L’accordo stipulato fra le parti e verbalizzato, in assenza del giudice, dal consulente tecnico d’ufficio, in una controversia avente ad oggetto l’esecuzione di un contratto d’opera, pur non integrando una conciliazione giudiziale con efficacia estintiva del giudizio trattandosi di verbale redatto al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 199 c.p.c. può tuttavia costituire, ove il giudice ne ravvisi gli estremi, un negozio transattivo sostanziale, idoneo a determinare la cessazione dell’originaria materia del contendere e l’insorgere di nuove obbligazioni. Cass. civ. sez. II 26 maggio 2008, n. 13578
In tema di compensi a periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori, per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria, non costituisce motivo di nullità il mancato esperimento del tentativo di conciliazione, previsto dall’art. 29, L. 13 giugno 1942, n. 794, richiamato dall’art. 11, L. 8 luglio 1980, n. 319. Cass. civ. sez. II 25 novembre 1992, n. 12561
Il decreto con il quale il giudice istruttore, a norma dell’art. 199 c.p.c., conferisce efficacia di titolo esecutivo all’accordo transattivo concluso tra le parti, con la collaborazione del consulente tecnico d’ufficio, in una controversia promossa per lo scioglimento di una comunione immobiliare, in quanto emesso fuori dell’ambito dell’art. 199 citato (secondo cui il giudice istruttore può attribuire efficacia esecutiva unicamente al processo verbale di conciliazione redatto dal consulente tecnico d’ufficio nelle controversie in materia di contabilità), non può considerarsi come una semplice attestazione dell’esistenza della transazione intervenuta tra le parti, ma ha il contenuto ed il carattere di un provvedimento decisorio abnorme suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 3 della Costituzione, non essendo previsto dalla legge alcuno specifico mezzo di impugnazione. Cass. civ. sez. II 16 dicembre 1982, n. 6976
L’art. 199 c.p.c. – che attribuisce rilevanza alla conciliazione delle parti davanti al consulente tecnico – non pone a carico del consulente alcun obbligo di esperire il tentativo di conciliazione, né prevede che il giudice debba decidere sull’istanza di parte che richieda o risolleciti l’esperimento del tentativo stesso. Né alcun potere sorge se il giudice, accogliendo l’istanza di parte, demandi al consulente l’esperimento del tentativo di conciliazione, poiché, in ogni caso, l’opera del consulente si riduce alla sola indicazione dei punti di accordo e resta sottratta a qualsiasi valutazione di regolarità che possa riflettersi su un corretto svolgimento del processo. Cass. civ. sez. II 12 marzo 1980, n. 1663.