Art. 2966 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Cause che impediscono la decadenza

Articolo 2966 - codice civile

La decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto (94 l. fall.). Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili (2968), la decadenza può essere anche impedita (2967) dal riconoscimento (1309, 1870, 1988, 2720, 2944) del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza.

Articolo 2966 - Codice Civile

La decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto (94 l. fall.). Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili (2968), la decadenza può essere anche impedita (2967) dal riconoscimento (1309, 1870, 1988, 2720, 2944) del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza.

Massime

In tema di decadenza, al fine di garantire le elementari esigenze di certezza dei rapporti giuridici è necessario che l’adempimento idoneo ad evitarla si esplichi in relazione ad una pretesa determinata, individuata anche mediante l’indicazione del titolo posto a fondamento della tutela invocata, che costituisce imprescindibile elemento distintivo della pretesa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inidonea ad impedire la decadenza annuale di cui all’art. 1751, comma 5, c.c. una missiva che non conteneva alcun riferimento all’indennità di fine rapporto, ma si riferiva a pretese collegate ad un rapporto di lavoro subordinato). Cass. civ., sez. , lav., , 14 febbraio 2017, n. 3851

La domanda giudiziale è un evento idoneo ad impedire la decadenza di un diritto, non in quanto costituisca la manifestazione di una volontà sostanziale, ma perché instaura un rapporto processuale diretto ad ottenere l’effettivo intervento del giudice, sicché l’esercizio dell’azione giudiziaria non vale a sottrarre il diritto alla decadenza qualora il giudizio si estingua, facendo venire meno il rapporto processuale ; infatti, l’inefficacia degli atti compiuti nel giudizio estinto, prevista dall’art. 310 secondo comma c.p.c., non può essere arbitrariamente limitata ai soli aspetti processuali, dovendo estendersi anche a quelli sostanziali, fatte salve le specifiche deroghe normative (come ad es. quella di cui all’art. 2954 terzo comma c.c. ). D’altra parte, la non estensione alla decadenza dell’effetto interruttivo della domanda giudiziale previsto dalle norme sulla prescrizione, secondo quanto stabilito dall’art. 2964 cod. civ, è giustificata dalla non omogeneità della natura e della funzione dei due istituti, trovando la prescrizione fondamento nell’inerzia del titolare del diritto, sintomatica per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto interesse alla tutela, e, la decadenza nel fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un termine stabilito, nell’interesse generale o individuale, alla certezza di una determinata situazione giuridica. Cass. civ., sez. , II, , 18 gennaio 2007, n. 1090

In materia di cause che, a norma dell’art. 2966 c.c., impediscono la decadenza, il riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza, se non è espresso, può essere desunto esclusivamente da un fatto che, avendo quale presupposto l’ammissione, totale o parziale, della pretesa avversaria, sia incompatibile con la volontà opposta. A tal fine, le trattative per comporre bonariamente la vertenza, non avendo quale precipuo presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, non valgono, di per sé, ad impedire la decadenza. (omissis). Cass. civ., , sez. I, , 2 maggio 2006, n. 10120

L’art. 2966 c.c., che riconnette al riconoscimento della controparte un effetto impeditivo della decadenza, si riferisce soltanto ai diritti disponibili; pertanto tale norma non opera in materia tributaria per i diritti del Fisco nei confronti del contribuente, che tale natura non hanno. Cass. civ., , sez. V, , 26 ottobre 2001, n. 13218

Il principio, desumibile dall’art. 2966 c.c. – secondo cui, allorché l’atto richiesto per impedire una decadenza consista nell’esercizio di un’azione, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale, ancorché davanti a giudice incompetente, rappresenta un evento idoneo a tal fine – presuppone che l’organo erroneamente adito sia a sua volta fornito di potestas iudicandi ed appartenga al medesimo ordine giurisdizionale, essendo gli effetti conservativi del termine decadenziale funzionali alla transalatio iudicii ed alla prosecuzione del processo innanzi al giudice competente; tale principio non può pertanto trovare applicazione allorquando una controversia appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario sia erroneamente introdotta davanti al giudice amministrativo. (Omissis). Cass. civ., , sez. I, , 23 marzo 2000, n. 3473

Qualora la legge preveda la decadenza da un diritto di credito per il caso di suo mancato esercizio entro un certo termine, la richiesta di un pagamento soltanto parziale è atto di esercizio idoneo ad impedire la decadenza con riguardo all’intera prestazione dovuta – stante la facoltà del creditore di chiedere e di accettare l’adempimento parziale – ed a far si che la richiesta di pagamento dell’importo residuo non sia poi soggetta ad alcun termine di tal genere; ne consegue che l’esercizio di un diritto di credito previdenziale, attuato entro il termine di decadenza previsto dalla legge, impedisce tale decadenza anche con riguardo all’adeguamento monetario, ancorché di questo non sia fatta espressa menzione, atteso che la rivalutazione monetaria costituisce una componente essenziale del credito previdenziale ed atteso altresì che non può configurarsi una rinuncia a un diritto in mancanza di uno specifico atto dal quale possa univocamente ricavarsi tale manifestazione di volontà. Cass. civ., , sez. lav., , 23 giugno 1995, n. 7099

Allorché l’atto richiesto per impedire la decadenza consista nell’esercizio di un’azione, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale non è idonea a conseguire tale effetto nel caso che il processo sia dichiarato estinto, perché l’estinzione rende inefficaci tutti gli atti processuali compiuti, compreso l’atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto processuale o sostanziale, e quindi neppure quello di impedire la decadenza del diritto fatto valere in giudizio. Tale principio trova applicazione anche nel giudizio proposto dal conduttore ex art. 79 della L. 27 luglio 1978, n. 392 per ottenere la restituzione di somme corrisposte al locatore in violazione dei divieti e dei limiti previsti da tale legge, con la conseguenza che nel caso di estinzione di detto giudizio, la riproposizione della medesima azione non vale a sanare la eventuale decadenza dall’azione stessa nel frattempo verificatasi per effetto del decorso del termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, fissato dal secondo comma dell’art. 79 della legge stessa. Cass. civ., , sez. III, , 9 marzo 1993, n. 2813

La decadenza può essere impedita soltanto mediante il compimento di un atto determinato, insuscettibile di equipollenti, la cui operatività deve permanere durante tutto l’iter necessario al conseguimento dello scopo che gli è proprio; di conseguenza, allorché l’atto richiesto per impedire la decadenza consista nell’esercizio di un’azione, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale non è idonea a conseguire tale effetto nel caso che il processo sia dichiarato estinto, poiché l’estinzione rende inefficaci tutti gli atti processuali compiuti, compreso l’atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto processuale o sostanziale, e quindi neppure quello di impedire la decadenza del diritto fatto valere in giudizio. Cass. civ., sez. I, 19 aprile 1982, n. 2407

Ogni volta che, salva disposizione particolare, un termine è posto con onere di perentoria osservanza per l’esercizio di un diritto (di regola potestativo) per la prima od unica volta, con l’effetto che il diritto medesimo è perduto se l’atto di relativa esecuzione non abbia luogo nel tempo all’uopo stabilito, deve essere qualificato di decadenza, anche in mancanza di specifica definizione legislativa. Cass. civ., sez. I, 6 novembre 1976, n. 4043

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