Colui che agisce con l’azione di accertamento, anche se negativo, deve essere titolare dell’interesse, attuale e concreto, ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa. (Nella specie, la S.C. ha escluso l’interesse dei ricorrenti all’azione inibitoria con riferimento allo sfruttamento economico di alcuni film, non avendo gli stessi validamente acquistato i relativi diritti). Cass. civ. sez. I 30 luglio 2015, n. 16162
In tema di azione di mero accertamento, l’interesse ad agire postula che colui che agisce si qualifichi titolare di diritti o di rapporti giuridici e non anche l’attualità della lesione del diritto poiché è sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico o sull’esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, dovendosi ritenere che la rimozione di tale incertezza non rappresenti un interesse di mero fatto ma un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistere l’interesse ad agire della ricorrente in relazione all’oggettiva incertezza dei termini di un contratto di assicurazione, ingenerata dalla condotta stragiudiziale e processuale tenuta dalla compagnia assicuratrice). Cass. civ. sez. III 23 giugno 2015, n. 12893
L’accertamento dell’interesse ad agire, inteso quale esigenza di provocare l’intervento degli organi giurisdizionali per conseguire la tutela di un diritto o di una situazione giuridica, deve compiersi con riguardo all’utilità del provvedimento giudiziale richiesto rispetto alla lesione denunziata, prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia e dal suo prevedibile esito. Cass. civ. sez. lav. 13 giugno 2014, n. 13485
Sussiste l’interesse ad agire con un’azione di mero accertamento negativo della propria condotta di contraffazione di un brevetto altrui, posto che tale azione mira a conseguire, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva, un risultato utile giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice. (Nella specie, l’imprenditore chiedeva di accertare che il proprio prodotto – un rubinetto valvolato – non costituiva la contraffazione di un altro, in tal modo chiarendo una situazione di incertezza relativamente alla possibilità di produrlo e distribuirlo lecitamente). Cass. civ. sez. I 19 febbraio 2014, n. 3885
L’interesse ad agire con azione di mero accertamento sussiste ogni qualvolta ricorra una pregiudizievole situazione d’incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici, la quale, anche con riguardo ai rapporti di lavoro subordinato, non sia eliminabile senza l’intervento del giudice, sicché è ammissibile la domanda del datore di lavoro diretta all’accertamento della legittimità del licenziamento, ancorché questo risulti essere già stato impugnato dal lavoratore con l’instaurazione di un precedente giudizio, salva in ogni caso l’applicabilità della disciplina della continenza delle cause ex art. 39 c.p.c.; né è configurabile un abuso dello strumento processuale da parte del datore di lavoro, in considerazione della sussistenza di un interesse ad agire degno di tutela. Cass. civ. sez. lav. 9 maggio 2012, n. 7096
La tutela giurisdizionale e l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., hanno per oggetto diritti o interessi legittimi nella loro intera fattispecie costitutiva e non, invece, singoli fatti giuridicamente rilevanti, peculiari interpretazioni o singoli presupposti della complessiva situazione di diritto sostanziale, non suscettibili di tutela giurisdizionale in via autonoma, separatamente dal diritto nella sua interezza. (Nella specie, in una controversia relativa a cessione di credito derivante da contratto di assicurazione e ritenuta inefficace dalla sentenza di primo grado, la S.C., confermando la sentenza di appello, ha ritenuto la società appellante priva di interesse ad impugnare, atteso che le posizioni toccate erano meramente accessorie e strumentali alla posizione di diritto sostanziale della società nei confronti delle altre parti). Cass. civ. sez. III 22 agosto 2007, n. 17877
Poiché la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri. Pertanto non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza. Parimenti non sono ammissibili questioni di interpretazioni di norme o di atti contrattuali se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto. (In applicazione del principio soprariportato, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza di merito che aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario su questioni interpretative relative a clausole contrattuali attinenti alla base di calcolo della pensione di ex dipendenti delle Ferrovie dello Stato, spettando tale interpretazione alla Corte dei Conti, giudice fornito di giurisdizione sulla domanda) Cass. civ. Sezioni Unite 20 dicembre 2006, n. 27187
Solo nell’ambito del medesimo processo (e delle diverse fasi di impugnazione ) è consentito dedurre errori, nullità, illegittimità o irregolarità in esso verificatesi, ed ove tali deduzioni intervengano in un diverso processo il giudice adito non ha il potere di rilevare, dichiarare e/o correggere gli eventuali errori o le nullità ed illegittimità dell’altro processo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse della parte alla relativa proposizione. Il principio non subisce eccezione neanche nell’ipotesi in cui la parte contumace non abbia avuto conoscenza del processo per la nullità di citazioni o notificazioni e siano decorsi i termini di impugnazione, poiché anche in tale caso deve sempre essere impugnata la sentenza emessa nel processo in cui si siano verificate le nullità che la medesima parte intende denunciare, deducendo la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 327, secondo comma, c.p.c. (e perciò l’inapplicabilità della disciplina in materia di decadenza dall’impugnazione, di cui al primo comma del medesimo articolo), se non altro perché, in mancanza di impugnazione, passerebbe in giudicato la decisione pronunciata nel processo asseritamente affetto da nullità, e tale giudicato esterno sarebbe rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (nella specie, in applicazione di tali principi, è stata cassata senza rinvio la sentenza della commissione tributaria regionale che aveva omesso di dichiarare l’inammissibilità del ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo ad un precedente avviso di accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, ricorso con cui il contribuente si doleva di vizi di notifica di quella pronuncia). Cass. civ. sez. V 15 dicembre 2006, n. 26906
L’assenza di interesse ad agire, richiesto per qualsiasi domanda dall’art. 100 c.p.c. è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, poiché costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda; pertanto, la sua sussistenza va accertata dal giudice anche quando non vi è contrasto tra le parti sul merito della stessa. Cass. civ. sez. II 7 marzo 2002, n. 3330
L’interesse ad agire in “negatoria servitutis” sussiste anche quando, pur non denunciandosi l’avvenuto esercizio di atti materialmente lesivi della proprietà dell’attore, questi, a fronte di inequivoche pretese reali affermate dalla controparte sulla stessa, intenda far chiarezza al riguardo con l’accertamento dell’infondatezza delle dette pretese. Cass. civ. sez. II 8 marzo 2010, n. 5569
L’interesse ad agire consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice; pertanto, in presenza di assegno bancario oggetto di ammortamento ad istanza del portatore, sussiste l’interesse del traente a proporre azione di accertamento negativo del debito relativo al rapporto sottostante nei confronti del portatore medesimo, né la dichiarazione resa in giudizio da quest’ultimo di nulla avere a pretendere nei confronti del traente comporta la cessazione della materia del contendere, giacché, considerati gli effetti di reintegrazione della legittimazione cartolare che il decreto di ammortamento produce, deve ritenersi che tale dichiarazione liberatoria non realizzi quel soddisfacimento delle ragioni alla base dell’azione di accertamento negativo, che possono esser soddisfatte soltanto da una pronuncia giurisdizionale in ordine al rapporto sostanziale sottostante al titolo cartolare. Cass. civ. sez. I 23 maggio 2003 n. 8200
Anche nel caso di domande formulate in termini alternativi nei confronti di due diversi soggetti, va affermata la carenza di interesse all’impugnazione – nel caso, al ricorso per cassazione – ove sussista una situazione di indifferenza dell’attore rispetto all’uno o all’altro dei risultati della propria azione, per l’assoluta intrinseca equivalenza dei risultati stessi, in rapporto alla misura, all’entità dei diritti azionati e alle prospettive di assicurarne il soddisfacimento. (Nella specie, l’attore aveva chiesto la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno alternativamente nei confronti di due diversi soggetti, che si erano rispettivamente impegnati all’assunzione in prova ed all’assunzione definitiva al termine del tirocinio; la S.C. ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto dal lavoratore avverso la sentenza di accoglimento della domanda nei confronti di uno solo dei convenuti, sul presupposto che il ricorrente non aveva dimostrato né prospettato che tale accoglimento si fosse tradotto nel rifiuto di un risultato più ampio ugualmente oggetto dell’azione da lui proposta). Cass. civ. sez. lav. 7 dicembre 1999, n. 13690
L’interesse ad agire, necessario anche ai fini della impugnazione della sentenza, va desunto ed apprezzato in relazione all’utilità giuridica che l’eventuale accoglimento del gravame può arrecare alla parte che lo propone e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, del tutto priva di riflessi pratici. Ne consegue che, in materia di controversie elettorali, è inammissibile l’impugnazione proposta avverso sentenza dichiarativa della decadenza per incompatibilità rispetto ad una data carica elettiva, allorché l’impugnante risulti essere dimesso dalla stessa carica. Cass. civ. sez. I 26 giugno 1992, n. 8025
La parte nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di urgenza, ove intenda opporsi al precetto con cui la controparte gli ingiunge di eseguire delle ulteriori opere, sostenendo di averle eseguite, può domandare (come è consentito all’altra parte) l’accertamento della regolare esecuzione della misura cautelare, come anche la specificazione delle ulteriori opere eventualmente necessarie, al giudice che ha emesso il detto provvedimento o a quello davanti al quale si è iniziata la causa di merito, tal che è improponibile per carenza di interesse una siffatta domanda di accertamento in un distinto giudizio di cognizione instaurato con l’opposizione al precetto. Cass. civ. sez. III 11 luglio 1992, n. 8451
In caso di accertamento dell’usucapione in danno di più proprietari, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell’integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare al riguardo l’esercizio dei poteri officiosi del giudice, stante l’irrilevanza per lo stesso della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l’assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi. Né è meritevole di tutela l’interesse ad un nuovo giudizio che si concluda con differente esito, traducendosi esso in un abuso del processo, oltre ad essere contrario al principio di ragionevole durata dello stesso ai sensi dell’art. 111 Cost.. Cass. civ. sez. II 26 settembre 2019, n. 24071
La parte che con successo abbia impugnato la sentenza non definitiva, per difetto di giurisdizione del giudice che l’ha emessa, difetta di interesse ad impugnare la successiva sentenza definitiva, attesa la mancanza di un provvedimento impugnabile. Difatti la riforma o la cassazione di una sentenza non definitiva pone nel nulla le statuizioni successivamente pronunciate, le quali siano dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, e ciò anche in presenza di un giudicato formale. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione proposto avverso una sentenza con la quale il giudice del gravame aveva pronunciato su una sentenza definitiva emessa dal Tribunale in tema di risarcimento del danno per occupazione acquisitiva; ciò perché, nel frattempo, altro giudizio di cassazione, avente ad oggetto la sentenza non definitiva sulla giurisdizione, si era concluso con la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo). Cass. civ. sez. I 6 giugno 2019
L’appellante, condannato in primo grado in solido con altra parte al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno, ha interesse alla prosecuzione del giudizio fino alla sentenza di merito anche se il condebitore venga dichiarato fallito, allo scopo di ottenere l’accertamento della esclusiva responsabilità di quest’ultimo ovvero di una diversa ripartizione della responsabilità in vista dell’azione di regresso. Cass. civ. sez. III, , 30 maggio 2019, n. 14768
Qualora il giudice, oltre a dichiarare l’inammissibilità della domanda o del gravame, con ciò spogliandosi della “potestas iudicandi” sul merito della controversia, la abbia anche rigettata, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; tale principio deve essere logicamente esteso anche ai casi in cui l’inammissibilità riguardi solo un capo di domanda o motivo di gravame. Cass. civ. sez. I 1 marzo 2012, n. 3229
Il principio contenuto nell’art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l’interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di una sua parte. Ne consegue che deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse l’impugnazione proposta, ove non sussista la possibilità, per la parte che l’ha fatta, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile. (Nella specie, il giudice di gravame aveva confermato la statuizione di primo grado in ordine al rigetto di un’eccezione di nullità dell’atto di citazione, rilevando che, nonostante essa fosse stata erroneamente ritenuta intempestiva, era poi stata fondatamente respinta nel merito; la S.C. ha, quindi, reputato inammissibile per difetto di interesse il motivo di ricorso con cui ci si doleva dell’omesso esame e statuizione sulla tempestività dell’anzidetta eccezione). Cass. civ. sez. II 27 gennaio 2012, n. 1236
Poichè l’interesse all’impugnazione – quale manifestazione del generale interesse ad adire, di cui all’art 100 c.p.c. – è costituito dalla soccombenza rispetto alla domanda proposta, il creditore del simulato alienante, che abbia proposto in via principale l’azione di simulazione ed in via subordinata l’azione revocatoria e che, pur vittorioso rispetto a quest’ultima, sia rimasto soccombente rispetto alla prima, ha interesse ad appellare la sentenza del primo giudice nella parte relativa al rigetto dell’azione di simulazione, stante la più penetrante tutela offerta da quest’ultima azione con l’effetto restitutorio del bene nel patrimonio del simulato alienante. Cass. civ. sez. I 5 maggio 2010, n. 10909
Mentre il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento relativa al quantum debeatur essendo obiettivamente condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull’an non fa venire meno l’interesse all’impugnazione già proposta contro quest’ultima sentenza, altrettanto non avviene ove sia passata in giudicato la pronuncia di rigetto della domanda di liquidazione dei danni, venendo in tal caso meno ogni interesse a proseguire nel giudizio sull’an con conseguente inammissibilità dell’impugnazione proposta contro quest’ultima sentenza. Cass. civ. Sezioni Unite 19 maggio 2008, n. 12642
La doglianza relativa alla mancata adozione di un diverso rito, dedotta come motivo di impugnazione, è inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla sua mancata adozione sia concretamente derivato, in quanto l’esattezza del rito non deve essere considerata fine a sé stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita sul piano pratico processuale. Cass. civ. sez. III 13 maggio 2008, n. 11903
Presupposto indefettibile del potere di impugnazione della parte è la difformità della pronuncia rispetto alle conclusioni prese dalla stessa, e non anche la mera esigenza teorica di correttezza processuale, priva di utilità pratica in quanto non finalizzata ad una diversa pronuncia sul bene della vita che è oggetto del procedimento. Tale presupposto è richiesto anche qualora sia il P.M. ad impugnare, in quanto questi, anche se portatore di un interesse pubblico, è comunque una parte, sia pure formale, e, in quanto tale, soggetto al principio in base al quale l’interesse ad una pronuncia di carattere processuale non può mai essere disgiunto da un interesse sostanziale. Cass. civ. sez. I 28 luglio 2006, n. 17234
Non sussiste l’interesse del convenuto ad impugnare un’ordinanza di estinzione del giudizio, trattandosi di statuizione meramente processuale inidonea ad arrecare pregiudizio alle parti coinvolte ed a costituire giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi l’efficacia di tale giudicato al solo aspetto del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio. Cass. civ. sez. VI 11 settembre 2018, n. 21977
In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso di confluenza nello stesso processo della causa di risarcimento dei danni proposta dal danneggiato contro il responsabile e della causa di garanzia proposta da questo contro l’assicuratore in forza del contratto di assicurazione, il danneggiato non è parte del rapporto processuale relativo a questa seconda causa, che rimane del tutto distinta dalla prima (non potendo agire direttamente nei confronti dell’assicuratore del responsabile del danno, facoltà prevista con disciplina speciale dalla legge n. 990 del 1969 e quindi non applicabile al di fuori della fattispecie di cui alla citata legge) e non ha, quindi, interesse ad impugnare le statuizioni relative alla azione di garanzia. Cass. civ. sez. lav. 9 agosto 2003
Il principio enunciato nell’art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda o per contraddire ad essa è necessario avervi interesse, si estende anche ai giudizi di impugnazione nei quali, in particolare, l’interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di questa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si ricollega pertanto ad una soccombenza, anche solo parziale, nel precedente giudizio, in difetto della quale l’impugnazione è inammissibile. Cass. civ. sez. lav. 22 febbraio 2000, n. 2022
La sentenza che dichiari insussistente l’interesse ad agire è una decisione di rito, sicché è inidonea a spiegare efficacia di giudicato al di fuori del processo nel quale è pronunciata. (Nella specie, relativa alla realizzazione della pretesa creditoria accertata in un risalente giudizio, la S.C. ha ritenuto che la sentenza da ultimo resa aveva dichiarato il difetto di interesse ad agire della parte in ragione della liquidità del credito, sicché era inidonea a realizzare un potenziale conflitto di giudicati con la precedente sentenza di accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, promossa dal datore di lavoro sull’assunto dell’illiquidità del credito della lavoratrice portato nell’originario titolo giudiziale). Cass. civ. sez. lav 16 settembre 2015, n. 18160
Il principio secondo cui l’interesse ad agire comporta la verifica, da compiersi d’ufficio da parte del giudice, in ordine all’idoneità della pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte che ha proposto la domanda, trova applicazione anche in riferimento all’azione di accertamento della nullità delle deliberazioni adottate dall’assemblea di una società, il cui esercizio postula un interesse che, oltre a dover essere concreto ed attuale, si riferisca specificamente all’azione di nullità, non potendo identificarsi con l’interesse ad una diversa azione, il cui esercizio soltanto potrebbe soddisfare la pretesa dell’attore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva dichiarato inammissibile, per difetto d’interesse, l’azione di nullità della delibera di approvazione del bilancio di liquidazione del Fondo di previdenza integrativa dell’Isveimer, proposta dagli iscritti al medesimo Fondo, rilevando che la dichiarazione di nullità non avrebbe comportato la rimozione del limite di spesa imposto dall’art. 4 del decreto legge 24 settembre 1996, n. 497, convertito con modificazioni dalla legge 19 novembre 1996, n. 588, ai fini dell’estinzione delle obbligazioni della società nei confronti degli attori). Cass. civ. sez. I 20 luglio 2007, n. 16159
L’azione diretta a ottenere l’accertamento giudiziale della sottoscrizione di una scrittura privata, quale azione di mero accertamento, è imprescrittibile. Nondimeno, qualora l’azione sia strumentalmente diretta a far valere il diritto nascente dalla scrittura privata, una volta prescrittosi tale diritto l’azione di accertamento, pur non potendosi considerare prescritta a sua volta, deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse. Cass. civ. sez. II 21 ottobre 2019, n. 26800
Il condomino che intenda impugnare una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale. Cass. civ., sez. VI 9 marzo 2017, n. 6128
L’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione. Cass. civ. Sezioni Unite 20 ottobre 2016, n. 21260
In caso di intervenuta transazione extraprocessuale, ove le parti non concordino sulla rilevanza giuridica dell’atto o sul suo contenuto, occorre accertare se la transazione investa o meno l’oggetto della domanda contenziosa, sicché non può esservi declaratoria di cessazione della materia del contendere, che costituisce pronuncia processuale per sopravvenuta carenza di interesse, inidonea a formare giudicato solo processuale, ma va esaminato il merito della domanda, che va rigettata qualora si accerti che la transazione ha regolamentato tutti i rapporti contenziosi tra le parti. Cass. civ. sez. III 24 febbraio 2015, n. 3598
La legittimazione generale all’azione di nullità, prevista dall’art. 1421 cod. civ., non esime l’attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse, a norma dell’art. 100 cod. proc. civ., non potendo tale azione essere esercitata per un fine collettivo di attuazione della legge. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato improponibile la domanda di un cittadino che, promossa una raccolta di firme contro la vendita di un edificio comunale, aveva chiesto di invalidarla ai sensi dell’art. 1471, n. 1, cod. civ.). Cass. civ., sez. II 4 febbraio 2014, n. 2447
L’interesse ad agire del socio per l’impugnazione delle delibere approvative del bilancio attiene alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. Ne consegue che al socio non può essere negato il diritto di essere posto a conoscenza dei fatti che nel corso dell’esercizio hanno inciso sul patrimonio e sull’andamento economico della società, che non viene a cessare, ma solo a trasferirsi in capo ai liquidatori, in conseguenza della sopravvenienza di una causa di scioglimento della società. Cass. civ. sez. I 20 settembre 2012, n. 15944
Ove sia stata eseguita la trascrizione di una domanda giudiziale al di fuori dei casi di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c., sussiste l’interesse della controparte ad agire, anche in separato giudizio, per il relativo risarcimento del danno, a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza che rigetta la domanda illegittimamente trascritta; in tal caso, infatti, la cancellazione della trascrizione non è collegata al mancato accoglimento della domanda, ma alla sua intrinseca illegittimità, del tutto autonoma rispetto al giudizio di merito nel cui ambito la trascrizione era stata disposta. Cass. civ. Sezioni Unite 23 marzo 2011, n. 6597
Il fideiussore non può esercitare, nei confronti del creditore a favore del quale ha prestato garanzia, un diritto facente capo al debitore garantito, trattandosi di un diritto del tutto estraneo alla propria sfera giuridica. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la “legitimatio ad causam” del fideiussore relativamente all’azione di risarcimento dei danni patiti dal debitore principale per effetto della violazione del dovere di buona fede da parte del creditore). Cass. civ. sez. I 1 marzo 2010, n. 4830
Il principio secondo cui l’interesse ad agire comporta la verifica, da compiersi d’ufficio da parte del giudice, in ordine all’idoneità della pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte che ha proposto la domanda, trova applicazione anche in riferimento all’azione di accertamento della nullità delle deliberazioni adottate dall’assemblea di una società, il cui esercizio postula un interesse che, oltre a dover essere concreto ed attuale, si riferisca specificamente all’azione di nullità, non potendo identificarsi con l’interesse ad una diversa azione, il cui esercizio soltanto potrebbe soddisfare la pretesa dell’attore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva dichiarato inammissibile, per difetto d’interesse, l’azione di nullità della delibera di approvazione del bilancio di liquidazione del Fondo di previdenza integrativa dell’Isveimer, proposta dagli iscritti al medesimo Fondo, rilevando che la dichiarazione di nullità non avrebbe comportato la rimozione del limite di spesa imposto dall’art. 4 del decreto legge 24 settembre 1996, n. 497, convertito con modificazioni dalla legge 19 novembre 1996, n. 588, ai fini dell’estinzione delle obbligazioni della società nei confronti degli attori). Cass. civ.sez. I, , 20 luglio 2007, n. 16159
Il passaggio in giudicato della sentenza definitiva sul quantum debeatur essendo questa condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull’an non fa venir meno l’interesse all’impugnazione già proposta contro quest’ultima sentenza. Cass. civ. Sezioni Unite 4 febbraio 2005, n. 2204
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Codice della Nautica da Diporto
Codice della Protezione Civile
Codice delle Comunicazioni Elettroniche
Codice Processo Amministrativo
Disposizioni attuazione Codice Civile e disposizioni transitorie
Disposizioni di attuazione del Codice di Procedura Civile
Disposizioni di attuazione del Codice Penale
Legge 68 del 1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili)
Legge sul Procedimento Amministrativo
Legge sulle Locazioni Abitative
Norme di attuazione del Codice di Procedura Penale
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