Art. 936 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Opere fatte da un terzo con materiali propri

Articolo 936 - codice civile

Quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera oppure l’aumento di valore recato al fondo (1150, 2040).
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le ha fatte (2933). Questi può inoltre essere condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni ed opere, quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in buona fede (1147, 1148).
La rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell’incorporazione (935, 937, 1150, 2964 ss.).

Articolo 936 - Codice Civile

Quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera oppure l’aumento di valore recato al fondo (1150, 2040).
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le ha fatte (2933). Questi può inoltre essere condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni ed opere, quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in buona fede (1147, 1148).
La rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell’incorporazione (935, 937, 1150, 2964 ss.).

Massime

In virtù del principio dell’accessione il proprietario del suolo acquista la proprietà delle costruzioni e delle piantagioni fin dal momento in cui esse vengono dal terzo eseguito con materiali propri e si inseriscono e si incorporano nel suolo, salva la facoltà dello “ius tollendi”, data allo stesso proprietario, al fine di non rendere la sua condizione del tutto dipendente dal fatto pio meno arbitrario del terzo; qualora tale facoltà non sia o non possa essere esercitata (per essere, le opere considerate, state eseguite a sua scienza e senza opposizione o in buona fede) al terzo spetta solamente un diritto di credito da farsi valere nei confronti del proprietario del suolo. Detta disciplina dell’accessione è applicabile anche quando il terzo abbia avuto la disponibilità del fondo e la concessione ad eseguire dette opere dal proprietario dello stesso fondo in base ad un titolo radicalmente nullo. Cass. civ. sez. V, 16 gennaio 2019, n. 904

Secondo la disciplina dettata dall’art. 936 c.c. l’utilità dell’opera realizzata su suolo altrui influisce sulla determinazione della misura dell’indennità spettante all’autore dell’opera, dovuta nella minor somma tra il valore dei materiali ed il prezzo della mano d’opera o l’aumento di valore recato al fondo; ne consegue che il proprietario del terreno è tenuto ad indennizzare il terzo solo se ed in quanto dalla realizzata incorporazione sia effettivamente derivato un incremento del suo patrimonio. Cass. civ. sez. II, 29 marzo 2001, n. 4623.

L’art. 936 c.c. in tema di opere fatte su suolo altrui, non richiede per la sua applicabilità l’utilità dell’opera realizzata ed il conseguente incremento di valore del fondo, potendo tale elemento influire indirettamente solo sulla scelta del proprietario del fondo tra lo ius tollendi ed il diritto di ritenere l’opera, ovvero, nei casi in cui lo ius tollendi non è ammesso o non è esercitato, sulla determinazione della misura dell’indennità spettante all’autore dell’opera, dovuta nella minor somma tra il valore dei materiali ed il prezzo della mano d’opera e l’aumento di valore subito dal fondo. Cass. civ. sez. II, 29 gennaio 1997, n. 888

La disciplina fissata dall’art. 936 c.c. con riguardo alle opere fatte da un terzo con materiali propri sul fondo altrui, trova applicazione nel caso in cui sia configurabile un interesse del proprietario di detto terreno a ritenere le opere medesime, in quanto idonee ad apportargli un concreto vantaggio e, pertanto, non è invocabile nella diversa ipotesi dello sconfinamento di una costruzione sul fondo del vicino per una porzione di modesta entità, la quale resta regolata dalle disposizioni dell’art. 938 c.c. Cass. civ. sez. II, 25 giugno 1985, n. 3844

Nel caso di una gronda sporgente sul suolo altrui, come di una condotta d’immissione di acque luride nel fosso comune, non può trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 936 c.c. atteso che tale norma riguardando attività del terzo sul fondo del vicino che possano risultare utili al proprietario del fondo stesso, e che tali devono presumersi in caso di scienza e mancata opposizione, risulta inapplicabile nell’ipotesi che la costruzione realizzi esclusivamente l’interesse altrui con pregiudizio del proprietario del suolo. Cass. civ. sez. II, 7 giugno 1991, n. 6450

Non può essere considerato terzo, avente diritto all’indennità di cui all’art. 936 (o 937) c.c. colui che abbia eseguito l’opera sul suolo altrui in adempimento di un contratto con persona diversa dal proprietario, atteso che egli entra in contatto con la cosa in via esclusivamente secondaria, a seguito o in ragione di un incarico conferitogli – non rileva a quale titolo – da diverso soggetto e si limita ad eseguire la sua volontà. Cass. civ. sez. II, 6 giugno 2017, n. 14021

In tema di accessione, è terzo, ai sensi dell’art. 936 c.c. il soggetto che abbia eseguito l’opera senza essere vincolato al proprietario del fondo da alcun rapporto contrattuale, che gli consentisse di costruire sul suolo. Tale è pertanto anche l’Amministrazione che abbia occupato in via d’urgenza, con atto di imperio, un terreno e vi abbia realizzato una costruzione, successivamente riconsegnati al proprietario del suolo per il venir meno delle esigenze che avevano reso necessario il provvedimento di occupazione. Cass. civ. sez. II, 15 marzo 2012, n. 4148

La disciplina dell’accessione di cui all’art. 936 c.c. è applicabile esclusivamente quando le opere siano state realizzate da un soggetto che non abbia con il proprietario del fondo nessun rapporto giuridico, di natura reale o personale, che gli conferisca la facoltà di costruire sul suolo, mirando la norma a regolare la ricaduta patrimoniale di un’attività di costruzione su suolo altrui che coinvolga soggetti fra loro terzi; tale requisito non sussiste, invece, quando l’attività costruttiva esprima non già l’esercizio di un diritto, bensì l’adempimento di un’obbligazione – nella specie, assunta dall’acquirente di un’area edificabile ceduta ad un prezzo simbolico, con il vincolo, per di erigervi un impianto industriale – il cui mancato assolvimento, determinando la conseguente risoluzione, implica l’insorgenza di un obbligo restitutorio, ai sensi dell’art. 1458 c.c. da soddisfare in natura, ove possibile, o per equivalente monetario, così da attuare il ripristino delle posizioni economiche rispettive, che vanno ricondotte tendenzialmente alla situazione preesistente alla stipula del contratto. Cass. civ. sez. II, 31 gennaio 2012, n. 1378

Nel caso in cui le opere fatte dal terzo sul fondo altrui con materiali propri siano state realizzate in esecuzione di un contratto di appalto stipulato con il conduttore del fondo, non trova applicazione l’art. 936 cod. civ. il quale presuppone che l’autore delle opere non sia legato né al proprietario né ad altri cui sia stato concesso il godimento del fondo, da un rapporto negoziale che gli abbia attribuito il diritto di costruire; pertanto, qualora il proprietario non chieda l’eliminazione delle opere, ma preferisca ritenerle, acquisendone l’incremento di valore in danno del costruttore, il problema va risolto sulla base dei principi dettati dagli artt. 2038 e 2041 c.c. in tema di prestazione indebita ed ingiustificato arricchimento. Cass. civ. sez. III, 28 maggio 2009, n. 12550

La normativa dell’art. 936 c.c. postula che autore delle opere realizzate su suolo altrui sia un terzo e, pertanto, non potendo qualificarsi come tale il titolare di qualsiasi diritto, di natura reale od obbligatoria avente ad oggetto il fondo su cui l’opera sia stata eseguita, la normativa suddetta non si applica quando l’autore delle opere sia detentore dell’immobile per essere questi assegnatario o parte di un contratto preliminare di vendita concluso con il proprietario del bene. Conseguentemente non deroga al principio secondo cui il proprietario dell’immobile acquista anche la proprietà delle cose che vi vengano incorporate, il fatto che responsabili di tale incorporazione siano stati i detentori dell’immobile medesimo. Cass. civ. sez. III, 17 maggio 2001, n. 6758

Poiché è terzo, ai sensi dell’art. 936 c.c. chiunque non è legato al proprietario del suolo da alcun rapporto giuridico, né reale né personale, che gli attribuisca la facoltà di costruirvi, anche al convenuto in revindica si applica la disciplina prevista da detta norma, se l’occupazione del suolo si è realizzata con l’esecuzione di opere su di esso. Cass. civ. sez. II, 28 gennaio 1997, n. 845

Ai fini dell’art. 936 c.c. che disciplina le opere eseguite da un terzo con materiali propri su suolo altrui, deve considerarsi «terzo» colui il quale non abbia avuto alcun rapporto con il proprietario del suolo, onde tale qualità va riconosciuta anche all’occupante, di cui sia stato risolto il contratto che gli consentiva di costruire sul suolo o di eseguirvi miglioramenti, stante l’efficacia retroattiva della risoluzione tra le parti (art. 1458 c.c.). Cass. civ. sez. II, 27 dicembre 1993, n. 12804

Il retratto agrario previsto dall’art. 8 L. 26 maggio 1965 n. 590 costituisce esercizio del diritto potestativo di subentrare nella qualità di acquirente del fondo con effetti ex tunc, mediante una dichiarazione unilaterale ricettizia rivolta al retrattato, configurandosi il pagamento del prezzo da parte del retraente entro il termine di legge unicamente come una condizione sospensiva dell’efficacia del subingresso medesimo (art. 8, comma 8, legge citata), sicché ove non sia in discussione l’avveramento dell’anzidetta condizione sospensiva, l’accoglimento della domanda di riscatto determina il subingresso del retraente al terzo acquirente con effetto dalla data della domanda medesima. Ne deriva che il retrattato che abbia eseguito delle opere edilizie sul fondo dopo tale data deve considerarsi terzo ai fini dell’applicabilità della disciplina di cui all’art. 936 c.c. Cass. civ. sez. II, 26 febbraio 1993, n. 2455

Quando il contratto è dichiarato nullo, esso non può venire assunto a base della regolamentazione degli spostamenti di ricchezza sorti dall’esecuzione del rapporto e se questi si presentano nella forma di una piantagione o costruzione fatta da una parte, con materiali propri, sul terreno di un’altra, deve farsi capo alla disciplina dell’accessione per regolare i rapporti tra le stesse parti. Tuttavia, anche nel quadro dell’applicazione dell’art. 936 c.c. si deve tener conto di quanto è stato già ricevuto da chi ha eseguito la piantagione o l’opera e che, per effetto della nullità del contratto, egli sarebbe tenuto a restituire. Cass. civ. sez. III, 30 gennaio 1990, n. 638

Le disposizioni dettate dall’art. 936 c.c. per le opere fatte da un terzo con materiali propri su un fondo altrui, non trovano applicazione con riguardo ai soggetti che siano legati da preesistenti rapporti giuridici sottoposti a specifica disciplina normativa, sì da non potere essere considerati reciprocamente come terzi. Pertanto, in tema di condominio negli edifici, deve escludersi l’operatività della citata norma nel caso di costruzione eseguita da un condomino sul bene comune, con la conseguenza che in tale ipotesi la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini dell’edificio soltanto se essa venga realizzata in conformità della disciplina del condominio, cioè con il rispetto delle norme sulle innovazioni, sulla sopraelevazione ecc. Cass. civ. sez. II, 27 agosto 1986, n. 5242

Nel caso di risoluzione di un contratto di appalto, che abbia implicato la costruzione di un edificio su suolo di proprietà del committente, non possono trovare applicazione, con riguardo alle restituzioni ed agli altri diritti delle parti derivanti dalla risoluzione medesima, le disposizioni dell’art. 936 c.c. regolanti il diverso caso dell’esecuzione di opere sul fondo altrui da parte di chi non sia legato da alcun rapporto giuridico con il proprietario. Cass. civ. sez. I, 25 settembre 1984, n. 4820

In tema di accessione, a norma dell’art. 936, secondo comma, c.c. ove il proprietario eserciti il diritto di ritenzione delle opere fatte dal terzo sul fondo, sorge automaticamente, a suo carico, l’obbligo di pagamento della relativa indennità, e ciò indipendentemente dalla prova degli esborsi per eventuali miglioramenti. Cass. civ. sez. II, 8 marzo 2011, n. 5420

In tema di opera eseguita dal terzo con materiali propri su suolo altrui, ove il terzo abbia trasferito l’opera stessa ad altro soggetto dietro pagamento del valore dei materiali e dell’attività occorsi per la sua realizzazione, il rapporto fra l’obbligo di corrispondere l’indennizzo, gravante ex art. 936 c.c. sul proprietario del fondo il quale intenda esercitare il diritto di ritenzione, ed il diritto ad ottenerlo – non diversamente dall’inverso rapporto tra il diritto di chiedere la rimozione dell’opera e l’obbligo di provvedere al riguardo – devesi riconoscere non pitra il terzo e detto proprietario bensì tra questi ed il cessionario dell’opera, trovandosi l’uno a beneficiare dell’arricchimento e l’altro a subire il depauperamento in ragione dei quali la ratio della norma tende a ristabilire una situazione di relativo equilibrio. Cass. civ. sez. II, 4 febbraio 2000 n. 1246

A norma dell’art. 936 c.c. l’obbligo di pagamento dell’indennizzo posto a carico del proprietario del fondo sorge dall’esercizio del diritto di ritenzione delle opere fatte dal terzo con materiali propri, che si verifica automaticamente per la scadenza del termine di sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell’incorporazione. Pertanto, tale obbligo, così come il diritto all’indennizzo da parte del terzo, quali effetti dell’avvenuta incorporazione, non sono correlati alla possibilità di esercitare il diritto di scelta delle modalità di pagamento dell’indenizzo e non vengono meno ove il terzo non provi il quantum in relazione ad entrambi i parametri entro i quali la scelta medesima può operare (valore dei materiali e prezzo della mano d’opera, oppure aumento di valore arrecato al fondo). Cass. civ. sez. II, 8 gennaio 1996, n. 50

In tema di accessione, ove l’esecuzione delle opere con materiali propri su suolo altrui configuri illecito penale, il terzo non ha diritto all’indennizzo ex art. 936 c.c. salvo che il manufatto sia oggetto di regolarizzazione urbanistica mediante concessione in sanatoria, giacché questa restituisce l’immobile ad uno stato di conformità al diritto, escludendo la sua futura demolizione. Cass. civ. sez. II, 25 gennaio 2016, n. 1237

Nelle controversie riconducibili alle fattispecie regolate dagli artt. 1150 e 936 c.c. il versamento, da parte del proprietario del fondo, dell’oblazione relativa all’opera abusiva ivi realizzata dal terzo estingue il reato, ex art. 24, della l. n. 136 del 1999, anche nei confronti del costruttore che, pertanto, ha diritto a percepire l’indennizzo ex art. 936 c.c. Cass. civ. sez. II, 25 gennaio 2016, n. 1237

Nessun indennizzo può essere preteso, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1150 e 936 c.c. dal terzo possessore che, sul fondo altrui, abbia costruito un’opera in violazione della normativa edilizia, commettendo i reati previsti e puniti dagli artt. 31 e 41 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e 10 e 13 della legge 6 agosto 1967, n. 765, essenzialmente perché quell’indennizzo sarebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento ed in particolare con la funzione dell’amministrazione della giustizia, in quanto l’agente verrebbe a conseguire indirettamente, ma pur sempre per via giudiziaria, quel vantaggio che si era ripromesso di ottenere nel porre in essere l’attività penalmente illecita e che, in via diretta, gli è precluso dagli artt. 1346 e 1418 c.c.. Cass. civ. sez. II, 14 dicembre 2011, n. 26853

In riferimento alle opere eseguite su fondo altrui da un terzo con materiali propri, quando l’opera è abusiva (eventualmente configurando anche un illecito penale), il proprietario del suolo non è tenuto al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 936, secondo comma, c.c. perché, sul piano civilistico, il manufatto abusivo deve ritenersi carente di valore per il fondo cui accede, il che impedisce al proprietario del suolo di compiere la scelta discrezionale di cui alla norma citata. Cass. civ. sez. II, 25 febbraio 2011, n. 4731

Deve escludersi il riconoscimento dell’indennizzo, richiesto ex art. 936 cod. civ. nei confronti della P.A. da parte di chi abbia costruito illecitamente un’opera edilizia nel vigore della legge n. 47 del 1985 su suolo pubblico, senza, neanche, avere successivamente provveduto al versamento degli oneri dovuti al fine di ottenere la sanatoria, in quanto l’applicazione dell’art. 14 della legge n. 47 del 1985, che impone la demolizione dell’opera abusiva realizzata su suolo pubblico e il ripristino dello stato dei luoghi ad opera del sindaco, esclude che l’Amministrazione proprietaria possa esercitare la scelta della ritenzione dell’incorporazione, così come prevista, per le ipotesi di costruzioni non abusive, nell’art. 936 secondo comma cod. civ. Cass. civ. sez. II, 15 dicembre 2008, n. 29340

Nell’ipotesi di costruzione realizzata senza concessione edilizia sul suolo altrui, mentre non è configurabile l’indennizzo di cui all’art. 936 c.c. stante la precarietà dell’acquisto, è invece ammissibile l’azione sussidiaria d’indebito arricchimento di cui agli artt. 2041 e 2042 c.c. in considerazione dell’incremento patrimoniale senza giusta causa derivante dall’utilità dell’opera nei limiti dell’altura depauperamento, atteso che la locupletazione del proprietario non è esclusa dalla precarietà del diritto dominicale conseguente all’eventuale demolizione dell’immobile abusivo, dovendosi accertare l’eventuale impiego comunque realizzatone e le utilità economiche in tal modo ricavate dalla costruzione abusiva. Cass. civ. sez. II, 22 agosto 2003, n. 12347

L’indennità dovuta, ai sensi dell’art. 936, comma 2, c.c. dal proprietario del suolo al terzo che ivi abbia realizzato opere e costruzioni con materiali propri costituisce debito di valore, mirando non solo a ricostituire il patrimonio dell’avente diritto, ma anche a ricompensarlo dei potenziali incrementi di valore non documentabili, sicchè il giudice, nel liquidarla, è tenuto, anche di ufficio, a riconoscere, sulla corrispondente somma, gli interessi compensativi a far data dalla domanda. Cass. civ. sez. VI, 17 marzo 2017, n. 6973

In tema di accessione, l’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 936 c.c. dal proprietario del suolo al terzo che sullo stesso abbia realizzato opere e costruzioni con materiali propri costituisce debito di valore, sia che si determini in relazione all’incremento arrecato al fondo sia che abbia riguardo al valore dei materiali e al prezzo della mano d’opera; pertanto il relativo importo, riferito all’epoca dell’incorporazione, deve essere rivalutato alla data della liquidazione. Cass. civ. sez. II, 13 aprile 2006, n. 8657

In tema di opere eseguite dal terzo con materiali propri su suolo altrui, l’espressione «il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera» contenuta nel secondo comma dell’art. 936 c.c. va interpretata come riferentesi a tutte le voci di spesa oggettivamente necessarie per l’esecuzione dell’opera (nel tempo e nel luogo in cui i lavori vennero eseguiti) a prescindere dai prezzi effettivamente pagati; e quindi come riferentesi non solo all’oggettivo valore di mercato, al tempo dell’esecuzione, delle due voci espressamente previste (materiali e mano d’opera), ma anche delle spese di progettazione tecnica necessaria per la costruzione delle opere trattenute, nonchè al corrispettivo dovuto all’impresa che ha eseguito i lavori, anche se quest’ultimo non sia stato materialmente erogato, perchè il terzo era titolare dell’impresa che ha eseguito le fabbriche con i propri capitali e la propria organizzazione. Cass. civ. sez. III, 4 febbraio 2005, n. 2273

Il proprietario del suolo sul quale viene eseguita una costruzione da parte di un terzo con materiali propri, acquista immediatamente la proprietà della costruzione, ma tale acquisto non è definitivo e si ha come non avvenuto (effetto ex tunc) qualora egli, nel termine di legge, eserciti il potere di rifiuto con l’intimazione di rimuovere la costruzione; consegue che il proprietario il quale abbia ottenuto una sentenza di condanna del terzo alla rimozione non pu ancorché in sede di opposizione all’esecuzione intrapresa sia stata dichiarata prescritta l’actio iudicati nascente da detta sentenza, ottenere successivamente l’accertamento dell’acquisto della proprietà della costruzione per accessione. Cass. civ. sez. II, 5 aprile 1976, n. 1181

Il possesso di buona fede del bene trasferito alla parte acquirente di una compravendita viene meno qualora, nel corso di un giudizio di risoluzione di tale contratto, il venditore diffidi il medesimo compratore a non eseguire lavori edili sul terreno oggetto di alienazione, dovendosi, pertanto, negare, per le opere fatte dopo tale momento, la buona fede del costruttore, agli effetti dell’art. 936, comma 4, c.c. stante la consapevolezza di questi che l’accoglimento della domanda di risoluzione avrebbe determinato l’effetto di dover restituire la cosa acquistata nella situazione in cui essa si trovava all’epoca della vendita. Cass. civ. sez. II, 17 luglio 2015, n. 15031

L’art. 936, ultimo comma, c.c. il quale prevede che il proprietario del suolo, su cui un terzo abbia realizzato un’opera, non può più domandarne la rimozione trascorsi sei mesi dalla notizia dell’incorporazione, trova applicazione esclusivamente nell’ambito della particolare disciplina dell’accessione, nel senso che lo stesso proprietario, privato della scelta fra ritenzione e rimozione della costruzione, resta obbligato al pagamento del valore dei materiali e del prezzo della mano d’opera (oppure dell’aumento del valore del fondo), ma non interferisce sulla facoltà del proprietario medesimo di agire in rivendicazione, al fine di recuperare la porzione del bene della quale sia stato spossessato con l’esecuzione di quell’opera, e, quindi, di conseguirne la demolizione (fermo restando il suddetto obbligo di pagamento). Cass. civ. sez. II, 5 giugno 2012, n. 9052

La buona fede del terzo, costruttore su suolo altrui, prevista dal quarto comma dell’art. 936 c.c. come ostativa allo ius tollendi del proprietario di esso, non si riferisce all’esecuzione delle opere, e cioè non consiste nel convincimento – da presumere – di tale terzo di aver agito sciente domino, ma deve fondarsi sulla convinzione del medesimo terzo – che deve provarla in base a circostanze obbiettive – di esser proprietario anche del suolo sul quale ha costruito. Cass. civ. sez. II, 7 maggio 1997, n. 3971

La buona fede che esclude che il proprietario possa obbligare il terzo a togliere dal suo fondo le piantagioni, le costruzioni o le opere dal terzo stesso ivi realizzate (art. 936, comma terzo, c.c.), è presunta, secondo la disposizione dell’art. 1147 c.c. la quale contiene un principio generale non limitato all’ambito del possesso, in cui è stato dettato. Tale presunzione, juris tantum, consente la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, cui il giudice può ricorrere allorché siano acquisiti al processo fatti gravi, precisi e concordanti, che escludano le conclusioni che da quella derivino. Cass. civ. Sezioni Unite, 18 febbraio 1997

Ai sensi dell’art. 936 comma 4 c.c. integra opposizione del proprietario di un fondo all’attività edificatoria sullo stesso intrapresa da un terzo con materiali propri, idonea a conservargli le facoltà riconosciutegli in via alternativa dal primo comma dello stesso articolo, qualsiasi atto o fatto portato a conoscenza del terzo con mezzi idonei, con cui il detto proprietario manifesti tempestivamente (non oltre sei mesi dalla notizia dell’avvenuta incorporazione) ed in modo inequivoco l’intendimento di opporsi all’illecita invasione della propria sfera dominicale. Non pu pertanto, attribuirsi valore di opposizione alla proposizione da parte del proprietario confinante del ricorso in sede amministrativa per l’annullamento, per violazione degli indici di edificabilità imposti nella zona dal locale strumento urbanistico, della concessione edilizia in base alla quale la costruzione è stata effettuata, essendo rivolti lo strumento di tutela prescelto ed i profili d’illegittimità del provvedimento amministrativo con esso denunciati, non a contestare il diritto del terzo a costruire sul fondo de quo, ma a far valere l’interesse legittimo del proprietario del fondo, confinante con quello oggetto dell’attività edificatoria, al rispetto delle norme urbanistiche volte a contenere nella zona la densità edilizia. Cass. civ. sez. II, 26 febbraio 1993, n. 2455

Le limitazioni allo ius tollendi del proprietario del suolo previste dai commi quarto e quinto dell’art. 936 c.c. (nei casi di scienza e mancata opposizione del proprietario, di buona fede del costruttore e di decorso di sei mesi dalla notizia dell’incorporazione) non incidono sulla proprietà dell’opera, la quale appartiene al medesimo in forza del principio generale sancito dall’art. 934 c.c. ma soltanto sulla sua facoltà di scelta tra l’esercizio dello ius tollendi a spese del terzo costruttore e la ritenzione dell’opera con l’obbligo di pagare il valore dei materiali e il prezzo della manodopera, oppure l’aumento di valore recato al fondo. Conseguentemente, il proprietario del suolo, pur rimanendo definitivamente obbligato a ritenere l’opera e a eseguire i suddetti pagamenti, può sempre provvedere a sue spese alla demolizione dell’opera, esercitando la facoltà di disporre della cosa, a lui spettante quale proprietario. Cass. civ. sez. II, 18 marzo 1986, n. 1841

Il termine di sei mesi, trascorso il quale, il proprietario del suolo non pu a norma dell’art 936, quinto comma, c.c. chiedere al terzo la rimozione delle costruzioni da questi eseguite con materiali propri sul detto fondo, integra un termine di decadenza disposto in materia non sottratta alla disponibilità delle parti. Pertanto, il decorso di questo termine non può essere rilevato dal giudice d’ufficio, ma deve essere eccepito dall’interessato mediante conclusioni specifiche, formulate in modo chiaro ed univoco. Cass. civ. sez. II, 31 agosto 2011, n. 17895

A norma dell’art. 936 c.c. ove un terzo abbia eseguito opere con materiali propri su fondo altrui, il proprietario di quest’ultimo può scegliere se acquisirne la proprietà ovvero obbligare il terzo a rimuoverle; una volta che la rimozione non sia stata chiesta nel termine di sei mesi di cui all’art. 936, ultimo comma, cit. il proprietario acquista a titolo originario ed “ipso iure” la proprietà delle opere realizzate, in virtù del principio generale dell’accessione, poiché l’obbligazione al pagamento del valore dei materiali e del prezzo della mano d’opera ovvero dell’incremento di valore – che insorge a suo carico a norma dell’art. 936, secondo comma, c.c. – ha natura di indennizzo e non di prestazione sinallagmatica, e non costituisce quindi condizione per la pienezza dell’atto di acquisto. Cass. civ. sez. II, 4 novembre 2009, n. 23347

Se l’esecuzione delle opere abusive da parte di un terzo, con materiali propri, su suolo altrui, configura un illecito penale, il proprietario non gli deve corrispondere alcun indennizzo, anche se è decaduto dal diritto di chiedere la rimozione ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 936 c.c. Cass. civ. sez. II, 29 gennaio 1997, n. 888

In tema di opera eseguita da un terzo con materiali propri su fondo altrui, l’eccezione di decadenza del proprietario del suolo dalla facoltà di optare per la demolizione dell’opera a spese del terzo, per decorso del termine semestrale di cui all’art. 938, ultimo comma, c.c. non deve necessariamente correlarsi alla richiesta di pagamento dell’indennità prevista dal citato art. 936, secondo comma, essendo il diritto di non essere costretto alla demolizione ed il diritto all’indennità riconosciuti per il soddisfacimento di interessi distinti, suscettibili di essere fatti valere nelle forme ed in termini diversi, con i rispettivi strumenti di tutela giudiziale (l’eccezione e la domanda). Cass. civ. sez. II, 13 luglio 1991, n. 7800

Il criterio per determinare il limite temporale entro cui il dominus soli deve manifestare la sua opposizione all’opera che il terzo abbia intrapreso sul suo suolo con materiali propri, al fine di far salvo, ai sensi dell’art. 936, quinto comma, c.c. il diritto di chiederne la rimozione, è dato dal compimento dell’opera, onde, finché questa non sia portata a termine, la domanda di rimozione deve ritenersi tempestiva. Cass. civ. sez. II, 15 marzo 1982, n. 1688

In tema di costruzione od opera eseguita dal terzo con materiali propri su suolo altrui, il diritto al risarcimento del danno è dall’art. 936, terzo comma, c.c. espressamente riconosciuto in favore del proprietario del suolo nel solo caso in cui il medesimo sia altresì legittimato a chiedere la rimozione dell’opera; quando invece al proprietario non è o non è più consentito proporre quest’ultima domanda, è il terzo ad avere viceversa diritto ad un indennizzo a fronte del vantaggio economico da detta costruzione od opera derivato al proprietario del fondo, vantaggio che è prioritario ed assorbente rispetto al danno dal medesimo eventualmente subito ed incompatibile con la relativa pretesa risarcitoria. Cass. civ. sez. II, 18 luglio 2002, n. 10441

In tema di accessione, il consenso alla costruzione eseguita da uno dei comproprietari del suolo, manifestato dal comproprietario non costruttore, pur non essendo idoneo a costituire un diritto di superficie o altro diritto reale, preclude l’esercizio dello “ius tollendi”. Peraltro, ove tale diritto non venga o non possa essere esercitato, i comproprietari del suolo sono tenuti a rimborsare al comproprietario costruttore, in proporzione alle rispettive quote di proprietà, le spese sostenute per l’edificazione dell’opera. Cass. civ. Sezioni Unite, 16 febbraio 2018, n. 3873

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