Art. 135 – Codice di Procedura Civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Forma e contenuto del decreto

Articolo 135 - codice di procedura civile

Il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte. Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce al medesimo.
Quando l’istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale (126) e il decreto è inserito nello stesso.
Il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è datato ed è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente.

Articolo 135 - Codice di Procedura Civile

Il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte. Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce al medesimo.
Quando l’istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale (126) e il decreto è inserito nello stesso.
Il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è datato ed è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente.

Massime

La motivazione del decreto, ove necessaria, come nel caso in cui tale provvedimento sia emesso per definire un procedimento in camera di consiglio, non dev’essere ampia come quella della sentenza, né succinta, come quella dell’ordinanza, ma può ben essere sommaria, nel senso che il giudice, senza ritrascriverli nel decreto, può limitarsi ad indicare quali elementi, tra quelli indicati nell’istanza che lo ha sollecitato, lo abbiano convinto ad assumere il provvedimento richiesto, essendo comunque tenuto, in ottemperanza all’obbligo di motivazione impostogli dall’art. 111, sesto comma, Cost., a dar prova, anche per implicito, di aver considerato tutta la materia controversa. (Fattispecie relativa a decreto del tribunale di liquidazione del compenso a curatore fallimentare).  Cass. civ., sez. VI 24 settembre 2013, n. 21800

Il decreto con cui la corte d’appello provvede, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, sulla domanda di equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo può essere sorretto da una motivazione soltanto sintetica, essendo a tal fine sufficiente che il giudice dia conto dei criteri in base ai quali ha fondato il proprio convincimento richiamandosi – salvo i casi in cui la durata è di per sè sola così eloquente da rendere ictu oculi superfluo ogni altro rilievo – ai canoni indicati nell’art. 2, comma secondo, della legge citata, ossia facendosi carico di valutare la complessità delle questioni trattate nello specifico processo e il comportamento in esso tenuto dai soggetti menzionati nella predetta disposizione, senza che sia in alcun modo necessario ripercorrere analiticamente tutti i passaggi del processo della cui durata si discute. Cass. civ. sez. I 4 febbraio 2003, n. 1600

Il principio secondo il quale i provvedimenti aventi veste di sentenza possono contenere una motivazione concisa e non necessitante di espliciti riferimenti a tutte le argomentazioni, allegazioni e prospettazioni delle parti (che devono per implicito aversi per disattese se incompatibili con la soluzione giuridica adottata e l’iter argomentativo) è applicabile, a più forte ragione, ai provvedimenti diversi dalle sentenze, ed in particolare ai decreti (nella specie, decreto di liquidazione del compenso al commissario giudiziale di una procedura di amministrazione controllata), la cui motivazione ben può essere sommaria, nel senso che il giudice, senza trascriverli, può, nel provvedimento, limitarsi ad indicare i fatti e gli elementi, fra quelli portati al suo giudizio (o che, comunque, possa incidere su di esso), che lo abbiano convinto ad assumere il provvedimento stesso.  Cass. civ. sez. I 20 settembre 2002, n. 13762

Il provvedimento emesso dal tribunale nella forma del decreto, alla stregua di quanto previsto per i procedimenti in camera di consiglio, anche se di natura contenziosa (nella specie, rigetto del ricorso per la revisione della sentenza di divorzio relativamente all’obbligo di corresponsione di assegno per il mantenimento di figlio divenuto maggiorenne) legittimamente è sottoscritto dal solo presidente, non essendo necessaria la firma del relatore. Cass. civ. sez. I 3 marzo 2000, n. 2381

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