Il verbale di conciliazione giudiziale, che ha natura di atto negoziale ancorché redatto con l’intervento del giudice a definizione di una controversia pendente, va interpretato alla stregua degli artt. 1362 e segg. cod. civ., risolvendosi in un accertamento di fatto di esclusiva spettanza del giudice di merito. Ne consegue che il sindacato di legittimità non ha ad oggetto la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto. Cass. civ. sez. III 26 febbraio 2014, n. 4564
La conciliazione giudiziale è atto che esula dai poteri del difensore (salvo espresso conferimento del potere medesimo) e, incidendo direttamente sul diritto controverso, può validamente essere compiuto dalla parte senza il ministero del difensore stesso. Ne consegue che il verbale di conciliazione è valido ed efficace anche quando non sia sottoscritto dal difensore, né questi abbia partecipato all’udienza nella quale le parti si sono conciliate. Cass. civ. sez. II 18 settembre 2009, n. 20236
Il verbale di conciliazione giudiziale contiene una convenzione tra le parti di giudizio, da interpretarsi sulla base della volontà dalle medesime espressa nelle pattuizioni ivi consacrate e di cui esso costituisce prova documentale. Cass. civ. sez. II 22 giugno 2004, n. 11571
Il verbale di conciliazione giudiziale, ancorché sottoscritto alla presenza del giudice che ha prestato la propria collaborazione all’accordo delle parti, ha natura negoziale e, in quanto tale, non può formare oggetto di esame diretto da parte del giudice di legittimità, cui sono deducibili solo la violazione di criteri di ermeneutica contrattuale o vizi di motivazione. Cass. civ. sez. lav. 29 aprile 1993, n. 5032
L’intervento del giudice nel tentativo di conciliazione non altera, ove questo riesca, la natura consensuale dell’atto di composizione che le parti volontariamente concludono. Né gli effetti esecutivi attribuiti al verbale di conciliazione dall’art. 185, ult. comma, c.p.c. possono sotto alcun riflesso paragonarsi a quelli di una sentenza passata in giudicato, dovendosi, invece, assimilare a quelli di un titolo contrattuale esecutivo, come gli atti notarili e simili indicati nell’art. 474, n. 3 c.p.c. con la conseguenza che il detto atto di composizione resta soggetto alle sanzioni di nullità – rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio – ove ne ricorrano le relative condizioni. (Nella specie la S.C. ha rilevato d’ufficio la nullità dell’atto di composizione della lite con il quale una delle parti aveva assunto come obbligazione principale quella contra legem consistente nell’impegno di facilitare l’archiviazione dell’azione penale promossa a seguito di propria denuncia contro l’altra parte). Cass. civ. sez. II 18 luglio 1987, n. 6333
La transazione stipulata tra le parti in sede di conciliazione giudiziaria non necessariamente deve essere limitata ai rapporti giuridici dedotti in giudizio, ma può riguardare anche rapporti ulteriori e diversi intercorrenti tra le stesse parti. Cass. civ. sez. lav. 4 dicembre 1986, n. 7193
La conciliazione giudiziale – oltre ad avere gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico che le parti abbiano inteso stipulare (transazione, negozio di accertamento, rinuncia) – ha unicamente l’effetto processuale di determinare la chiusura del processo di cognizione nel quale essa intervenga, con conseguente ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo (ed estinzione del giudizio), mentre non ha – come nel regime del codice civile abrogato (art. 1772) – autorità di sentenza irrevocabile; deve quindi escludersi qualsiasi equivalenza tra l’eccezione di intervenuta conciliazione giudiziale e l’exceptio rei judicatae. Cass. civ. sez. lav. 4 dicembre 1986, n. 7193
L’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo, che sia stata resa per effetto di conciliazione delle parti e redazione del relativo processo verbale a norma dell’art. 185 c.p.c., non osta, qualora la conciliazione medesima risulti invalida ed inefficace per difetto dei requisiti di legge (nella specie, in quanto intervenuta con il difensore privo di specifica procura), a che il processo venga riassunto e proseguito su istanza dell’interessato, stante la revocabilità della suddetta ordinanza, specie in carenza dei presupposti. Cass. civ. sez. III 9 luglio 1984, n. 3985