L’art. 885 c.c. che riconosce ad ogni comproprietario la facoltà di alzare il muro comune, introduce una deroga sia al normale regime della comunione che a quello dell’accessione, perché consente – anche senza il consenso dell’altro comproprietario del muro – la formazione di una proprietà separata ed esclusiva della sopraelevazione, appartenente al comproprietario che per primo abbia innalzato il muro comune, il quale può altresì giovarsi, nella prosecuzione in altezza, dello stesso principio di prevenzione adottato sulla base della costruzione, fatta salva la possibilità per il vicino comproprietario di chiedere la comunione del muro sopraelevato. Cass. civ. sez. II, 30 marzo 2018, n. 8000
La disposizione dell’art. 885 c.c. che consente al comproprietario di alzare il muro comune, non interferisce con la disciplina in materia di distanze legali, né deroga alla stessa, questa perseguendo la funzione di evitare intercapedini dannose tra fabbricati (normativa codicistica) e anche di tutelare l’assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all’ambiente (disciplina regolamentare, richiamata dall’art. 873 c.c.). Cass. civ. sez. II, 9 agosto 2013, n. 19142
La sopraelevazione di una costruzione unita ad un’altra, pur avendo in comune il muro divisorio, non è disciplinata dall’art. 885 c.c. ma soggiace ai limiti del regolamento locale, anche se, nel caso di distanza inderogabile dal confine, ne deriva una costruzione secondo una linea spezzata, non consentita dalle norme sulle distanze stabilite dal c.c. che impongono di allineare la costruzione al piano sottostante; né può invocarsi il principio della prevenzione, anche a volerlo ritenere applicabile su terreno già edificato. Cass. civ. sez. II, 22 ottobre 1998, n. 10482
Il muro comune divisorio può essere sopraelevato – anche abbattendo una preesistente rete metallica – senza necessità di consenso dell’altro comproprietario perché la relativa facoltà, ai sensi dell’art. 885 c.c. è svincolata dal regime normale della comunione e non trova alcuna restrizione negli artt. 1102 e 1108 c.c. Cass. civ. sez. II, 11 gennaio 1997, n. 237
Il comproprietario può innalzare il muro comune senza il consenso del condomino e senza alcun vincolo di destinazione, salvo i limiti costituiti dal divieto di atti emulativi e dalle esigenze di contemperamento dei reciproci interessi e di rispetto dei diritti altrui, quali quello di veduta che non può essere impedito dall’innalzamento del muro. Cass. civ. sez. II, 7 luglio 1994, n. 6407
La facoltà di innalzamento del muro comune, prevista dall’art. 885 c.c. non può essere esercitata in violazione delle distanze legali stabilite specificamente per le vedute dall’art. 907 dello stesso codice. Pertanto l’innalzamento del muro comune che delimiti un terrazzo o un lastrico solare con opere, quali un parapetto, destinate permanentemente ed inequivocamente all’esercizio della servitù di veduta, non può essere consentito, risolvendosi in un impedimento all’esercizio del corrispondente diritto da parte del proprietario del fondo dominante. Cass. civ. sez. II, 17 novembre 1990, n. 11125
L’esercizio da parte del comproprietario della facoltà di innalzare il muro comune ai sensi dell’art. 885 c.c. non richiede che la sopraelevazione sia estesa a tutto lo spessore del muro, potendo essere contenuta nei limiti della linea mediana sempre che le modalità della costruzione consentano al vicino di fare analogo uso del muro stesso e in particolare non gli sottraggano il diritto di chiedere in futuro la comunione della parte sopraelevata per l’intera estensione. Pertanto la detta facoltà di elevazione parziale del muro comune non può essere riconosciuta quando il comproprietario abbia costruito un debole manufatto in vetro e ferro appoggiato solo in parte al muro di confine, non suscettibile né di diventare oggetto di proprietà comune col vicino, né di sostenere un’eventuale sopraedificazione di quest’ultimo. Cass. civ. sez. II, 6 aprile 1987, n. 3330
Ai sensi dell’art. 885 c.c. il comproprietario del muro comune può innalzarlo, ma se questo non è atto a sostenere la sopraedificazione, deve prima procedere a sue spese al rafforzamento o alla ricostruzione del muro stesso per renderlo idoneo a sopportare il maggior peso, con la conseguenza che quando il costruttore non vi provveda, il comproprietario può giudizialmente chiedere la condanna del suo autore all’abbattimento della sopraelevazione. Cass. civ. sez. II, 15 febbraio 1986, n. 908
Poiché la facoltà d’innalzamento del muro comune, prevista dall’art. 885 c.c. non può essere esercitata in violazione dell’osservanza della distanza legale stabilita specificamente per le vedute dell’art. 907 dello stesso codice, è consentito l’innalzamento del muro comune che delimiti un lastrico solare, ove questo, in considerazione delle non agevoli modalità di accesso ad esso, sia da ritenere non destinato all’esercizio di una servitù di veduta. Cass. civ. sez. II, 12 febbraio 1986, n. 854
Nel caso in cui si sia acquistata (nella specie, per usucapione) la comproprietà di un muro posto sul confine, la successiva sopraelevazione (muro su muro) non integra la fattispecie dell’accessione, di cui all’art. 934 cod. civ. a favore dell’originario unico proprietario del muro stesso, bensì quella prevista dall’art. 885, primo comma, cod. civ. che consente al comproprietario di innalzare il muro comune e stabilisce che la parte sopraedificata resta di sua esclusiva proprietà (fino a che il vicino non si avvalga del diritto di renderla comune), con la conseguenza che il comproprietario che ha provveduto alla sopraelevazione è facoltizzato ad aprire delle luci nella maggiore altezza del muro. Cass. civ. sez. II, 23 maggio 1981, n. 3398