(1) La rubrica ed il presente articolo sono stati così modificati dall’art. 3, comma 9, D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 con decorrenza dal 18.10.2022, efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2023.
La disposizione dell’art. 113 c.p.p., relativa alla «ricostituzione di atti» – applicabile per analogia al rito civile, nel quale mancano specifiche norme che disciplinino la materia – prevede l’emissione di un provvedimento di natura amministrativa (o ordinatoria), assolutamente privo di contenuto decisorio, che non realizza una statuizione sostitutiva di quella già contenuta nel provvedimento mancante, bensì interviene a riprodurlo nella sua materialità e secondo il decisum che a quell’atto già apparteneva. Ne consegue che: a) il provvedimento di ricostituzione è sottratto ad ogni autonoma impugnazione, essendo modificabile e revocabile dallo stesso giudice che l’ha emesso, ed essendo ammissibile la riproposizione di un’istanza di ricostituzione originariamente respinta; b) l’eventuale impugnazione va, quindi, diretta nei confronti del provvedimento rinnovato (nella specie, una sentenza andata smarrita presso l’Ufficio del Registro) con il quale il provvedimento di ricostituzione finisce con il fare corpo unico; c) il giudice che deve emettere il provvedimento di ricostituzione è il medesimo organo giurisdizionale che emise l’atto mancante (senza necessità di identità fisica tra la persona o le persone che parteciparono alla sua emanazione e quelle che pongono in essere il provvedimento di ricostituzione); d) il giudice, per dare concreta attuazione alla ricostituzione, è libero di dettarne i modi tendenti alla ricerca di ogni elemento utile per ricostruire fedelmente l’originario contenuto dell’atto mancante, sia nella sua veste formale, sia nel suo contenuto decisorio. Cass. civ. sez. I 27 settembre 1997, n. 9507
Per il principio della libertà di forme vigente nel nostro sistema processuale, che consente alle parti di proporre le loro domande, difese ed eccezioni senza l’osservanza di particolari formulari, deve aversi riguardo al contenuto sostanziale delle domande e conclusioni delle parti in una valutazione complessiva anche del loro effettivo interesse, tal ché deve ritenersi che l’eccezione con la quale il responsabile di un sinistro derivante dalla circolazione stradale oppone di non essere obbligato a corrispondere il risarcimento del danno, per esservi tenuto l’assicuratore, con lui convenuto nel medesimo processo dal danneggiato, contiene una inequivoca domanda di garanzia nei confronti del predetto assicuratore. Cass. civ. sez. III 25 febbraio 1992, n. 2325
Negli atti processuali la volontà non ha lo stesso rilievo che negli atti di diritto sostanziale, in quanto la struttura del processo, nel quale domina l’attività dell’organo giurisdizionale, condiziona l’autonomia delle parti, vincolando gli effetti della loro attività entro schemi tipici prestabiliti, di guisa che gli atti processuali, pur essendo volontari nel loro compimento, spiegano i loro effetti secondo le modalità che a ciascun tipo la legge riconnette, senza che sia normalmente ammissibile una divergenza della manifestazione rispetto all’intenzione dell’agente. Cass. civ. sez. III 23 maggio 1972, n. 1606.
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