Art. 213 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione

Articolo 213 - codice di procedura civile

Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo (96 att.).
L’amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di cui al primo comma trasmette le informazioni richieste o comunica le ragioni del diniego. (1)

Articolo 213 - Codice di Procedura Civile

Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo (96 att.).
L’amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di cui al primo comma trasmette le informazioni richieste o comunica le ragioni del diniego. (1)

Note

(1) Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 3, comma 15, lett. b), D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 con decorrenza dal 18.10.2022, efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2023

Massime

L’esercizio del potere di cui all’art. 213 c.p.c. di richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo (nella specie, richiesta di documentazione relativa ai controlli periodici sulla funzionalità del misuratore autovelox utilizzato – dagli organi di polizia stradale – per l’accertamento dell’eccesso di velocità), rientra, al pari del ricorso ai poteri istruttori previsti dall’art. 421 c.p.c., nella discrezionalità del giudice, e non può comunque risolversi nell’esenzione della parte dall’onere probatorio a suo carico. Tale facoltà del giudice ha ad oggetto poteri inquisitori non sostitutivi dell’onere probatorio incombente alla parte, con la conseguenza per cui essi possono essere attivati soltanto quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l’amministrazione sia in possesso proprio in relazione all’attività da essa svolta. (Fattispecie in cui la Corte ha respinto il motivo di ricorso del ricorrente poiché la richiesta istruttoria, disattesa dal giudice di merito, non era sorretta da alcuna allegazione idonea a farne presumere la necessità). Cass. civ. sez. I 7 novembre 2003, n. 16713

Il potere attribuito al giudice del merito, ai sensi degli artt. 118, 210 e 213 c.p.c., di ordinare, su istanza di parte o d’ufficio, l’acquisizione di prove nel processo, configurando un’eccezione al principio generale dell’incidenza sulle parti dell’onere probatorio stabilito dall’art. 2697 c.c., non può essere esercitato al di fuori delle ipotesi ed oltre i limiti previsti nelle citate disposizioni. Pertanto, poiché la richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 213 c.p.c. – ove le parti non possano acquisirle direttamente – riguarda soltanto atti o documenti della P.A. in senso stretto – con esclusione degli enti pubblici economici quali gli istituti di credito – fuori di tale ipotesi l’ordine di esibizione alla parte o ad un terzo può essere emesso dal giudice solo su istanza di parte (actio ad exibendum), nei modi e con i limiti fissati dall’art. 210 citato. Cass. civ. sez. II 14 marzo 1988, n. 2435.

La richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione (art. 213 c.p.c.) costituisce  una facoltà rimessa all’insindacabile discrezionalità del giudice del merito ed è limitata al caso in cui le informazioni richieste riflettano atti e documenti dei quali solo l’amministrazione sia in possesso in relazione all’attività da essa svolta in ordine ai singoli rami e a determinati oggetti. Cass. civ. sez. lav. 20 dicembre 1986, n. 7803

La facoltà di richiedere informazioni alla pubblica amministrazione costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile, come tale, in sede di legittimità. Questo potere concerne, in particolare, anche l’individuazione dell’organo della P.A. al quale il giudice medesimo ritiene di indirizzare la richiesta, con la precisazione che l’art. 213 c.p.c., consente di chiedere informazioni scritte solo nel caso in cui queste riguardino propriamente atti e documenti già in possesso dell’amministrazione, non anche nel caso in cui questi costituiscano il risultato di particolari indagini, sia pure rientranti nei poteri istituzionali di vigilanza, giacché in tale caso verrebbe delegata alla P.A. attività istruttoria che solo il giudice può compiere con le debite forme. (Nella specie, la Suprema Corte – alla stregua del principio suesposto – ha ritenuto che la richiesta d’informazioni, in ordine all’individuazione della persona da assumere ai sensi della L. n. 482 del 1968, bene fosse stata rivolta all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione anziché all’Ispettorato del lavoro, investito di compiti di vigilanza ai sensi dell’art. 28 della stessa legge). Cass. civ. sez. lav. 25 ottobre 1982, n. 5557 

Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, quelle del codice di procedura civile, mentre le norme del codice di procedura penale si applicano soltanto nelle ipotesi in cui la legge professionale faccia espresso rinvio ad esse, ovvero allorché sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente nel codice di procedura penale; pertanto, nulla disponendo la legge professionale in ordine alla richiesta di informazioni da parte del giudice disciplinare, va applicato l’art. 213 c.p.c., ai sensi del quale le informazioni scritte e i documenti necessari al processo possono essere richiesti d’ufficio dal giudice alla P.A., in essa compresa l’amministrazione della giustizia. Cass. civ. Sezioni Unite 4 maggio 2010, n. 10692

Le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872, 873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni. Cass. civ. sez. II 29 luglio 2009, n. 17692

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