L’azione di petizione dell’eredità è intesa, innanzitutto, al riconoscimento della qualità di erede, la quale, costituendo un “prius” autonomo facente parte del “petitum” dell’azione rispetto al diritto all’acquisto dell’universalità dei beni del “de cuius” o di una quota di essi, importa, come conseguenza, che, ove sia proposta domanda di petizione di eredità, oltre che nei confronti di chi sia nel possesso dei beni ereditari dei quali si chiede la restituzione (e sia, perciò passivamente legittimato rispetto ad essa), anche di altro soggetto che si dichiari erede, e formuli domanda riconvenzionale in tal senso, si dà luogo ad una situazione di cause scindibili ed autonome. Cass. civ. sez. II, 4 luglio 2017, n. 16409
L’accoglimento dell’azione di petizione ereditaria comporta non già la semplice restituzione alla massa dei beni oggetto della domanda, ma la reintegrazione delle quote lese, sicché, ove sia ordinata la restituzione di somme di denaro, sul relativo importo deve essere riconosciuta la rivalutazione, trattandosi di credito di valore. (omissis) . Cass. civ. sez. II, 31 ottobre 2016, n. 22005
L’imprescrittibilità della petizione di eredità, sancita dall’art. 533 c.c. non altera l’ordinario regime di prescrizione dei singoli diritti compresi nell’asse ereditario. (Principio affermato riguardo alla prescrizione di un credito ereditario). Cass. civ. sez. II, 29 ottobre 2015, n. 2210
La petizione di eredità e l’azione di accertamento della qualità di erede differiscono tra loro in quanto, pur condividendo l’accertamento della qualità ereditaria, la prima è azione necessariamente recuperatoria, volta ad ottenere la restituzione dei beni ereditari da chi li possegga a titolo di erede o senza titolo, mentre l’altra è azione essenzialmente dichiarativa, eventualmente corredata da domanda accessoria di condanna non attinente alla restituzione dei beni ereditari. Pertanto, l’azione di accertamento della qualità di coerede, proposta nei confronti di chi possegga i beni ereditari a titolo di erede, corredata dalla domanda di rendiconto della gestione e corresponsione dei relativi frutti, non integra “petitio hereditatis”, ma costituisce azione di accertamento con domanda accessoria di condanna. Cass. civ. sez. II, 31 gennaio 2014, n. 2148
La petizione di eredità ha come presupposto indefettibile che la qualità di erede, al cui riconoscimento è preordinata, sia oggetto di contestazione da parte di chi detiene i beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, poiché, ove tale contestazione manchi, vengono meno le ragioni di specificità dell’azione di petizione rispetto alla comune rivendicazione, che ha, invero, lo stesso “petitum”. Cass. civ. sez. VI-II, 8 ottobre 2013, n. 22915
L’azione di petizione di eredità non esige l’integrale contraddittorio di tutti i coeredi, sicché il possessore dei beni ereditari, convenuto in giudizio da uno solo degli eredi, nulla può opporre al riguardo, essendo sempre tenuto alla restituzione dei beni per intero, in quanto appartenenti all’eredità, mentre nei rapporti interni tra i coeredi la rivendicazione vale per la quota spettante a ciascuno di essi; con la conseguenza che, ove uno dei coeredi sia rimasto contumace nel giudizio di primo grado promosso dall’altro coerede, gli eredi di entrambi hanno facoltà di intervenire, anche in appello, nel relativo giudizio, chiedendo l’estensione degli effetti della domanda originaria, senza che possa configurarsi novità della domanda. Cass. civ. sez. II, 27 giugno 2011, n. 14182
Con l’azione di petizione ereditaria l’erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto “mortis causa” al defunto, ossia i beni che, al tempo dell’apertura della successione, erano compresi nell’asse ereditario; ne consegue che tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il “de cuius” abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un’apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del “de cuius”. Cass. civ. sez. II, 9 febbraio 2011, n. 3181
Qualora il convenuto non contesti la qualità di erede dell’attore, la petizione dell’eredità che, ai sensi dell’art. 533 c.c.consente di chiedere sia la quota dell’asse ereditario sia il suo valore, può assumere natura di azione di accertamento o funzione recuperatoria. Cass. civ. sez. II, 28 dicembre 2004, n. 24034
La petitio hereditatis ha natura di azione reale, volta a conseguire il rilascio dei beni ereditari da colui che li possegga, vantando un titolo successorio che non gli compete, ovvero senza alcun titolo, e presuppone l’accertamento della sola qualità ereditaria dell’attore o di diritti che a costui spettano iure hereditatis, qualora siano contestati dalla controparte; la petitio hereditatis, pertanto, si differenzia dalla rei vindicatio malgrado l’affinità del petitum, in quanto si fonda sull’allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell’universum ius o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all’onere probatorio che, mentre l’attore inrei vindicatio deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all’usucapione, nella petizione di eredità puinvece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell’apertura della successione, fossero compresi nell’asse ereditario. Cass. civ. sez. II, 2 agosto 2001, n. 10557
Il criterio differenziatore tra l’azione di petizione di eredità e quella di rivendica consiste nella posizione del convenuto possessore, che – nel primo caso – non è in grado di opporre alcun titolo giustificativo, ovvero ne oppone uno che comporta l’attribuzione della qualità di erede, mentre – nell’altro – vanta un titolo diverso e specifico di legittimazione del proprio possesso. Cass. civ. Sezioni Unite, 6 luglio 1974, n. 1979