Art. 903 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Luci nel muro proprio o nel muro comune

Articolo 903 - codice civile

Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al fondo altrui.
Se il muro è comune (880), nessuno dei proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro (1108); ma chi ha sopraelevato il muro comune (885) può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non abbia voluto contribuire.

Articolo 903 - Codice Civile

Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al fondo altrui.
Se il muro è comune (880), nessuno dei proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro (1108); ma chi ha sopraelevato il muro comune (885) può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non abbia voluto contribuire.

Massime

In tema di distanze tra costruzioni, la facoltà, evincibile dall’art. 903 c.c. di trasformare una veduta illegittima in luce è esercitabile a condizione che anche quest’ultima sia aperta lungo il medesimo muro preesistente, non essendo altrimenti consentita la trasformazione dell’una apertura nell’altra. (Nella specie, la S.C. ha escluso che una veduta esercitata attraverso un balcone posto a distanza inferiore a quella ex art. 905, comma 2, c.c. potesse essere eliminata e trasformata in luce, mediante la creazione “ex novo” di muri di tamponamento sui tre lati del balcone medesimo). Cass. civ. sez. II, 22 marzo 2016, n. 5594

In caso di apertura di luci nel muro divisorio tra proprietà confinanti, da considerarsi comune ai sensi dell’articolo 880 c.c. deve applicarsi il disposto dell’articolo 903 c.c. il quale, oltre a consentire, al primo comma, l’apertura al proprietario di luci nel muro proprio che sia contiguo al fondo altrui, stabilisce, al secondo comma, come regola di ordine generale, che «se il muro è comune, nessuno dei proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro». Di conseguenza, il diritto a mantenere le luci può essere in tale ipotesi diversamente acquisito solo iure servitù utis. Cass. civ. sez. II, 11 giugno 2007, n. 13649

Nel caso di apertura di veduta abusiva, l’offerta, purché seria, di sanare la violazione mediante la trasformazione della medesima in luce non può essere disattesa dal giudice, in quanto tale trasformazione, comunque sempre praticabile ai sensi dell’art. 903 c.c. e con le caratteristiche di cui al precedente art. 901 c.c. si risolve nell’eliminazione della veduta abusiva, con conseguente restaurazione del diritto del vicino da essa leso. Cass. civ. sez. II, 14 febbraio 2002, n. 2159

La facoltà di apertura e mantenimento di luci in un solaio frapposto tra due unità immobiliari l’una soprastante l’altra e comprese in uno stabile condominiale resta subordinata, a mente dell’art. 903 comma secondo c.c. (norma dettata in tema di muro divisorio ed applicabile nella specie attesa l’analogia tra le funzioni del muro stesso e del solaio) al consenso di tutti i comproprietari, con la conseguenza che il diritto a mantenere le luci stesse può essere aliunde acquisito soltanto iure servitù utis. Cass. civ. sez. II, 24 gennaio 2000, n. 738

In virtù del disposto dell’art. 903 ed in applicazione dei principi generali sulla comunione, nessuno dei due proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro manifestato per iscritto. Cass. civ. sez. II, 29 agosto 1998, n. 8611

Nell’ipotesi di comunione del muro divisorio fra un cortile comune ed un’area inedificata di proprietà esclusiva di uno dei comproprietari del muro, il fatto che, in prosieguo di tempo, quest’ultimo comproprietario abbia addossata al muro divisorio una sua baracca, non lo legittima, senza il consenso dell’altro comproprietario del muro, all’apertura di luci o vedute nel detto muro divisorio, stante il preciso divieto dell’art. 903 secondo comma, c.c. non essendo applicabile il regime proprio del muro perimetrale di edificio in condominio su un cortile comune, atteso che tale regime (che consente l’apertura di luci e vedute) trova la sua giustificazione nella diversa funzione del muro perimetrale di edificio in condominio, rispetto al semplice muro divisorio di due autonomi cortili e nel rapporto di complementarietà o di servizio che intercorre fra l’edificio condominiale e il cortile relativo. Cass. civ. sez. II, 7 dicembre 1981, n. 6495

Salva l’opposizione, per motivi di sicurezza o di estetica, degli altri partecipanti alla comunione, al condomino è consentito di aprire nel muro comune, sia esso maestro oppure no, luci sulla strada o sul cortile; tuttavia, qualora il muro comune assolva anche la funzione di isolare e dividere la proprietà individuale di un condomino dalla proprietà individuale di altro condomino, ricorrono anche gli estremi per l’applicabilità dell’art. 903, secondo comma, c.c. con la conseguenza che, in tal caso, l’apertura della luce resta subordinata sia alle condizioni ed alle limitazioni previste dalle norme in materia di condominio (con riguardo agli interessi riconosciuti a tutti i partecipanti alla comunione e alle regole stabilite circa l’uso delle cose comuni da parte dei singoli condomini) sia, alla stregua del secondo comma del citato art. 903 c.c. al consenso del condomino vicino, in considerazione dell’interesse del medesimo alla riservatezza della sua proprietà individuale. Cass. civ. sez. II, 12 giugno 1981, n. 3819

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