Il comportamento dell’avvocato deve essere adeguato al prestigio della classe forense, che impone comportamenti individuali ispirati a valori positivi, immuni da ogni possibile giudizio di biasimo, etico, civile o morale. Conseguentemente, commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi (art. 64 cdf) e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più sull’immagine della classe forense (Nel caso di specie, dopo la convalida dello sfratto per morosità, l’avvocato ometteva di restituire nella disponibilità del proprietario l’immobile adibito a studio professionale, tanto da subire l’escomio a mezzo ufficiale giudiziario. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi sei). Consiglio nazionale forense, sentenza del 24 marzo 2021, n. 50