertanto, inidonea a tal fine una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti. Cass. civ. sez. III 19 luglio 2012, n. 12448

L’istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta può essere anche implicita, come quando si insista per l’accoglimento della pretesa presupponente l’autenticità del documento, e non esige la formale apertura di un procedimento incidentale, né l’assunzione di specifiche prove, quando gli elementi già acquisiti o la situazione processuale siano ritenuti sufficienti per una pronuncia al riguardo. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto idoneamente sollevata l’istanza di verificazione di un testamento olografo, in considerazione del chiaro permanere della volontà della parte di valersi della scrittura disconosciuta, evincibile dalle sue difese e dal dipanarsi istruttorio della causa). Cass.  civ. sez. II 24 maggio 2012, n. 8272

Ai fini del disconoscimento di una scrittura privata, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., pur non occorrendo alcuna formula sacramentale o speciale, è necessaria un’impugnazione chiara e univoca anche in ordine all’oggetto della sottoscrizione di cui si nega l’autenticità, specificazione che è indispensabile nell’ipotesi in cui, essendo stata prodotta una pluralità di atti sottoscritti, soltanto alcuni di questi siano disconosciuti. Il disconoscimento costituisce un’eccezione in senso proprio, che è onere della parte eseguire formalmente ed integralmente, con la conseguenza che, in difetto di uno dei requisiti sopraindicati, vertendosi in tema di controversia soggetta al rito del lavoro, il giudice non ha il potere- dovere di intervenire ai sensi dell’art. 421 c.p.c. nel relativo adempimento, atteso che per indicare alla parte l’irregolarità sanabile di un atto è necessario che l’atto stesso sia già venuto ad esistenza. Cass. civ. sez. lav. 7 agosto 2003, n. 11911

Il disconoscimento della scrittura privata rientra nei poteri conferiti al difensore con la procura alla lite, essendo atto di natura processuale e non sostanziale, che non implica disposizione del diritto in contesa, ma concerne l’utilizzabilità del documento come mezzo  di prova. Cass. civ. sez. II 1 febbraio 2010, n. 2318

Il riconoscimento tacito della scrittura privata ex art. 215 c.p.c., attribuisce alla scrittura prova piena, fino a querela di falso, secondo il disposto dell’art. 2702 c.c., in ordine alla provenienza dal sottoscrittore; l’onere del disconoscimento della scrittura privata grava però esclusivamente sul soggetto che appare essere autore della sottoscrizione e non già sul soggetto che contesta l’opponibilità del documento, in quanto non recante alcuna sottoscrizione a lui riferibile. Ne consegue che quando il contenuto della scrittura privata inter alios venga contestato, il documento non viene in rilievo come prova legale e la verità o meno del suo contenuto, dimostrabile con ogni mezzo di prova, è affidata al libero apprezzamento del giudice. Cass. civ. sez. III 30 aprile 2005, n. 9024

Il condomino – attore per la tutela di un bene comune – non può, in contrapposizione  alla volontà, espressa o tacita, dell’amministratore del condominio, anch’esso parte del giudizio, disconoscere la scrittura privata intervenuta tra il condominio, in persona del precedente amministratore, ed un terzo, perché il singolo condomino non può sostituirsi a colui che rappresenta gli interessi della collettività secondo la delibera della maggioranza assembleare, ma può contestare il potere dell’amministratore di agire in nome e per conto  dei condomini nella stipula del negozio racchiuso dalla scrittura. Cass. civ. sez. II 11 gennaio 2001, n. 343

In tema di disconoscimento della scrittura privata, effettuata la relativa produzione nel termine di cui all’art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., in mancanza del deposito, ad opera della parte contro cui la scrittura è prodotta, della memoria prevista dall’art. 183, sesto comma, n. 3, è tempestivo il disconoscimento operato, ai sensi dell’art. 215, comma 1, c. p. c., alla  prima udienza successiva all’effettuata produzione documentale, non potendo la decadenza  di cui all’art. 215 c.p.c., in quanto norma di stretta interpretazione, dipendere da una non difesa quale deve essere qualficata l’omesso deposito della memoria sopra indicata. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d’appello che, prodotta la scrittura nel secondo termine di cui all’art. 183 c.p.c., aveva ritenuto tardivo il disconoscimento effettuato all’udienza successiva allo spirare dei termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. anzichè nella memoria di cui al terzo termine di cui all’art. 183 c.p.c. che il convenuto non aveva depositato). Cass. civ. sez. VI-I 15 giugno 2018, n. 15780

Qualora la sottoscrizione di una scrittura privata non venga tempestivamente disconosciuta dalla parte interessata, quel documento farà prova fino a querela di falso della provenienza di esso dalla parte che ne risulta formalmente sottoscrittrice, con la conseguenza che, ove la suddetta querela di falso non venga proposta, il giudice non può sindacarne “ex officio” l’autenticità. Cass. civ. sez. III 19 luglio 2012, n. 12448

Il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., che fa perdere alle stesse la loro qualità di prova, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale  e realtà riprodotta) e – al fine di non alterare l’iter procedimentale in base al quale il legislatore ha inteso cadenzare il processo in riferimento al contraddittorio – deve essere tempestivo e cioè avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni, dovendo per ciò intendersi la prima udienza o la prima risposta successiva al momento in cui la parte onerata del disconoscimento sia stata posta in condizione, avuto riguardo alla particolare natura dell’oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione. Ne consegue che potrà reputarsi tardivo il disconoscimento di una riproduzione visiva soltanto dopo la visione relativa e quello di una riproduzione sonora soltanto dopo la sua audizione o, se congruente, la rituale acquisizione della sua trascrizione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale, lamentando che la sentenza di merito non aveva ritenuto tardivo il disconoscimento di una registrazione fonografica avvenuto soltanto dopo tre udienze dalla sua produzione in giudizio, non si era però puntualizzato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, in che modo si fosse realmente atteggiata detta scansione processuale, in guisa da consentire di verificare se la controparte fosse stata effettivamente, e quando, posta in grado di conoscere il concreto contenuto di detta registrazione). Cass. civ. sez. III 22 aprile 2010, n. 9526

In caso di avvenuta produzione di scrittura privata in giudizio nei confronti di parte rimasta contumace, l’avvenuta costituzione di quest’ultima senza il disconoscimento della scrittura privata a sua firma (con riferimento sia all’ipotesi in cui il documento sia stato offerto in comunicazione con la notificazione dell’atto di citazione, che nell’ipotesi in cui  alla relativa produzione si sia proceduto successivamente, senza che – in conformità del disposto di cui all’art. 292 c.p.c., alla stregua della sua lettura derivante per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 317 del 1989 – dell’avvenuta produzione risulti notificato il relativo verbale al contumace) comporta che il documento, ai sensi dell’art. 293 c.p.c., resta a buon diritto acquisito al processo, con l’effetto che l’eventuale originaria irritualità della sua produzione è da ritenersi superata ed assorbita dal successivo omesso disconoscimento della parte interessata che ne ha avuto contezza, sicché del documento medesimo il giudice deve indubbiamente tener conto. (Nella specie, sulla scorta dell’enunciato principio, le Sezioni unite hanno respinto il motivo dedotto dalla parte ricorrente con il quale era stato prospettato che, una volta dichiarata la nullità di tutti gli atti compiuti prima della sua costituzione in giudizio, il giudice d’appello non avrebbe dovuto basare la sua decisione sul valore di ricognizione di debito della missiva prodotta anteriormente in giudizio, poiché il documento stesso era stato acquisito in difetto di contraddittorio per la nullità della notificazione dell’atto di citazione originario). Cass. civ. Sezioni Unite 29 gennaio 2007, n. 1820

In tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale della scrittura e la copia fotostatica prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto: tale, cioè, che possano da essa desumersi in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia. Ne consegue che la copia fotostatica non autentica di una scrittura si ha per riconosciuta conforme all’originale ai sensi dell’art. 215, n. 2 c.p.c., se la parte comparsa contro cui è stata prodotta, non la disconosce in modo formale e specifico nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla sua produzione (nella specie, il giudice di merito aveva respinto la domanda di rimborso di somme pagate a titolo di tassa di concessione governativa asseritamente non dovute, in quanto l’attore, a sostegno della propria pretesa, aveva prodotto soltanto documenti fotocopiati e non gli originali, benché l’amministrazione convenuta avesse contestato solo genericamente la documentazione prodotta in fotocopia). Cass. civ. sez. V, 13 agosto 2004, n. 15856

La parte rimasta contumace nel giudizio di primo grado può disconoscere in appello la scrittura privata contro di essa prodotta nella precedente fase ed utilizzata nella sentenza impugnata ai fini della decisione: ciò vale tanto per l’appellante, che può compiere il disconoscimento con l’atto di impugnazione, che per la parte appellata, che può farlo con la comparsa di costituzione in appello. (Nell’affermare tale principio la S.C. ha escluso potesse essersi verificata preclusione da giudicato implicito, non essendo questo configurabile su  una questione, come quella relativa alla tempestività del disconoscimento della scrittura in esame, costituente antecedente logico di una statuizione che aveva formato oggetto di gravame, giacché tale impugnazione impedisce la formazione del giudicato esplicito costituente presupposto del giudicato implicito). Cass. civ. sez. I 25 giugno 2004, n. 11866

La tardività del disconoscimento della scrittura privata non è rilevabile d’ufficio, ma dev’essere eccepita dalla parte che ha prodotto la scrittura. Cass. civ. sez. III 1 febbraio 2002, n. 1300

Il disconoscimento della scrittura privata da parte di una persona giuridica, perché sia validamente effettuato e sia idoneo ad onerare l’avversario (che insista ad avvalersi dello scritto) di richiederne la verificazione, necessita di un’articolata dichiarazione di diversità della firma risultante sul documento rispetto alle sottoscrizioni di tutti gli organi rappresentativi, specificamente identificati od identificabili, atteso che, nel caso della persona giuridica, assistita da una pluralità di organi con il potere di firmare un determinato atto, sussistono più sottoscrizioni qualificabili come proprie dell’ente. Cass. civ. sez. V, 14 marzo 2019, n. 7240

Il legale rappresentante di una società, contro la quale sia prodotta in giudizio una scrittura privata, rilevante per il suo valore negoziale, al fine di contestarne l’autenticità della sottoscrizione, non è tenuto a proporre querela di falso ai sensi dell’art. 221 cod. proc. civ., ma può disconoscere la sottoscrizione stessa a norma dell’art. 214, cod. proc. civ., anche nel caso in cui la sottoscrizione sia attribuita ad altra persona fisica, già investita della rappresentanza legale della società. Cass. civ. sez. II 30 gennaio 2014, n. 2095

La proposizione dell’istanza di verificazione della scrittura privata non è compatibile  con la volontà di far valere la decadenza della controparte dalla facoltà di disconoscere la scrittura medesima, sicché, una volta formulata la suddetta istanza, si verifica la rinuncia tacita all’eccezione di decadenza, rinuncia che non può essere revocata. Cass. civ. sez. III 2 marzo 2012, n. 3241

A fronte dalla contestazione l’autenticità di una scrittura privata esibita in fotocopia in giudizio e di cui si eccepisca la contraffazione, la parte che intenda valersene deve produrre  il documento originale, o indicare la ragioni per cui non ne sia in possesso, in modo da consentire alla controparte di valutare la reale natura della contraffazione e così di proporre  la querela di falso, il cui giudizio di accertamento deve necessariamente svolgersi sull’originale. (Nella specie, la S.C, in applicazione del richiamato principio, ha confermato  la sentenza di merito che aveva tratto argomento dall’omessa produzione dell’originale da parte del possessore della scrittura per non addebitare alla controparte gli effetti della mancata proposizione della querela di falso). Cass. civ. sez. III 30 settembre 2011, n. 19987

Il disconoscimento non costituisce mezzo processuale idoneo a dimostrare l’abusivo riempimento del foglio in bianco, sia che si tratti di riempimento “absque pactis”, sia che si tratti di riempimento “contra pacta”, dovendo, invece, essere proposta la querela di falso, se  si sostenga che nessun accordo per il riempimento sia stato raggiunto dalle parti, e dovendo invece essere fornita la prova di un accordo dal contenuto diverso da quello del foglio sottoscritto, se si sostenga che l’accordo raggiunto fosse, appunto, diverso. Cass. civ. sez. III 16 dicembre 2010, n. 25445

La parte nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata può optare tra la facoltà di disconoscerla e la possibilità di proporre querela di falso, essendo diversi gli effetti legati ai due mezzi di tutela: la rimozione del valore del documento limitatamente alla controparte o erga omnes. Nell’ambito di uno stesso processo, qualora sia già stato utilizzato il disconoscimento, cui sia seguita la verificazione, la querela di falso è inammissibile se proposta al solo scopo di neutralizzare il risultato della verificata autenticità della sottoscrizione, mentre è ammissibile se finalizzata a contestare la verità del contenuto del documento (nella specie era stata proposta querela di falso in relazione alla apocrifia delle firme di atti di fieiussione già oggetto di verificazione). Cass. civ. sez. I 28 febbraio 2007, n. 4728

Alla parte nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata deve ritenersi consentita – oltre alla facoltà di disconoscerla, così facendo carico alla controparte di chiederne la verificazione addossandosi il relativo onere probatorio –, anche la possibilità alternativa di proporre, senza con ciò riconoscere nè espressamente nè tacitamente la scrittura medesima, querela di falso al fine di contestare la genuinità del documento stesso, atteso che in difetto  di limitazioni di legge non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso ma rivolto la conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti erga omnes e non nei solo riguardi della controparte. Poichè detto principio è applicabile anche in caso di testamento olografo, chi è stato istituito erede con un precedente testamento è legittimato, a norma dell’art. 214 c.p.c., a disconoscere un successivo testamento contro di lui prodotto e con il quale è stato istituito altro erede. Cass. civ. sez. II 29 gennaio 2007, n. 1789,

La querela di falso ed il disconoscimento della scrittura privata sono istituti preordinati a finalità diverse e del tutto indipendenti fra loro, in quanto il primo postula l’esistenza di  una scrittura riconosciuta, della quale si intende eliminare l’efficacia probatoria attribuitale dall’art. 2702 c.c., mentre l’altro, investendo la stessa provenienza del documento, mira ad impedire che la scrittura acquisti detta efficacia, e si risolve in un’impugnazione vincolata da forme particolari, volta a negare l’autenticità del documento che si assume contraffatto.  La scrittura privata deriva infatti la sua efficacia dal riconoscimento, espresso o tacito, che  ne faccia il soggetto contro il quale essa è prodotta; quest’ultimo, pertanto, ove voglia impedire tale riconoscimento e contesti il documento, deve operarne il disconoscimento, che pone a carico della controparte l’onere di dimostrare, in contrario, che la scrittura non è stata contraffatta e proviene invece effettivamente dal suo autore apparente. (Nella fattispecie, la S.C., in applicazione del detto principio di diritto, ha accolto il ricorso avverso la sentenza della commissione tributaria, la quale, a fronte del disconoscimento, da parte del contribuente, della sottoscrizione di un contratto di affitto, aveva affermato che sarebbe stato necessario proporre querela di falso, anziché porre a carico dell’Ufficio l’onere di chiedere la verificazione). Cass. civ. sez. V 24 gennaio 2007, n. 1572

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