Art. 42 – Codice Deontologico Forense

(Approvato in data 31 gennaio 2014)

Notizie riguardanti il collega

Art. 42 – codice deontologico forense

1. L’avvocato non deve esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega.
2. L’avvocato non deve esibire in giudizio documenti relativi alla posizione personale del collega avversario né utilizzare notizie relative alla sua persona, salvo che il collega sia parte del giudizio e che l’utilizzo di tali documenti e notizie sia necessario alla tutela di un diritto.
3. La violazione dei divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 42 – Codice Deontologico Forense

1. L’avvocato non deve esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega.
2. L’avvocato non deve esibire in giudizio documenti relativi alla posizione personale del collega avversario né utilizzare notizie relative alla sua persona, salvo che il collega sia parte del giudizio e che l’utilizzo di tali documenti e notizie sia necessario alla tutela di un diritto.
3. La violazione dei divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Pronunce Consiglio Nazionale Forense

L’avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione (quindi anche nella dimensione privata e non propriamente nell’espletamento dell’attività forense), con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione e perciò anche in tale ambito deve in ogni caso astenersi dall’esprimere apprezzamenti denigratori sulle capacità professionali di un collega, che l’art. 42 cdf ammette -seppur non in modo indiscriminato- solo se il Collega stesso sia parte del giudizio e ciò sia necessario alla tutela di un diritto (Nel caso di specie, durante un colloquio con un terzo, l’avvocato esprimeva apprezzamenti denigratori -tra cui “capra”- nei confronti del proprio ex collaboratore di studio, ritenuto solo capace di fare “decreti ingiuntivi su sentenze”). Consiglio nazionale forense, sentenza del 4 dicembre 2020 n.234

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