Art. 2710 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Efficacia probatoria tra imprenditori

Articolo 2710 - codice civile

I libri bollati e vidimati nelle forme di legge (2215, 2216), quando sono regolarmente tenuti (2219), possono fare prova tra imprenditori (2082) per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa (634 c.p.c.).

Articolo 2710 - Codice Civile

I libri bollati e vidimati nelle forme di legge (2215, 2216), quando sono regolarmente tenuti (2219), possono fare prova tra imprenditori (2082) per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa (634 c.p.c.).

Massime

Le disposizioni degli artt. 2709 e 2710 c.c., le quali regolano l’efficacia probatoria delle scritture contabili contro l’imprenditore e nei rapporti tra imprenditori, non precludono al giudice la possibilità di trarre dai libri contabili di una delle parti, regolarmente tenuti, elementi indiziari atti a concretare, in concorso con altre risultanze, una valida prova per presunzione anche a favore dell’imprenditore che i libri stessi ha prodotto in giudizio.  Cass. civ., sez. , II, , 16 maggio 2016, n. 9968

I libri contabili che il datore di lavoro privato è obbligato a tenere, cioè il libro matricola e il libro paga, previsti dagli artt. 20 e 21 del d.p.r. n. 1124 del 1965 (sostituiti dal libro unico del lavoro ai sensi dell’art. 39 del d.l. n. 112 del 2008, conv. in legge n. 133 del 2008), essendo formati dallo stesso datore di lavoro, possono fare prova a suo favore soltanto se tenuti in modo regolare e completo, ferma comunque la facoltà della controparte di contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.  Cass. civ., sez. , lav., , 26 aprile 2012, n. 6501

Le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno valore di prova legale a favore dell’imprenditore che le ha redatte, spettando sempre la loro valutazione al libero apprezzamento del giudice, ai sensi dell’art. 116, primo comma, c.p.c., la cui valutazione, se congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.  Cass. civ., sez. , III, , 6 dicembre 2011, n. 26216

In tema di rapporti di dare e avere tra imprenditori, ai sensi dell’art. 2710 c.c., le risultanze dei libri vidimati, bollati e regolarmente tenuti possono costituire elementi di prova per le operazioni ivi annotate, ma se, con riguardo ad un rapporto continuativo, le scritture contabili non sono in grado di provare l’intero insieme dei rapporti intercorsi fra le parti, possono essere utilizzate altre prove documentali o di altro tipo ammesse dall’ordinamento, e parimenti è possibile contestare la veridicità delle singole annotazioni contabili, provandone l’inesattezza o la falsità in base alla documentazione sottostante, perché il principio dell’art. 2709 c.c., a norma del quale i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore, si riferisce solo ai fatti, alle prestazioni ed ai rapporti che positivamente risultano dalle scritture.  Cass. civ.,, sez. I, , 6 febbraio 2009, n. 2995

La fattura commerciale ha non soltanto efficacia probatoria nei confronti dell’emittente, che vi indica la prestazione e l’importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente contratto allorché risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto.  Cass. civ., sez. , II, , 21 ottobre 2019, n. 26801

La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Pertanto, quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura non può costituire un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo costituire un mero indizio.  Cass. civ., sez. , III, , 28 giugno 2010, n. 15383

Le fatturazioni di alcune prestazioni rese nell’esecuzione di un rapporto professionale non provano l’inesistenza di altre prestazioni (dello stesso tipo o di tipo diverso) non fatturate che ne costituiscano il completamento, perchè il principio dell’art. 2709 c.c. (a norma del quale le scritture contabili degli imprenditori fanno prova contro di essi) si riferisce solo alle prestazioni che positivamente risultano dalle scritture e non allo stato complessivo dei rapporti che sono intercorsi tra le parti, e se consente di trarre dalla fattura accettata la prova dell’effettuazione della prestazione indicata non consente anche di supporre l’inesistenza di altre prestazioni.  Cass. civ., , sez. II, , 12 luglio 2004, n. 12825

La fattura è un mero documento contabile che può far prova, ai sensi dell’art. 2710 c.c., dei rapporti intercorsi tra imprenditori, ma che non costituisce atto scritto avente natura contrattuale, ne consegue che essa, rivestendo un carattere unilateralmente partecipativo, non può di per sé assurgere a prova dell’esistenza e del contenuto di un patto di riservato dominio, occorrendo a tale effetto lo stesso contratto di compravendita ovvero un patto aggiunto frutto di un accordo negoziale. Né l’accettazione della riserva di proprietà può desumersi dalla produzione in giudizio della fattura, che tale clausola contenga, ad opera del curatore fallimentare dell’acquirente, atteso che il curatore fallimentare, nelle cause intentate per conto e nell’interesse della procedura, riveste la posizione processuale di terzo rispetto al fallito, con la conseguenza che egli non può in alcun modo influire sulla formazione e sul perfezionamento dei rapporti negoziali oggetto di controversia.  Cass. civ., , sez. I, , 22 ottobre 2002, n. 14891

In tema di prova del credito tra imprenditori, l’esibizione di fatture commerciali relative alle eseguite prestazioni non prova automaticamente l’esistenza del preteso credito, che, viceversa, deriva dall’esatto adempimento delle prestazioni medesime.  Cass. civ., , sez. II, , 25 giugno 2001, n. 8664

La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto (come l’elenco delle merci, il loro prezzo, le modalità di pagamento ed altro) si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura ancorché annotata nei libri obbligatori non può assurgere a prova del negozio ma costituisce al più un mero indizio, con la conseguenza che contro e in aggiunta al contenuto della stessa, sono ammissibili prove anche per testimoni dirette a dimostrare le convenzioni non risultanti dall’atto o sottostanti.  Cass. civ., , sez. II, , 20 settembre 1999, n. 10160

L’art. 2710 cod. civ., che attribuisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, individua l’ambito operativo della sua speciale disciplina nel riferimento, necessariamente collegato, all’imprenditore ed al rapporto di impresa, sicchè non può trovare applicazione con riguardo al curatore del fallimento, il quale, agendo in revocatoria nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, assume, rispetto ai rapporti tra quest’ultimo ed il creditore, la qualità di terzo.  Cass. civ., sez. , I, , 9 maggio 2013, n. 11017

L’art. 2710 cod. civ., il quale dispone che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra gli imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, trova applicazione anche nel caso in cui una delle parti sia stata dichiarata fallita (o insolvente) ove si tratti di provare un rapporto obbligatorio sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento e nel quale l’organo concorsuale sia subentrato, riguardando le prove, anche in tal caso, un rapporto sorto tra imprenditori e proseguito con le medesime regole.  Cass. civ., sez. , I, , 22 marzo 2013, n. 7285

L’art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio del medesimo, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma in questione, operante soltanto tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d’impresa.  Cass. civ., , Sezioni Unite, , 20 febbraio 2013, n. 4213

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