Art. 143 – Codice dei beni culturali e del paesaggio

(D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)

Piano paesaggistico

Art. 143 - codice dei beni culturali e del paesaggio

1. L’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno:
a) ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, mediante l’analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai sensi degli articoli 131 e 135;
b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141 bis;
c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;
d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1;
e) individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione;
f) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela;
h) individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate;
i) individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità, a termini dell’articolo 135, comma 3.
2. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall’articolo 135, comma 1, terzo periodo. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l’elaborazione del piano. Il piano è oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’accordo stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all’eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell’articolo 141 bis. Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell’accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. Approvato il piano paesaggistico, il parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 è vincolante in relazione agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, salvo quanto disposto al comma 4, nonché quanto previsto dall’articolo 146, comma 5.
4. Il piano può prevedere:
a) la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell’articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;
b) la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 146.
5. L’entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 4 è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 145, commi 3 e 4.
6. Il piano può anche subordinare l’entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 4, all’esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l’effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.
7. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 4, lettera a), siano effettuati controlli a campione sugli interventi realizzati e che l’accertamento di significative violazioni delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell’obbligo dell’autorizzazione di cui agli articoli 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.
8. Il piano paesaggistico può individuare anche linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.
9. A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici.

Art. 143 - Codice dei beni culturali e del paesaggio

1. L’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno:
a) ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, mediante l’analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai sensi degli articoli 131 e 135;
b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141 bis;
c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;
d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1;
e) individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione;
f) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela;
h) individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate;
i) individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità, a termini dell’articolo 135, comma 3.
2. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall’articolo 135, comma 1, terzo periodo. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l’elaborazione del piano. Il piano è oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’accordo stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all’eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell’articolo 141 bis. Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell’accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. Approvato il piano paesaggistico, il parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 è vincolante in relazione agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, salvo quanto disposto al comma 4, nonché quanto previsto dall’articolo 146, comma 5.
4. Il piano può prevedere:
a) la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell’articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;
b) la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 146.
5. L’entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 4 è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 145, commi 3 e 4.
6. Il piano può anche subordinare l’entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 4, all’esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l’effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.
7. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 4, lettera a), siano effettuati controlli a campione sugli interventi realizzati e che l’accertamento di significative violazioni delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell’obbligo dell’autorizzazione di cui agli articoli 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.
8. Il piano paesaggistico può individuare anche linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.
9. A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici.

Massime

Il Piano paesaggistico, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate, deve individuazione le linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati e le misura adatte al fine di inserire nel contesto paesaggistico, gli interventi di trasformazione del territorio. Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sentenza n. 207 del 5 marzo 2019 (Cons. giust. amm. Sicilia n. 207/2019)

Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi – per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., in relazione agli artt. 135 e 143, comma 1, lett. c), del Codice dei beni culturali e del paesaggio – gli artt. 13, comma 1, e 29, comma 1, lett. a), della Legge Reg. autonoma Sardegna n. 11 del 2017, che rispettivamente aggiungono le lettere i-bis e i-ter al comma 2 dell’art. 10-bis della Legge Reg. Sardegna n. 45 del 1989, e modificano l’art. 38 della Legge Reg. Sardegna n. 8 del 2015. La prima delle norme impugnate dal Governo esclude determinati interventi dal vincolo di integrale conservazione dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi, mentre la seconda prevede il trasferimento del patrimonio edilizio esistente mediante interventi di demolizione e ricostruzione con differente localizzazione degli edifici ricadenti all’interno delle zone urbanistiche omogenee E ed H ed interne al perimetro dei beni paesaggistici di cui all’articolo 142, comma 1, lett. a), b), c), ed i), del D.Lgs. n. 42 del 2004. La resistente ha proceduto in modo unilaterale e non attraverso la pianificazione condivisa conformemente ai parametri interposti indicati, cui è riconosciuto il rango di norme di grande riforma economico-sociale; in ogni caso, in presenza di più competenze – quella dello Stato in materia ambientale, e quella della resistente in materia di edilizia ed urbanistica, così intrecciate ed interdipendenti in relazione alla fattispecie in esame – la concertazione legislativa ed amministrativa risulta indefettibile. Quanto all’art. 29 comma 1, lett. a) indicato, inoltre, attraverso il previo mutamento della disciplina inerente a tali zone urbanistiche, si svuota la competenza esclusiva dello Stato finalizzata a determinare i criteri con cui intervenire negli ambiti ambientali e paesistici. Nelle materie rimesse alla competenza esclusiva statale, la semplice novazione della fonte normativa costituisce causa di illegittimità della disposizione regionale. La conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato, riverberando tale titolo di competenza i suoi effetti anche quando si tratta di Regioni speciali o di Province autonome, tenendo però conto degli statuti speciali di autonomia. Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi – per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., in relazione all’art. 143 del D.Lgs. n. 42 del 2004, e dell’art. 3, primo comma, lett. n), dello statuto speciale della Sardegna – gli artt. 37, 38 e 39 della Legge Reg. Sardegna n. 11 del 2017, che modificano, rispettivamente, gli artt. 18 e 18-ter della Legge Reg. Sardegna n. 12 del 1994, e vi aggiungono l’art. 18-quater, subordinando il decreto di autorizzazione alla alienazione, alla permuta o alla sdemanializzazione dei terreni civici ad un accordo che riconosca l’assenza di valori paesaggistici determinati dall’uso civico. Le disposizioni impugnate dal Governo contrastano con il presupposto indefettibile della previa “sclassificazione”, che può concretarsi solo nelle fattispecie legali tipiche previste dalla legge n. 1766 del 1927, e dal r.d. di attuazione n. 332 del 1928 – non potendo configurarsi una c.d. sdemanializzazione di fatto – nel cui ambito procedimentale è ricompreso anche il concerto tra Regione e ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, autorità competenti a valutare il mutamento di destinazione. La pianificazione ambientale paesaggistica – espressione del principio indefettibile della pianificazione condivisa -, esercitata da Stato e Regione, è la sede nella quale può esercitarsi la tutela dinamica del demanio civico, modificando l’utilizzazione dei beni per nuovi obiettivi e, in casi di particolare rilevanza, per esigenze di adeguamento a situazioni di fatto meritevoli di salvaguardia, sulla base di una valutazione non collidente con gli interessi generali della popolazione locale. Corte costituzionale, sentenza n. 178 del 26 luglio 2018 (Corte cost. n. 178/2018)

È dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lett. s), Cost. – l’art. 48 della Legge Reg. Siciliana n. 16 del 2017. La norma impugnata dal Governo limita, al comma 1, e con riferimento alle opere qualificate come di pubblica utilità, realizzate da enti pubblici o società concessionarie di servizi pubblici (con la sola esclusione dell’impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche), i vincoli derivanti dal piano paesaggistico territoriale alle sole misure in grado di ridurre, compensare o eliminare le eventuali incompatibilità paesaggistiche, escludendo la possibilità di stabilire divieti assoluti di intervento. Inoltre prevede, al comma 2, che la procedura di valutazione della compatibilità paesaggistica, avviata con istanza del proponente, va conclusa, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza stessa, con delibera espressa della Giunta regionale, su proposta dell’assessore regionale per i beni culturali e l’identità siciliana. Infine altresì prevede, al comma 3, che le opere di cui al comma 1, nonché le attività estrattive che abbiano già ricevuto nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni prima della data di adozione dei singoli piani paesaggistici territoriali, possano essere realizzate nel rispetto dei tempi, delle forme e delle modalità previste in questi atti, senza necessità di ulteriori valutazioni. La normativa regionale impugnata contrasta con la finalità principale del piano paesaggistico – la tutela dell’interesse primario alla conservazione del paesaggio – che può prevedere anche divieti assoluti di intervento, conformemente agli artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, Cod. beni culturali. Sotto altro profilo, la disciplina regionale contrasta con l’art. 146 Cod. beni culturali, perché determina un sostanziale svuotamento del contenuto dei poteri riservati alla competenza tecnico-scientifica degli uffici amministrativi preposti alla tutela paesaggistica, ai quali soltanto spetta di compiere la verifica concreta di conformità tra l’intervento progettato e le disposizioni del piano, individuando la soluzione più idonea a far sì che l’interesse pubblico primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi secondari. Senza prevedere alcuna forma di partecipazione al procedimento da parte di organismi tecnici, e non distinguendo tra procedimenti autorizzatori già conclusi e procedimenti ancora in itinere alla data di adozione dei piani, l’art. 48 citato contrasta poi con la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica dettata dall’art. 146 Cod. beni culturali, in particolare con i commi 4, 5, e 6. La conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato. Il legislatore statale, tramite l’emanazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, qualificate norme di grande riforma economico-sociale, conserva il potere, nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali, di vincolare la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale. Il piano paesaggistico ha la funzione di strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell’ottica dello sviluppo sostenibile e dell’uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l’individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio. Corte costituzionale, sentenza n. 172 del 23 luglio 2018 (Corte cost. n. 172/2018)

La ricognizione dei beni da sottoporre a vincoli paesaggistici deve essere realizzata, congiuntamente, dallo Stato e dalle Regioni, come del resto emerge dall’art. 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che annovera la ricognizione dei beni di rilevanza paesaggistica tra le attività ricomprese nella “elaborazione” del piano paesaggistico. Inoltre, poiché detta elaborazione deve avvenire, ex art. 136, comma 1, del cit. Codice, sempre congiuntamente, ne discende che anche l’attività ricognitiva deve essere frutto di un percorso condiviso, in ogni suo passaggio e in ogni sua fase, da Stato e Regioni. La legislazione regionale non può prevedere una procedura per l’autorizzazione paesaggistica diversa da quella dettata dalla legislazione statale, poiché alle Regioni non è dato introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale, che dettano una disciplina uniforme valevole su tutto il territorio nazionale. Corte costituzionale, sentenza n. 66 del 30 marzo 2018 (Corte cost. n. 66/2018)

In tema di tutela del paesaggio non costituiscono “beni paesaggistici”, ai sensi dell’art. 134, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, gli immobili e la aree sottoposti a tutela dai piani paesaggistici ai sensi della lettera e) dell’art. 143, comma 1, del medesimo D.Lgs; ne consegue che gli interventi su dette aree ed immobili senza autorizzazione del medesimo non sono punibili ai sensi dell’art. 181 D.Lgs n. 42 del 2004, ma, in quanto soggetti a vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 44 lett. c) D.P.R. n. 380 del 2001. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19146 del 22 novembre 2017 (Cass. pen. n. 19146/2017)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 8, comma 2, lettera b), della L.R. 23 ottobre 2007, n. 34, della Regione Liguria, laddove prevede che spetti al Piano del parco l’individuazione degli “interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995”, nonché le ipotesi in cui lo stesso nulla osta possa essere acquisito mediante autocertificazione di un tecnico a ciò abilitato. È infatti inibito alle Regioni introdurre disposizioni che violino il principio della “gerarchia” degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall’art. 145 del D.Lgs. n. 42 del 2004, oltre che l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in materia di “conservazione ambientale e paesaggistica” o, comunque, determinino un minor rigore di protezione ambientale, poiché la tutela apprestata dallo Stato, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano nelle materie di loro competenza. Corte costituzionale, sentenza n. 272 del 29 ottobre 2009 (Corte cost. n. 272/2009)

Il Piano territoriale paesaggistico, introdotto dall’art. 5, L. n. 1497 del 1939, ed allo stato disciplinato dall’art. 143, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e articoli successivi, è uno strumento di pianificazione da inquadrarsi in un complesso sistema di protezione delle bellezze naturali ed articolato attraverso l’imposizione di vincoli, e, pertanto, è indubbiamente uno strumento di pianificazione ai sensi dell’art. 13, L. n. 241 del 1990. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 453 del 5 febbraio 2007 (Cons. Stato n. 453/2007)

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