Nel giudizio di opposizione al verbale di accertamento di infrazione del codice della strada per sosta in violazione dell’art. 157, comma 6, c.d.s., è onere dell’Autorità amministrativa dare la prova dell’adozione dei necessari provvedimenti amministrativi individuanti, nella zona interessata, un’adeguata area destinata a parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata, ovvero, in mancanza, dimostrare l’esistenza della delibera che rende inoperante l’obbligo stabilito dall’art. 7, comma 8, c.d.s. Cassazione penale, Sez. VI-II, sentenza n. 15678 del 23 luglio 2020 Cass. pen. n. 15678/2020
L’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore integra l’illecito amministrativo previsto dall’art. 7, comma quindicesimo-bis, c.d.s., e non il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità previsto dall’art. 650 c.p., stante l’operatività del principio di specialità di cui all’art. 9 della L. n. 689 del 1981. (Annulla senza rinvio, Trib. Salerno, 2-7-2010). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 47886 del 22 dicembre 2011 Cass. pen. n. 47886/2011
In tema di sanzioni amministrative connesse alla sosta dei veicoli, l’art. 157, comma 6, del codice della strada, prevede due distinte condotte, entrambe sottoposte alla medesima sanzione di cui al comma 8, e cioè quella di porre in sosta l’autoveicolo senza segnalazione dell’orario di inizio della stessa, laddove essa è consentita per un tempo limitato, e quella di non attivare il dispositivo di controllo della sosta (espressione nella quale va ricompresa la scheda o il tagliando rilasciato nel caso dei parcheggi a pagamento), nei casi in cui esso è espressamente previsto. Ben diversa è, invece, la condotta sanzionata dal comma 15 dell’art. 7, del medesimo codice, che riguarda la violazione del divieto di sosta che si prolunghi oltre le 24 ore, prevedendo, in tale evenienza, una sanzione aggiuntiva per ciascun giorno di protrazione dell’infrazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva annullato il verbale di accertamento, per violazione del comma 6 dell’art. 157, relativo ad un’autovettura parcheggiata in un’area di sosta senza adempiere al prescritto obbligo di pagamento, sul presupposto che tale condotta fosse punibile ex art. 7, comma 15). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 20308 del 4 ottobre 2011 (Cass. civ. n. 20308/2011)
L’istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera f), del d.l.vo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l’avviso “parcheggio incustodito” è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, primo comma, e 1327 c.c.), perché l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l’approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), e l’univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell’affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l’adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all’organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta. Cassazione civile, Sez. Unite, ordinanza n. 14319 del 28 giugno 2011 (Cass. civ. n. 14319/2011)
L’ordinanza del sindaco con cui vengono disposti, ai sensi dell’art. 7, comma 1, cod. strada, divieti di circolazione in alcune zone della città, ai fini di prevenzione dell’inquinamento atmosferico (nella specie, chiusura domenicale al traffico del centro storico), è un atto amministrativo che, dovendo essere preceduto dalle forme di pubblicazione proprie di tali atti e seguito da adeguata pubblicità informativa, può essere portato a conoscenza degli utenti delle strade, oltre che mediante l’affissione all’albo comunale, anche attraverso la pubblicità con mezzi di comunicazione di massa (ad es. la stampa o altri analoghi mezzi di comunicazione) e l’installazione di segnali stradali, essendo peraltro sufficiente che questi ultimi siano posizionati sulle strade di accesso alla zona in cui la circolazione è interdetta e non occorrendo che siano collocati in ogni singola strada, posta all’interno del perimetro urbano compreso nel divieto. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 13730 del 8 giugno 2010 (Cass. civ. n. 13730/2010)
L’istituzione da parte dei comuni, previa deliberazione della giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell’art. 7, primo comma, lettera f), del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada), non comporta l’assunzione dell’obbligo di custodia dei veicoli in esse parcheggiati, per espressa previsione di legge, né tale obbligo può sorgere dalle modalità concrete di organizzazione della sosta (quali ad esempio l’adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo); pertanto, la sosta di un veicolo in tali aree dà luogo ad un contratto di deposito atipico, dal quale non sorge la responsabilità del depositario in caso di furto del mezzo trovando l’assenza di un obbligo di custodia la sua fonte direttamente nella legge e non in una clausola contrattuale limitatrice di responsabilità, il regolamento con espressa avvertenza che il gestore dell’area di parcheggio non risponde del furto del veicolo e di quanto in esso contenuto, non necessita di approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6169 del 13 marzo 2009 (Cass. civ. n. 6169/2009)
Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con riguardo alle domande di condanna alla rimozione di un apparecchio distributore di biglietti per la sosta regolamentata di autovetture (cd. parcometro) e di risarcimento del danno, asseritamente derivato al privato dall’installazione dell’apparecchio su strada pubblica prospiciente la propria abitazione, proposte contro il comune che abbia provveduto all’installazione, in quanto ricorrono sia il presupposto oggettivo del nesso tra l’atto della P.A. e l’uso del territorio, attesa la collocazione dei parcometri nell’ambito di un complesso procedimento amministrativo di pianificazione urbanistica del traffico (ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), sia il presupposto soggettivo, consistente nell’instaurazione della controversia contro il comune medesimo. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 5629 del 9 marzo 2009 (Cass. civ. n. 5629/2009)
In caso di parcheggio di un automezzo in un’area recintata a ciò predisposta e gestita da una società, va esclusa l’applicabilità della norma di cui all’art. 7, comma 1 lett. f), del d.lgs. n. 285 del 1992, che si riferisce alla destinazione di zone cittadine a parcheggio con dispositivi di controllo della durata della sosta a pagamento, vertendosi, invece, in tema di contratto atipico di parcheggio per la cui disciplina occorre far riferimento alle norme relative al deposito. Peraltro, per la sussistenza dell’obbligo di custodia, non è necessario l’affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può realizzarsi attraverso l’immissione dello stesso nella predetta area, previo perfezionamento del contratto mediante l’introduzione di monete nell’apposito meccanismo, ben potendo l’obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette specificamente a ricevere quella consegna e ad effettuare la connessa sorveglianza, bastando in proposito diverse ed equipollenti modalità, quali l’adozione di sistemi automatizzati per la procedura di ingresso e di uscita dei veicoli dal parcheggio mediante schede magnetizzate. Ne consegue la responsabilità del gestore nel caso di furto del veicolo, senza che essa possa essere esclusa dall’avviso affisso prima dell’ingresso nell’area del parcheggio, con cui il gestore rappresenti di non rispondere del furto totale o parziale delle auto, poiché essa rappresenta una clausola di esclusione della responsabilità di carattere vessatorio e, pertanto, inefficace se non approvata specificamente per iscritto, dovendosi qualificare la medesima come condizione generale di contratto, nel mentre il predetto avviso, può, piuttosto, ritenersi assimilabile ad un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 cod. civ. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1957 del 27 gennaio 2009 (Cass. civ. n. 1957/2009)
In tema di sanzioni amministrative, alla luce delle disposizioni contenute negli artt. 11 e 12 del D.P.R. n. 610 del 1996 e nell’art. 381, comma secondo, del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice stradale, di cui al D.P.R. n. 495 del 1992, il cosiddetto “contrassegno invalidi”, che autorizza la circolazione e la sosta del veicolo adibito al trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotte anche all’interno delle zone urbane a traffico limitato e delle aree pedonali urbane, è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire esponendolo su qualsiasi veicolo adibito in quel momento al suo servizio e, perciò, la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato la decisione del Giudice di pace che aveva confermato la sanzione amministrativa elevata nei confronti di un utente della strada disabile che circolava nella zona a traffico limitato di Roma esponendo un contrassegno rilasciato dal Comune di Milano).
Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 719 del 16 gennaio 2008 (Cass. civ. n. 719/2008)
Non risponde alla finalità di regolamentare la circolazione stradale degli autoveicoli, onde evitare gli intralci alla circolazione mediante l’eventuale imposizione del divieto di fermata degli stessi in una determinata strada o zona (come consentito dagli artt. 6 e 7 del codice della strada), l’ordinanza sindacale con la quale si vieta la fermata dei veicoli su tutto il territorio comunale se effettuata al fine di contrattare prestazioni sessuali a pagamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, ritenendo la predetta ordinanza viziata da eccesso di potere, la disapplicava annullando l’ordinanza ingiunzione irrogata per violazione dell’ordinanza stessa). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 21432 del 5 ottobre 2006 (Cass. civ. n. 21432/2006)
In tema di violazioni al codice della strada, l’irrogazione, da parte del Comune, di una sanzione amministrativa in caso di parcheggio dell’autovettura senza esposizione del tagliando comprovante il prescritto pagamento non è preclusa dal fatto che il parcheggio sia gestito in concessione da un privato e che per il mancato pagamento del «posteggio» sia prevista dal concessionario una specifica «penale», la quale attiene esclusivamente al rapporto privatistico fra utente e concessionario e non costituisce una alternativa al potere sanzionatorio dell’ente pubblico. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 14736 del 26 giugno 2006 (Cass. civ. n. 14736/2006)
In tema di accertamento delle violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento al divieto di sosta, il potere dell’ausiliario dipendente della società concessionaria del parcheggio a pagamento, concesso dai comuni ai sensi dell’articolo 17, comma 132, della legge 15-5-1997 n. 127, non è limitato a rilevare le infrazioni strettamente collegate al parcheggio stesso (e cioè il mancato pagamento della tariffa o il pagamento inferiore, l’intralcio alla sosta degli altri veicoli negli appositi spazi, ecc.), ma è esteso anche alla «prevenzione» ed al rilievo di tutte le infrazioni ricollegabili alla sosta nella zona ad oggetto della concessione, in relazione al fatto che nella suddetta zona la sosta deve ritenersi consentita esclusivamente negli spazi concessi e previo pagamento della tariffa stabilita. Ne consegue che ogni infrazione alle norme sulla sosta in dette zone può essere rilevata dagli ausiliari dipendenti della società concessionaria essendo quest’ultima direttamente interessata, nell’ambito territoriale suddetto, al rispetto dei limiti e dei divieti per il solo fatto che qualsiasi violazione incide sul suo diritto alla riscossione della tariffa stabilita. (Nella specie era stata proposta opposizione nei confronti del comune avverso i verbali di accertamento del divieto di sosta in area vietata; e il giudice di pace aveva accolto la opposizione perché, tra l’altro, i predetti verbali dovevano considerarsi nulli in quanto redatti dagli ausiliari dell’azienda concessionaria dei parcheggi a pagamento, il cui potere di accertamento doveva ritenersi limitato al controllo della sosta solo relativamente ai posti gestiti dall’ente da cui dipendono; sulla base dell’enunciato principio la S.C. ha accolto il ricorso del comune e cassato con rinvio la sentenza impugnata). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9287 del 20 aprile 2006 (Cass. civ. n. 9287/2006)
In tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, l’impossibilità materiale della contestazione immediata, dichiarata nel verbale di accertamento della violazione del divieto di sosta, non può non essere collegata alla natura dell’infrazione, e cioè alla sosta dell’autoveicolo in luogo vietato, che comporta, di regola, l’assenza del trasgressore al momento dell’accertamento dell’infrazione e, quindi, la ricorrenza dell’ipotesi di materiale impossibilità della contestazione prevista dall’art. 384, lett. f), Reg. cod. strada, conseguendone la legittimità del verbale contenente la sola dichiarazione dell’impossibilità materiale della contestazione immediata, senza l’espresso riferimento all’assenza del trasgressore. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3029 del 13 febbraio 2006 (Cass. civ. n. 3029/2006)
L’art. 68 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nel prevedere che l’art. 17, commi 132 e 133 della legge 15 maggio 1997, n. 127 s’interpreta nel senso che il conferimento ai cosiddetti «ausiliari del traffico» delle funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni del codice della strada comprende anche i poteri di contestazione immediata, nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento, non ha introdotto in materia sostanziali innovazioni, tali da consentire di escludere che tale disposizione abbia effettivamente carattere d’interpretazione autentica, e quindi efficacia retroattiva; pertanto, anche in riferimento al periodo anteriore alla sua entrata in vigore, l’eventuale collaborazione prestata in sede di rilevazione e segnalazione dell’infrazione dei predetti soggetti, non investiti di funzioni di polizia, non rende illegittimo l’accertamento contestato al trasgressore dai vigili urbani.
In tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, la nullità derivante dall’avvenuta notificazione del verbale di accertamento mediante raccomandata spedita dai dipendenti della ditta appaltatrice del servizio, anziché dall’ufficiale giudiziario nelle forme prescritte dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, non può essere pronunciata qualora, essendo stato proposto tempestivamente ricorso al prefetto, debba ritenersi che l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato, consistente nel rendere edotto l’interessato del verbale elevato nei suoi confronti e nel porlo in grado di difendersi. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 2817 del 8 febbraio 2006 (Cass. civ. n. 2817/2006)
In tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, l’art. 7, comma primo, secondo il quale nei centri abitati i comuni possono con ordinanza del sindaco limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione dagli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale (lettera b), consente (lettera a), in forza del richiamo al precedente art. 6, comma quarto) all’ente proprietario della strada di stabilire con ordinanza «obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali della strada», obblighi e limitazioni tra i quali agevolmente si colloca il dovere di esporre il permesso (nella specie, imposto dal regolamento del Comune di Lucca), strumentale alla disciplina della circolazione, che, in quanto limitata, impegna chi ne sia autorizzato a consentire il controllo anche in sua assenza (nel caso in esame il ricorrente deduceva di essere stato autorizzato a sostare nell’area pedonale, lamentando l’illegittimità del regolamento comunale, secondo il quale la mancata esposizione del permesso equivale alla sua assenza). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8939 del 29 aprile 2005 (Cass. civ. n. 8939/2005)
Le società per azioni costituite dai Comuni e dalle Province a norma dell’art. 22, terzo comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142 sull’ordinamento delle autonomie locali per la gestione di pubblici servizi operano come persone giuridiche private, senza che, tuttavia, il regime privatistico del soggetto impedisca che lo stesso rivesta la qualifica di agente contabile, come tale soggetto al giudizio di conto, posto che l’indicata figura è assolutamente indipendente dalla natura, pubblica o privata, del soggetto e dal titolo giuridico in forza del quale la gestione viene svolta, essendo elemento necessario, ma nel contempo sufficiente, che, in relazione al maneggio del denaro, sia costituita una relazione tra ente pubblico ed altro soggetto, a seguito del quale la percezione del denaro avvenga, in base a un titolo di diritto pubblico o di diritto privato, in funzione della pertinenza di tale denaro all’ente pubblico e secondo uno schema procedimentale di tipo contabile. Ne consegue che assume la veste di agente contabile, con le conseguenze di legge in punto di sottoposizione alla giurisdizione contabile, la società per azioni titolare della gestione dei proventi della sosta a pagamento dei veicoli ad essa affidata da un Comune. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 12367 del 9 ottobre 2001 (Cass. civ. n. 12367/2001)
L’art. 7 del Codice della Strada conferisce al Sindaco il potere di adottare con ordinanza «i provvedimenti indicati nell’art. 6, comma quarto», con i quali egli può (lett.b) «stabilire obblighi, divieti, limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di strada o per determinate categorie di utenti».
Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 11278 del 28 agosto 2001 (Cass. civ. n. 11278/2001)
In relazione ad un’area destinata, ex art. 7 del decreto legislativo n. 285 del 1992, a parcheggio non custodito, non è inconcepibile, di per sé, l’instaurarsi di un contratto di parcheggio privato (perfezionabile perciò anche ai sensi dell’art. 1327 c.c.) con il soggetto cui sia stata affidata dal Comune le gestione del parcheggio medesimo ai sensi dell’art. 12 della legge23 dicembre 1992, n. 498. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8027 del 24 luglio 1999 (Cass. civ. n. 8027/1999)
Nel caso di contestazione della violazione dell’art. 4 dell’abrogato codice della strada il quale consente ai Comuni di disciplinare la circolazione nei centri abitati per aver il trasgressore sostato in zona riservata a specifici autoveicoli, l’accertamento, in sede di opposizione alla relativa ordinanza-ingiunzione, che la zona sia doganale e che il Comune non abbia competenza a disciplinare in essa la circolazione, non consente di ritenere sussistente la violazione in base alla mera rilevazione della presenza, nella zona stessa, del cartello stradale, occorrendo, al fine, l’ulteriore prova della quale è onerato l’organo che ha emesso l’ingiunzione che il cartello sia stato apposto legittimamente dall’autorità competente a disciplinare nella zona la circolazione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 7888 del 20 luglio 1995 (Cass. civ. n. 7888/1995)