Se non è adempiuto un obbligo di fare, l’avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell’obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile (612 ss. c.p.c.).
Se non è adempiuto un obbligo di fare, l’avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell’obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile (612 ss. c.p.c.).
Se non è adempiuto un obbligo di fare, l’avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell’obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile (612 ss. c.p.c.).
In tema di obblighi di “facere”, è ammissibile l’azione volta ad ottenere la pronuncia di condanna, dovendosi ritenere irrilevante il loro carattere infungibile, in quanto la relativa decisione non solo è potenzialmente idonea a produrre i suoi effetti tipici in conseguenza dell’eventuale esecuzione volontaria da parte del debitore, ma è altresì funzionale alla produzione di ulteriori conseguenze giuridiche, che il titolare del rapporto è autorizzato ad invocare in suo favore, prima fra tutte la possibile successiva domanda di risarcimento del danno, rispetto alla quale la condanna ad un “facere” infungibile assume valenza sostanziale di sentenza di accertamento. Cass. civ., sez. , lav., , 5 settembre 2014, n. 18779
In tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare, il titolo esecutivo indica il risultato che deve essere raggiunto e l’ordinanza di cui all’art. 612 c.p.c. stabilisce le modalità di ottenimento del medesimo. Ne consegue che, qualora la realizzazione del risultato richieda il rilascio di autorizzazioni, concessioni o altri provvedimenti da parte della P.A., che si pongano come elementi strumentali al conseguimento del risultato indicato nel titolo, il giudice dell’esecuzione ha il potere di richiederli, collocandosi tale richiesta nella fase esecutiva dell’attuazione del diritto sostanziale riconosciuto con il titolo esecutivo, e solo nel caso, in cui, se richiesto, la P.A. non rilasci il provvedimento necessario, il diritto dell’esecutante si converte in quello ad essere risarcito del correlativo danno. (Omissis). Cass. civ., , sez. III, , 5 giugno 2007, n. 13071
Poiché ai sensi degli artt. 2931 c.c. e 612, 613 c.p.c. la titolarità dei diritti e degli obblighi delle parti deve rimanere identica prima e dopo l’esecuzione forzata, la tutela esecutiva non può andare al di là dell’attuazione della situazione sostanziale, la quale, pertanto, non può essere modificata dal giudice dell’esecuzione. Ne consegue che chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di obblighi di fare (o di non fare ) deve chiedere al giudice dell’esecuzione che siano determinate (con provvedimento revocabile o modificabile, ove non abbia avuto ancora esecuzione, dallo stesso giudice che l’ha emesso ai sensi dell’art. 487 c.p.c., nonché impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ) le modalità dell’esecuzione (art. 612, primo comma, c.c. ), specificando la prestazione indicata nel titolo, da eseguirsi da parte del debitore. Cass. civ., sez. , III, , 18 marzo 2003, n. 3992
L’inosservanza da parte della P.A. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un “facere”, tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un’attività soggetta al principio del “neminem laedere”. (Nella specie, applicando l’enunciato principio, la S.C. ha dichiarato appartenere al giudice ordinario la cognizione sulla domanda per la condanna di Rete Ferroviaria Italiana alla riduzione nei limiti di tollerabilità delle immissioni rumorose prodotte dai convogli ferroviari, oltre che al risarcimento dei danni da inquinamento acustico). Cass. civ., , Sezioni Unite, , 20 ottobre 2014, n. 22116
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