L’art. 535, primo comma, cod. civ. che rinvia alle disposizioni sul possesso in ordine a restituzione dei frutti, spese, miglioramenti e addizioni, si riferisce al possessore di beni ereditari convenuto in petizione di eredità ex art. 533 cod. civ. mentre è estraneo allo scioglimento della comunione ereditaria; esso non si applica, quindi, al condividente che, avendo goduto il bene comune in via esclusiva senza titolo giustificativo, è tenuto alla corresponsione dei frutti civili agli altri condividenti, quale ristoro della privazione del godimento “pro quota”. Cass. civ. sez. II, 14 gennaio 2014, n. 640
Il principio della presunzione di buona fede di cui all’art. 1147 c.c. ha portata generale e non limitata all’istituto del possesso in relazione al quale è enunciato; pertanto, poiché l’art. 535 c.c. stabilisce che le disposizioni in materia di possesso si applichino anche al possessore dei beni ereditari, chi agisce, con l’azione di petizione, per la rivendicazione dei beni ereditari -eventualmente previo annullamento del testamento in base al quale è stato chiamato all’eredità il possessore di buona fede – non può pretendere da quest’ultimo il risarcimento dei danni, ma soltanto i frutti indebitamente percepiti, nei limiti fissati dall’art. 1148 c.c. Cass. civ. sez. II, 3 marzo 2010, n. 5091
Al possessore di beni ereditari, al quale si applicano le disposizioni in materia di possesso concernenti la restituzione dei frutti, le spese, i miglioramenti e le addizioni, non può essere riconosciuto anche il diritto di ritenzione nei confronti dell’attore in petizione di eredità, perché tale diritto, che attua un’eccezionale forma di autotutela, è insuscettibile di applicazione analogica a casi non contemplati dalla legge. Cass. civ. sez. II, 10 febbraio 1986, n. 837